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Pillole di complessità orbitale nella periodicità del clima

Riassunto: si conferma che il massimo spettrale a 100 ka npon dipende dall’eccentricità orbitale ma dalla combinazione di altri due massimi (80 e 130 ka)
Abstract: The 100 ka spectral maximum does not depend on orbital eccentricity variations. A cambination of 80 and 130 ka maxima is suggested as “parents” of the 100 ka maximum.

Nel post “Gli Interglaciali tra 0 e 2.7 milioni di anni fa” avevo ipotizzato che la periodicità a 100.000 anni (100 ka) che si osserva nei dati di prossimità (proxy) di ampia estensione temporale (carote di ghiaccio, stalagmiti) potesse essere non la conseguenza diretta della variabilità dell’eccentricità dell’orbita terrestre, ma la combinazione altre due periodicità, a ~80 e ~120-130 ka, che si osservano nello spettro di alcuni intervalli temporali.

Basavo questa ipotesi su tre figure del post citato, che riproduco di seguito, derivate da misure di δ18O bentico (in seguito indicato come d180) tra 0 e 2.7 Ma (milioni di anni). Le figure sono gli spettri Lomb della stessa serie (denominata LR04 in Tzedakis et al., 2017), calcolati su intervalli temporali diversi.
La fig.1 (pdf) copre l’intero intervallo disponibili di 2.7 Ma e mostra anche il confronto con lo spettro della serie sia detrended che filtrata e con lo spettro Mem di un dataset tra 0 e 800 ka.

Fig.1: Spettro di d180 (Tzedakis et al., 2017) in varie forme, tra 0 e 2.7 Ma.

Appare chiaramente che gli spettri sono caratterizzati dai massimi a 41 e 100 ka (il massimo a sinistra, di circa 2.5 ka, qui non viene cosiderato) e si notano massimi minori a 70-80, 80-90,, 120-130, 140-160 ka.
Si può ipotizzare con relativa facilità che i dati di prossimità mostrano una netta influenza delle variazioni dell’obliquità dell’orbita (41 ka) e dell’eccentricità (100 ka). Anche la precessione degli equinozi (26 ka) influenza sia i dati paleografici che l’insolazione (v. ad esempio gli spettri wavelet qui, su CM.
Qualche dubbio sorge dopo gli spettri di fig.2 (pdf) per l’intervallo 1.5-2.7 Ma e di fig.3 (pdf) nei quali il massimo a 100 ka scompare, sostituito da massimi di bassa potenza in figura 2 e da massimi a ~80 e ~125 ka in figura 3.
L’influenza dell’eccentricità si sarebbe manifestata, sempre a 100 ka, anche se con possibili variazioni di potenza, in ognuno dei tre intervalli: il fatto che questo massimo non sempre sia presente, porta a pensare che possa derivare dalla combinazione dei picchi a 80 e 130 ka.

Fig.2: come figura 1, tra 1.5 e 2.7 Ma.
Fig.3: come le figure precedenti, tra 0.6 e 1.5 Ma. Notare la comparsa dei massimi a 80 e 120-130 Ma.

I nuovi dati
Per motivi diversi da questo post, ho acquisito i dati d180 compositi, provenienti da 5 stalagmiti (D8, SB-12, SB-14, SB-32, SB-58) delle due cave cinesi di Dongge e Sanbao (qui indicati complessivamente come “dongge”). I dati D8 rimpiazzano quelli già disponibili, ma di qualità inferiore, tra 217.2 e 225.3 ka BP (Before Present; Present è il 1950).
I dati coprono un periodo tra 300 e 640 ka (+D8), come si vede nel quadro superiore di fig.4 (pdf).

Fig.4: I nuovi dati, da Cheng et al., 2016. Le singole stalagmiti sono separate per colore, secondo la legenda a destra. Nel quadro inferiore gli spettri Lomb delle singole serie. La serie più estesa (SB-14, in rosso) mostra gli stessi massimi di figura 3.

Questi dati, descritti in dettaglio da Cheng et al., 2016, sono standardizzati e poi detrended tramite la sottrazione dell’insolazione al 21 luglio a 65°N.

Ho calcolato gli spettri Lomb di ognuna delle 5 stalagmiti e li mostro nel quadro inferiore di figura 4, con l’indicazione dei periodi spettrali.
Si vede una conferma di figura 3, con la mancanza, nelle 5 serie, del massimo a 100 ka e con la presenza dei massimi a 80 e 130 ka, oltre ai massimi minori (23.7 ka in particolare).

