Salta al contenuto

Glu glu glu

Da corriere.it: L’Italia che rischia di finire sott’acqua.

Non solo Venezia ma anche molte altre parti del nostro territorio costiero sarebbero a rischio inondazione qualora il livello dei mari dovesse salire.

Tre i fattori determinanti: un trend in aumento comunque positivo per il recupero ancora in corso dall’ultima era glaciale, una espansione termica attribuibile al riscaldamento e, ultimi ma non meno importanti i movimenti verticali del terreno.

Il primo di questi fattori è ineluttabile. Il secondo è misurabile e ultimamente la misura non conferma le previsioni. Il terzo non è climatico. Nella migliore delle ipotesi finisce 2 a 1 per un cambiamento del livello dei mari che con le nostre malefatte potrebbe avere davvero poco a che fare. Ove naturalmente per malefatte si intenda l’aver causato il riscaldamento, non certo aver fatto scempio di tratti di costa che il mare ha nel tempo disegnato a proprio uso e consumo e noi gli abbiamo sottratto incuranti delle conseguenze.

Per fare i loro calcoli, i ricercatori hanno preso in esame le proiezioni di aumento del livello del mare usate dall’IPCC, concentrando l’attenzione sullo scenario peggiore.

Posto che sappiamo bene quanto quelle proiezioni siano lontane dall’aver riprodotto quanto accaduto nei prima circa dieci anni di possibilità di verifica, perché non andare a vedere e quindi divulgare anche i risultati che scaturiscono dallo scenario migliore?

Forse non tutti sanno che, proprio in virtù del fatto che stiamo parlando di scenari e non di previsioni, non si dispone di alcuna informazione riguardo alla probabilità di occorrenza di uno o dell’altro scenario. Sono tutti equamente probabili o improbabili.

E’ per questo che gli scenari presentano spesso ampi margini di incertezza, fattore che aumenta ancora di più se li si prende in esame tutti.

Questa incertezza va comunicata e spiegata, oltre che per correttezza scientifica, anche perché non c’è nessuna valida ragione per scegliere di comunicare una sola parte del messaggio, a meno che non si voglia dare appunto un messaggio, cosa diversa dall’informazione scientifica.

Quand’è che impareremo? Mai presumo.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inIn breve

5 Comments

  1. L’articolo del Corsera cita anche la costa toscana, in particolare la zona dell’Ombrone. La conosco bene per ripetute frequentazioni. Come altre zone limitrofe, è soggetta a fenomeni di avanzamento del mare e riduzione delle spiagge, ma legate a questioni come le correnti marine (infatti, pochi chilometri a sud una spiaggia del Parco dell’Uccellina, vicino a Cala di Forno, tende invece ad espandersi). Visto che poi si parla sempre di cause umane e cause naturali, va ricordato che l’attuale conformazione della costa, con pinete retrostanti, risale a pochi secoli fa, per lavori di consolidamento legati alle bonifiche (allora tentate con poco successo). Evidentemente la costa era instabile anche all’epoca.

    PS Domanda off topic. L’articolo parla di “delta” dell’Ombrone. Io avrei detto che fosse un estuario; ma anche Wikipedia riporta il termine “delta”. Se capisco bene, la differenza non è solo relativa alla forma (come mi avevano insegnato a scuola), ma al flusso/afflusso di sedimenti. E’ così? Nel qual caso mi rendo conto che a scuola ci insegnavano un sacco di scemenze. D’altronde anch’io mi ricordo la storiella dei vasi comunicanti spiegata per dire che tutti i mari del mondo hanno la stessa altezza: classico esempio di modello usato a sproposito.

    • Martino Giorgioni

      Esatto, la differenza tar delta ed estuario sta sostanzialmente nella direzione del flusso principale: il delta si ha nel caso in cui il fiume entra nel mare, mentre l’estuario è in un certo senso l’opposto, cioè è il mare che si protende nell’entroterra. Il verificarsi di una situazione piuttosto che l’altra è dovuto a vari fattori che detrerminano fondamentalmente il contrasto di densità tra l’acqua del fiume e quella del mare. Solitamente l’acqua del fiume è meno densa, quindi la corrente si diffonde nel mare, perdendo energia e depositando i sedimenti in carico (che vanno a costituire un corpo che spesso ha la forma triangolare come la delta maiuscola), ma possono esserci casi in cui il fiume è più denso, quindi si “infila sotto” il mare, di conseguenza la corrente erode il fondo, i sedimenti si depositano più distanti dalla costa e l’acqua del mare resta in superficie e si protende nell’entroterra. La cosa però è abbastanza complessa da spiegare bene alle elementari, la differenza morfologica è un’approssimazione che può essere utile per far comprendere meglio ai bambini, anche se non è esauriente sulla sostanza dei processi

