Salta al contenuto

Effetti stagionali sulle malattie da Coronavirus – Alcune riflessioni su COVID19 fondate su bibliografia recente – Aggiornamento

L’aggiornamento è in fondo al post.

Premessa

Oggi sono note decine di coronavirus, la maggior parte dei quali è attiva negli animali mentre solo sette infettano l’uomo e di questi quattro (denominati 229E, l’OC43, NL63 e HKU1) producono patologie lievi mentre effetti più gravi sono legati ai restati tre e cioè al Coronavirus agente della Severe Acute Respiratory Syndrome (SARS), a quello agente della Middle East Respiratory Syndrome (MERS) e infine al SARS-CoV-2 che provoca la sindrome nota come COVID-19 (Su et al., 2016; Gibbens, 2020). Peraltro ai termini SARS-CoV-2 e COVID-19 è necessario abituarsi in quanto si tratta di standard tassonomico stabilito al livello internazionale (Gorbalenya et al., 2020).

Circa i coronavirus dobbiamo premettere che si tratta di virus a RNA appartenenti alla famiglia delle coronaviradae e fra i virus a RNA sono quelli con il patrimonio genetico più ampio (26-32000 chilobasi). Nell’uomo l’infezione da coronavirus ha inizio nel tratto gastro-intestinale o nelle vie aeree superiori e può evolvere in polmonite, con conseguenze anche gravi derivanti da insufficienza respiratoria. A partire dagli anni ’70 diverse malattie osservate su animali sono state attribuite ai coronavirus e l’ecologia di tali virus prevede la possibilità di ricombinazione fra diversi coronavirus negli animali, con la generazione di nuovi coronavirus trasmissibili all’uomo e potenzialmente letali. In particolare la SARS è stata trasmessa all’uomo da mammiferi (probabilmente pipistrelli o civette della palma) in mercati della provincia di Guangdong in Cina e la MERS è stata anch’essa trasmessa all’uomo da mammiferi (dromedari) in Arabia Saudita.

Nel caso di COVID19 l’epidemia è scoppiata nella città cinese di Wuhan che ha clima Cfa di Koppen – Geger (subtropicale umido), la stessa categoria che si registra nella pianura padana, ed inoltre il virus presenterebbe le seguenti mortalità (Sheperd, 2020 che cita dati apparsi su Jama – https://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2762130):

2.3% complessiva

14.8% per età >= 80

8.0% per età da 70 a 79 anni

49.0% per i casi critici.

I dati di mortalità sono tuttavia oltremodo incerti in quanto incerto è il numero totale del contagiati. Quest’ultima incertezza deriva dal fatto che secondo stime citate da Anderson et al. (2020) nell’80% dei contagiati si manifesta in forma lieve o asintomatica contro il 14% di pazienti con sintomi seri e il 6% con sintomi molto gravi. Sempre secondo Anderson et al. (2020) è incerto il periodo infettivo che si stima in 10 giorni dal termine della fase di incubazione ed incerta appare anche la lunghezza della fase infettiva pre-sintomatica, che in linea di massima dovrebbe comunque essere di 1-2 giorni, come per l’influenza A. Al contrario SARS non presenta infettività pre-sintomatica e il picco di infettività si registra parecchi giorni dopo l’insorgere dei sintomi, il che secondo Lipsitch (2020)  è stato di grande aiuto per contenere la SARS con misure di quarantena. Sempre secondo Lipsitch (2020) si sa pochissimo circa la rilevanza delle scuole come ambiente privilegiato di trasmissione di COVID-10 e poco sappiamo in merito al ruolo dei bambini siano vettori del contagio. In sintesi per COVID-19 paghiamo lo scotto del fatto che il primo caso documentato risale all’8 dicembre 2019, il che ci pone di fronte a un deficit di conoscenze rilevantissimo e che occorrerà colmare in tempi molto rapidi.

