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Un occhio al passato e uno al futuro

Non è strabismo, è l’inevitabile atteggiamento che si deve tenere nell’esaminare le dinamiche del clima.

Molte volte abbiamo parlato di come gran parte delle preoccupazioni per il futuro del clima vengano dal fatto che quello che sta accadendo e, soprattutto, quello che una parte consistente della comunità scientifica pensa possa accadere in futuro, non abbia precedenti nella storia climatica del pianeta, o quantomeno in quella recente.

Molte altre volte abbiamo anche detto che su questo c’è un ampio margine di incertezza. Le ricostruzioni delle serie di temperatura sono molte e, pur presentando a fattor comune una chiara tendenza di questo parametro a crescere in modo importante nelle ultime decadi del secolo scorso, presentano anche molte differenze sui due episodi chiave del clima del passato recente, la Piccola Età Glaciale e il Periodo Caldo Medioevale. Ove questi sono in evidenza, l’anomalia dei nostri giorni cessa di essere tale, ove invece non lo sono il problema continua ad essere considerato importante. Non più tardi di un paio di settimane fa, è stato pubblicato un nuovo lavoro1 che contribuisce parecchio a chiarire un po’ la problematica, mettendo una volta di più in risalto la dimensione spaziale degli eventi climatici appena citati. Sicché, sembra proprio che le oscillazioni climatiche degli ultimi secoli abbiano avuto un’ampiezza paragonabile a quella degli avvenimenti più recenti.

Ciò non toglie che da qualche decade a questa parte sia intervenuto un fattore nuovo, quello antropico, il cui peso deve essere giustamente preso in considerazione. Tuttavia, proprio in ragione dell’incertezza e dall’analisi di alcune evidenze, considerare il fattore antropico come unico forcing determinante per l’attuale evoluzione del clima non sembra proprio essere la strada giusta per una corretta comprensione del problema.

Quali incertezze e quali evidenze?

Con riferimento alle prime si deve pensare soprattutto al livello di comprensione scientifica dei mille e più meccanismi del sistema clima. Infatti, come abbiamo detto moltissime volte, se il forcing diretto dell’accresciuta concentrazione di CO2 in atmosfera (causa) è noto, quel che dovrebbe accadere dopo (effetti) è tutt’altro che noto. Ci sono delle ipotesi che assegnano a questi effetti un ruolo di sola amplificazione della causa con conseguente inarrestabile riscaldamento, ma questo non sta accadendo, ed è dunque lecito sollevare qualche dubbio.

Sulle seconde ancora una volta ci viene in soccorso il passato. Su Energy&Environment è stato recentemente pubblicato un lavoro di Joe D’Aleo e Don Easterbrook2 (qui il pdf), con cui si mette in evidenza un elevato livello di correlazione tra le temperature negli Stati Uniti e le oscillazioni multidecadali delle temperature di superficie degli oceani. Il discorso può sembrare limitativo dal punto di vista spaziale, ma non si deve dimenticare che gli USA “pesano” moltissimo nella statistica delle serie di temperatura globale avendo una copertura del territorio superiore ad ogni altra zona del mondo, forse Europa compresa.

Partendo da questa analisi gli autori, seguendo un approccio di tipo fenomenologico e non modellistico, ipotizzano per le prossime decadi un progressivo raffreddamento del pianeta, la cui ampiezza è comunque di difficile determinazione.

Dove sarà la ragione? Avremo un pianeta più caldo a causa della preponderanza del fattore antropico o ne avremo uno più freddo come sembrano suggerire queste analisi? Lo dirà il tempo, materia di cui, per quanta urgenza vogliano metterci i fondamentalisti dell’AGW, di sicuro non c’è penuria.

Addendum

Circa il lavoro di D&E, è doveroso sottolineare che gli elevatissimi livelli di correlazione cui sono giunti gli autori, sarebbero stati certamente inferiori, seppur ancora significativi, se non si fosse proceduto ad uno smoothing dei dati, che si giustifica nel documento con l’esigenza di eliminare il “rumore” dei cicli undecennali del Sole. Come fa notare lo statistico William Briggs le serie così ottenute non possono essere poi usate come input per altre analisi. Altrimenti si incappa nello stesso errore delle ricostruzioni di temperatura di Mann e soci, che a furia di filtrare i dati sono riusciti a trasformarli in quello che si aspettavano dovessero essere. La critica di Briggs è semplice ed interessante, oltre che, agli occhi di uno che di statistica non ne sa affatto come me, anche molto ragionevole.

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  1. LJUNGQVIST, F. C. (2010), A NEW RECONSTRUCTION OF TEMPERATURE VARIABILITY IN THE EXTRA-TROPICAL NORTHERN HEMISPHERE DURING THE LAST TWO MILLENNIA. Geografiska Annaler: Series A, Physical Geography, 92: 339–351. doi: 10.1111/j.1468-0459.2010.00399.x []
  2. MULTIDECADAL TENDENCIES IN ENSO AND GLOBAL TEMPERATURES RELATED TO MULTIDECADAL OSCILLATIONS Energy & Environment, Volume 21, Number 5, pp. 437-460, September 2010 by Joseph D’Aleo and Dr. Don Easterbrook []
Published inAttualitàClimatologiaNews

2 Comments

  1. luigi mariani

    Caro Guido Botteri, mi riferisco alla tua considerazione secondo cui “sarebbe difficile individuare (più che le cause stesse) l’entità della variazione di temperatura causata da ogni forzante, e la relazione tra le forzanti stesse…”.

