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Tre le righe dell’ultimo Report IPCC

Recentemente mi è capitato l’onore e l’onere di essere chairman di un dibattito tra R.Lindzen, noto “scettico” o “negazionista” a livello internazionale ed il Prof. P.Williams, Professor of Atmospheric Science in the Department of Meteorology at the University of Reading, di vedute decisamente opposte.

L’onere si è poi rivelato non essere così pesante come le premesse parevano far supporre perché, oltre al reciproco rispetto e stima professionale che i due relatori hanno dimostrato durante tutta la sessione, atteggiamento che dovrebbe essere scontato in un confronto scientifico ma che ultimamente non va troppo di moda specialmente quando si parla di clima, si sono evidenziati molti più punti di accordo rispetto a ciò che si poteva supporre.

Tra questi ha attirato la mia attenzione un “particolare” del V rapporto dell’IPCC che mi era sfuggito ma che merita a mio avviso di essere riportato nella giusta prospettiva e cioè che l’IPCC, nel presentare le migliori stime per l’Equilibrium Climate Sensitivity, ECS, presenta un intervallo ma sottolinea, in maniera molto marcata ed originale, che non ne viene indicato un valore più probabile.

Per non dare adito a fraintendimenti o errate traduzioni, riporto di seguito il pezzo tratto dal Technical Summary di AR5:

In contrast to AR4, no best estimate for ECS is given because of a lack of agreement on the best estimate across lines of evidence and studies and an improved understanding of the uncertainties in estimates based on the observed warming. Climate models with ECS values in the upper part of the likely range show very good agreement with observed climatology, whereas estimates derived from observed climate change tend to best fit the observed surface and ocean warming for ECS values in the lower part of the likely range.

Attenzione: i GCM, che utilizzano valori alti della ECS, sono in buon accordo con la “observed climatology” ma per replicare l’andamento delle temperature superficiali e degli oceani si devono assumere bassi valori della ECS. Qualcuno più esperto di me può spiegare cosa si intende per “observed climatology” se si escludono le temperature globali. In ogni caso trovo il messaggio molto chiaro e per certi versi dirompente:

  1. I GCM, assumendo valori alti della ECS, prevedono temperature più alte di quelle osservate.
  2. Nell’intervallo di confidenza ciascuno è libero di scegliersi il valore di ECS che più gli aggrada e che gli consente di descriver la realtà.

Come se non bastasse, in un articolo di Le Scienze, rivista non certo negazionista, del 9 Ottobre, commentando il recente Special Report on Global Warming of 1.5 °C (SR15) si legge:

La precedente valutazione dell’IPCC, pubblicata nel 2014, stimava che, al ritmo di emissioni attuali, il mondo avrebbe superato la soglia di +1,5 °C all’inizio degli anni 2020. L’ultimo rapporto ha portato questa soglia temporale al 2030 o al 2040 sulla base di studi che hanno rivisto il livello di riscaldamento che abbiamo gia’ raggiunto.

In realtà, da SR15 headline statements 2018, si legge

Global warming is likely to reach 1.5°C between 2030 and 2052 if it continues to increase at the current rate (high confidence)”

quindi ancora più avanti nel secolo.

Non sto certo sminuendo la gravita’ del riscaldamento globale se questo dovesse superare gli 1,5 gradi nel 2052 anziché nel 2020; ciò che mi sembra importante sottolineare è la cautela con cui l’IPCC propone certe stime, il che costituisce a mio avviso un elemento di novità nel dibattito scientifico sul cambiamento climatico.

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Published inAttualità

6 Comments

  1. virgilio

    ” “principio di precauzione”: non sappiamo se è vero, ma perché rischiare?” Dal post di donato b. Il fatto è che spesso chi dichiara questo non tien conto di una lapalissiana evidenza: pure non fare o fare qualche cosa determinata da detto principio comporta rischi! E questo vale particolarmente per la questione in ballo. Ridurre attività industriali o sostituire le presenti fonti energetiche con altre economicamente costosissime non può condurre a gravi conseguenze? Aumento della povertà e ciò che ne consegue non implica abbastanza pericoli d’ogni genere? Di fronte a qualunque problema di cui non si conoscono a sufficienza i fattori: fare o non fare o far diversamente sono decisioni equivalenti riguardo a ipotetici risultati. Detto principio varrebbe la pena seguirlo solo se le alternative proposte fossero a costo poco rilevante. In merito ad AGW, per chi già non lo avesse consultato indico questo link che mi pare interessante: https://motls.blogspot.com/2018/10/study-swiss-glaciers-mostly-melted.html?m=1

  2. robertok06

    Su ECS, TCR, e la tanto decantata “settled science”… questo grafico la dice tutta…

    Immagine allegata

  3. donato b.