Ciclicità stagionali nelle malattie virali

Le considerazioni che riporto qui di seguito sono in larga misura mutuate dall’analisi condotta da Marc Lipsitch dello statunitense Center for Communicable Disease Dynamics, analisi che è liberamente disponibile in rete al sito https://ccdd.hsph.harvard.edu/will-covid-19-go-away-on-its-own-in-warmer-weather/

Un’idea molto diffusa è quella secondo cui la stagione invernale sia più favorevole alle malattie virali e che dunque l’epidemia di Cornavirus non potrà che regredire con l’aumento delle temperature che avrà luogo con l’avanzare della stagione primaverile. Tale idea si lega al fatto che il semestre d’elezione dell’influenza è quello invernale, da ottobre a marzo-aprile, come si evince dalla figura 1 e come non mancano tutti gli anni di ricordarci gli stessi virologi quando consigliano la vaccinazione anti-influenzale, consiglio che personalmente seguo ormai da diversi anni.

Occorre tuttavia domandarsi se tale idea di stagionalità sia o meno applicabile al coronavirus SARS-CoV-2. Vediamo anzitutto di ragionare sul perché l’influenza alle medie latitudini si diffonde maggiore nella stagione invernale che non in quella estiva. Ciò accade per un insieme di fattori legati all’ospite umano e all’ambiente enunciati da Lipsitch (2020) e che elenchiamo qui di seguito.

  1. Fattori ambientali:

a1. nell’aria fredda ed asciutta tipica dei mesi invernali i virus influenzali si diffondono con maggiore facilità come dimostrano prove in laboratorio condotte negli Usa e in Vietnam

a2. in inverno la radiazione ultravioletta solare che agisce sterilizzando le superfici su cui viene irraggiata inattivando anche i virus, è assai meno presente che in estate

  1. Fattori legati all’ospite umano:

b1. in inverno le persone permangono più a lungo in ambienti chiusi e scarsamente arieggiati in cui la trasmissione dei virus è favorita. In proposito si veda ad esempio il caso delle scuole, che in estate sono chiuse.

b2. la risposta immunitaria è assai meno vivace in inverno che in estate, il che viene attribuito sia alla melatonina che è modulata dal fotoperiodo sia alla minor quantità di vitamina D che  deriva alla minore esposizione al sole

b3 buona parte della popolazione risulta immune nei confronti di “vecchi virus” come quelli della comune influenza e dunque i virus stessi possono manifestarsi solo nella stagione invernale, quando le condizioni ambientali sono maggiormente predisponenti (Lipsitch, 2020).

Se i fattori a1,a2,b1,b2 possono orientativamente agire anche per COVID19, il fattore b3 non vale ovviamente nei confronti della nuova epidemia poiché non vi sono individui immuni e dunque la corsa del virus non dovrebbe trovare ostacoli dovuti all’immunità, in qualunque stagione esso compaia. Un fenomeno analogo si è osservato nel 2009 nel caso della pandemia di influenza A, che negli USA iniziò a manifestarsi in aprile-maggio, regredì durante la chiusura estiva del scuole data lì’importanza che in quel caso aveva la diffusione tramite i bambini per poi riprendere forza a settembre-ottobre (Lipsitch, 2020).

Si osservi inoltre che alle medie latitudini i quattro coronavirus meno attivi (229E, l’OC43, NL63 e HKU1) sono trasmessi in prevalenza durante la stagione invernale (Su et al., 2016) mentre MERS non presenta picchi stagionali regolari (Al Tawfic and Memish 2019). Sempre per MERS, Altamini e Ahmed (2019) hanno evidenziato che il picco in Arabia Saudita si registra nei mesi estivi che sono poi quelli che in quell’area determinano un maggiore stress per gli esseri umani (stress da caldo). In particolare una relazione positiva si è rilevata fra l’incidenza del virus e i valori di alcune variabili meteorologiche, individuando fra i fattori predisponenti all’infezione le alte temperature, la bassa velocità del vento e l’alta umidità relativa, tutti fattori che aumentano la sensazione di afa.

