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Come ti sdogano l’antropocene

E’ un neologismo il termine antropocene, che contiene l’eterna e inguaribile aspirazione del genere umano ad essere al centro dell’universo, non già come vorrebbe indicare in quanto capace di modificarlo, quanto per non avere endemicamente la capacità di guardare oltre il proprio naso. Non stupisce quindi che stia riscuotendo grande successo.

Così, tra le fila di chi guida l’ideologia antropocentrica ipocritamente fingendo di voler liberare il mondo dalla schiavitù in cui lo avremmo ridotto, c’è chi si affanna a cercare una validazione scientifica del proprio pensiero. Strano, gli scienziati dovrebbero formulare il pensiero a valle della spiegazione, non il contrario, ma così va il mondo evidentemente.

C’è un articolo uscito su Scientific American nel marzo scorso che non potrebbe rappresentare meglio questa pratica:

Mass Deaths in Americas Start CO2 Epoch

Un concetto semplice semplice: l’estinzione per mano dei conquistadores delle civiltà dei nativi americani e la riduzione in schiavitù degli africani chiamati a ripopolarne il territorio, favorì lo sviluppo di grandi foreste su terre una volta coltivate; tutte quelle piante, nel giro di poco più di un secolo dopo il 1492, ebbero agio di tirar via dall’atmosfera almeno 7ppmv di CO2, dando inizio quindi alla Piccola Età Glaciale. Già dopo le imprese di Colombo quindi, anzi, con le sue imprese, la presenza dell’uomo sul pianeta avrebbe iniziato ad essere ingombrante. A giudicare dall’incipit dell’articolo poi, che rimanda al genocidio dei nativi ed alla pratica della schiavitù, più che ingombrante direi deleteria. Del resto, prima di allora esisteva solo il giardino dell’Eden. La dogana, per chi pensasse che il tutto non abbia anche incredibilmente passato una revisione paritaria, è su Nature.

Un delirio assoluto. Vada per l’American, ma la parola Scientific la dovrebbero togliere dal loro logo.

Piaccia o no al movimento salva-pianeta e a chi pensa di sostenerlo con queste iniziative, laboratorio vuole (quindi al netto dei feedback) che per far scendere la temperatura media del pianeta di 1,2°C, ci sarebbe voluta una riduzione del 7% della concentrazione di anidride carbonica, perché tale è la ratio tra CO2 e Temperatura nei 600.000 anni di carote di ghiaccio disponibili, comprese quindi le ultime sei glaciazioni e i sette interglaciali, a prescindere da chi guidi la giostra, sia la temperatura a influenzare la CO2 o viceversa. Almeno fino al sopraggiungere della tecnologia degli idrocarburi. Secondo questa teoria, invece, il successivo aumento del 30% della concentrazione di CO2 indotta in buona misura dalle attività umane, avrebbe già dovuto far salire la temperatura del pianeta di 6°C, mentre se ne sono visti circa un ordine di grandezza in meno. Forse il sistema non funziona così, dopotutto. E si potrebbe anche aggiungere che se la scomparsa di circa 50mln di persone – tanti si legge pare siano caduti vittime della conquista delle Americhe – ha provocato un raffreddamento di 1,2°C, l’attuale consistenza di 7mld della popolazione umana dovrebbe aver portato il tutto a 100°C, con tanto di ebollizione degli oceani. No, decisamente non funziona neanche così.

Però, almeno c’è una buona notizia: soltanto qualche anno fa, qualsiasi attivista salva-pianeta si sarebbe fatto uccidere pur di non ammettere l’esistenza della Piccola Età Glaciale, che ora invece esiste, ma, guarda un po’ è stata antropica pure quella. Corre voce che si stiano facendo grossi passi avanti per targare come antropico anche l’Optimum Romano e portare la datazione dell’antropocene alla nascita di Cristo: pare facesse caldo a causa dei numerosi fuochi accesi dai soldati romani in giro per l’Europa.

Buona domenica.

