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The Final Countdown (?)

“It’s the final countdown!” cantavano a squarciagola nel 1986 gli indimenticabili Europe. Dimenticabilissimi, in realtà, non fosse per le loro zazzere cotonate e per l’omonima canzone scritta dal carismatico leader Joey Tempest che valse loro la notorietà mondiale e gli immancabili poster nelle camere delle teenagers del tempo.

Fu vera gloria?

Forse la stessa domanda si farà, fra qualche lustro, parlando di un’altra star molto meno capelluta di Joey Tempest, e sicuramente meno popolare tra le teenagers di oggi. Molto più popolare, invece, nel circo dei catastrofisti, sulle riviste allineate di settore e sui giornali del mainstream, ma soprattutto presso la Casa Bianca durante l’amministrazione Obama. Parliamo di Gavin Schmidt, al secolo climatologo, esperto di modelli e, soprattutto, direttore del Goddard Institute for Space Studies della NASA: il celebre (o famigerato, a seconda dei punti di vista) GISS. Quello, per intenderci, delle palle rosse del Giss-arrosto e delle mirabolanti rivisitazioni a senso unico dei data-set del passato in chiave catastrofica (Climatemonitor 2016).

Come per tutte le celebrità, pare che sia arrivato il tempo del declino anche per Gavin Schmidt. A giudicare da alcuni segnali, infatti, potrebbe essere partito il suo, di final countdown. Vagamente ironico, per chi ha fatto del conto alla rovescia per salvare il mondo dall’arrostimento il suo mantra personale. E chissà se Hansen (in foto) lascerà dei crisantemi anche sulla sua lapide professionale, quando verrà il momento…

Scricchiolii

A seguito delle elezioni americane, la climate-star della NASA ha cominciato ad avvertire sinistri scricchiolii sotto i piedi, quelli che percepisce chi cammina su ghiaccio sottile, direbbero gli americani in una metafora assai calzante per il personaggio in questione. Peccato che non si tratti del ghiaccio artico, ma piuttosto del suo posto di lavoro.

In una recente intervista sull’Independent (2016), col corpo (elettorale) della Clinton ancora caldo, anzi, surriscaldato come le palle del GISS, Schmidt-the-lionheart ha affrontato Trump con ardore battagliero degno di miglior causa: “Al Global Warming non interessa delle elezioni americane! La scienza non si fa manipolare dalla politica! Se costretto ad andare contro la scienza per compiacere il Presidente, piuttosto, me ne vado!”. Parole involontariamente comiche le sue, avendo Gavin fatto non poco, in passato, per assecondare l’agenda politica di un altro presidente: quello uscente. Poco importa: Schmidt, novello Enrico Toti, lancia ora la stampella del suo posto di lavoro addosso a Trump, ma solo per amore della scienza e per la salvezza dell’orbe terracqueo, sia chiaro…

La chiosa migliore all’intervista dell’Independent l’ha fatta un lettore, nel primo commento che si legge in calce all’articolo: “You are fired.”, in chiaro riferimento al ruolo di Trump in The Apprentice, e al probabile destino di Schmidt. È interessante anche notare come la maggior parte dei commenti dei lettori all’articolo in questione siano estremamente critici quando non indignati, in un crescendo di invettive che il mainstream liquiderebbe come ignoranti e negazioniste. Ma tant’è… Che il climate change non sia al primo posto tra le priorità del cittadino comune è del tutto evidente. Come è altrettanto evidente che all’Independent non si filtrano i commenti con la stessa efficacia di certi quotidiani italiani…

Un destino annunciato

Che il destino di Schmidt sia scritto è confermato da un articolo uscito oggi su Breitbart, di fatto l’organo di informazione più vicino a Trump. Quello che poteva essere la Pravda per il PCUS, oppure CNN, NBC, ABC, NYT, Wa.Po, Huff. Po., LA Times, Guardian, Politico, Time, Economist e qualche altro centinaio tra TV e giornali mainstream per i liberal americani e i loro nipotini sparsi per il mondo.

Oggi Breitbart è uscito con un articolo dal titolo forte, come nel loro stile: “Hasta la vista, climate fraud and muslim outreach”. Nel sottotitolo si fa riferimento all’annunciato sacrificio di Schmidt per nobile causa e l’articolo si apre con un eloquente “Buona fortuna Gavin, o Toast, come ti chiameremo presto”, con un evidente triplo senso nella misura in cui Toast in inglese vuol dire “alla salute!” ma anche “bruciato, surriscaldato” o, ancora meglio, “spacciato, finito”.