E’ da evidenziare anche che l’epidemia di SARS è partita in Cina a novembre 2002 esaurendosi nel luglio 2003 e uno studio del 2006 ha evidenziato che a Hong Kong l’epidemia ha progredito più rapidamente nei giorni freddi che non in quelli caldi (Kun Lin etal 2006). Occorre tuttavia dire che nel caso di SARS a risultare vincente non fu l’arrivo del “generale caldo” quanto le misure di contenimento estremamente severe adottate dai governi. A dimostrarlo è il fatto che a Toronto l’epidemia di SARS ebbe una ripartenza quando le misure precauzionali furono alleggerite (Lipsitch, 2020).

Conclusioni

Nel caso del SARS-CoV-2 agente della sindrome COVID-19, al nostro attuale livello di ignoranza abbiamo alcune ragioni per attenderci che come per altri beta-coronavirus la diffusione sia più efficiente in inverno che in estate. Tuttavia dobbiamo anche ricordare che si tratta di un virus totalmente nuovo e che pertanto non si hanno elementi per esprimere ipotesi pienamente fondate. A tali conclusioni giungono in sostanza anche le analisi condotte da Sheperd (2020), Gibbens (2020) e Lipsitch (2020). Quest’ultima è quella cui mi sono maggiormente ispirato per redigere queste note.

Figura 2 – Diagramma che evidenzia la stagionalità delle malattie influenzali. Si riportano i decessi su quelli totali che sono stati causati da polmonite e influenza; dati relativi a 122 città statunitensi (Kaslov, 2014).

Postille, 15 Marzo 2020

Penso sia utile elencare qui di seguito alcuni riferimenti emersi a seguito della pubblicazione di questo post.

Anzitutto in un commento al post Gianluca ha segnalato la versione italiana del report redatto dai 25 ricercatori che dal 22 al 26 febbraio si sono recati in missione in Cina per conto della WHO.

La versione originale in lingua inglese di tale report si trova a questo indirizzo.

Tale report è ricco di dati quantitativi riferiti ad un campione molto ampio (oltre 44000 malati) e che sono utili per approfondire il quadro di conoscenze sul virus COVID-19.

Con comunicazione personale, Sergio Pinna, che da tempo si occupa dei dati di mortalità da influenza in Italia e in Europa,  mi ha poi segnalato due lavori scientifici:

  1. Quello di Polozov etal. (2008) in cui i ricercatori evidenziano che i fosfolipidi presenti nella capside di virus influenzali lasciati all’aperto restano allo stadio gel se esposti a temperature basse mentre se esposti a temperature più alte si liquefanno inattivando il virus. Ciò potrebbe spiegare la maggior diffusione dell’influenza alle medie latitudini nei mesi più freddi dell’anno.
  2. Quello di Pinna (Pinna, 2011) che trovate indicato nella bibliografia qui sotto e che tratta della distribuzione della mortalità in Italia nel periodo 1950-2008 sviluppando anche alcuni interessanti raffronti con altri paesi europei. A titolo d’esempio riporto qui sotto il diagramma tratta dal lavoro di Pinna e che mostra gli eccessi di mortalità davvero impressionati legati alle grandi epidemie influenzali degli anni ’60 (figura 1).
Postilla – Figura 1 – Differenza fra il numero reale di decessi e il valore statisticamente atteso. Sono segnalati nel grafico i cinque inverni nei quali l’eccesso è stato superiore alle 25 mila unità (Pinna, 2011).

