Questo post è uscito in originale su La nuova Bussola Quotidiana a firma di Francesco Ramella. Assicuratevi di leggere l’aggiornamento in fondo.
Lui è un serio professionista, un po’ attempato. Di più, un professore con un curriculum che non finisce più. “Lei”, una ragazzina, ancora lontana dalla maggiore età e con frequentazioni, dicono in molti, piuttosto discutibili. Eppure, da qualche giorno si sono fidanzati. Prevedibilmente, la notizia ha fatto molto scalpore soprattutto nel giro dello scienziato.
Ma chi sono i protagonisti della relazione? Lui è Lennart Bengtsson. E’ stato tra i fondatori e poi direttore dello European Centre for Medium-Range Weather Forecasting, il più importante centro meteorologico europeo con sede a Reading in Inghilterra, ha poi guidato il Max Planck Institute for Meteorology di Amburgo e l’International Space Science Institute di Berna. E’ membro dell’Accademia delle Scienze svedese. Al suo attivo più di duecento pubblicazioni nel campo della meteorologia e del clima ed alcuni tra i più prestigiosi premi. Per farla breve, uno tra i più autorevoli studiosi nel suo settore in Europa e nel mondo.
“Lei” è la Global Warming Policy Foundation, un think tank con sede a Londra e che raccoglie alcuni fra i più noti “scettici” in tema di riscaldamento globale. Spesso accusata, ma senza prove, di ricevere finanziamenti dalle industrie energetiche per contrastare le politiche di riduzione delle emissioni di gas serra. Lei, prevedibilmente, nega e sostiene di non accettare finanziamenti da società che hanno un diretto interesse a cercare di orientare le politiche climatiche. E’ un fatto che tra gli esperti che sovrintendono all’attività del pensatoio, cui da qualche giorno si è unito lo scienziato svedese, vi siano economisti e climatologi molto qualificati, con posizioni diverse in merito alla valutazione del fenomeno del riscaldamento globale ma accomunati dalla preoccupazione che politiche aggressive di riduzione delle emissioni possano comportare costi superiori ai benefici.
A chi gli chiedeva negli scorsi giorni se non avesse cambiato posizione rispetto al passato, Bengtsson ha risposto negativamente sostenendo di essersi sempre considerato uno “scettico” ossia, come dovrebbe essere scontato, uno scienziato con un occhio critico, innanzitutto sul proprio lavoro. Atteggiamento che lo ha portato a mettere in discussione i modelli di previsione del clima, che lui stesso ha contributo ad ideare, in quanto incapaci di riprodurre fedelmente l’evoluzione della temperatura. Se i modelli sono falsificati dalla realtà, ha affermato, dovremmo impegnarci per renderli migliori, non adottare politiche su ipotesi scientifiche non validate empiricamente.
Di certo, quello di Bengtsson non è stato un colpo di testa. Già da tempo il professore aveva mostrato di essere in profondo dissenso con l’approccio al tema del riscaldamento globale che va per la maggiore nel mondo politico così come in quello dell’informazione.
Intervistato nel febbraio dello scorso anno da Dagens Nyheter, il quotidiano più diffuso in Svezia, sosteneva: «Stiamo creando una tremenda ansia che non è giustificata. Sì, gli esseri umani influenzano il clima. Ma non c’è alcun elemento per dire che il riscaldamento sia così elevato da farci prendere dal panico. Rispetto al 1800 la temperatura media è aumentata di 0,8 °C ed è rimasta pressoché invariata negli ultimi quindici anni». In assenza degli strumenti di misura di cui disponiamo oggi, probabilmente non ce ne saremmo neppure accorti.
Più recentemente ha sostenuto che la nozione di un “consenso” su quanto sta accadendo al clima è priva di significato: gli stessi rapporti dell’IPCC (il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) mostrano come le attuali conoscenze non consentano di prevedere un’univoca evoluzione della temperatura del pianeta.
Nel contempo, ha però aggiunto Bengtsson, è molto difficile per un singolo scienziato esprimere il proprio dissenso dalla visione prevalente, quella che lui stesso etichetta come versione politically correct. E’ la posizione che già dieci anni fa esprimeva un altro climatologo, lo statunitense Patrick Michaels, quando sottolineava come fosse assai arduo per un giovane ricercatore vedere i propri articoli pubblicati sulle riviste scientifiche (e progredire nella carriera accademica) senza “dare un tocco di allarmismo”.
Solo chi, come lui stesso, è ormai a fine carriera e non più alla ricerca di più prestigiose posizioni da ricoprire può permettersi la più completa libertà di espressione.
