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Ghiaccio artico in recupero, e non solo di estensione

Quest’anno non si è parlato molto dei ghiacci artici. Dopo il minimo storico del 2012 – considerato tale per il periodo in cui si compiono misurazioni satellitari – complice una circolazione atmosferica stagionale favorevole, l’estensione minima della stagione calda 2013 è stata decisamente superiore, pur mantenendosi comunque sotto la media di riferimento. Questo, inevitabilmente, conferma il trend negativo del lungo periodo, sempre considerando come tale quello dell’era dei satelliti. Questo, a quanto pare, non fa notizia.

 

Ora, quando manca davvero poco al termine dell’autunno, escono i dati rilevati dal satellite Cryosat, i cui sensori sono in grado di investigare anche lo spessore e quindi il volume della massa ghiacciata. Sono dati molto sorprendenti, perché rivelano che nel 2013 il recupero non ha riguardato solo l’estensione superficiale, anzi, ad essere aumentato è soprattutto il volume del ghiaccio, specialmente con riferimento al ghiaccio pluriennale, che avrebbe visto un incremento di spessore che varia da 20 a 30cm. In sostanza, al 13 dicembre 2013, sono stati stimati con i dati Cryosat circa 9000 Km3 di ghiaccio, contro i circa 6000 dell’anno scorso.

 

 

Ancora più sorprendente, scrivono sul loro comunicato stampa i ricercatori che hanno analizzato i dati, il fatto che nel corso degli anni alle ampie oscillazioni dell’estensione superficiale, non si sono mai associate importanti variazioni del volume, mentre quest’anno la variazione è stata decisamente significativa.

 

Certo, sempre come sottolineano sulle pagine dell’ESA, questi dati non possono essere interpretati come un’inverisione del trend di lungo periodo, anche perché si stima che nei primi anni ’80 il volume del ghiaccio ammontasse a 30000 km3 , ossia più di tre volte quello attuale. Stranamente però, a questa pur lecita considerazione, se ne possono aggiungere altre altrettanto lecite e forse più interessanti che nn hanno trovato posto.

 

Innanzi tutto, se solo oggi si riescono ad avere delle misure attendibili del volume del ghiaccio, il paragone con la stima per gli anni ’80 regge molto poco. Ma, soprattutto, il recupero di quest’anno dimostra una volta di più che le dinamiche del ghiaccio artico sono tutt’altro che direttamente dipendenti dalla temperatura, sia dell’area che dell’intero pianeta. Con riferimento all’area è infatti difficile pensare a del ghiaccio che si sciolga quando si raggiungono temperature prossime a zero o leggermente superiori per soli 40 giorni l’anno e solo nella parte più meridionale del Circolo Polare. Per quel che riguarda le temperature medie del pianeta, di cui ci dicono sempre che l’Artico sarebbe la spia, sebbene queste non aumentino più da oltre 15 anni sono comunque su valori più alti del passato, quindi l’eventuale forcing persisterebbe comunque.

 

Le dinamiche del ghiaccio, è invece ormai noto ma chi commenta queste cose se ne dimentica spesso, dipendono dai flussi di calore trasportati dal mare per il lungo periodo, e in questo hanno un ruolo determinante le oscillazioni multidecadali delle temperature di superficie degli oceani, e dalla disposizione della massa atmosferica – centri di alta e bassa pressione – per il breve periodo, cioè le variazioni tra un anno e l’altro.

 

Con riferimento al lungo periodo, senza trascurare il ruolo che nel trend negativo dei ghiacci artici può aver avuto o avere tutt’ora la componente antropica del riscaldamento globale, non è un caso se questo trend sia arrivato in concomitanza con il segno positivo della PDO (Oscillazione Decadale del Pacifico) e dell’AMO (Oscillazione Multidecadale dell’Atlantico). Ora, la PDO ha virato verso il territorio negativo, cioè verso un’attenuazione di questi flussi, e l’AMO è in fase discendente.

 

Nel breve periodo, invece, la ventilazione derivante dalla posizione dei centri barici, può disperdere o accentrare il ghiaccio, favorendone o meno lo spostamento verso latitudini inferiori o indebolendolo. All’eventuale passaggio di intense perturbazioni, al Circolo Polare per inciso d’estate non si va al mare, i forti venti ad esse associati possono letteralmente fare la differenza, proprio come è accaduto l’anno scorso, quando il minimo stagionale è diventato un minimo storico proprio per l’occorrenza di una intensa depressione polare nei primi giorni del mese di agosto.

 

Ora, naturalmente ci si deve associare a quanti hanno diffuso questi dati nel dire che non siamo di fronte ad una inversione di tendenza, ma non perché questa non sia possibile, anzi, per certi aspetti potrebbe essere probabile, quanto piuttosto perché questo aumento dovrà eventualmente essere consolidato nei prossimi anni. In quest’ottica, un guadagno di spessore del ghiaccio pluriennale e in misura minore del ghiaccio stagionale è una buona notizia, perché sarà ghiaccio più resistente alle vicende della prossima stagione calda. Se così dovesse essere ne torneremo a parlare.