Riguardo agli effetti e stagionalità delle influenze Alessandro ha fornito:

  1. Il riferimento a un post che tratta del tema di alcune mega-influenze degli anni ‘60 https://www.ilpost.it/2020/03/08/pandemie-italia-asiatica-hong-kong/
  2. due diagrammi tratti dal sito del Ministero della sanità (http://www.salute.gov.it/portale/caldo/dettaglioContenutiCaldo.jsp?lingua=italiano&id=4547&area=emergenzaCaldo&menu=vuoto) che evidenziano le stagionalità del influenze a livello italiano e che riporto qui sotto (figure 2 e 3):
Postilla – Figura 2 – Mortalità settimanale per persone di età superiore a 65 anni
Postilla – Figura 3 – Casi di influenza per 1000 assistiti (serie 2004- 2020).

Segnalo infine che in questi giorni ho letto due articoli che ho trovato interessanti. Anzitutto Fuhrmann (2010), sviluppa una interessante review della letteratura scientifica relativa alla stagionalità dell’influenza con particolare riferimento agli effetti del clima sulla virulenza del patogeno e la suscettibilità dell’ospite umano. Nello scritto vengono ad esempio passati in esame lavori che stabiliscono un causale fra ENSO e influenza  in Francia e Stati Uniti d’America o un nesso causale fra ondate di freddo e mortalità da influenza in Scozia.

In ogni caso nelle conclusioni l’autore sottolinea che il legame fra picco epidemico dell’influenza alle medie latitudini e caratteri della stagione invernale continua a rimanere sfuggente, un fatto del resto confermato da Tamerius etal. (2011) i quali concludono significativamente che “Le questioni centrali nella stagionalità influenzale rimangono irrisolte. Ricerche future si rendono particolarmente necessarie nelle località tropicali, dove la nostra comprensione della stagionalità rimane scarsa, e richiederà una combinazione di studi sperimentali e osservazionali. Un’ulteriore comprensione del fattori ambientali che guidano la circolazione influenzale possono anche essere utili per prevedere come la dinamica sarà influenzato a livello regionale dai cambiamenti climatici globali.

In sintesi mi pare comunque di poter dire che dai lavori di Fuhrmann (2010) e  Tamerius etal. (2011) emerga con chiarezza che nei periodi in cui il virus non è presente alle medie latitudini lo stesso si conserva in “serbatoi” tropicali da cui migra verso Nord al sopraggiungere dell’inverno boreale e verso Sud al sopravvenire di quelli australe. Tale fenomeno si rende evidente dalla figura 4 che ho ottenuto esprimendo come percentuali i dati riportati come valori assoluti da Tamerius etal. (2011).

Postilla – Figura 4 – Stagionalità virus in 4 siti rappresentativi delle medie latitudini (Bismarck e Sidney) e delle aree tropicali (Fortaleza e Singapore). espressa come percentuale degli isolati influenzali ottenuti nei diversi mesi dell’anno. Elaborazione su dati di Tamerius et al (2011).