    Ho dedicato molto tempo allo studio delle problematiche connesse alle stime dei valori di ECS e TCR, ovvero della sensibilità climatica all’equilibrio ed alla risposta climatica transitoria ed alla fine ho concluso che si tratta di due parametri da prendere con le molle, come deve essere preso con le molle il parametro ad essi strettamente legato, ovvero la temperatura media globale.
    E’ proprio sulla base dell’incertezza che caratterizza i valori di questi tre parametri che si fonda il mio scetticismo circa la narrazione corrente del cambiamento climatico.
    .
    Come ha scritto G. Alimonti nel suo post, prendendo uno degli infiniti valori di ECS compresi tra 1,5°C e 4,5°C (gli estremi della forchetta considerata nel 5° rapporto dell’IPCC), non si commette alcun errore in quanto tutti sono accettabili dal punto di vista scientifico. Il guaio sta nel fatto che se io prendo in considerazione 1,5°C, devo considerare ridicoli tutti i proclami catastrofisti riguardo al cambiamento climatico, mentre se assumo ECS=4,5°C, non posso fare a meno di considerare del tutto insufficienti le misure previste dagli accordi internazionali come quello di Parigi.
    Eppure su questa incertezza si fondano le policy mondiali.
    .
    Oltre alla mancata indicazione del valore più probabile dell’ECS, l’altro aspetto rivoluzionario del 5° rapporto IPCC è costituito dal fatto che, rispetto all’AR4, è stato abbassato il valore inferiore della forchetta: da 2°C ad 1,5°C. Questo ha fatto infuriare gli esponenti duri e puri della linea di pensiero principale in campo climatologico come M. Mann. Essi sostengono che quella dell’IPCC, sia stata una scelta sbagliata, in quanto rende meno evidente il pericolo che il mondo sta correndo.
    Personalmente ho apprezzato la scelta dell’IPCC in quanto tiene conto delle ricerche in ambito paleoclimatico e non solo che portano a valori dell’ECS molto bassi, vicini all’unità, per esempio.
    .
    Alla luce di queste considerazioni e di quelle sviluppate da G. Alimonti nel suo articolo, non mi meraviglio più di tanto del tono pacato del dibattito tra Lindzen e Williams, in quanto entrambi sono coscienti dell’incertezza che caratterizza i parametri su cui si basa il castello del cambiamento climatico in corso. Questo dovrebbe essere, anzi, il tono normale della discussione in atto.
    .
    La verità è, però, un’altra perchè la discussione in atto, non si svolge su basi scientifiche, ma ideologiche e la scienza c’entra solo grazie al famigerato “principio di precauzione”: non sappiamo se è vero, ma perché rischiare?
    Lo ha detto anche P. Angela nel corso di un’intervista di qualche tempo fa e lo sostengono un po’ tutti.
    L’aspetto più deleterio di tutta la questione è che, ragionando in quest’ottica, si perde di vista la principale caratteristica che distingue la scienza dalla fede: una legge scientifica è vera fino a prova contraria ed i risultati della sua applicazione sono sempre affetti da un errore la cui entità dipende dal grado di conoscenza del sistema.
    .
    Perso di vista questo, non stupiscono le considerazioni sconsolate del sindaco di Napoli che, commentando le vicende legate alla recente ondata di maltempo, si lamentava dell’imprecisione delle previsioni e si chiedeva il perché.
    Caro sindaco non c’è nulla da meravigliarsi: essendo previsioni esiste una probabilità non trascurabile che esse si avverino, ma un’altrettanto non trascurabile probabilità che esse non si avverino. Non bisogna prenderle per oro colato, insomma, ed usare un minimo di buonsenso. Che però latita parecchio di questi tempi. 🙂
    Ciao, Donato.

  4. robertok06

    Questo…

    “Internal Variability and Disequilibrium Confound Estimates of Climate Sensitivity From Observations”
    https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1002/2017GL076468

    … forse chiarisce un po’ l’arcano… e fornisce un ulteriore conferma della distanza rispetto alla b realtà alla quale si trovano i vari GCM… è una mission impossible, come ben documentato in letteratura (ma, per motivi che sospetto ma non riporto qui, nei comunicati stampa non ne parlano mai).

    È sintomatico, ma per me per nulla sorprendente, che il Plain language inizi così:

    “Even if we remove the uncertainty associated with human behavior, we still don’t know exactly how hot it is going to get.”

    “ECS inferred from the recent historical period (1979–2005) is indeed almost uniformly lower than that inferred from simulations subject to abrupt increases in CO2 radiative forcing.
    However, ECS inferred from simulations in which sea surface temperatures are prescribed according to observations is lower still.
    ECS inferred from simulations with prescribed sea surface temperatures is strongly linked to changes to tropical marine low clouds. However, feedbacks from these clouds are a weak constraint on long‐term model ECS.
    One interpretation is that observations of recent climate changes constitute a poor direct proxy for long‐term sensitivity.”