Ma c’è di più. L’allarmismo è un elemento che ha avuto un ruolo fondamentale nell’accrescere i finanziamenti governativi per un ambito di ricerca che solo trent’anni fa era praticato da pochissimi studiosi. E, ad esempio, ha consentito ai produttori di impianti di energia rinnovabile di conseguire abnormi profitti a spese del contribuente: in Italia i sussidi alle energie rinnovabili pesano oggi sulle bollette elettriche per circa 12 miliardi l’anno; dall’altra parte dell’Atlantico, pochi giorni fa, il leggendario Warren Buffett ha candidamente confessato di aver investito ingenti risorse nel settore dell’eolico al solo fine di godere degli sgravi fiscali previsti dal governo.
Sarebbe quindi auspicabile, è ancora lo scienziato svedese a parlare, cancellare tali sussidi pubblici e concentrarsi sulla ricerca di base per capire meglio il funzionamento del clima e per scoprire forme di produzione di energia che comportino minori emissioni di anidride carbonica ma che, prima di tutto, siano vantaggiose in termini economici rispetto a quelle tradizionali. Idea condivisa da un altro illustre professore, l’economista di Yale William Nordhaus, secondo il quale la politica migliore sarebbe, almeno per i prossimi cinquanta anni, quella di non ostacolare la crescita economica con misure volte a ridurre drasticamente le emissioni. Tali politiche avrebbero, ma sarebbe meglio dire che hanno già avuto, pesanti effetti negativi soprattutto sui paesi più poveri e che più di tutti necessitano di avere a disposizione energia a basso costo per migliorare le proprie condizioni di vita.
La fretta e la paura non sono, di norma, buone consigliere. Il caso del riscaldamento globale non fa eccezione alla regola.
Fine del post di Francesco Ramella
Aggiornamento
Eh, sembra proprio che la differenza di età non abbia giocato a favore di questa relazione. L’idillio è durato solo tre settimane, dopodiché il prof. Bengtsonn ha spedito una bella lettera di dimissioni alla GWPF, motivandole come segue:
Sono stato sottoposto ad una pressione di gruppo negli ultimi giorni da ogni parte del mondo che è diventata virtualmente per me insostenibile. Se dovesse continuare sarò nell’impossibilità di portare avanti il mio normale lavoro e inizierò anche a preoccuparmi della mia salute e sicurezza. Non vedo quindi altra soluzione che quella di dimettermi dalla GWPF. Non mi aspettavo una così enorme pressione a scala globale da parte di una comunità alla quale sono stato vicino per tutta la mia vita attiva. Dei colleghi stanno ritirando il loro supporto, altri stanno ritirandosi da lavori scritti insieme etc.
Non vedo limiti e fine a quello che potrà accadere. E’ una situazione che mi ricorda i tempi di McCarthy. Non mi sarei mai aspettato niente di simile in quella che originariamente era una comunità pacifica come quella meteorologica. Evidentemente è stata trasformata negli ultimi anni.
Per questa situazione sarò impossibilitato a contribuire positivamente al lavoro della GWPF e quindi conseguentemente credo che sia meglio per me rivedere la mia decisione di unirmi al suo Board il più presto possibile.
Seguono cordiali saluti e firma.
Penso che ci sia parecchia gente che si deve vergognare.
Qui, sul sito della GWPF trovate anche la risposta del presidente del Board.
Le dimissioni di L. Bengtsson sono il più violento ed eclatante colpo che, a mia memoria, sia stato sferrato contro il paradigma della climatologia attuale!
Le sue dimissioni confermano in modo cristallino quanto si scrive su queste pagine da anni: la teoria AGW, il cambiamento climatico globale di origine antropica, il disfacimento climatico sono frutto di posizioni ideologiche che poco hanno a che fare con la normale dialettica scientifica. Bengtsson non si è dimesso dal suo incarico perché in disaccordo con la GWPF e la sua mission, ma perché traumatizzato dagli attacchi furibondi di coloro che credeva essere amici e, soprattutto, scienziati: evidentemente si sbagliava 🙂 .
E’ la stessa cosa che capitò al prof. E. Bellone quando sulle pagine di “Le Scienze” scrisse un articolo in cui criticava alla radice le basi epistemologiche della teoria dell’AGW ed il catastrofismo dei fedeli all’idea 🙂 : fu violentemente e sguaiatamente attaccato dalle vestali “del clima che cambia e che cambia male per colpa degli uomini e che provocherà tutto il male possibile, ovviamente, PEGGIO di quanto pensassimo”.
