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Xylella Fastidiosa e il disseccamento rapido dell’Ulivo

Di fronte ad un pericoloso patogeno da quarantena, per il quale le normative internazionali sottoscritte anche dall’Italia indicano la distruzione delle piante come mezzo chiave per  evitare la diffusione del contagio, ambientalisti e agricoltori manifestano e si rivolgono alla magistratura per impedire la distruzione delle piante infette mentre fioriscono le teorie complottistiche. La speranza è che la razionalità abbia a prevalere in tempi brevi, anche perché l’epidemia non aspetta i nostri comodi.

Generalità

Premetto che non sono un fitopatologo per cui il mio scritto si propone di raccogliere alcuni elementi utili ad interpretare la strategia posta in atto in questi mesi e le notizie preoccupanti che ci giungono dalla Puglia.

Xylella fastidiosa (Wells et al., 1987) è un gammaproteobacterio della famiglia delle Xanthomonadaceae. Inizialmente classificato come virus fu in seguito riconosciuto come batterio. La sua prima descrizione risale al 1987 e ad oggi è l’unica specie nota del genere Xylella. Se il nome generico Xylella può apparire leggiadro, il nome specifico fastidiosa ci rimanda ad una realtà assai più problematica di cui in Puglia ci stiamo rendendo conto da alcuni anni con riferimento all’olivo. Per calare il lettore nella concretezza del tema trattato, inizierò ricordando che le avversità delle piante coltivate si distinguono in avversità abiotiche (legate ad esempio a valori non ottimali di radiazione, acqua, temperatura e nutrienti) ed avversità biotiche e cioè derivanti da malerbe (piante infestanti che competono con le piante coltivate o le parassitizzano), parassiti animali (insetti, acari, nematodi, molluschi, crostacei, roditori, uccelli, mammiferi, ecc.) e patogeni (funghi, batteri, virus, fitoplasmi, ecc.). Giova qui rammentare che i batteri dannosi alle piante appartengono a migliaia di specie diverse e sono in grado di aggredire una vastissima gamma di piante spontanee e coltivate, per cui Xylella è in ottima compagnia.

Le avversità biotiche sono da millenni fonte di perdite produttive rilevanti per le colture come dimostra la tabella 1 (Oerke, 2006) la quale riassume le perdite percentuali sul prodotto fiale stimate a livello globale per frumento, mais e cotone su particolari gruppi di annate. Si tratta di dati di assoluta rilevanza, specie se si parte dall’idea che una quota sostanziale del reddito dell’agricoltore serve per ripagare i costi di produzione (sementi, concimi, antiparassitari, carburanti, lavoro, ecc.), per cui il 20-30% di perdite rischia di annullare il reddito dell’imprenditore e dunque la sopravvivenza dell’attività imprenditoriale stessa. E’ per tale ragione che, fin dalla nascita dell’agricoltura gli agricoltori sono alla ricerca di metodi efficaci per proteggere i loro raccolti. Nell’antichità la difesa da malerbe e parassiti animali dipendeva in gran parte dal diserbo manuale (la monda o scerbatura) o meccanico (con zappa) e dalla raccolta manuale delle larve di insetti mentre la lotta alle malattie causate da patogeni microscopici (funghi, batteri, virus, ecc.) era al di fuori delle possibilità dei nostri progenitori, i quali non potevano far altro che collocare le colture in zone meno esposte ai patogeni o appellarsi a divinità protettici. Fra queste ultime ricordiamo Rubigo, divinità ctonia romana protettrice dei frumenti dalle malattie fungine note come ruggini, per ingraziarsi la quale i romani organizzavano cerimonie apposite, i Rubigalia, che si tenevano il 25 aprile.