  2. donato

    Riflettevo, poco fa, sulle continue citazioni dei rapporti IPCC nei vari lavori scientifici. Molte volte ho l’impressione che questi rapporti siano diventati l’equivalente degli “ipse dixit” aristotelici o delle Sacre scritture ai tempi di G. Galilei.
    Qualunque articolo scientifico si vada a leggere, qualunque documentario, qualunque resoconto, nell’incipit, nel corpo dell’articolo o nella chiosa, fanno riferimento ad una o più parti dei vari rapporti IPCC. Diciamo che l’IF di questi rapporti è tendente ad infinito!
    Se io leggo un articolo relativo una situazione xy, per esempio, l’autore dopo aver fatto una bella disamina delle problematiche locali o globali che influenzano quella particolare situazione, invariabilmente, chioserà il suo articolo spiegandoci che tutti i fattori negativi da lui presi in esame, non potranno che peggiorare alla luce delle conclusioni dello scenario “zt” dell’IPCC. Sarà che ho acquistato una certa “sensibilità” nei riguardi del panel, ma ormai le conclusioni IPCC sono diventate talmente pervasive da interessare tutti i campi dello scibile (economia, geologia, idrologia, sociologia, geografia, psicologia, ecologia, glaciologia, tutto insomma). Non riesco a immaginare cosa succederà se, fra qualche anno, tutti questi scenari perdessero di significato. Buona parte della letteratura scientifica pacificamente accettata diverrebbe carta straccia.
    Ciao, Donato.

  3. Ichnusa

    “Nel Mediterraneo, la complessa fisiografia e la presenza di condizioni meteorologiche peculiari, nonché il bilancio idrogeologico negativo (dal mare evapora più acqua di quanta ne arriva dai fiumi) potranno contribuire a determinare un sollevamento del livello marino
    compreso fra il 50% ed il 100% di quello globale (Mikis N. Tsimplis, comunicazione personale).”
    Non ho ben capito il senso di questa affermazione, trovata qui:
    http://www.socgeol.it/files/download/Quaderni/quaderno2.pdf
    Anche perchè mi risulta che lo stretto di Gibilterra ancora non è stato chiuso…mah, ho le idee molto confuse!!!

    Reply
    Il Mediterraneo è un bacino a bilancio idrogeologico negativo, questo è risaputo. Sicché nella fattispecie il problema è semantico: la frase significa che il livello del mare nel bacino potrebbe salire da meno (parecchio meno) a lo stesso degli altri mari, sempre in base alle proiezioni. Nella fattispecie il contributo spiegato è negativo, cioè limitante. Una volta tanto, benché ci voglia il vocabolario per capirlo, la situazione non è peggio del previsto. 🙂
    gg

    • Guido Botteri

      L’ultima volta che l’ho attraversato, lo stretto c’era ancora. Abbiamo fatto una faticaccia per attraversarlo (ci è valsa un premio a noi che eravamo al timone) ma ti posso assicurare che c’era ancora acqua. Poi, da allora non so se il principio dei vasi comunicanti sia stato messo in pensione…in fondo era roba vecchia, di tempi in cui la scienza la facevano osservando e misurando la realtà, e non coi modelli a computer… 🙂

      Reply
      Guido, il principio dei vasi comunicanti c’entra fino a un certo punto. Le caratteristiche peculiari dei diversi bacini (grandi o piccoli, chiusi o aperti che siano) ne determinano comunque il livello. Tra una sponda e l’altra del Pacifico ci sono alcune decine di cm di differenza, un dislivello che varia al variare dell’ENSO (cioè dell’intensità degli Alisei e della temperatura di superficie), così come, ad esempio l’anno scorso, abbiamo discusso della differenza di temperatura (e quindi di livello) dell’area interessata dalla Loop Current, nel bel mezzo del Golfo del Messico. Leggi il mio reply al commento di Ichnusa.
      gg

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »