I ministri dell’ambiente dell’Ue il 14 Ottobre si sono riuniti per decidere quale posizione tenere in vista della conferenza delle parti alla Convenzione delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico che si aprira’ a Cancun a fine novembre . Si è deciso che “a determinate condizioni” potrà essere presa in considerazione una proroga di un certo periodo del protocollo di Kyoto in scadenza nel 2012. La condizione posta è che le grandi economie si impegnino a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra nella prospettiva di un accordo mondiale.
Intanto il presidente della Commissione europea, Jose’ Manuel Barroso, ha inviato una lettera al presidente permanente dell’Unione europea, Herman Van Rompuy e ai 27 governi dell’Ue, in cui sostiene la tesi di una “posizione realistica” dell’Unione ai negoziati di Cancun. Barroso ritiene che difficilmente si possa raggiungere un accordo internazionale nella prossima conferenza di Cancun, e quindi sostiene la soluzione di una proroga del protocollo. ’’Dobbiamo essere coscienti del fatto che non ci sono le condizioni per un accordo internazionale legalmente vincolante per Cancun – scrive Barroso – e dobbiamo concentrarci su ciò che è realistico ottenere’’. Le conclusioni sono state sottoscritte dal Consiglio Ue al termine di un dibattito estremamente intenso in quanto un gruppo di paesi -tra questi Francia e Polonia- erano favorevoli ad una maggiore apertura e ad una proroga meno condizionata del protocollo di kyoto. Altri invece -ra cui l’Italia- sostenevano la tesi che anche le altre grandi economie mondiali devono fare uno sforzo vincolante per garantire le stesse condizioni di competitività a livello mondiale. Per quanto riguarda l’attuale impegno ambientale europeo, noto come Pacchetto 20-20-20+10, che alcuni vorrebbero far salire unilateralmente ad un impegno del 30% , il Consiglio dei ministri dell’ambiente alla fine ha deciso di non decidere. Il comunicato finale, “Analysis of options to move beyond 20% greenhouse gas emission reductions and assessing the risk of carbon leakage” è un capolavoro diplomatico. Nelle brevissime conclusioni in quattro punti si legge:
«Il Consiglio dell’Unione europea
1. RICORDA le sue conclusioni dell’11 giugno 2010, nonché le conclusioni del Consiglio europeo del 17 giugno 2010 e si compiace delle discussioni in corso sulla valutazione delle opzioni strategiche ad oltre le riduzioni di gas serra del 20%.
2. PRENDE ATTO del rapporto della Presidenza sul follow-up della comunicazione “Analysis of options to move beyond 20% greenhouse gas emission reductions and assessing the risk of carbon leakage” e invita la Commissione a elaborare ulteriormente le opzioni, tra le quali quelle contenute nella comunicazione, e a condurre ulteriori analisi sulle conseguenze a livello degli Stati membri, ove opportuno, al fine di presentarle al più presto possibile.
3. RITIENE che la roadmap per un’economia low-carbon sicura e sostenibile entro il 2050, in fase di preparazione da parte della Commissione per sviluppare e attuare ulteriormente una long-term Low Emission Development Strategy, dovrebbe anche informare l’analisi delle opzioni politiche fino al 2020.
4. DECIDE di proseguire, sotto la direzione strategica del Consiglio europeo, per esaminare le opzioni per andare oltre la riduzione dei gas serra del 20%, per essere pronti a reagire ai negoziati internazionali sul clima in corso e decide di ritornare su questi problemi il più presto possibile in vista del Consiglio europeo di primavera nel 2011» 1.