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Published inAttualità

7 Comments

  1. Fabio Vomiero

    Grazie Guidi per la precisazione, a questo punto andrò a leggere con più attenzione l’articolo originale. Ciò però, mi stimola ad andare avanti con il mio ragionamento. Bene, allora, stabilito che un articolo è stato sottoposto a revisione paritaria, questo mi dovrebbe dare delle informazioni in più e, in teoria, anche delle garanzie aggiuntive. Significa che il lavoro, prima di essere stato pubblicato, è stato quantomeno sottoposto alla revisione critica da parte di due esperti del settore, che dovrebbero averne sancito almeno i requisiti minimi di correttezza formale, indipendentemente dai risultati. E questo è già un buon punto di partenza. Questo non significa che un lavoro scientifico debba necessariamente portare ad un risultato che corrisponda ad una verità scientifica, anzi, ciò non accade quasi mai. Un lavoro scientifico, infatti, preso singolarmente, in genere non dimostra un bel niente, il suo valore invece è quello di portare comunque un contributo, di consistenza variabile, alla conoscenza generale, in termini di idee, di metodiche, di dati. Quasi sempre, sono gli autori stessi ad evidenziare che servono ulteriori studi in merito, perché si possano confermare o eventualmente confutare determinate conclusioni. Faccio un esempio recente di uno studio che mostrerebbe (non dimostrerebbe) una correlazione tra il dormire otto ore o più a notte e un aumentato rischio di ictus. Ora i risultati, inattesi, e per certi versi sorprendenti, certamente andranno approfonditi. Allo stato attuale, però, ciò non significa che a questo punto dobbiamo tutti mettere sempre la sveglia per non superare le otto ore di sonno, non sarebbe molto saggio prenderla in questo modo. Saluto sempre tutti cordialmente.

    • Fabio,
      capisco che ad oggi non sia stato ancora possibile validare l’ipotesi del contributo dell’attività solare alle dinamiche del clima, ma è un fatto che la PEG – cui gli autori assegnano invece origini antropiche – sia arrivata in presenza di una accertata quiete solare. C’è una montagna di letteratura su questo argomento. Ignorarla non credo faccia un buon servizio alla crescita della conoscenza.
      Circa la faccenda del sonno, infine, sono a cavallo. Io ne dormo quattro al massimo 😉
      gg

  2. Fabio Vomiero

    Condivido la posizione di Guidi e Botteri in merito alla questione. Questa “tesi” infatti, appare francamente superficiale e incoerente. Tuttavia dobbiamo tenere conto che non si tratta di una teoria scientifica condivisa dalla comunità scientifica, in quanto Scientific American, da quanto ne sò, non pubblica articoli peer-review. E’ sempre bene fare chiarezza su questo punto, a mio avviso, perchè è sempre facile confondere la scienza vera (obbedisce a regole e meccanismi ben precisi e collaudati), dalla comunicazione simil-scientifica di carattere mediatico e divulgativo.

    • Fabio,
      ho messo apposta il link a Nature. Se vai a leggere (l’articolo è consultabile on line) vedrai che l’articolo referato esiste eccome.
      gg

  3. Guido Botteri

    La combinazione scienza climatica e storia non è molto naturale. Quelli che si occupano di materie scientifiche tendono a non interessarsi di storia e viceversa, anche se questa “regola” ha molte eccezioni.
    Mi considero una di queste eccezioni, essendo un appassionato di storia (antica), e come tale, avendo una parte di me che ha la passione epr la storia e un’altra che ha la passione per le scienze, mi sento salire il sangue alla testa quando leggo di queste… come dire ? “affermazioni”.
    7 ppmv in meno di CO2 sarebbero state causate dagli stermini dei nativi e avrebbero causato l’inizio di una peg ?
    Non voglio nemmeno andare a prendere in considerazione l’affermazione (diciamo così) “storica”, che è, a mio parere, una grande sciocchezza (basterebbe considerare cosa sia avvenuto, a livello climatico, in corrispondenza dei grandi massacri e delle grandi morie, e ne avremmo di risate da farci).
    Ma vorrei porre alla vostra attenzione il fatto che, se 7 ppmv causassero davvero un fenomeno climatico di quella portata e di quell’evidenza, cosa avrebbe dovuto succedere all’aumento da 278 ppmv del 1750 agli attuali 400 (ben di più dei 7 menzionati).
    Ancora una volta l’accanimento terapeutico di voler attribuire ogni cosa a variazioni anche minime di CO2, trascurando ogni altro dato, prende la mano di improvvisati storici.
    Secondo me.

  4. luca

    L’antropocentrismo nasce dalla consapevolezza interiore di essere nulla in paragone all’universo e al suo Creatore e invece di vivere con umiltà e coerenza dei nostri mezzi al servizio e alla condivisione di tutto ciò, inventiamo teorie, atteggiamenti e azioni mirate ad esaltare il proprio ego, per sentirci protagonisti e autori di ciò che non viene da noi ma è per noi. Se la scienza ritrovasse questa umiltà e questo entusiasmo cambierebbero tante cose, ma oltre all’ego bisogna riuscire a vincere anche l’avidità.

  5. Mario

    E di tutte le candele accese nelle chiese, con la nascita del cristianesimo, non ne parliamo?

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