L’articolo è un atto di accusa nei confronti di Schmidt, che viene incolpato per interposta persona (il professore tedesco Karl Ewert) di aver rimaneggiato i dati delle stazioni meteo in modo così sistematico da aver, di fatto, “inventato” il global warming. Il riferimento è ad un precedente articolo dello stesso giornale (2015) in cui lo studioso tedesco sostiene che tra il 2010 e il 2012 la NASA ha alterato i dati storici misurati dal 1881 in misura talmente sistematica da trasformare un significativo raffreddamento nell’intervallo 1940-2010 in un clamoroso riscaldamento. Fondamentale, a tale scopo, è stato l’artificioso raffreddamento dei dati passati in modo da creare un trend di temperature crescenti.

Non si tratta di un’accusa nuova, visto che Steven Goddard batte in modo compulsivo-ossessivo questo tasto da molti anni sul suo blog realclimatescience, recentemente ri-battezzatosi con felice ironia “The Deplorable Climate Science Blog”. E Steven Goddard è citato dallo stesso Breitbart (praticamente una sentenza di condanna per Schmidt) che allega il grafico incriminato che lo stesso Goddard probabilmente ha appeso in camera da letto e che mostra lo scostamento inspiegabile e improvviso tra i dati satellitari in libera troposfera e il risultato delle “rivisitazioni” del database del GISS di Schmidt. Un grafico che si commenta da solo.

 

Fig.1. Tutto torna fino al 2000, poi…
Fig.1. Tutto torna fino al 2000, poi…

A titolo esemplificativo l’articolo include anche una delle tante mirabili “rivisitazioni” del GISS di Toti-Schmidt, nel caso specifico quella relativa alla capitale islandese Reykjavik, in cui le temperature molto alte degli anni 30-40 sono state falciate a babbo morto di quasi 10 gradi per trasformare quello che si configurava come un raffreddamento sul lungo termine, in un riscaldamento. Come si giustifica un errore di 10 gradi su misurazioni fatte appena 70 anni fa? Forse misuravano la temperatura con il metodo del dito insalivato?

Ma il caso di Reykjavik non è isolato: se ne possono trovare innumerevoli di grafici come questo, di “rielaborazioni” del GISS relative a ogni angolo del mondo, e tutte con la stessa metodologia: raffreddare il passato per far apparire più caldo il presente.

Fig.2. Giochi di prestigio in salsa GISS.
Fig.2. Giochi di prestigio in salsa GISS.

L’articolo prosegue con considerazioni sull’interpretazione molto politica che Schmidt ha voluto dare al suo mandato, e con le critiche mosse al Gavin dal mondo politico stesso, per poi concludersi con un eloquente: “Possiamo salutare Gavin adesso. Persone come lui sono un lusso che il contribuente americano non può più permettersi”.

Se Breitbart è la Pravda, l’epurazione è servita. Su un piatto molto caldo, anzi, su un giss-arrosto.

Oscuri presagi

Segnali premonitori, per la verità, c’erano già stati nei giorni scorsi, quando Myron Ebell, un “climate contrarian” come gentilmente lo definisce il NYT (2016), è stato nominato da Trump per gestire la transizione all’Environmental Protection Agency (EPA), il braccio armato della politica energetica di Obama: l’ente che ha divulgato il Clean Power Plan, il corredo di regolamentazioni draconiane con cui il presidente uscente ha inteso azzoppare le fonti energetiche fossili per imporre l’adozione di politiche più “verdi” e altrettanto più care per la bolletta dell’americano medio. Ebell, del resto, non è uno che l’ha mai mandata a dire, avendo definito l’enciclica di Papa Francesco sul climate-change “scientificamente infondata, economicamente sgangherata, intellettualmente incoerente e moralmente ottusa”. La sua schiettezza, prevedibilmente, non l’ha reso popolare presso i salvamondo: durante la mitica COP21, infatti, il suo faccione era finito su un poster di “most wanted” affisso sui muri di Parigi da attivisti che con sobrietà e tolleranza molto liberal lo avevano incluso nella lista di “criminali climatici che distruggono il nostro futuro”.

