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Energia pulita o smacchiata?

Leggiamo dal Messaggero di oggi di un report presentato all’Accademia dei Lincei dalla Fondazione Edison, sul futuro dell’energia rinnovabile in Italia. L’articolo ci aiuta a far chiarezza sull’enormità del compito che ci attende e che, con buona approssimazione, è piuttosto sconosciuto ai più. Un primo dato significativo è che, ad oggi, la grande maggioranza dell’energia prodotta da fonti rinnovabili nel nostro paese proviene dall’idroelettrico (17.469Mw sui 24.000Mw totali di potenza installata), che è praticamente giunto ad un punto di saturazione. La crescita sul rinnovabile dovrà arrivare da altre fonti, che si conoscono, ma che vale la pena ricordare: eolico innanzi tutto, poi fotovoltaico, poi biomasse e biofuel, con l’aggiunta di piccole quantità di geotermia e di sfruttamento delle maree.

Dal report apprendiamo inoltre che il nostro futuro sarà di dipendenza dall’estero anche qualora si riuscisse a mettere in piedi un sistema che rispetti i parametri del pacchetto clima delle UE. Il 60% dell’energia prodotta con fonti rinnovabili arriverà infatti dalle biomasse e dal biofuel, ma con materie prime interamente importate, per difficoltà di ordine burocratico, sembra, ma forse anche perchè non abbiamo nè tutta la terra coltivabile che servirebbe, nè l’acqua per irrigarla. Lasceremo che a tappezzare di cereali per autotrazione il territorio ed a dar fondo alle risorse idriche siano i paesi dell’America Centrale, con tanti saluti alla destinazione d’uso del suolo dell’area Amazzonica ed all’acqua dell’omonimo fiume.

Non so se sia presente nel report, che spero di reperire in rete appena possibile, ma nell’articolo non c’è il minimo accenno alle modifiche infrastrutturali che l’intero sistema energetico nazionale ed europeo dovranno subire per consentire un impiego dell’energia prodotta con le altre fonti rinnovabili che mantenga gli stessi standard attuali, non tanto di consumi, quanto piuttosto in termini di affidabilità e continuità degli standard di fornitura, sui quali si basano la vita di tutti i giorni e soprattutto i comparti dei servizi e della produzione industriale.

A parte il nobile impiego di biomasse e biofuel (su quest’ultimo c’è stata anche una moratoria UE appena l’anno scorso), forse non tutti sanno che le fonti rinnovabili devono necessariamente essere affiancate da adeguati sistemi di back-up convenzionali, proprio per assicurare la continuità di cui sopra. Il problema è estremamente complesso, come ha provato a spiegarci qui uno dei nostri più affezionati lettori, ma, sinceramente il dato sulla produzione energetica bio mi ha sorpreso. Qui di rinnovato mi sembra ci sia più che altro lo spirito di improvvisazione.

Vedremo, qualcuno vuole aiutarci a capirci qualcosa di più?

Scarica qui il pdf dell’articolo.

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Published inNews

20 Comments

  1. Angelo

    @Achab
    Scusa, ma dove pensi di prendere l’energia per la mobilità elettrica?
    Non è che la rete elettrica te la regala, da qualche parte c’è uno che deve produrla affinché tu possa ricaricare le batterie.
    Attenzione all’idrogeno, è un mito che sarà difficile da estirpare!
    Entrambi sono la conseguenza di una visione “locale” al mondo dell’energia. Ovvero uso vettori energetici “puliti” (idrogeno, non disponibile in natura e da generare quindi dall’acqua o dal petrolio, e energia elettrica, ricordo che quest’ultimo è pur sempre un vettore di energia primaria)per spostare l’inquinamento da un’altra parte. Un po’ come spazzare la casa e mettere la sporcizia sotto al tappeto.

    Non si può ragionare di fonti rinnovabili e energia con una visione limitata, si prendono cantonate che pagherà l’intera collettività illudendola di aver risolto un problema, in realtà lo si è solo “riallocato”.

  2. Achab

    @teodoro georgiadis

    Chiaro, grazie.

