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Dieci buone regole (da non dimenticare mai)

Lo so, lo so. Questo sito è frequentato principalmente da fisici, climatologi, meteorologi, per non parlare di geologi, chimici e tutti coloro interessati alle scienze della Terra e dell’Atmosfera. Bel preambolo, ma per dire cosa? Questa volta tenterò di mutuare dall’economia una serie di principi che dovrebbero valere per modelli e previsioni. Certo, in questo momento almeno il 99% dei lettori salterà sulla sedia: come è possibile, una previsione che funziona in economia?

Visti i tempi, non mi sento di essere in disaccordo, ma le regole e i principi li salvo e provo a fare un parallelo con il mondo della climatologia, vedrete che non siamo così lontani come potrebbe sembrare. Queste regole, in ambito economico e finanziario, sono state stilate dal grande economista David Rosenberg Chief Economist & Strategist presso Gluskin Sheff.

1) Never be a slave to the data. They are no substitute for astute observation of the big picture
Non siate mai schiavi dei dati, questi non potranno mai essere (definitivamente, nda) sostitutivi di una acuta osservazione (della realtà, nda).

2) The consensus rarely gets it right (…)
Ha davvero bisogno di ulteriori spiegazioni, questa? Come vedete, il consenso non è un malattia che contagia il solo ambiente scientifico.

3) Fall in love with your partner, not your forecast
Innamoratevi del/la vostro/a compagno/a, non delle vostre previsioni.

4) No two cycles are ever the same
Due cicli non si ripeteranno mai nello stesso modo. Questa sembrerebbe una affermazione banale, ma non andrebbe mai dimenticata soprattutto quando si ha a che fare con sistemi dinamici e complessi (il sistema economico è altrettanto complesso quanto quello atmosferico). Non esistono soluzioni univoche, hanno attrattori strani al loro interno e le condizioni iniziali sono estremamente influenti.

5) Never hide behind your model
Non nascondiamoci dietro i nostri modelli, il mondo reale è là fuori. A6)mici meteo-appassionati, vi suona familiare questa?

7) Always seek out corroborating evidence
Questa fa il paio con la precedente. Non arrocchiamoci sugli output dei modelli e sicuramente non prima di aver cercato le evidenze del mondo reale. Quante volte sentiamo dire “Il modello dice”, “Il modello parla chiaro”, “Il modello prevede”. Sì ok, ma la realtà invece?

8) Have respect for what the markets are telling you
Ok, questa è maggiormente connotata dal punto di vista finanziario, ma potremmo tradurla: abbiate rispetto per ciò che ha da dirvi il pianeta (viene prima questo, dei modelli!).

9) Highlights the risk to your forecasts
Qui ci dice di evidenziare il rischio insito nelle previsioni. Ma se chiedessimo di evidenziare il margine di errore (nelle previsioni), secondo voi andremmo troppo lontano?

10) Be constantly aware with your forecast horizon (…)
Siate sempre consapevoli dell’orizzonte temporale delle vostre previsioni. Che dite, forse 100 anni, 200 anni, 300 anni sono un po’ troppi anche per il più bravo dei climatologi?

L’elenco originale lo trovate qui1 .

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  1. http://www.businessinsider.com/david-rosenberg-rosies-rules-to-remember-2012-10?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+businessinsider+%28Business+Insider%29 []
Published inAttualità

7 Comments

  1. Alvaro de Orleans-B.

    Credo che la più sintetica delle regole per investire con successo sia:

    “Compra ai funerali e vendi ai matrimoni”

    …ma, come le altre, non penso che aiuti a discriminare tra buona e cattiva scienza del clima — piuttosto, può aiutare a capire quando è un buon momento per far cassa con le paure altrui, vedi, per esempio:

    http://www.barchart.com/charts/stocks/CARN

  2. Mariani Luigi

    Il punto 10 del decalogo “Be constantly aware with your forecast horizon” contiene il richiamo ad avere sempre ben chiaro il dominio di applicabilità di un modello di analisi o di previsione, e cioè l’ambito nello spazio e nel tempo a cui detto modello può essere ragionevolmente applicato. Su questo aspetto (che vale non solo per i modelli econometrici ma anche per i GCM) vi sono fior di lavori scientifici (specie in ambito idrologico) di cui ho già avuto modo di parlare su CM.

