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Il medio periodo climatico, cambiamento di paradigma

Cambiamento di paradigma, così definisce il messaggio principale di uno studio pubblicato su Nature Communications e di cui è prima firma un ricercatore del Manoa International Pacific Research Center:

Laddove il Pacifico si riteneva fosse il principale driver della variabilità climatica tropicale e gli oceani Atlantico e Indiano i suoi schiavi, i nostri risultati documentano un ruolo molto più attivo per l’Oceano Atlantico nel determinare le condizioni per gli altri due bacini oceanici. L’accoppiamento tra oceani è messo in moto da una massiccia riorganizzazione della circolazione atmosferica” (da Science Daily).

Il paper è questo:

Skilful multi-year predictions of tropical trans-basin climate variability

Il lavoro, come inevitabile vista l’area geografica presa in considerazione, si basa sulla capacità di disporre di prognosi del comportamento del sistema terra-oceano-atmosfera nella fascia tropicale che vadano oltre il limite attuale delle tre stagioni, ossia, visto che specificatamente per l’Oceano Pacifico si parla dunque delle dinamiche dell’ENSO, oltre quel limite ancora invalicabile della Spring Predictability Barrier. I ricercatori avrebbero identificato un meccanismo di interazione tra gli oceani connesso alla Walker Circulation, ossia quella circolazione innescata dal trasporto verso l’alto di calore da parte dei temporali che occupano più o meno stabilmente la fascia intertropicale e che agisce secondo una direttrice ortogonale alla Cella di Hadley. Sempre da Science Daily:

Il meccanismo è semplice,” dice Shang-Ping Xie dell’università di San Diego in California, “l’acqua più calda in Atlantico scalda l’atmosfera. Il sollevamento d’aria e l’aumento delle precipitaizoni guidano una vasta cella di circolazione atmosferica, che poi sprofonda sul Pacifico centrale. Quest’aria relativamente secca alimenta i venti di superficie indietro sugli Oceani Atlantico e Indiano. Questi venti raffreddano il Pacifico centrale portando a condizioni simili a quelle di un evento di La Niña Modoki. Il raffreddamento del Pacifico centrale poi rafforza le anomalie della circolazione atmosferica.

Sicchè, il cambiamento sarebbe costitito dall’aver assegnato un ruolo determinate alle oscillazioni di temperatura dell’Atlantico tropicale, che sono tra l’altro parte – ma come potrebbe essere diversamente – di numerosi complessi meccanismi collegati alla circolazione oceanica che proprio in Atlantico si comporta in modo molto differente da quanto accade nel Pacifico, perché attraversa l’equatore sia in superficie (costa delle americhe) sia in profondità (costa Africana), diversamente da quanto accade nel Pacifico dove la circolazione marina è dominata dall’ENSO e dalla distribuzione del calore che si innesca nelle fasi calda, neutra e fredda della sua evoluzione.

Comunque, tenendo conto del meccanismo enunciato, i ricercatori hanno trovato un livello di affidabilità ancora buono anche dopo 3/4 anni dall’inizializzazione degli hindcast delle simulazioni. Sarà vero? Sarà solida come intuizione? Risposta semplice, ce lo dirà il tempo. Resta un fatto sostanziale: una volta di più, quel che risalta è la complessità di un sistema che ha ancora in serbo tantissime sorprese.

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Published inAttualità

Un commento

  1. donato

    “Resta un fatto sostanziale: una volta di più, quel che risalta è la complessità di un sistema che ha ancora in serbo tantissime sorprese.”
    .
    Ed io aggiungo che questo sistema non siamo ancora in grado di capirlo se non nelle sue linee generali e che i grandi modelli di circolazione globale accoppiati oceano-atmosfera non sono in grado di replicarne il funzionamento né a breve né a lungo termine e neanche a scala regionale.
    Ciao, Donato.

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