Tabella – Perdite produttive globali causate da malerbe, parassiti animali e patogeni sulle colture di frumento, mais e cotone (Oerke, 2006)

Perdite (%)
Periodo Produzione mediaglobale (t/ha) Malerbe Parassitianimali(Pests) Patogeni Totale
Frumento
1964-1965 1.3 9.8 5 9.1 23.9
1988-1990 2.4 12.3 9.3 12.4 34
2001-2003 2.7 7.7 7.9 12.6 28.2
Mais
1964-1965 2.0 13 12.4 9.4 34.8
1988-1990 3.5 13.1 14.5 10.8 38.3
2001-2003 4.4 10.5 9.6 11.2 31.2
Cotone
1964-1965 1.0 4.5 11 9.1 24.6
1988-1990 1.6 11.8 15.4 10.5 37.7
2001-2003 1.7 8.6 12.3 7.9 28.8

E’ altresì interessante osservare che alle avversità biotiche sono in genere più esposte piante indebolite da carenze nutrizionali, carenza o eccesso idrico nel suolo o altri stress abiotici (da gelo, vento, ecc.). Pertanto un ottimo mezzo preventivo per combattere le malattie delle piante è costituito dall’adozione di pratiche agronomiche che mantengano la pianta in ottimo stato vegetativo.

Attualmente la difesa dalle avversità si svolge con mezzi fisici (es: mezzi meccanici, calore, freddo), chimici (i farmaci delle piante o fitofarmaci) e biologici (nemici naturali del  parassita o del patogeno). A tale riguardo occorre osservare che a tutt’oggi contro i batteri nocivi ai vegetali è raro disporre di mezzi chimici di lotta analoghi agli antibatterici o agli antibiotici da tempo adottati per combattere le malattie umane di origine batterica. Da ciò deriva che la lotta alle avversità batteriche si svolge nella gran parte dei casi impedendo che la malattia si diffonda da una pianta all’altra, il che si ottiene ad esempio impedendo il commercio di materiali vegetali infetti o disinfettando gli strumenti di potatura o ancora combattendo i vettori e cioè gli esseri viventi che trasferiscono il batterio da una pianta all’altra e che il più delle volte sono insetti (cicaline, afidi, ecc.).

Qualora poi, come nel caso di Xylella fastidiosa, il batterio patogeno rientri nella lista di peggiori organismi nocivi di quarantena dell’Unione Europea indicati dall’allegato 1, parte A della direttiva 2000/29/CE, la direttiva stessa all’articolo 16 stabilisce che “Ciascuno  Stato  membro  notifica  immediatamente per iscritto alla Commissione ed agli altri Stati membri la presenza nel suo territorio di organismi nocivi di cui all’allegato I, parte A… Esso adotta tutte le misure necessarie per l’eradicazione o, ove non sia possibile, il contenimento degli organismi nocivi in questione.

Eradicare implica isolare l’area infetta con un cordone fitosanitario che impedisca l’espansione della malattia e lì intervenire distruggendo le piante malate in modo che non infettino altri vegetali, impedendo la diffusione verso l’esterno di materiale vegetale contaminato e combattendo i vettori. In tal senso per i vegetali ci si comporta in un modo per molti versi analogo a quanto si fa per le malattie umane difficilmente controllabili (ebola, peste, vaiolo, scarlattina, meningite, ecc.) e cioè adottando rigorose norme di quarantena, le quali nel caso delle malattie umane hanno storicamente origine dalle norme di quarantena marittima per la prima volta applicate nel XV secolo da parte della repubblica veneta per le navi sulle quali fosse in corso un’epidemia e che chiedevano di attraccare e di sbarcare le merci e l’equipaggio.

Xylella

Venendo a trattare nella specifico di Xylella fastidiosa mi limito a ricordare che:

  1. Nelle piante ospiti Xylella si moltiplica nei vasi xilematici (quelli che trasportano la linfa grezza) ostruendoli e portando dunque ad un insufficiente afflusso di linfa grezza che si traduce nel disseccamento degli apici fogliari e/o di parti più o meno grandi della chioma, fino alla morte dell’intera pianta.
  2. Il contagio di nuovi ospiti avviene ad opera di insetti con apparato boccale pungente – succhiante, i quali nutrendosi della linfa grezza di piante infette diventano vettori inconsapevoli del batterio.
  3. Il trasporto a lunghe distanze è dovuto all’uomo ed ha luogo ad es. attraverso il commercio di materiale vivaistico o di piante ornamentali.
  4. Gli ospiti del patogeno sono parecchi e comprendono specie erbacee ed arboree.
  5. Xylella è un microrganismo termofilo la cui moltiplicazione ha un optimum fra 25 e 32°C, intervallo questo che è ritenuto i più idoneo perché si inneschi un’epidemia. Al contrario temperature inferiori a 12/17°C sarebbero dannose per i batteri insediati nelle piante ospiti, il che spiegherebbe il fatto che il batterio sia diffuso soprattutto in ambiti tropicali e subtropicali, pur non mancando segnalazioni in Canada (Stato dell’Ontario).

Per eventuali approfondimenti rimando gli interessati alla pubblicazione del servizio fitosanitario della regione Toscana dal titolo Xylella fastidiosa – agente del complesso del disseccamento rapido dell’olio (CoDiRo). Tale pubblicazione è reperibile qui e mi pare pregevole perché in modo conciso ma rigoroso passa in rassegna la sintomatologia della malattia, la biologia del batterio, i mezzi di lotta e di controllo, le pratiche colturali ed il rischio fitosanitario.

Fig_1
Figura 1 – Distribuzione mondiale di Xylella fastidiosa (EFSA, 2015).

 

Quali conseguenze

Alla luce di quanto sopra è da leggere la strategia di lotta adottata in Puglia a fronte dell’epidemia su Olivo e che è portata avanti da Giuseppe Maria Siletti, commissario straordinario per l’emergenza Xylella fastidiosa. La strategia è a grandi linee descritta nell’intervista al professor Paolo Martelli dell’Università di Bari e pubblicata sul blog “Contro l’Italia dei No” al sito http://www.controlitaliadeino.it/xylella-quello-che-ce-da-sapere-in-fretta-perche-tutta-litalia-potrebbe-essere-colpita/. In tale intervista si evidenzia fra l’altro che allo stato attuale delle conoscenze è possibile dire che:

  1. Xylella è il principale agente della moria degli olivi in atto in Puglia e gli eventuali patogeni fungini, quando presenti (ed è raro trovarli  negli impianti più giovani) sono in grado solo di aggravare gli effetti dell’infezione da Xylella.
  2. La moria è comparsa vicino Gallipoli, presumibilmente tra il 2008 ed il 2010.
  3. Il lepidottero parassita del legno Zeuzera pyrina (la cui presenza è stata in più occasioni segnalata su piante infettate da Xylella) non pare implicato nella moria.
  4. Non si hanno al momento a disposizione rimedi curativi efficaci. Ciò significa che, anche se non estirpati, gli olivi infetti sono destinati a morire e prima di farlo sono in grado di infettare molte altre piante.
  5. In occasione di un’epidemia di Xylella su agrumi in Brasile sono stati sperimentati trattamenti con NAC (N-Acetilcisteina) che favorisce il parziale ripristino del flusso linfatico interrotto dai batteri. Non è detto tuttavia che il rimedio funzioni su olivo (occorre prima una adeguata sperimentazione) ed in ogni caso le piante trattate rimangono malate e dunque in grado di infettare altre piante.
  6. Xylella rientra fra i patogeni da quarantena e come tale le normative internazionali prevedono che vada eradicata, il che si ottiene da un lato eliminando tutte le fonti di inoculo, olivo incluso, e dall’altro eliminando gli insetti vettori.
  7. Nel caso della moria in atto in Puglia il principale insetto vettore è la sputacchina (Philaenus spumarius) che si combatte sia arando il terreno per eliminare le piante erbacee che la ospitano si intervenendo con insetticidi.

Il professor Martelli sottolinea anche che complotti internazionali orditi da multinazionali e bio terrorismo sono favole e fandonie, così come è una fandonia che il batterio sia  potuto sfuggire dai laboratori dell’Istituto Agronomico Mediterraneo   di Valenzano (Bari) che nel 2010 aveva organizzato un corso di aggiornamento sulla Xylella.

Sempre dall’intervista al professor Martelli emerge che nella questione si è già registrato l’intervento della magistratura ordinaria come conseguenza della denuncia avanzata da un gruppo di “ambientalisti” mentre la magistratura amministrativa è intervenuta a seguito dell’esposto di un proprietario che non ha gradito che i suoi olivi infetti fossero abbattuti.

Una domanda tutt’altro che banale riguarda cosa mettere al posto degli olivi abbattuti. Da questo punto di vista sarebbe fondamentale poter disporre di varietà d’olivo resistenti a Xylella e su questo punto sarebbe strategico porre in campo le più avanzate tecnologie di ingegneria genetica. Da questo punto di vista mi ha colpito la risposta del professor Martelli il quale alla domanda dell’intervistatore “Gestire l’emergenza è una cosa ma per un intervento preventivo le tecniche transgeniche potrebbero essere di aiuto (a prescindere dal fatto che in Italia sono vietate)?” ha riposto come segue “Meglio dimenticare le piante GM. A parte la perdurante ostilità dei Paesi comunitari (piccole eccezioni, Spagna, Portogallo, Romania, Republica Ceca e Slovacchia) si è ancora molto lontani da questo approccio. Tentativi sono in corso negli USA per trasformare piante di vite con una molecola segnale che, semplificando, blocca la moltiplicazione di Xylella.” Una risposta realistica, piena di prudenza e che ci dà la misura del problema in cui si trovano a operare coloro che fanno ricerca in un paese da troppi anni ostaggio della demagogia ambientalistica.

Segnalo infine che L’European Food Safety Autoriry (EFSA) ha analizzato il problema dell’eradicazione di Xylella in un suo recentissimo report reperibile qui: http://www.efsa.europa.eu/it/efsajournal/doc/3989.pdf. Da tale lavoro emerge tutta la difficoltà di eradicare Xylella fastidiosa una volta che questa si sia insediata stabilmente in un territorio. Solo eradicazioni molto precoci e condotte con grande sistematicità possono risultare efficaci. L’eradicazione deve peraltro coinvolgere tutte le piante infette di olivi e gli altri ospiti spontanei (es. oleandri) ed essere rivolta non solo alle piante che presentano sintomi ma anche a quelle che pur non manifestando sintomi risultano infette (infezioni asintomatiche da evidenziare con appositi test).

Nel report di EFSA si ricorda che Myers et al. (1998, 2000) elencano una serie di condizioni favorevoli al successo dell’eradicazione e cioè: (1) la diagnosi precoce e la rapida apertura di un programma di eradicazione; (2) la specificità di ospite o habitat  (3) disponibilità di tecniche efficaci e poco costose per il monitoraggio delle popolazioni; (4) disponibilità di potenti metodi di soppressione; (5) disponibilità di risorse sufficienti per finanziare il programma fino alla sua conclusione; (6) determinazione delle autorità a prendere tutte le misure necessarie (7) biologia dell’organismo bersaglio che lo rendono sensibile
alle procedure di controllo; e (8) prevenzione di eventuali re-invasioni. EFSA segnala che non tutte le condizioni elencate sono purtroppo soddisfatte nel caso della Puglia per cui la “gara” con il patogeno si prospetta purtroppo in salita.

Conclusioni

Utilizzando un paragone medico, se hai una malattia grave ti rivolgi al miglior medico che ti puoi permettere e, se del caso, chiedi un consulto. Mai e poi mai ti affideresti a non professionisti, ciarlatani o imbonitori. Allo stesso modo, a fronte di un’epidemia gravissima, razionalità vorrebbe che ci si affidasse ai migliori fitopatologi sulla piazza e che la loro attività non subisse interferenze. Se chi opera non ci convince si chieda un consulto, si coinvolga EFSA ad esempio. E’ essenziale che non ci si limiti ad affrontare il problema con le armi della dialettica politica o delle denunce alla magistratura. Ciò in quanto la malattia viaggia rapidamente e non aspetta certo i tempi di una campagna elettorale o quelli interminabili dei nostri processi.

Bibliografia

NB: Nell’immagine in testa al post: Xylella fastidiosa, sintomi su foglie e legno d’olivo (Giannozzi et al., 2015).

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Published inAmbienteAttualità

9 Comments

  1. Luigi Mariani

    Ringrazio Donato Barone e Maurizio Rovati per aver messo di nuovo il dito nella piaga.
    Da quando ho visto la piega presa dagli eventi ho francamente smesso di dedicar tempo a riflettere sull’argomento (in effetti quel che c’era da dire l’ho già scritto…).
    Giunti a questo punto però sento il dovere di esprimere tutta la mia solidarietà e stima ai ricercatori dell’università di Bari ed in particolare al professor Martelli, di cui segnalo una recente intervista apparsa sulla Gazzetta del Mezzogiorno (http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizie-nascoste/martelli-non-esistono-ulivi-ogm-in-grado-di-resistere-alla-xylella-no814733/) in cui Martelli denuncia fra l’altro che gli hanno sequestrato i computer impedendogli di fatto di lavorare.
    In effetti Martelli è colpevole di aver applicato il metodo scientifico di indagine giungendo a verità scomode che non possono in alcun modo essere accettate da un mondo (quello agricolo) che è da troppi anni abituato a sostituire la verità processuale a quella fattuale. Con la verità processuale costruita in nome del principio di precauzione si sono messi al bando gli OGM perché non si sa mai, si sono messi al bando i neonicotinoidi su mais perché fanno del male alle api che su mais non ci vanno, ecc. ecc. E’ che a furia di procedere con decisioni del tutto irrazionali finiremo per uscire dal novero delle agricolture avanzate, altro che salvare l’agricoltura italiana….

  2. dnt

    Voglio tornare sull’argomento per segnalare l’ennesima figura di …… internazionale del nostro Bel Paese.
    http://www.ansa.it/scienza/notizie/rubriche/ricerca/2015/06/01/nature-ricercatori-sotto-accusa-in-italia-per-la-xylella_cf766f3a-d413-48e6-8c53-84b29e848c86.html
    .
    Di fronte ad evidenze scientifiche indiscutibili ben rappresentate dal prof. Mariani nel suo post, in Puglia abbiamo assistito ad una serie di iniziative estemporanee che cercavano di limitare il taglio e la distruzione di olivi malati e la creazione di una fascia di salvaguardia intorno alle aree infette. In particolare si assiste ad una mobilitazione contro l’uso di diserbanti ed insetticidi per combattere il vettore del batterio responsabile della malattia.
    .
    La magistratura, con aplomb tipicamente italico, invece di intervenire contro chi si appollaia sugli alberi malati per impedirne il taglio e la distruzione, se la prende con chi è in prima linea nella lotta contro il patogeno: i ricercatori dell’Ipsp-Cne dell’università di Bari che per primi hanno individuato la patologia ed il responsabile.
    .
    Nella più classica tradizione del “dagli all’untore” di manzoniana memoria i ricercatori sono stati accusati di aver diffuso il morbo e/o di aver sopravvalutato la sua gravità.
    Su denuncia di chi fa del “principio di precauzione” la sua ragion d’essere contro l’uso di OGM e ha determinato la distruzione di piante da frutto ingegnerizzate coltivate sperimentalmente. Perfetto, avanti così, arriveremo molto lontano! Bah!
    Ciao, Donato.

    • Maurizio Rovati

      Donato, quelli vogliono i soldi a pioggia… la xilella non è poi tanto fastidiosa se ci sono i soldi.
      In più così facendo il problema permane nel tempo e ci vorranno ancora altri soldi, tanti, pubblici e poi grinpiss, il WWAFFA, slofund, la magistra e, vedrai, anche parte della scienza, appoggeranno il diritto democratico dei contadini a impedire che anche una sola buona azione resti impunita!