  3. teodoro georgiadis

    @ Achab
    Si’, l’esperimento sul campo aveva quale obiettivo definire i reali tassi di emissione ottenuti da un motore in servizio. Le prove a ‘banco’, e’ stato dimostrato, non riescono a simulare la grande varieta’ di regimi che un automezzo (in questo caso un autobus) in servizio effettua. Le emissioni ovviamente sono il risultato della combinazione di molteplici fattori (frenate, stop and go, accelerazioni) e l’esperimento voleva appunto testare cosa succede veramente nel mondo reale (un po’ come i consumi dichiarati dalle case automobilistiche: sulla brochure “un regalo”, poi sulla strada tracanna combustibile come un ubriaco)

  4. teodoro georgiadis

    La risposta alla mobilita’ a corto raggio (forse la piu’ inquinante ed energivora) la si ottiene da un diverso progetto delle citta’ (diverso come architettura ma anche come scopo fondante della citta’). Fino a che ci poniamo le domande sbagliate tipo: ‘come ridurre l’inquinamento nelle citta’?’, oppure ‘come aumentarne il risparmio energetico?’ manchiamo di porci la domanda fondamentale che e’ “a cosa servono le citta’ e perche’ dovrei vivere proprio li’?”

  5. Achab

    @teodoro georgiadis

    Non ho accesso alla rivista e non ho potuto leggere l’articolo. Quale è il vantaggio dell’esperimento “sul campo” rispetto a raccogliere direttamente i gas di scarico?

  6. Achab

    @Lorenzo

    Quando si pensa a queste cose credo che la prima cosa da fare è fissare l’orizzonte temporale.

    Nel breve-medio periodo non credo che si possa raginevolmente immaginare un passaggio totale alla mobilità elettrica. La mobilità a corto raggio (che comunque almeno in Italia rappresenta la più grossa fetta della mobilità privata) forse si; per il resto avremo ancora per un bel pò bisogno di combustibili. E se una parte sono biocombustibili lo posso anche accettare, così come posso accettare che una parte restino combustibili fossili.

    Per il lungo periodo invece probabilmente l’elettrico “puro” verrà affiancato dall’idrogeno. Sempre di motore elettrico si tratta ma il vettore dell’energia è ben diverso.

  7. teodoro georgiadis

    E anche sul biodiesel per autotrazione non ci scommetterei piu’ di tanto sui benefici ambientali (Concentration measurement in a road tunnel as a method to assess “real-world” vehicles exhaust emissions, Atmospheric Environment Volume 40, Issue 7, March 2006, Pages 1242-1254)

  8. Lorenzo

    @ Achab

    Vedo con piacere che riguardo ai biocarburanti siamo piuttosto in sintonia :-). Solo che io intravedo una soluzione unica, sebbene non sia propriamente un sostituto del combustibile fossile: la mobilità elettrica.
    Concordo con Guidi che il discorso di Yergin appare sensato ed equilibrato, ma oltre a togliere “climate change” io toglierei anche “longer-term view”, sostituendolo con “short and mid-term view” 😉

  9. Tutto molto bello. Basta eliminare le parole “climate change” e risulta sensato ed equilibrato.
    gg

  10. Achab

    Non ho mai amato particolarmente i biocarburanti e ho festeggiato lo stop dell’Europa su questa questione. Nulla di particolare in contrario ma molte perplessità sul suo impiego su scala planetaria.
    In generale penso che il mercato dei carburanti così come quello delll’energia è troppo vasto per poter pensare ad un unico sostituto dei combustibili fossili; il problema va affrontato a 360 gradi.

    Per dirla con le parole di Daniel Yergin, Presidente del CERA, in una recente testimonianza al Congesso:
    “As part of that longer-term view, we need to get beyond the “either/or” energy debate and take a more ecumenical approach—ensuring that a combination of conventional energy, renewables and energy efficiency are all developed with appropriate environmental and climate-change considerations.”

  11. @ Luca e Lorenzo
    I punti ci sono entrambi. La diatriba sulla bio-energia viene da lontano, ma il processo è ormai saldamente (molti soldi investiti) avviato.
    Gli aspetti tecnici dell’impiego di fonti differenziate sono molto complessi, come ci ha spiegato bene Angelo.
    Appena pochi giorni fa il governo inglese ha approvato la costruzione di 3 turbine a gas da 1000Mw ciascuna. Ognuna di queste produce più di quanto produva l’intero parco eolico attualmente installato sulle isole. Tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare, è il caso di dirlo… 🙂
    gg

  12. Angelo

    Leggi attentamente il mio ultimo post.
    Indicativamente la costante in modulazione potrebbe essere di qualche ora, mentre l’avvio e arresto potrebbe impiegare anche qualche giorno. Dipende dalla tecnologia e da tanti altri aspetti che in dettaglio non conosco nemmeno io e nemmeno trovi su internet. I costruttori se li tengono stretti, giustamente.

