Salta al contenuto

Una doccia fredda a ferragosto

Come rifiutarla? Dove è piovuto l’hanno addirittura avuta gratis! Per tutti quelli che invece hanno passato la giornata al mare oppure sottoponendosi a tremende sofferenze epatiche un po’ di refrigerio è proprio l’ideale.

Non verrà dall’atmosfera, dal momento che sta per arrivare la prima e probabilmente unica vera ondata di calore di questa stagione. Verra’ dall’Artico, che di fresco se ne intende.

Avete presente i feedback? Si, quegli strani meccanismi che nei piani dei sostenitori dell’AGW dovrebbero portarci alla frittata climatica. Proviamo a definirli: un feedback e’ un processo che all’insorgere di una causa può variare in modo da modificare la causa stessa che l’ha generato, amplificandone o mitigandone gli effetti.

L’esempio più classico riguarda proprio l’Artico. All’aumentare delle temperature (causa) i ghiacci artici si sciolgono. Il mare libero dai ghiacci assorbe una maggiore quantità di calore di quanto farebbe se la copertura glaciale continuasse a riflettere i raggi solari (diminuisce l’albedo). Ne consegue una maggiore quantità di radiazione infrarossa restituita all’atmosfera con conseguente ulteriore aumento delle temperature. Questo feedback è positivo. Ma, la stessa diminuzione della copertura glaciale innescata dall’aumento delle temperature (sempre la causa), può favorire un aumento dell’evaporazione e dunque una copertura nuvolosa potenzialmente più abbondante. Le nubi riflettono i raggi solari, la radiazione ricevuta dalla superficie diminuisce e le temperature anche. Questo feedback è negativo. Credo sia importante notare che la causa sarebbe la medesima.

Ora, l’ipotesi del cosiddetto run-away effect, ovvero del riscaldamento inarrestabile, poggia su una serie di feedback positivi, cioè amplificanti. Il caldo insopportabile di fine secolo (ma per molti anche prima), scaturisce dall’aver strutturato le simulazioni del comportamento del clima considerando (anche) il segno positivo del feedback che si innescherebbe da una ulteriore diminuzione dei ghiacci artici, oppure (peggio) da una loro seppur temporanea scomparsa totale nei mesi più caldi dell’anno. Per quanto complesso possa essere, un modello di simulazione se riceve in input l’istruzione che meno ghiaccio uguale più caldo, inevitabilmente alla diminuzione del ghiaccio assocerà un aumento ulteriore delle temperature. Questo solo per dire che sistemi più intelligenti di noi ancora non li abbiamo; più veloci a far di conto senza dubbio, ma in grado di pensare per proprio conto e di farlo anche bene proprio no. Quindi il riscaldamento ad libitum è sostanzialmente un input delle simulazioni, non un output, cioè non un risultato al quale si giunge da ipotesi di segno differente.

Sicché un team di ricercatori ha deciso di provare a misurare il segno di questo feedback senza fare uso di alcun modello di simulazione, ma semplicemente (si fa per dire) analizzando i dati disponibili relativi al trend delle temperature, dell’estensione dei ghiacci e della nuvolosità. Il tutto per giungere a definire se l’albedo all’insorgere della causa aumento delle temperature, diminuisce perché ci sono più acque libere o aumenta perché ci sono più nubi a riflettere la luce del Sole.

Estimating the global radiative impact of the sea ice–albedo feedback in the Arctic – JOURNAL OF GEOPHYSICAL RESEARCH, VOL. 116, D16102, 7 PP., 2011
doi:10.1029/2011JD015804

Il risultato è a  dir poco interessante. Alla perdita di superficie dei ghiacci artici nel periodo 1979-2007 si può attribuire un forcing radiativo di 0.1 W/m2 (1/8 degli 0.8 W/m2 con cui si identifica la sensibilità climatica nelle simulazioni). Una rimozione completa del ghiaccio dall’Artico restituirebbe ovviamente un valore molto più elevato, circa 0.7 W/m2. Una più realistica previsione di assenza di ghiaccio per un solo mese all’anno porterebbe invece ad un forcing di 0.3 W/m2, un valore paragonabile a quello indicato per l’attuale forcing antropogenico degli idrocarburi.

Ma direi che la frase più interessante dell’abstract sia la seguente:

The potential for changes in cloud cover as a result of the changes in sea ice makes the evaluation of the actual forcing that may be realized quite uncertain since such changes could overwhelm the forcing caused by the sea ice loss itself, if the cloudiness increases in the summertime.

Il potenziale dei cambiamenti nella copertura nuvolosa che risulterebbe nei cambiamenti del ghiaccio marino rende la definizione del forcing che potrebbe risultarne piuttosto incerta, dal momento che tali cambiamenti potrebbero superare il forcing causato dalla stessa perdita di ghiaccio qualora la copertura nuvolosa dei mesi estivi dovesse aumentare.

Le osservazioni dunque suggeriscono un elevato livello di incertezza circa il segno di questo feedback. La rimozione del ghiaccio dall’artico potrebbe non portare alcun ulteriore riscaldamento. L’accento però non deve andare su questa ultima affermazione, perché ovviamente potrebbe essere vero il contrario. L’accento va inevitabilmente sull’incertezza, l’ennesima, di una scienza che qualcuno ha osato definire “settled”.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàNews

2 Comments

  1. donato

    A proposito di incertezze circa il segno dei vari forcing sembra ormai assodato che la copertura nuvolosa dipenda in modo molto forte dai raggi cosmici. Ho letto della pubblicazione su Nature dei risultati dell’esperimento CLOUD del Cern e, sembra, che essi confermino quanto ormai si dice in giro da qualche tempo: i raggi cosmici influenzano in maniera pesante la formazione delle nubi. Questo fatto scompiglia ancora una volta le carte in gioco e fa entrare prepotentemente in scena il Sole. A mio giudizio il grado di incertezza aumenta ancora di più e il “settled” con cui si chiude l’articolo diviene ancora più pallido e sfocato.
    Ciao, Donato.

  2. Guido Botteri

    Avrei una domanda.
    Da:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Corpo_nero
    [
    la potenza totale emessa per unità di superficie (appunto, l’intensità) è data dalla legge di Stefan-Boltzmann

    I=sigma T^4
    ]
    dunque…siga è una costante, e la potenza dipende dalla teperatura elevata alla quarta…che succede della potenza totale emessa da un corpo nero se aumenta la temperatura ?
    ovvero, lo possiamo considerare un feedback negativo ?
    Ovvero, continuando ad aumentare la temperatura….
    e continuando ancora…
    (la quarta potenza…)
    Quanto si modifica il nostro discorso tenendo conto che la Terra non è un corpo nero ?
    La domanda, naturalmente, è rivolta ai professori che leggono questo sito.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »