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Fine del catastrofismo

Certo, a due settimane dall’apertura della COP27 in Egitto, potrà sembrare strano ma, se la musica del tempo in Europa non accenna a voler cambiare, di certo sta cambiando l’aria intorno al clima e i suoi derivati.

Senza mezzi termini, signore e signori, non è più tempo di catastrofismo. Il clima, finalmente, torna ad essere quello che è: una questione seria ma non grave. Parola di New York Times.

Beyond Catastrophe – A New Climate Reality Is Coming Into View

Un lungo e molto articolato articolo di David Wallace-Wells, ospitato nel tempio dell’informazione mondiale, in cui si apre una prospettiva finalmente realistica, sebbene ancora viziata da opinioni più che da fatti e condita con alcuni dei soliti irrinunciabili refrain.

Il realismo

Finalmente lo si può dire chiaramente. Gli scenari climatici che aprono le porte sull’inferno sono ormai da buttare. Veramente lo sono sempre stati, ma finché lo dicevano i druidi del Villaggio di Asterix nessuno, giustamente, ci avrebbe creduto. Ora che lo dicono quelli bravi bisogna farsene una ragione. Il mondo, conoscerà certamente qualche difficoltà climatica (quand’è che non lo ha fatto?), ma non andrà a ramengo. Non per le emissioni, almeno.

Il vizio (non di forma)

Riflessione certamente positiva che rimette la barra al centro questa del NYT, ma ci tocca sorbire la balla colossale che le proiezioni sono al ribasso perché siamo stati bravi a intraprendere il cammino della decarbonizzazione e perché ormai siamo lanciati verso l’elettrificazione globale dai soli sole e vento, magari con l’aiutino di un nucleare il cui smantellamento è per il momento procrastinato, perché lo dice anche Greta Thunberg. Sarà per questo che in Germania si sta smantellando un parco eolico per ingrandire una miniera di carbone.

I refrain

Non moriremo, non tutti, ma solo qualcuno, perché comunque il tempo sarà pazzo come non lo è mai stato e coma già dimostra di essere diventato, tra anomalie di caldo, siccità, alluvioni et similia. Tutte cose, ovviamente, che un clima ideale quale quello che si vorrebbe non può e non deve generare.

Comunque, vi esorto davvero a leggere tutto il pezzo, è lungo ma è l’ideale per un week end e per arrivarci basta una registrazione. Poi magari tornate qui che ne parliamo.

Enjoy

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Published inAttualità

4 Comments

  1. … le proiezioni sono al ribasso perché siamo stati bravi a intraprendere il cammino della decarbonizzazione …
    Sì, certo, ci crediamo senz’altro … Il merito è tutto loro: purtroppo lo sapevamo in anticipo che si sarebbero presi il merito degli aspetti positivi e avrebbero lasciato a chi si è fatto venire dei dubbi il demerito del resto. L’importante è comunque che qualcuno cominci a intraprendere, anche vagamente, una strada più sensata. Per ora anche io, come Andrea D, mi accontenterò del tuo riassunto, Guido, per il quale ti ringrazio. Franco

  2. Luigi Mariani

    Ho letto l’articolo di Wallace Wells su NJT e l’ho trovato scadente e cerchiobottista (dice tutto e il contrario di tutto) spesso sostenendo cose palesemente false. Ad esempio:
    – vi si sostiene che temperature elevate come quelle odierne la nostra specie non le ha mai vissute nella sua storia -> a quel che mi risulta la nostra specie ha 200.000 anni di storia e 125.000 anni fa (interglaciale Riss-Wurm) le temperature erano sensibilmente superiori a quelle odierne (se ben ricordo la causa più probabile è l’attività solare) e il mare era più alto di 6-8 m. Molto più vicino a noi c’è poi il grande optimum post-glaciale….
    – vi si sostiene che gli eventi alluvionali stanno aumentando mentre qui sotto riporto l’abstract di uno studio globale che mi è stato di recente segnalato da Sergio Pinna e che sostiene l’esatto contrario.