Fonte: http://www.nytimes.com/interactive/projects/cp/climate/2015-paris-climate-talks/a-stunt-by-environmental-activists-targets-climate-skeptics
Fonte: http://www.nytimes.com/interactive/projects/cp/climate/2015-paris-climate-talks/a-stunt-by-environmental-activists-targets-climate-skeptics

False speranze

Forse due indizi non faranno una prova, ma le prese di posizione nei confronti di Schmidt e della NASA in generale, e la prima nomina sensibile in materia di politica energetica fanno pensare che la recente intervista rilasciata da un Trump climaticamente istituzionale sia stata, almeno in parte, travisata (La Stampa 2016). Se a parole il futuro presidente lascia la porta aperta al dialogo, facendo intuire di non essere pregiudizialmente contrario ai contenuti della COP21 di Parigi, i fatti sembrano suggerire qualcosa di diverso.

Del resto già alcuni giorni fa Bloomberg (2016) aveva fatto notare che tra le opzioni a disposizione di Trump in materia di climate change, c’era quella di ignorare semplicemente la COP21. Trattandosi di un accordo non vincolante, infatti, è molto più semplice non rispettarlo e dedicarsi, piuttosto, a “normalizzare” la NASA o l’EPA, e a preparare così il terreno alle misure promesse in campagna elettorale in fatto di politica economica ed energetica. A che serve una rottura clamorosa, la cancellazione di un accordo (per quanto vuoto) già sottoscritto, quando si può ottenere esattamente lo stesso risultato salvando l’amor proprio dei salvamondo e dei loro media? Per dirla in altri termini, la COP21 di Parigi può morire di morte violenta, con annessa risonanza e sdegno mediatico planetario, oppure di stenti, in un silenzio che salva la faccia a tutti: vincitori e vinti.

Pare proprio che ancora oggi, a 500 anni dall’incoronazione di Enrico IV, si possa affermare con lo stesso cinismo che Parigi val bene una messa.

 

 

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Published inAttualità

5 Comments

  1. Massimo Lupicino

    Alessandro, Filippo, grazie per i vostri commenti, innanzitutto. E’ sempre un piacere confrontarsi educatamente, pur partendo da punti di vista talvolta differenti.
    Devo dire che alla fine le nostre posizioni non sono affatto distanti. Molti dei temi affrontati sono stati affrontati piu’ volte da climatemonitor, come ad esempio quello relativo all’inquinamento da ‘isolda di calore’. Difficile da quantificare, snobbato dal mainstream (cosi’ come l’influenza del sole) ma in realta’ evidentissimo sulla base della sola esperienza personale (ricordo che in inverno c’era una differenza di temperatura fino a 5C nei 5 km di distanza tra il centro di milano e l’hinterland meridionale). D’accordo con Filippo sull’importanza dei dati satellitari. Voglio sottolineare come ad un certo punto, di colpo, le “libere interpretazioni” dell’IPCC relative ai dataset presenti e soprattutto passati hanno portato ad uno scostamento clamoroso, e ingiustificabile, dai dati satellitari stessi. E questo non e’ mai stato spiegato in modo esaustivo e convincente.
    Allo stesso modo mi piace sottolineare come il riscaldamento tra il 1930 e il 1940 e’ stato documentato anche attraverso testimonianze del passato, articoli di giornale in primis, e non solo dai dati di temperatura taroccati a posteriori dal GISS.
    Ce n’e’ tanto da dire… Di sicuro un articolo come questo ha gli ovvi limiti dettati dal fatto che i temi affrontati sono troppi, troppo lunghi e complessi per esaurirsi nelle poche righe di un editoriale…

  2. Filippo Turturici

    Stavolta devo fare un po’ il bastian contrario. E’ risaputo da tempo che i dati termometrici vengono (pesantemente) corretti, e questo lo è da ben prima del 2010-2012. Inoltre il riscaldamento globale 1940-2000 era già mostrato diversi anni prima di quel triennio, nei grafici sia GISS che Hadley ecc. Possiamo e dobbiamo invece, giustamente, sia rivedere le correzioni sui dati del passato (anche recente), sia rivedere il sistema di campionamento e correzione dei dati attuali: forse sarebbe ora che la NASA usasse di più i satelliti, per calibrare i dati a terra, invece che usare complesse formule matematiche per interpolarli a 1500km ed andare a “caccia di fantasmi”… Possiamo e dobbiamo poi bloccare le continue revisioni dei dati a terra, stranamente sempre al ribasso per il passato (con il paradossale effetto, che anni all’epoca definiti record come 1998 e 2005, oggi non paiono più così caldi nemmeno rispetto ai precedenti): a partire dall’ultima, famosa “Karlizzazione” dei dati, e dalla revisione dei dati oceanici secondo parametri quantomeno discutibili. Io credo che il “riscaldamento globale” (termine comunque improprio) ci sia, esista, ma non sia proprio come qualcuno ce lo ha raccontato (specie dal 2014 ad oggi).