    Su questa mi permetto almeno in parte di esprimere un garbato dissenso, e cercherò di spiegarne la ragione, partendo dall’articolo di D’Aleo ed Easterbook e più in particolare dai grafici degli andamenti nel 20° secolo di PDO (fig. 3) e AMO (fig 13), che manifestano una correlazione davvero impressionante con le 4 fasi delle temperature globali che hanno caratterizzato il 20° secolo stesso.
    Di fronte ad una tale evidenza non siamo oggi in una “notte in cui tutti i gatti sono grigi”. Infatti è da tempo chiaro, almeno a livello concettuale, che il sistema climatico è una macchina termica il cui scopo fondamentale è quello di riequilibrare gli scompensi fra basse e alte latitudini. Il trasporto dell’energia in tale sistema avviene grazie alla grande circolazione, la quale si muove sotto la spinta dallo squilibrio termico continuamente reimposto dall’energia del sole, la quale privilegia la fascia intertropicale rispetto alle aree extratropicali.

    Oggi sappiamo che il 20% del riequilibrio energetico è garantito dalla circolazione oceanica e l’80% da quella atmosferica. In quest’ultima rivestono un ruolo chiave:

    – le due celle di Hadley nella fascia intertropicale (ove dominano gli scambi verticali di natura convettiva che vedono il loro culmine nell’ITCZ e che sono garantiti dalla presenza di un’atmosfera potenzialmente instabile in quanto caratterizzata da un gradiente termico verticale pseudo-adiabatico)

    – le due grandi circolazioni anulari (NAM e SAM) nella fascia extratropicale (ove dominano gli scambi orizzontali, che alcuni chiamano a ragione “convezione obliqua” e che sono principalmente legati alle perturbazioni delle medie latitudini – sistemi frontali).

    Da notare poi che nel sistema vi sono delle ciclicità rilevanti ed in particolare:

    – il comportamento di NAM e SAM è soggetto a ciclicità (che nell’emisfero Nord indichiamo con il nome di North Atlantic Oscillation o Arctic Oscillation, che sono poi la stessa cosa).

    – la dinamica della cella di Hadley è pesantemente influenzata dal comportamento ciclico della cella di Walker, che si manifesta con il fenomeno di El Nino (ENSO).

    Se a tutto ciò si aggiunge che gli oceani agiscono come grandi volani termici del sistema climatico, abbiamo ottenuto un affresco in cui possono legarsi in modo causalmente ineccepibile ENSO, NAO, AMO, PDO, ecc.

    In tale contesto la correlazione evidenziata da D’Aleo fra AMO/PDO e le ciclicità termiche globali non è in alcun modo frutto del caso ma si lega a meccanismi ancora poco noti (e qui ti dò ragione quando dici che è “difficile individuare l’entità della variazione di temperatura causata da ogni forzante”). Tali meccanismi andrebbero studiati con molta più attenzione, anche perché come segnalano gli autori siamo di fronte a possibili predittori per previsioni climatiche, predittori che sono probabilmente assai più robusti dei GCM.

    Lo schema di circolazione generale che ho sopra richiamato e che Guido Guidi conosce molto bene per averlo studiato nel suo corso di previsore, è la base fondamentale per capire il sistema climatico: niente circolazione, niente sistema climatico.

    Per questo nel nostro piccolo dovremmo sempre mirare a richiamare l’attenzione sull’importanza di considerare anche e soprattutto la circolazione quando si parla di clima e di variabilità del clima.

  2. Guido Botteri

    Per quel poco che possa contare il mio pensiero, credo che la temperatura di questo pianeta dipenda da fattori locali (causati, per esempio, da una particolare orografia, e in generale dal fatto che le anomalie non si presentano mai diffuse in maniera uguale ed unica su tutto il pianeta, ma si presentano multiple e nei due segni, e non parlo della sola temperatura, ma anche di altri parametri in qualche maniera a lei legati), da cause episodiche (un vulcano che erutta, per esempio), e da forzanti che dipendono da varie cause (sole e la sua attività, pianeti, raggi cosmici, PDO, NAO, ENSO e via dicendo, come abbiamo visto dalla vasta letteratura che ha cercato di individuarle).E’ dunque una situazione complessa, a cui corrisponde un grafico che è il risultato delle forzanti più varie.Credo che sia difficile individuare (più che le cause stesse) l’entità della variazione di temperatura causata da ogni forzante, e la relazione tra le forzanti stesse.Non basta infatti individuare una correlazione, ma bisogna capire chi è la causa e chi l’effetto, o se ci sia un condizionamento reciproco, o se magari le due forzanti abbiano una correlazione casuale e senza alcuna reale corrispondenza. Per esempio, si potrebbe notare che la vendita dei libri di un certo autore, o la produzione di un certo tipo di giochi elettronici siano aumentati in corrispondenza del GW, ma mi riesce difficile pensare che la gente compri i libri di quell’autore, e non di quell’altro, o quel gioco, piuttosto che un altro giorno, perché la temperatura media globale è aumentata di 0,8 gradi in 150 anni, o perché fa più caldo o fa più freddo !Quindi, esistono senz’altro delle coincidenze.Per tornare al nostro grafico di temperatura, potremmo trovare tantissime correlazioni, alcune false, altre forse vere, ma “sporcate” da altri parametri.Se fosse possibile conteggiare l’influenza di ogni parametro avremmo un segnale pulito ?Non credo. Perché alcuni parametri si influenzano l’un l’altro, e non possono essere conteggiati separatamente.Questo rende difficile l’analisi di quei grafici.Questo è quello che mi è parso di aver capito da quando, da profano, seguo questa materia.

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