In conclusione, questo dataset conferma, in modo indipendente, che 100 ka è un periodo derivato (probabilmente da 80 e 130 ka) e non una “firma” diretta dell’eccentricità orbitale. La figura 4 estende, inoltre, la validità delle figure precedenti relativamente all’intervallo 0.3-0.64 Ma.

Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui.

Bibliografia

  • Hai Cheng, R. Lawrence Edwards, Ashish Sinha, Christoph Spötl, Liang Yi, Shitao Chen, Megan Kelly, Gayatri Kathayat, Xianfeng Wang, Xianglei Li, Xinggong Kong, Yongjin Wang, Youfeng Ning & Haiwei Zhang: The Asian monsoon over the past 640,000 years and ice age terminations , Nature, 534, 640-646, 2016. doi:10.1038/nature18591
  • P. C. Tzedakis, M. Crucifix, T. Mitsui & E. W. Wolff: A simple rule to determine which insolation cycles lead to interglacials, Nature, 542, 527-544, 2017. doi:10.1038/nature21364
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Published inAttualitàClimatologia

4 Comments

  1. donato b

    Caro Franco, dopo aver letto il tuo post, credo che la tua ipotesi circa la scarsa influenza dell’eccentricità orbitale sulle fasi fredde e calde che caratterizzano il nostro pianeta, abbia avuto un’ulteriore conferma. Resta da capire la causa (forse sarebbe meglio parlare di cause) dei periodi di 80000 e 120000-130000 anni.
    Una cosa che salta subito all’occhio è che sono (quasi) multipli di 41000 anni che rappresenta il
    periodo dell’obliquità dell’orbita terrestre.
    .
    Il periodo di centomila anni, quindi, potrebbe essere il risultato di un “salto” verificatosi circa un milione di anni fa, allorché gli interglaciali cominciarono a susseguirsi con ritmi di 100000 anni mentre in precedenza si susseguivano con periodi di 41000 anni.
    E’ come se il sistema dinamico non lineare “clima” si fosse spostato nello spazio delle fasi da una condizione di equilibrio ad un’altra. Molto interessante.
    Ciao, Donato.

    • Caro Donato,
      hai ragione, il sistema è cambiato circa 1 milione di anni fa. Si
      vede dalla figura 2 di Tzedakis et al.,2017 di cui accludo gli ultimi due pannelli (tra 0 e 1.3 ka): una sequenza che ricostruisce bene gli interglaciali da oltre 2.5 Ma, verso 1 Ma comincia a mostrare scostamenti significativi rispetto alle osservazioni di d180.
      L’insolazione a 65° (scala di sinistra) è stata calcolata dal lavoro di Laskar et al.: Laskar, P. Robutel, F. Joutel, M.
      Gastineau, A. C. M. Correia and B. Levrard: A long-term numerical solution for the insolation quantities of the Earth , Astronomy and Astrophysics, 428, 261-285, 2004. doi:10.1051/0004-6361:20041335, liberamente accessibile.

      I periodi di 80 e 120-130 ka sono anche multipli di 41 ka e potrebbero essere il risultato della rottura di un equilibrio, per esempio nel passaggio della Terra attraverso punti di risonanza dell’orbita, ma non mi azzardo a suggerire simili fantasie che faccio fatica anche ad immaginare. Ciao. Franco

      Immagine allegata

    • rocco

      Secondo la mia esperienza non bisogna solo considerare le singole ciclicita’, ma la loro combinazione . LE variazioni a lungo termine dei 400 kyr e 1200 Kyr potrebbero avere un influenza e poi ci sono altri elementi quali soglie, disposizione dei continenti, etc. In alcuni lavori ho visto anche usare ETP che combina i parametri orbitali in modo diverso dall’insolazione.

    • E’ vero, esistono molti modelli che combinano i parametri orbitali in modi diversi, ma tutti tendono a ricostruire (o a tenere conto de) l’insolazione che la teoria di Milankovich condidera un parametro fondamentale. Un modello e una breve raccolta di modelli (tra cui EPT) si può trovare in Feng e
      Bailer-Jones (2015, lavoro in Arxiv).
      Questo post fa riferimento ai tre post precedenti sullo stesso argomento e non è una review su tutte le possibili combinazioni dei parametri orbitali e sui modi di combinarli, ma non credo di aver fatto riferimento alle singole periodicità; anzi dico proprio che sono le loro (alcune loro) combinazioni a sembrare efficaci nel generare periodi (100 ka) che non appaiono esplicitamente negli spettri. Franco

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