 

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NB: nell’immagine in testa al post l’animazione delle misurazioni Cryosat dal 2010 al 2013.

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Published inAttualità

6 Comments

  1. alessandrobarbolini

    complimenti per l,articolo….comunque sia…che fa la differenza sulla potenzialita di un ghiacciaio è il suo spessore

  2. Luigi Mariani

    Con riferimento alla frase di Guido “è infatti difficile pensare a del ghiaccio che si sciolga quando si raggiungono temperature prossime a zero o leggermente superiori per soli 40 giorni l’anno e solo nella parte più meridionale del Circolo Polare” credo che uno dei fattori chiave per lo sciogliersi del ghiaccio sia costituito dal bilancio energetico della superficie ghiacciata rivolta verso l’alto. E a livello di tale bilancio entra in gioco in modo potente il fatto che in piena estate l’artico riceve radiazione solare per 24 ore al giorno e con un tale flusso di radiazione il ghiaccio non ce la fa proprio (nonostante l’albedo sia assai elevato). Per avere un’idea dell’entità del flusso di radiazione che colpisce l’artico si veda il diagramma in figura 2 di http://oceanography.earthednet.org/Mini_Studies/Seasonal_Variations/Seasonal_variations.html
    Da tale diagramma si vede che a luglio i 90°N battono i 60°, i 30° e l’equatore stesso.
    Segnalo anche che mi sono posto il problema di come facciano a misurare da satellite lo spessore del ghiaccio ed ho trovato che Cryosat (satellite dell’ESA) ha a bordo un radar altimetro, per cui misura lo spessore del ghiaccio rispetto ala superficie marina (in pratica misura l’altezza sul livello del mare della superficie glaciale). Esistono tuttavia altre tecniche basate su radar passivi a microonde quali la tecnica SMOS (http://neven1.typepad.com/blog/2012/02/a-new-way-of-measuring-ice-thickness.html). Interessante sarebbe approfondire il livello di accuratezza delle diverse tecniche di misura.

    • Osservazione interessante: non sono esperto di radar, ma mi immaginavo per l’appunto che con lunghezze d’onda diverse fosse possibile rilevare il margine sommerso della copertura di ghiaccio, come mi pare faccia la tecnica SMOS. Ma leggendo l’articolo linkato da Mariani e la sua data di pubblicazione mi sono detto: probabilmente è ancora troppo recente e da validare prima di investirci massicciamente su un satellite.

      Ma allora, visto che Cryosat è un “banale” radar-altimetro, mi sono chiesto perché è arrivato solo oggi: è tecnologia consolidata. La risposta la dà Wikipedia: il programma in realtà prevedeva di iniziare nel 2005, ma all’epoca il satellite fu perso durante il lancio. Peccato.

  3. Fabio Vomiero

    Condivido perfettamente l’articolo di Guidi e soprattutto il fatto di averne parlato, visto che i media hanno praticamente “dimenticato” di occuparsi di questa importante notizia. Mi pare che i dati a disposizione sono praticamente tutti concordi nel sottolineare l’importante recupero della banchisa artica in occasione della misurazione del minimo stagionale. Importante il dato di CryoSat, anche se c’è da dire che il periodo storico di record di misurazione è tuttora brevissimo, molto eloquenti però anche i dati riguardanti l’estensione, dove la casistica è disponibile dal 1979. Secondo l’Università dell’Illinois il “minimo” di settembre 2013 è il miglior risultato dal 2007. Molti naturalmente i fattori causali, già ricordati da Guidi, io aggiungerei soltanto che comunque quest’anno si è registrata una temperatura media in sede artica praticamente costantemente sottomedia da metà aprile ai primi si settembre, in un contesto di indice AO mediamente debolmente positivo. Un’anomalia importante e del tutto singolare in questi ultimi anni.
    Saluto tutti cordialmente

    • Guido Botteri

      i media hanno “dimenticato” questo dato ? Oh, certo, i dati in contrasto con la visione del mainstream si dimenticano facilmente…. chissà perché ?

  4. Non farti trascinare mai dai benpensanti Guido. Chi ha detto che ghiacci che aumentino di estensione siano una buona notizia? Certo ci saranno specie che ne soffritanno e altre che se ne avvantaggeranno, cosi’ come negli anni passati e per ogni cambiamento in questa Terra che ne ha viste tante in cinque miliardi di anni.

    I cambioclimatisti sono cosi’ fuori dal mondo che recentemente hanno fatto passare come malaugurio il fatto che l’Artico sia sempre piu’ verde, manco la tundra si stesse coprendo di Triffidi. E’ il paradosso, i verdi spaventati dal verde.

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