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Il Sole c’è, sopra le nuvole.

Previsioni del tempo su CM? Niente da fare, neanche questa volta ci cimenteremo nell’arte del presagio atmosferico, almeno non su queste pagine.

Però parliamo di Sole, Sole e clima e, come ci succede spesso, prendiamo spunto da qualcosa pubblicato recentemente. Si tratta di un report giunto al termine di un workshop tenuto dal National Research Council americano, del quale troviamo un lungo commento sulle pagine della NASA.

E così, zitti zitti, un folto gruppo di scienziati di varie discipline tutte connesse con le dinamiche solari e quelle atmosferiche tra cui anche parecchi nomi noti, si sono riuniti per discutere dell’influenza del Sole sulla variabilità del clima. Incredibile non è vero?

Beh, a questo punto starete pensando che la discussione abbia avuto un risultato scontato. Dipende, nella gabbia CO2centrica in cui è stata rinchiusa la discussione sulle dinamiche del clima sul nostro Pianeta il Sole resta fuori. Nel mondo reale, quello evidentemente in cui vivono quanti si sono riuniti in questo workshop, il Sole è ben presente e naturalmente fa la sua parte.

Questa la frase che forse colpisce di più per la sua semplicità e ovvietà in mezzo a una discussione si sistemi e meccanismi altamente complessi:

Dopotutto il Sole è la principale fonte di calore per il nostro Pianeta.

E così l’articolo pubblicato sulle pagine della NASA così come il report scorrono presentando le diverse modalità di interazione dell’attività della nostra stella con le dinamiche del clima. Naturalmente la variazione dell’intensità della radiazione solare incidente al presentarsi delle fasi di massima e minima attività solare, ma anche l’importanza delle interazioni chimiche innescate dalla radiazione ultravioletta in alta atmosfera ai fini di quello che viene definito il “budget” di momento angolare in troposfera, il fattore di controllo dell’attività dei flussi zonali delle medie latitudini. E poi ancora il segnale solare sulle oscillazioni della temperatura di superficie dell’Oceano Pacifico, sulla distribuzione della massa atmosferica e sulla convezione profonda della Zona di Convergenza Intertropicale, responsabile quest’ultima del trasferimento del calore dal basso verso l’alto nella fascia latitudinale che riceve la massima quantità di energia dal Sole. E naturalmente anche i raggi cosmici o, più correttamente, la modulazione degli stessi operata dall’intensità dell’attività solare.

 

Un’influenza distinguibile a quanto pare, che però viene giudicata più regionale che globale. E’ questa una valutazione un po’ curiosa in effetti, perché discutendo dell’attività solare si sottolinea che questa è più identificabile nelle modifiche ai pattern atmosferici che nelle temperature, per cui l’attività solare NON potrebbe essere considerata responsabile dell’aumento che le temperature medie superficiali globali hanno conosciuto soprattutto nel secolo scorso. Abbiamo però sentito moltissime volte affermare che l’aumento delle temperature si ritiene operi delle modifiche ai pattern atmosferici, altrimenti non è ben chiaro dove sarebbe la supposta “pericolosità” del riscaldamento globale. Sicché questa relazione funzionerebbe in una sola direzione? E poi ancora, sarà pur vero che quella che è aumentata è la temperatura media globale, ma questa si definisce media proprio perché ci sono zone dove aumenta e zone dove questo non accade, benché il bilancio sia comunque positivo. Anche questo è quindi un effetto regionale, che scaturisce appunto dai vari pattern atmosferici mi pare…

 

E’ comunque nella chiusura che questo gruppo di ricercatori ci riserva l’aspetto più interessante della discussione. Si parla della prolungata fase di scarsa o nulla attività solare dei tempi della Piccola Età Glaciale, il periodo freddo culminato a cavallo tra il 17° e il 18° secolo (per quanti non lo ricordassero rammento che fino a qualche tempo fa i sostenitori più accaniti delle origini essenzialmente antropiche del riscaldamento globale sostenevano che la PEG fosse stata un affare essenzialmente limitato al territorio europeo). Erano gli anni del Minimo di Maunder, una fase in cui la relazione Sole-Clima, pur tutta da definire, è stata più che mai evidente. Beh, pare che molti degli scienziati che si occupano di dinamiche solari stiano convergendo verso la convinzione che il Sole stia entrando in una fase di scarsa attività in qualche modo paragonabile a quella.