    Permettetemi infine un’ovvietà: la mancata considerazione dell’horizon rischia di produrre dei grandi peccatori e cioè gente che si comporta ala maniera di Nostradamus (per ottenere facile fama collocano le proprie previsioni in un futuro tanto lontano da impedire a chiunque di evidenziarne la falsità).

    E speriamo almeno che a “grandi peccatori” corrispondano “grandi cattedrali”…

  3. agrimensore g

    Mi sembrano ottimi consigli per qualsiasi campo della scienza. Complimenti all’estensore (e a chi li ha riportati).

  4. Guido Botteri

    Ai tempi della mia formazione universitaria mi insegnarono che l’analogia consente di fare grandi passi avanti. E’ così che l’informatica ha un grosso debito con la filosofia e con l’industria tessile.
    Vi potrà sembrare strano, ma è così.
    La conoscenza di altri campi permette di fare passi avanti nel proprio campo, applicando princìpi che si son dimostrati validi altrove, magari con un minimo adattamento (come vediamo nei dieci punti magnificamente commentati dall’ottimo Fergus McGee).
    Trovo che queste regole economiche si adattino splendidamente al mondo della climatologia, e gettino una luce chiarificante su tante polemiche che abbiamo amaramente vissuto finora.
    Secondo me.

  5. donato

    “9) Highlights the risk to your forecasts
    Qui ci dice di evidenziare il rischio insito nelle previsioni. Ma se chiedessimo di evidenziare il margine di errore (nelle previsioni), secondo voi andremmo troppo lontano?”

    Per rispondere a questa domanda biogna fare un ragionamento un po’ articolato. Dobbiamo, prima di tutto, stabilire se siamo esseri senzienti o esseri privi di capacità di discernimento da “guidare”.
    Secondo il diritto ognuno di noi è dotato (in misura minore o maggiore) della diligenza del “buon padre di famiglia”: se io regolo la mia attività sulla base di questo principio non incorrerò mai nei rigori della legge. Per i professionisti la diligenza del buon padre di famiglia è sostituita dall’agire “secondo scienza e coscienza”. A questo punto, senza illudermi di essere rigoroso, provo a tradurre queste scarne definizioni in qualcosa di concreto.
    Ciò che, secondo il mio modestissimo parere, queste due espressioni sottendono è che il mio operato deve essere guidato da un’attenta analisi dei rischi e dei benefici che una nostra azione comporta. Nella vita, in modo molto istintivo e, quindi, senza rendercene conto, noi eseguiamo continamente questo tipo di analisi. Se un individuo ci importuna in modo da impedirci di condurre una vita normale abbiamo due opzioni: renderlo inoffensivo per sempre o affidarci alla giustizia. Il buon padre di famiglia sceglie la seconda opzione, il cattivo padre di famiglia la prima e finisce in galera per il resto della vita (esempio “estremo”, ma efficace). Se un medico prescrive un farmaco ad un paziente valuta i rischi ed i benefici di quel farmaco sulla base della sua conoscenza scientifica della malattia e del farmaco, ma si regola anche in base alla personalità del paziente, alla sua storia clinica, alle sue capacità di sopportare un danno collaterale e così via, cioè in base alla sua coscienza. Due persone con la stessa patologia, quindi, potrebbero essere curate, dallo stesso medico, con farmaci diversi in base ad una scelta che travalica le conoscenze scientifiche del medico. La stessa cosa può capitare in campo legale, tecnico e via cantando. In campo finanziario, per esempio, la legge impone ai consulenti finanziari di valutare la propensione al rischio del cliente prima di consigliargli un investimento. In altri termini, reputando il cittadino comune inetto (alla valutazione del rischio) il legislatore scarica la responsabilità della valutazione sul proponente l’investimento: norma tra le più disattese del codice! 🙂