Bibliografia

  • Al Tawfic J.A. and Memish Z.A., 2019. Lack of seasonal variation of Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus (MERS-CoV), Travel medicine and infectious disease, 27 (2019), 125-126.
  • Altamini A. and Ahmed A.E., 2019 Climate factors and incidence of Middle East respiratory syndrome coronavirus, Journal of Infection and  Public Health.
  • Anderson R.M. etal 2020 How will country-based mitigation measures influence the course of the COVID-19 epidemic, The Lancet, www.thelancet.com   Published online March 6, 2020   https://doi.org/10.1016/S0140-6736(20)30567-5
  • Gibbens S., 2020. Will warming spring temperatures slow the coronavirus outbreak? National geographics https://www.nationalgeographic.com/science/2020/02/what-happens-to-coronavirus-covid-19-in-warmer-spring-temperatures/ (articolo divulgativo uscito il 26 febbraio e la cui versione oggi in rete è aggiornata al 6 marzo).
  • Gorbalenya A.E. etal 2020. The species Severe acute respiratory syndrome related coronavirus – classifying 2019-nCoV and naming it SARS-CoV-2 – Coronaviridae Study Group of the International Committee on Taxonomy of Viruses, Nature microbiology, https://doi.org/10.1038/s41564-020-0695-z
  • Kaslov A.R., 2014. Viral infections and humans, in Viral Infections of Humans: Epidemiology and Control, Richard A. Kaslow et al. (a cura di), Springer.
  • Kun Lin et.al, 2006. Environmental factors on the SARS epidemic: air temperature, passage of time and multiplicative effect of hospital infection, Epidemiol Infect. 2006 Apr; 134(2): 223–230.
  • Lipsitch M., 2020. How will country-based mitigation measures influence the course of the COVID-19 epidemic, Center for Communicable Disease Dynamics, https://ccdd.hsph.harvard.edu/will-covid-19-go-away-on-its-own-in-warmer-weather/
  • Sheperd M., 2020, Will Spring Temperatures Stop Coronavirus?, Forbes – https://www.forbes.com/sites/marshallshepherd/2020/02/27/will-spring-temperatures-stop-coronavirus/#7c983c33770e
  • Su etal 2016 Epidemiology – Genetic Recombination and Pathogenesis of Coronaviruses, Trend in microbiology, june 2016, vol 24 n.6, 491-502.
  • Fuhrmann C., 2010. The Effects of Weather and Climate on the Seasonality of Influenza, Geography Compass, 4/7 (2010): 718–730, 10.1111/j.1749-8198.2010.00343.x
  • PINNA S., 20110. La distribuzione intermensile della mortalità in Italia nel periodo 1950-2008. Alcuni raffronti con altri paesi europei / – In: Rivista Geografica Italiana. – ISSN 0035-6697. – 2(2011), pp. 319-345.
  • Tamerius etal 2011 Global Influenza Seasonality: Reconciling Patterns across Temperate and Tropical Regions, Environmental Health Perspectives, volume 119, number 4, April 2011
  • Polozov etal., 2008. Progressive ordering with decreasing temperature of the phospholipids of infuenza virus, Nature chemical biology, Volume 4, n. 4, April 2008.

 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAmbienteAttualità

24 Comments

  1. rocco

    E’ inquietante!
    Sembra che siano contenti degli effetti benefici del coronavirus
    leggete un po questi cinguettii sulla pagina dello strumento che misura gli inquinanti dallo spazio:
    attribuiscono, mi pare, direttamente al coronavirus i cieli sgombri da inquinanti https://twitter.com/search?f=tweets&q=%23tropomi%20OR%20%23sentinel5p
    Quasi quasi se ce ne fosse uno all’anno non sarebbe mica male, sembrano voler dire!
    Qui non si parla più di scienza, questa è religione, la religione ambientalista-postumanista devota dello scientismo più fanatico.

  2. Gianluca

    Carissimi,
    senza fare polemica, non e’ il momento, e senza fare politica, che non e’ tra le motivazioni di questo sito, non posso pero’ fare a meno di notare il richiamo a “seguire la scienza” (volutamente scritta con la minuscola): non vi ricorda un’altra famosa personalita’ ? https://www.youtube.com/watch?v=0D81SfAN4Ok
    ….sappiamo com’e’ andata a finire!

  3. Alessandro

    L’impressione è proprio quella scritta in questo articolo da Luigi: che il virus si sia diffuso nel mondo con temperature primaverili sul Nord Emisfero e temperature autunnali sul Sud Emisfero con predilezione per i climi Cfa della classificazione di Koppen-Geiger e in genere col clima Cf.

    Noterei in particolare la limitata diffusione dei contagi in Corea del Sud corrispondente infatti ad una zona limitata del Cfa(regione costiera a sud).
    Invece il rischio per Argentina e Est USA sembra notevole vista l’area estesa del clima Cfa.

