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Sarà un clima più freddo, no, più caldo, boh, non è mica tanto chiaro…

Titolo irriverente per una lettura interessante. Si tratta di un report pubblicato dallo UK Met Office nel quale si fa il punto di situazione su alcune delle più importanti dinamiche climatiche accoppiate oceano/atmosfera come l’ENSO, la PDO, l’AMO, la NAO etc . etc., con uno sguardo alla loro possibile evoluzione futura.

Il titolo è emblematico:

Big changes underway in the climate system?

Di seguito le loro conclusioni:

Stanno avvenendo dei cambiamenti in alcune delle amiche principali della variabilità climatica che alterano il rischio di impatti climatici a livello regionale e hanno effetti anche sui ratei decadali del riscaldamento globale. El Niño è ormai consolidato e sta crescendo di intensità. Questo probabilmente avrà dei diffuse impatti regionali e continuerà a contribuire all’aumento delle temperature quest’anno e l’anno prossimo. A scala temporale più lunga, l’oscillazione Decadale del Pacifico è stata negativa negli anni recenti e questo è stato collegato ad un rallentamento del riscaldamento globale. Dei cambiamenti nel Pacifico settentrionale suggeriscono che la PDO potrebbe essere in procinto di passare al segno positivo, ma dato che la comprensione circa cosa determini il comportamento a bassa frequenza della PDO è limitata e la sua predicibilità sembra essere bassa, affermazioni definitive circa il suo futuro non sono ancora possibili. L’Oceano Atlantico è stato caldo negli anni recenti, ma sta ora mostrando i primi segnali di un passaggio a condizioni più fredde, in modo consistente con i cambiamenti osservati nella circolazione oceanica più profonda. Sono probabili degli effetti diffusi intorno al bacino atlantico se ciò dovesse continuare. Mentre il riscaldamento globale della superficie ha rallentato dalla fine del 20° secolo, le nostre stime più probabili per le temperature globali per il 2015 sono prossime a livelli record, e questo è consistente con le previsioni climatiche di simili valori elevati fatte lo scorso anno. Temperature record o prossime al record per l’anno scorso e sin qui per quest’anno, implicano che i trend delle temperature decadali è probabile che aumentino. A meno di una grande eruzione vulcanica o di un rapido ritorno a condizioni di La Niña o di AMO negativo che potrebbero raffreddare temporaneamente il clima, i ratei decennali medi di riscaldamento globale è probabile che tornino ai livelli del tardo 20° secolo entro i prossimi due anni. Nonostante ciò, il rallentamento del riscaldamento è ancora un argomento di ricerca attiva e i trend su periodi più lunghi (15 anni) avranno bisogno di più tempo per esserne affetti. Un ulteriore riscaldamento è atteso nelle prossime decadi, ma le variazioni climatiche a scala globale da un anno all’altro o da una decade all’altra dipenderanno sempre dalle variazioni dei pattern della variabilità climatica descritti in questo report che si succederanno.

Un report che trovate qui.

Quindi, il Met Office, cerca di chiarire il ruolo e il significato rispettivamente della variabilità naturale di breve e medio periodo e del riscaldamento di lungo periodo, ipotizzando un contributo significativo della prima alle accelerazioni e frenate del secondo. Che dunque esistono, tanto che la comunità scientifica ha prodotto decine di spiegazioni negli ultimi anni per la frenata (arresto?) degli anni recenti.

Nel frattempo, un vivace gruppo di statistici fa sapere, pubblicando un paper su Climatic Change, che la pausa non c’è mai stata (qui su Science Daily) e che il revisionismo climatico è vivo e lotta insieme a noi.

Debunking the climate hiatus

Semplicemente, dicono, occorreva ripensare l’approccio statistico all’analisi dei dati osservati in chiave meteorologica, tenendo conto cioè del fatto che la temperatura superficiale del mare è influenzata anche dal calore che questo ha immagazzinato negli anni e che se un giorno è stato caldo, probabilmente lo sarà anche quello seguente (???). Ragionando in questi termini (a parte pensare che le previsioni sono inutili, meglio la persistenza) e applicando questo nuovo approccio ai soliti torturatissimi dati osservati, hanno scoperto che negli ultimi anni in cui le temperature non sono salite queste invece sono aumentate. Perdonate quello che sembra un gioco di parole ma è così. Un approccio statistico innovativo che non sono in grado di giudicare ma che suscita comunque una domanda: perché ha effetto solo sul trend degli ultimi anni rinnovando il riscaldamento e – parole loro – riconciliando le osservazioni con le previsioni lasciando immutato quanto è avvenuto in passato?

Ma, soprattutto, che ne facciamo delle innumerevoli evidenze di cambiamenti negli aerosol, nella radiazione solare, nelle fasi oceaniche, nei venti alisei, nella circolazione atmosferica etc etc, che sono state indicate come cause della pausa? Beh, questa è semplice, una passatina di nuove tecniche statistiche e via, problema risolto.

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