    • @Filippo Turturici

      avrei qualche osservazione e domanda su alcune tue affermazioni:
      1) “E’ risaputo da tempo che i dati termometrici vengono (pesantemente) corretti, e questo lo è da ben prima del 2010-2012”

      In realtà questo era risaputo soltanto da alcuni tecnici specifici del settore, non dal mainstream nè dalla ‘gente comune’, e il motivo per cui viene fatto cambia a seconda di chi spiega il fenomeno. Che venga fatto non é normale, infatti fino a 2 anni fa quando qualcuno accusava Nasa e Noaa di ritoccare i dati del passato la reazione era la negazione;

      2) “Inoltre il riscaldamento globale 1940-2000 era già mostrato diversi anni prima di quel triennio”

      Perdona: perchè scegliere l’ intervallo 1940-2000 quando dal 1940 la tendenza (sia delle temperature sia delle temperature anomaly) fu a scendere e i valori del 1940 furono toccati solo 40 anni dopo, nel 1980? A sto punto il ‘riscaldamento’ sarebbe solo dal 1980 al 2000, il chè, lo so, fa molto meno effetto sulla gente che non conosce l’ argomento. Della sua globalità poi non esiste prova, solo una ridicolissima media matematica fatta tra l’ altro nemmeno da matematici. I matematici, quelli seri, dicono che il concetto di ‘global temperature’ e ‘global CO2 concentration’ sono privi di base scientifica (vedere per esempio: Does a Global Temperature Exist? di Essex, McKitrik e Andersen)

      3) “forse sarebbe ora che la NASA usasse di più i satelliti, per calibrare i dati a terra,”

      Io da chimico e da ex operatore di impianti complessi ad alto contenuto strumentale non riesco proprio a capire perchè la calibrazione di dati a terra andrebbe fatta con modelli matematici o dai satelliti. I dati a terra si calibrano a terra, punto. Ogni altra procedura é una falsificazione.

      Hai ragione cmq, il riscaldamento esiste, o meglio, esisteva ed esisterà. E’ un fenomeno ciclico e non é nè globale nè antropico.. Si tratta di un fenomeno multizonale la cui accentuazione dipende da svariati parametri, in primis l’ angolazione dell’ asse terrestre e l’ esposizione alle radiazioni solari. Che poi fenomeni ‘umani’ come l’ inquinamento, il traffico etc, influiscano é indubbio, ma il loro contributo é limitato alle zone industriali e urbane o comunque sedi di attività umane, che rappresentano meno del 13% della superficie del pianeta.

      Per approfondimenti e chiarimenti, trovate una serie di documenti in questo dossier, purtroppo ancora incompleto.
      http://ademontis.wixsite.com/tecnologieambientali/dossier-global-warming

    • Filippo Turturici

      Ho ovviamente fatto un discorso semplificato, altrimenti avrei dovuto scrivere di più di ML! Ad esempio scegliendo l’intervallo 1940-2000, che è poi più 1976-1998, ma considerando comunque il 2000 come teoricamente più “caldo” del 1940. Il punto primo, dai, era il segreto di pulcinella, nonché l’utopia che i modelli matematici potessero sopperire ed eventualmente sostituire le misure sul campo.
      Appunto per la mia piccola esperienza in merito, al punto 3 ti risponderei che i dati termometrici a terra sono utili a verificare le condizioni in cui viviamo, ma ben poco a verificare il “riscaldamento globale”. Sono mal campionati, spesso assenti, a volte imprecisi, manca del tutto un reale controllo qualità e si basano su un assunto fisicamente falso: la stabilità delle anomalie termiche al decimo di grado o meno, falso sia localmente che globalmente, e ancora di più falso che la media di tante anomalie debba avere valore nullo. I dati satellitari, è vero, misurano qualcosa di diverso: non la temperatura a 2m dal suolo, ma l’intera colonna d’aria. Possono essere usati come fonte esterna, per verificare l’attendibilità delle misure a terra (acqua), e per coprire i vasti buchi che queste lasciano, negli oceani, nell’Artide e Antartide, o nell’Africa centrale per fare esempi ben conosciuti. Quantomeno, sono valori reali, rilevati, confrontabili.
      Nessun modello matematico con griglie di 1500km potrà mai sostituire nessuna campagna di rilevazioni, e su questo credo che siamo entrambi più che d’accordo!

    • alessandro demontis

      assolutamente si

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