Prima del Consiglio UE il dr Corrado Clini, direttore generale del Ministero dell’Ambiente e responsabile per la trattative “climatiche” sia con i governi di centrodestra che centrosinistra, aveva espresso il suo interessante punto di vista ed esperienza sul Protocollo di Kyoto ed accordi simili nell’ambito della presentazione del progetto “Come cambia il cambiamento climatico“, promosso dalla Fondazione Formiche presso la Camera dei Deputati. «Non ci sarà una posizione italiana distinta da quella Ue» , l’Italia chiederà di «non aprire una seconda fase» del protocollo di Kyoto, con l’elevazione dei tagli della Co2 dal 20% al 30% che «non è una opzione utile al negoziato». L’Unione europea, ha detto Clini, «potrebbe prendere in considerazione l’obiettivo 30% solo riconoscendo il nucleare come energia pulita, e quindi accogliendo la posizione di Canada e Sudafrica. Ma l’Unione non ha finora avuto una politica comune sul nucleare, e non ha neanche una politica fiscale comune. È assurdo parlare di tagli alle emissioni inquinanti quando la Germania premia chi produce con carbone. Per l’Italia sarà difficile aprire la discussione su questi temi, davanti a una platea di politici che vogliono fare i difensori astratti dell’ambiente».
Un bilancio in rosso quello del protocollo di Kyoto nella valutazione costi/benefici. «Solo quest’anno – ha detto Clini – si sono tenuti 100 giorni di meeting internazionali, con le delegazioni di 130 Paesi che viaggiando in aereo e poi in auto per il pianeta hanno fatto innalzare il livello delle emissioni inquinanti. E questo è avvenuto con continuità negli ultimi 13 anni», dalla firma del febbraio 1997. In termini di vantaggi apportati e risultati politici, ha aggiunto Clini, «gli Stati Uniti sono rimasti fuori. Mentre il trend di riduzione delle emissioni registrato nell’Unione europea, Italia compresa, è per lo più dovuto alla crisi economica e ai cambiamenti tecnologici che hanno generato efficienze. Sarebbe molto azzardato dire che il driver ambientale ha di per sè funzionato». Corrado Clini ha ricordato, dunque, come l’approccio top-down«comando e controllo», stile Kyoto, opera solo per obiettivi parziali, ma nel caso delle emissioni dei gas serra non funziona. «Fissare un obiettivo cumulativo per tutti i gas serra – ha spiegato Clini – è un modo astratto, per non dire ideologico, di affrontare il tema ambientale». Occorrono, secondo Clini, «accordi diversi da quelli globali, accordi settoriali con obiettivi misurabili e raggiungibili». Come, per esempio, la riduzione del particolato che è un inquinante. E ha fatto anche l’esempio delle performance raggiunte dalle auto sul fronte dei consumi negli ultimi anni, frutto di una tendenza di mercato che punta a ridurre i consumi per chilometro delle vetture. Stessa linea che dovrebbe essere applicata ai biocombustibili di seconda e terza generazione.
Per Clini «quanto alla decarbonizzazione dell’economia non deve essere posto come mero obiettivo ambientale, ma si deve fare in modo di introdurre le migliori tecnologie come standard di produzione usuali: bisogna per esempio intervenire sulle regole del commercio del Wto in modo che i prodotti siano commerciabili se incorporano tali standard. Un’alternativa al Protocollo di Kyoto, ha detto, infatti, Clini, «potrà essere il Wto se vorrà dichiarare commerciabili a livello internazionale solo i prodotti eco-friendly, come le auto ibride e quelle a basso consumo o le lampadine a basse emissioni». Inutile invece pensare a tasse protezionistiche, come la carbon tax, per limitare l’arrivo in Europa dei prodotti cinesi. Le economie emergenti sono fondamentali per la ripresa economica mondiale. E per inciso «la Cina dal 2009 è l’economia che investe di più in tecnologie pulite». Per Clini occorre cambiare format assumendo «la decarbonizzazione come obiettivo industriale e non meramente ambientale»2.
Insomma sembra che ormai la crisi economica non permetta più tanta filosofia ed ideologia, una crisi economica scoppiata improvvisamente anche per quelli capaci di fare previsioni esatte fino al 2100.
- Fonte: http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=7160 [↩]
- fonte http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2010-10-06/litalia-chiedera-aprire-seconda-172110.shtml?uuid=AY61UMXC e http://www.rinnovabili.it/clini-il-cosa-si-puo-fare-e-la-chiave-per-la-lotta-al-cambiamento-climatico-801369 [↩]
Mi chiedo quanto ancora dovremo aspettare per mettere in piazza gli “INTERESSI” economici di chi sbandiera questo “CAMBIAMENTO CLIMATICO”.