Per quel che mi riguarda le sue dimissioni, esse rappresentano una conferma (qualora ce ne fosse bisogno), estremamente autorevole, della validità delle mie idee e un incoraggiamento forte ad andare avanti ed a sostenere la battaglia che da queste pagine si porta avanti da anni (a dispetto di starnazzi, cassandre e via cantando). La mia posizione scettica riguardo al paradigma che caratterizza la principale linea di pensiero della climatologia attuale ne risulta rafforzata e, se a lui è mancata la forza di portare fino in fondo il fardello delle sue idee (alle quali non ha abiurato), da questo suo cedimento traggo stimoli a perseverare nella difesa dei principi del metodo scientifico sperimentale. L’unico rammarico è che questa vicenda assesta un altro gravissimo colpo alla credibilità della comunità scientifica (e non per colpa di Bengtsson). Mah! Ce ne faremo una ragione!
p.s.: Lunga vita al “villaggio di Asterix” dell’informazione climatologica! 🙂 🙂
Ciao, Donato.
Io invece giustifico la rinuncia. Non si può chiedere a questo scienziato di rovinarsi la vita, al contrario bisogna garantire a tutti di lavorare onestamente e tranquillamente.
brutta risposta quella di Bengtsson anche se giustificabile. Se nella storia tutti avessero ragionato come lui probabilmente saremmo ancora qui a credere negli dei, a giustificare con calcoli matematici che la Terra é al centro del’universo, ch ei fossili sono uno scherzo di Dio per confondere l’uomo, che bisogna fare crociate in terra santa ecc.ecc.ecc. COn questo atteggiamento il futoro sarà sempre piu AGW e sempre piu terrore e fine del mondo per tutti.
Purtroppo sono proprio personaggi come Bengtsson e i ruoli socio-culturali che ricoprono che permetteno loro di avere potenzialmente in mano la possibilità di cambiare qualcosa, se loro rinunciano allora non vedo speranze.
Peccato
Si e’ parlato tanto di Big Oil quando il problema e’ molto piu’ grande. La scienza si ritrova sballottata da Big Media, comandata da Big Corporation e finanziata da Big Government.
Insomma il messaggio risultante e’ stravolto per renderlo spettacolare, lucrativo ed elettorale. Altro che studio obiettivo delle leggi naturali!! Finanche un tizio di 79 anni non puo’ dire ed agire in base a quello che pensa.
Indignarsi è poco per quello che è diventata la scienza ufficiale, dove interessi personali, ideologia e politica dominano alla grande (secondo me).
La scienza vera si nutre di dubbi, quella politica li condanna, nessun dubbio viene ammesso, nessuna posizione diversa da quella ufficiale…
come volete che la scienza vada avanti se essa viene irrigidita, se chiunque percorra via diverse venga mobbato, ostacolato, denigrato, intimidito ?
Eppure la storia della scienza è fatta di tante persone che hanno detto cose diverse da quello che era il “consenso” del tempo, e proprio queste cose diverse dal consenso si sono rivelate spesso vere.
Qualcuno vuole usare la scienza come un’arma politica… i soldi si devono muovere secondo un progetto politico e ideologico (a volte solo di interesse personale) e per dar forza a ciò si vuol far credere che la cosa sia “scientifica”.
“Ce lo dice la scienza”
in questo mondo, per imporre cose “sbagliate” c’è sempre qualcuno che ce lo dice, e questo dovrebbe tappare la bocca a chi non è d’accordo.
Perché questa è la motivazione di tutto questo:
tappare le bocche libere.
Naturalmente questo è solo la mia personale opinione, che potete non condividere.
ps
ricordo le parole di Stephen Schneider, che per me hanno dato il là a tutto questo
(conta quello che la gente ha capito, non tanto quello che volesse davvero dire lui)
“So we have to offer up scary scenarios, make simplified, dramatic statements, and make little mention of any doubts we might have. This ‘double ethical bind’ we frequently find ourselves in cannot be solved by any formula. Each of us has to decide what the right balance is between being effective and being honest.”
Caro Guido,
riuscire ad uscire dal gregge e starsene fuori dallo stesso (essere cioè un “egregio”) richiede una forza d’animo considerevole, che solo in pochi hanno.
Certo, “Il coraggio, uno non se lo può dare” scriveva, riferendosi a Don Abbondio, Manzoni.
Quel che tuttavia mi pare differenzi Bengtsson dai tanti Don Abbondio è il coraggio di denunciare le pressioni subite, portando a galla in tutto il suo spessore una vicenda emblematica (segno dei tempi,. di che tempi!).
Grazie per la nota.
Luigi
Luigi, credo sia utile leggere quello che scriveva Bengtsson appena un mese fa. Ci credo che gli hanno fatto pressione.
gg