    A global-scale investigation of trends in annual maximum streamflow
    Hong X. Do , Seth Westra, Michael Leonard
    Journal of Hydrology 552 (2017) 28–43

    This study investigates the presence of trends in annual maximum daily streamflow data from the Global Runoff Data Centre database, which holds records of 9213 stations across the globe. The records were divided into three reference datasets representing different compromises between spatial coverage and minimum record length, followed by further filtering based on continent, Köppen-Weiger climate
    classification, presence of dams, forest cover changes and catchment size. Trends were evaluated using the Mann-Kendall nonparametric trend test at the 10% significance level, combined with a field significance test. The analysis found substantial differences between reference datasets in terms of the specific stations that exhibited significant increasing or decreasing trends, showing the need for careful construction of statistical methods. The results were more consistent at the continental scale, with decreasing
    trends for a large number of stations in western North America and the data-covered regions of Australia, and increasing trends in parts of Europe, eastern North America, parts of South America and southern Africa. Interestingly, neither the presence of dams nor changes in forest cover had a large effect on the trend results, but the catchment size was important, as catchments exhibiting increasing (decreasing) trends tended to be smaller (larger). Finally, there were more stations with significant decreasing trends than significant increasing trends across all the datasets analysed, indicating that limited evidence exists for the hypothesis that flood hazard is increasing when averaged across the data-covered regions of the globe.

  3. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    per approfondire l’argomento che tu molto opportunamente poni, invito a leggere l’intervista a Die Zeit di Bjorn Stevens (Direttore del Max Planck Institute for Meteorology, il principale climate science research and modeling centre della Germania), la cui traduzione in lingua inglese si trova qui:
    https://judithcurry.com/2022/10/22/an-interview-with-top-climate-scientist-bjorn-stevens/
    Difficile a mio avviso pensare che le affermazioni di Stevens non rispecchino un visione politica più generale in termini di priorità a scala planetaria.
    Luigi

  4. Andrea D

    Ecco, io per ora preferirei accontentarmi del valido compendio di cui sopra.

    Magari, con un po’ di coraggio, coadiuvato da un buon digestivo effervescente, mi addentrerò nell’originale, ma purtroppo ho il sospetto di potermi fare il cinema del modo in cui sia stato scritto: un po’ come il NOAA commenta la corrente stagione dei cicloni tropicali sull’Atlantico, sottolineando come sia stato “un settembre superiore alla norma” (per effetto di Fiona e Ian) e lasciando scritto come fossero clausole di un vischioso contratto (se potessero avrebbero impiegato caratteri microscopici) che non solo il 2022 tropicale è alquanto fiacco, ma per la prima volta dopo 7 anni non si è sviluppato nessun uragano prima dell’inizio ufficiale della stagione e che, eccetto qualche mediocre scampolo a luglio, settembre è stato l’unico mese di reale attività , che ottobre si sta concludendo con un altro “poco o nulla di fatto”.

    Non puoi di certo esplicitamente dichiarare che certe “elaborazioni” erano fondate o sul nulla o su elementi esageratamente o apertamente di parte, a partire dal più famoso quanto inverosimile e (giustamente ma mai abbastanza) contestato grafico.
    Bisogna ricorrere a cortesi circonvoluzioni e distribuire qualche pillolina dolcificante per edulcorare ed esaltare l’inesistente successo di scelte fondamentalmente sbagliate e insostenibili.

    Personalmente, me ne vengo da un mondo (uno dei mondi, ho tentacoli in più parti) pieno di “guru”, dove qualunque legge fisica non ha peso se non trascurabile, quindi dovrei in teoria essere avvantaggiato a farmi scivolar via bordate di scempiaggini climaperacottare e meteoperacottare che arrivano dai media con impatto quotidiano.
    Ma purtroppo non è facile, perché se alla fine l’audio hifi esoterico (Dio gliene scampi) è solo un campo essenzialmente ludico, il clima non lo è. E nemmeno le scelte fatte in malafede.

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