L’informazione è prettamente veicolata dalle varie associazioni ambientaliste?
Bene allora è “CONFLITTO DI INTERESSI”60 MILIARDI DI DOLLARI solo per il “WWF”?..
E’ possibile che “LEGAMBIENTE” sia in partecipazione con società il cui unico fine è comprare e vendere quote di CO2?
E’ vero quanto leggo ma il problema non è economico, ma speculativo.
http://www.notiziegenova.altervista.org/index.php/te-lo-nasondono/1446-la-truffa-di-qlegambienteqmolto-business-poca-salvaguardia-e-grande-avidita
Presto ci diranno che ci stiamo raffreddando, per venderci le quote di “NON” emissione di CO2?
Bene.
Questa eco-giostra climatica deve finire?
Finirà quando si metteranno in piazza gli oltre MILLLE MILIARDI DI DOLLARI su cui si fonda.
Cordialmente.
Piero Iannelli
Clini in quella introduzione ha la grande onesta’ intellettuale di chiamare l’AGW driver climatico per potenziare la green economy (riassumo)il problema generale dei cambiamenti climatici, tanto da doverci domandare se e’ la green economy il problema o l’AGW (e’ in realta’ implicito nella definizione data driver climatico-green economy chi e’ strumento e chi e’ soggetto).
Il che vuol dire che sia che sia vero l’AGW, che no, e’ la green economy che deve essere comunque potenziata. Bene! finalmente ce lo siamo detto, con buona pace delle anime belle, il problema non e’ detto sia scientifico ma sicuramente e’ economico.
Possono dire qualcosa a riguardo gli scienziati delle scienze fisiche? No! non e’ affar loro, perche’ qualunque loro considerazione non e’ pertinente in quanto il problema e’ economico. Al massimo possono dare un aiutino con il loro ‘consenso’. E allora risulta evidente che la societa’ vuole a torto o a ragione che l’AGW abbia quell’A perche’ fa tirare l’economia (?). E il punto interrogativo finale e’ per “quale economia? quale sostenibilita’? quale solidarieta’? quale responsabilita’ sociale?”.
Si’, concordo, ne parlera’ la storia: la storia pero’ ci insegna che sono piu’ i guai causati in buona fede che i vantaggi sociali avuti (le strade dell’inferno…).
«la decarbonizzazione come obiettivo industriale e non meramente ambientale», questo è l’obiettivo neanche tanto nascosto. Purtroppo per raggiungerlo hanno pensato che la strada migliore fosse imporlo con la paura, ma senza tener conto che la paura ha l’unico effetto di bloccare, specie se si ha la pancia piena. Oggi in europa tutto è fermo e siamo pieni di paure: del clima, dell’immigrato, del pm10, del nucleare, della TAV, etc. Mentre i nostri concorrenti orientali vanno avanti emettendo per noi e per loro.Un bel risultato.
Corrado Clini ha scritto l’introduzione al libretto “Come cambia il cambiamento climatico”. Impegnato come sono mi riservo di leggerlo appena possibile. Nel frattempo mi ha colpito quello che ha scritto Paolo Messa, direttore fondazione Formiche, e che appare in ultima pagina in quello stesso libretto.
Ne riporto uno stralcio:
[ E’ sostenibile l’idea di costringere tutte le economie, e soprattutto quelle emergenti, a frenare la propria crescita per non far aumentare la temperatura del pianeta ? Purtroppo, no. Forse è meno difficile orientare la crescita in modo alternativo, scommettendo su ricerca e innovazione. L’ambientalismo resterà un autolesionistico esercizio retorico se continuerà a fare rima con nuove tasse. ]
Oddio, c’è chi teme che quel “frenare” sia invece il vero obiettivo, e non un modo per salvare il pianeta, ma su questo parlerà la Storia.
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