    L’ultima frase la dice lunga sulla affidabilità Delle previsioni a lungo termine dei GCM…

  5. Sergio

    Forse comincia la retromarcia?

  6. robertok06

    @Alimonti

    La storiella dell’ECS e’ solo la punta dell’iceberg nell’oceano di millantate “certezze” tanto decantate dalla stampa “ambientalista” negli ultimi giorni in riferimento al rapporto IPCC.
    Quest’ultimo rapporto fara’ la fine dei precedenti… e cioe’ servira’ solo come punto di partenza per organizzare il prossimo evento/happening in qualche amena localita’ del pianeta…

    I GCM sono quanto di piu’ farlocco esista su questo pianeta. Non c’e’ UN SOLO aspetto di essi che non sia approssimato… nuvole, ciclo del carbonio, oceani, non parliamo poi della criosfera… tutto e’ approssimato, basato su dati lacunosi, spesso inesistenti (vedasi Antartide e le conclusioni sui distacchi di banchise come Larsen B e C recentemente, come esempi)…

    I rapporti IPCC, e la necessita’ di agire immediatamente per salvare il pianeta dall’ennesimo tipping point, e’ solo una continuazione post-sessantottina del tentativo di orientare lo sviluppo del pianeta in direzione “solidale”… peccato che la solidarieta’ che questi qui vorrebbero dare a quelli bisognosi e’ solo carita’ pelosa… pochi watt di potenza con 4 pannelli fottovoltaici in croce e pedalare…
    Piu’ leggo i capitoli dell’ultimo rapporto e piu’ trovo svarioni colossali, assurde assunzioni basate su ideologia spicciola e sorpassata, e niente piu’, come per esempio le motivazioni per non considerare e sviluppare di piu’ il nucleare, come fonte GHG-free.
    Si invocano “narratives” a sostegno dell’opposizione al nucleare…

    ” There are large differences in nuclear power between models and across pathways (Kim et al., 2014; Rogelj et al., 2018).
    One of the reasons for this variation is that the future deployment of nuclear can be constrained by societal preferences assumed in narratives underlying the pathways (O’Neill et al., 2017; van Vuuren et al., 2017b)”

    … qui: http://www.ipcc.ch/pdf/special-reports/sr15/sr15_chapter2.pdf

    … dove il citato O’Neill e’ questo “studio”:

    O’Neill, B.C. et al., 2017: “The roads ahead: Narratives for shared socioeconomic pathways describing world futures in the 21st century”,
    Global Environmental Change, 42, 169-180, doi:10.1016/j.gloenvcha.2015.01.004.

    … ove si fa ampio uso di concetti di sociologia, sviluppo della societa’, etc… cioe’ quantita’ NON fisiche, non derivate da scienze esatte… basate su “expert elicitation”… dove gli “experts” se li scelgono loro come vogliono, ovviamente. 🙂

    In compenso nella letteratura del capitolo 2, relativa al settore energetico e a quello dell’energia nucleare in particolare NON viene citato nessuno degli studi di James Hansen, uno dei loro padrini!, come questo:

    Kharecha, P.A., and J.E. Hansen, 2013: “Prevented mortality and greenhouse gas emissions from historical and projected nuclear power”,
    Environ. Sci. Technol., 47, 4889-4895, doi:10.1021/es3051197

    https://pubs.giss.nasa.gov/abs/kh05000e.html

    …. dove concludono che:

    “Using historical production data, we calculate that global nuclear power has prevented an average of 1.84 million air pollution-related deaths and 64 gigatonnes of CO2-equivalent (GtCO2-eq) greenhouse gas (GHG) emissions that would have resulted from fossil fuel burning.
    On the basis of global projection data that take into account the effects of the Fukushima accident, we find that nuclear power could additionally prevent an average of 420,000-7.04 million deaths and 80-240 GtCO2-eq emissions due to fossil fuels by midcentury, depending on which fuel it replaces. ”

    … dove si parla di emissioni e morti evitate e evitabili… ma di questo le “narratives”, le storielle per bambini dove il mondo ideale sono scenette da pubblicita’ del Mulino Bianco, non ne parla proprio… come mai?
    Forse perche’ e’ basato sull’analisi di DATI e non modellini farlocchi???

    Eppure nella presentazione alla stampa i fanfaroni pro-IPCC hanno sbandierato ai 4 venti che questo ennesimo “studio” si basava su TUTTA la miglior bibliografia peer-reviewed recente… quante referenze hanno citato?… migliaia e migliaia… stranamente Hansen et al sul nucleare non viene neanche citato e gli preferiscono uno basato su “narratives”????

    Ma fatemi il favore…

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