    Tornando alla domanda originaria io sono del parere che PER OGNI PREVISIONE DEVE ESSERE INDICATO IL MARGINE DI ERRORE. Il cittadino comune deve essere messo di fronte ad una scelta e deve fare la sua scelta sulla base della diligenza del buon padre di famiglia. La scusa che si accampa per eludere questo “modus operandi” è che il comune cittadino non ha le competenze per scegliere in modo oculato. A chi fa questa obiezione, in genere, rispondo con diversi esempi. Se io devo acquistare una appartamento la legge mi consente di farlo senza sottoscrivere moduli informativi chilometrici perchè mi reputa capace di investire i 300.000 euro necessari in quanto capace di valutare i rischi dell’investimento. Se il consulente finanziario mi esponesse, in modo appropriato, il rischio dell’investimento della stessa cifra in campo finanziario, potrei fare la scelta in modo autonomo. Egli, infatti, dovrebbe dirmi che in seguito ad un crollo in borsa potrei perdere tutto o quasi il mio capitale allo stesso modo in cui potrei perdere il mio capitale a seguito di un terremoto o di un incendio se acquistassi un appartamento. Se io sapessi che una nevicata su Roma ha il trenta per cento di probabilità di verificarsi mi preoccuperei, ma non in modo tale da evitare di uscire con la macchina. Se, invece, la probabilità fosse dell’ottanta per cento ci penserei due volte prima di uscire con la macchina. E con gli esempi mi fermo qui altrimenti finirei domani. 🙂
    Il principale problema del mondo di oggi, secondo il mio parere, è proprio questo: stiamo trasformando la nostra società in una società di “deresponsabilizzati”, di individui incapaci di prendere una decisione consapevole assumendosene la responsabilità. Oggi, ognuno di noi, di fronte ad un problema, cerca il capro espiatorio: colui che doveva fare e non ha fatto. Io sono convinto, invece, che chi deve fare sono io sulla base del mio buon senso e conoscendo i rischi connessi alla mia azione. Se io, pur conoscendo il margine di errore di una previsione, non ne tengo conto, non ho buon senso ed è giusto che ne paghi le conseguenze.
    Ciao, Donato.

    • D’accordissimo. Aggiungo, in commento all’ultimo paragrafo sulla deresponsabilizzazione, che è una situazione paradossale: mai nella storia si è verificato che una gran parte della popolazione abbia avuto la libertà di espressione, la democrazia per far contare le proprie opinioni e l’accesso alla cultura per maturarle su una base solida. Nonostante questo, la maggior parte dei fruitori di queste cose preferisce delegare al capoclan più simpatico e non ha nessuna intenzione di dedicare il giusto tempo e le energie alla comprensione dei problemi.

    • Edo da Torino

      Perfettamente d’accordo con il sig. Giudici ed il sig. Donato. Mi permetto di aggiungere che, se “la maggior parte dei fruitori di queste cose preferisce delegare al capoclan più simpatico e non ha nessuna intenzione di dedicare il giusto tempo e le energie alla comprensione dei problemi”, è anche vero che molte persone, in primis in climatologia come ci insegna il col. Guidi, non sanno quello che dicono e/o mi vogliono ingannare. Questo avviene perché, a mio parere, ci dimentichiamo molte volte di applicare una delle possibili definizioni di ragione: “coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori” (cfr. Luigi Giussani, Si può vivere così? Uno strano approccio all’esistenza cristiana, Rizzoli, Milano 2007, p. 183) . In altre parole: “Have respect for what the markets are telling you”.

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