  3. donato

    Il problema analizzato nel post è molto grave e nelle scorse settimane ho cercato di approfondirlo in maniera autonoma (come piccolo coltivatore di ulivi) e, leggendo ciò che scrivono i media pugliesi, c’è da restare a bocca aperta di fronte all’ignoranza che regna sull’argomento. Una per tutte: su diversi media di non secondario livello, venivano declamate le sorti magnifiche e progressive di un rivoluzionario trattamento a base di, udite udite, “acqua informatizzata” (ove per informatizzata non si intendeva acqua informatica, ma acqua a cui era stata fornita “informazione” in merito alla Xylella). Detto in altri termini le solite porcate legate alla memoria dell’acqua et similia. E’ come se volessimo combattere la polmonite con una serie di bicchieri d’acqua.
    A questo livello siamo arrivati, altro che razionalità.
    Se non fosse per la gravità del problema ci sarebbe da ridere, invece, continuando di questo passo, credo che ci sarà da piangere.
    Nel frattempo i “cugini francesi” a scanso di equivoci hanno proibito di importare dalla Puglia oltre cento specie vegetali di interesse vivaistico: altro che principio di precauzione!
    Ciao, Donato.

  4. daniele

    “La speranza è che la razionalità abbia a prevalere in tempi brevi…”Penso che nel “sistema” ci siano elementi di irrazionalità “istituzionalizzati” o provenienti da “istituzioni”.Penso al fatto che nelle farmacie si vendono prodotti omeopatici (“sdoganati” dalla CEE ratificati dal parlamento); mi viene in mente che il “principio di precauzione” è una norma UE, poi ci sono le leggi sull’impatto ambientale;  che dire di sentenze che condannano persone che non sono state in grado di prevedere un terremoto? Per non parlare della legge (non so se definitivamente approvata) che introduce il reato di negazionismo (in campo storico, non in climatologia)?

  5. giovanna

    La domanda che sorge spontanea è “perché in Italia non si riesce a mettere intorno a un tavolo persone del calibro dell’autore di questo intervento, ottimo e scientificamente corroborato, e studiare una strategia che, una volta adottata venga imposta per il bene di tutti? ulivi, soprattutto!”

  6. Andrea G.

    La situazione è grave e, da come viene posta dai media, non affrontata in maniera seria. Siamo in una fase di rifiuto della scienza ed il primo ciarlatano che si sveglia e che da una soluzione che piace alla massa viene visto come un salvatore della patria.
    E’ come se avendo un cancro all’alluce, mi venisse prospettata dai migliori oncologi, come unica soluzione per evitare il diffondersi della malattia, l’amputazione del piede ed io invece preferissi andare dal mago Otelma per farmi blandire e curare con un bicchiere di acqua fresca.

  7. Loris Groppo

    Ottimo intervento, direi pure uno dei migliori che ho letto sul tema. Lasciando da parte il solito delirio ambientalista sul quale c’è davvero poco da commentare, mi permetto comunque di esprimere una considerazione sui “medici” che si stanno occupando della cosa. Ho la sensazione che i responsabili principali chiamati a studiare ed a dare risposte sul problema (mi riferisco al servizio fitopatologico della regione Puglia ed al CNR) siano di una mediocrità spaventosa. Ho letto interviste, ho ascoltato interventi alla radio e l’idea che ne ho tratto è che si tratti di indolenti burocrati che agiscono con penoso ritardo, sempre attenti a non esporsi troppo in quelle che sono le loro responsabilità e naturalmente sempre a lamentarsi della carenza di fondi.
    Il problema è serio e non siamo in buone mani.

    P.S.: sono un agricoltore, non coltivo ulivo, ma vite. Diciamo che la cosa in qualche modo mi tocca.

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