 

Alla faccia del global warming verrebbe da dire. Viviamo tempi interessanti.

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Published inAttualitàSole

4 Comments

  1. Infatti dovrebbe essere ovvio che il Sole giochi un ruolo importante nella determinazione delle temperature terrestri, non riesco proprio a capire per quale motivo una parte del mondo accademico si sia fissata con così tanta forza sull’AGW, non ha senso. O meglio, lo potrebbe avere se questa fissazione facesse arrivare più finanziamenti alla tanto bistrattata (fino a qualche tempo fa) Scienza del Clima.

  2. donato

    Non è un paper soggetto a revisione paritaria, ma è comunque molto interessante. Esso fa il paio con un lavoro a firma di J. Hansen et al. (neanche questo soggetto a revisione tra pari) in cui anche l’illustre climatologo della Nasa avanza dei dubbi sulla natura esclusivamente antropica del riscaldamento globale. Dubbi originati dalla stasi delle temperature verificatasi nell’ultimo decennio:

    http://www.columbia.edu/~jeh1/mailings/2013/20130115_Temperature2012.pdf

    Hansen et al., pur ribadendo la loro profonda convinzione che l’uomo, tramite la CO2, ha pesantemente interagito con il clima terrestre, si mostrano possibilisti circa l’influenza di altri fattori naturali, primo tra tutti il Sole, sul clima terrestre (attraverso la modulazione dei raggi cosmici che influenzano la concentrazione dell’ozono stratosferico, per esempio). Altro aspetto rilevante del lavoro di Hansen sono le considerazioni relative al ritardo, legato all’inerzia termica degli oceani, con cui le conseguenze del forcing solare hanno ripercussioni sugli eventi climatici terrestri. Ad onor del vero egli avanza anche altre ipotesi circa la natura della recente stasi delle temperature globali (rumore nei dati, successioni di lunghi periodi di ENSO di segno concorde, variazione nelle concentrazione di aerosol atmosferici, ecc.). Conclude sostenendo che la perdita della missione spaziale che doveva indagare più approfonditamente questi altri fattori di variazione climatica impedisce di quantificarne gli effetti e, quindi, di escludere le cause naturali legate al Sole (della serie non ci credo, ma potrebbe essere vero). Considerando da che pulpito viene la predica non è cosa di poco conto! 🙂
    Ciao, Donato.

  3. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    circa la PEG in Europa qualche dubbio era venuto già anni fa’ a Leroy Laudurie (di cui seguii una conferenza a Milano in cui presentò il suo libro “Canicules et glaciers”.
    Io stesso man mano che lavoro su proxies di tipo biologico (legati in particolare alla fenologia della vite) colgo una serie di eccezioni che mi allontanano
    dall’idea di un periodo freddo continuo.
    Peraltro come tutti sappiamo Europa è una piccola penisola di Eurasia dominata dall’effetto oceanico a sua volta legato ad “animali” come le westerlies, il ciclone d’Islanda, l’anticiclone delle Azzorre e l’anticiclone russo.
    Da qui l’idea che da un lato noi europei si sia un tantino periferici (come la globalizzazione non cessa di insegnarci…) rispetto al clima globale e dall’altro che in realtà l’attività solare agisca sul clima globale alterando il regime delle westerlies sia nell’emisfero nord che in quello sud. Da quest’ultimo punto di vista abbiamo di fronte a noi un evento macroscopico interessantissimo e cioè effetto del cambio di fase delle westerlies di 1987 (evento che peraltro ha avuto un suo analogo nell’emisfero sud). Penso che indagare più a fondo le cause di tale evento (che è un unicum, almeno negli ultimi 150 anni) sarebbe utilissimo per chiarire il ruolo eventuale del sole o di quant’altro.

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