  13. Luca Galati

    Di che ordine è la costante di tempo?

  14. Angelo

    Non è il “problema della continuità“, ma il “problema del bilanciamento”!
    Purtroppo il grande termico non può garantire efficacemente il bilanciamento non tanto per il controllo, ma per le costanti di tempo termiche tipiche di un impianto di grande taglia.

  15. Luca Galati

    Eppure c’è anche quello come punto di riflessione nel post: quello che dici tu è corretto e può essere concluso li, io aprivo un’altro argomento sempre sul tema rinnovabili di cui aspetto la risposta da Angelo.

  16. Luca Galati

    Se l’attuale bisogno energetico è soddisfatto dalle centrali termoelettriche a metano o altri combustibili fossili aggiungere nuovi impianti di produzione d’energia da fonti rinnovabili non implica la costruzione di ulteriori nuove centrali termoelettriche per mantenere costante la produzione di energia (problema della continuità) data la variabilità della produzione da fonti rinnovabili quali eolico e fotovoltaico, bensi per risolvere questo problema bastano le attuali centrali termoeletriche opportunamente equipaggiate di sistemi di controllo, o sbaglio?

    Insomma cerchiamo di non essere esageratamente pessimisti o reazionari alle innovazioni tecnologiche sia pure non ancora pienamente sviluppate e appetibili sul mercato: è una questione di tempo ed anche le rinnovabili saranno a buon prezzo e buona efficienza.

    • Lorenzo

      In questo caso non mi pare che il punto della questione sia quello da te evidenziato. Avevo capito che il punto era far passare per energia pulita (quella generata da biocombustibili), un’energia che pulita non lo è per niente.

  17. Angelo

    Aggiungo che occorre fare attenzione al fatto che forse si intende la sola quota di consumi di energia primaria e non di generazione elettrica. Quindi non impatterebbe nella produzione di energia elettrica ,e dei conseguenti problemi di sistema elettrico, in quanto andrebbe direttamente bruciato per autotrazione.
    Attendiamo il report.

  18. Angelo

    Bisogna effettivamente leggere il report. Non si capisce bene cosa si intende con “potenziale massimo di sviluppo delle rinnovabili”.
    Qualche anno fa, un signore autorevole che studiava il problema dei biocombustibili, mi disse che anche impiantando con colture energetiche tutti i terreni attualmente ad uso agricolo, si coprirebbe appena il 17% delle necessità per autotrasporto coi biocombustibili così ottenuti.
    Non ho avuto modo di verificare in dettaglio, ma la cosa mi sembrava plausibile.
    Se quel 60% è da intendersi riferita alla sola quotaparte per assolvere all’obbligo del 20-20-20 allora forse numericamente è plausibile: rimane la fattibilità!

  19. Lorenzo

    Per chi non crede nel riscaldamento da CO2 o in ogni caso non considera il riscaldamento un problema, ricorrere ai biocombustibili è una follia che si somma a follia. Bruciare biocombustibili inquina in termini di polveri sottili e di altre sostanze nocive per la salute umana quanto e a volte più dei normali combustibili. Non rende le nazioni indipendenti energeticamente (chi ha terreno e vegetazione esporta verso chi non ne ha). E’ scarsamente sostenibile, in quanto si toglie terreno, una quantità inimmaginabile di terreno, alle colture alimentari. E’ un non senso energetico, in quanto molti studi indicano come, ad esempio, per ottenere l’etanolo si spende più energia di quanta se ne ricava.
    Infine, se ciò che suggerisce questo studio riportato sul blog di Watts http://wattsupwiththat.com/2009/04/09/nasa-giss-suggests-aerosols-play-a-large-role-in-arctic-warming/ fosse vero, ovvero che gli aerosol cosidetti carbone nero, derivanti dalla combustione di biomassa e biocombustibili, vanno ad incrementare il maniera sostanziale il GW, oltre ai vari non sensi che ho citato poc’anzi, si aggiungerebbe il paradosso che gli stati andrebbero a sovvenzionare una misura che va ad alimentare proprio il fenomeno (GW) per la cui riduzione sono stati pensati gli incentivi.

    Per cui spero anch’io di poter leggere presto il report per intero, pregando che quel 60% riportato da Il messaggero sia un errore. Pregando, ma non credendoci per niente, purtroppo.

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