    Immagine allegata

  4. Luca

    Cari Signori,
    qui di idiozie, psicosi e chi più ne ha più ne metta, ne stanno girando troppe, in tutte le direzioni. Senza nulla togliere alla doverosa attenzione che dobbiamo porre per evitare il dilagare dei contagi, dobbiamo però anche essere intelligenti nell’ascoltare ciò che ci viene detto, da tutti, e razionalizzare. La stampa, come al solito, ci mette il suo, e anche le dichiarazioni di organi “autorevoli” lasciano il tempo che trovano.
    Partiamo dalla stampa, dove lo sciacallaggio sulle notizie batte qualunque record. Guardate bene qui, titolo e leggete fino in fondo il relativo articolo… https://www.ilmessaggero.it/salute/storie/coronavirus_portogruaro_anestesista_morta_chiara_filipponi_ultime_notizie_7_marzo_2020-5097098.html
    Sui morti reali da coronavirus… in realtà non li conosce nessuno, perché i bollettini della protezione civile parlano di morti che “erano positivi al virus”, ma non delle reali cause. Sembra di assistere a quanto accaudto sul sito dell’ISS riguardo i decessi dell’influenza stagionale, abilmente modificato dopo le dichiarazioni della dottoressa Gismondo. Come già diceva qualcuno, non si potrà mai realmente definire il tasso di mortalità perché, a meno che non si vogliano fare analisi a 60 milioni di persone e migliaia di autopsie, il numero dei contagiati e morti reali per coronavirus non si conoscerà mai! Io so solo che, tra non molto, il coronavirus passerà in secondo piano per la crisi in cui stiamo sprofondando e, se le cose non dovessere prendere una piega diversa, un domani mattina non molto lontano la preoccupazione per molti di noi non sarà più questo virus, ma se saremo in grado di mettere un piatto a tavola, o se avremo più una casa…
    Per quanto riguarda l’approccio medico a questa situazione, sono rimasto molto colpito dall’intervista a questo medico che analizza molti aspetti e solleva non pochi dubbi… la frase conclusiva è magnifica… prendetevi una 20ina di minuti, ascoltate con attenzione e riflettete… https://www.youtube.com/watch?v=QSnN8CO9cFc

  5. Alessandro

    La confusione che fa Pregliasco eliminata con poche parole da Maria Rita Gismondo e così si capiscono i dati farlocchi della regione Lombardia:

    “La virologa ha messo in luce una diversità nella comunicazione dei dati forniti dall’Italia e da altri Paesi europei sul numero dei contagi. L’Italia ha fatto circa 50.000 tamponi e ha fatto un tutt’uno tra le persone positive ai test e quelli che, effettivamente avevano sintomi. Il Francia invece, ha eseguito meno di 1200 test e solo sulle persone che presentavano già i sintomi del Coronavirus. E la linea della Francia è stata adottata da tutti gli altri Paesi europei. Questo ha contribuito a far salire l’Italia in testa alla classifica dei contagi. “Noi siamo stati molto viruosi a fare tanti tamponi. Ma si è generata la confusione tra positivi e malati. Questo ci ha fatto guadagnare il titolo di untori”. La dottoressa definisce “cautelativa” e molto zelante la linea presa dall’Italia e ancora una volta punta il dito contro la comunicazione. “Sarebbe bastato dire che la nostra era un’indagine non solo diagnostica ma anche epidemiologica. Mentre la Francia ha seguito la linea disgnostica e basta“. ”

    CHIAREZZA/REALTA’= Maria Rita Gismondo

  6. Alessandro

    Cosa ha detto Pregliasco:
    “L’età media della popolazione da sola non può spiegare la letalità, pur se sicuramente incide visto che proprio negli anziani, specie se con diverse patologie, tendono a concentrarsi i casi mortali ma credo che all’origine delle percentuali di letalità ci sia soprattutto la fondamentale sottostima dei casi reali, che porta quindi ad avere un numeratore più basso rispetto alla realtà nella frazione tra decessi e numero di casi. Una situazione del genere, pur trattandosi di una patologia ben più chiara e dai sintomi e segni meno sfumati, l’abbiamo vissuta anche con il cluster epidemico del morbillo: per avere un dato significativo, in quel caso, occorreva moltiplicare per cinque i numeri effettivamente rilevati”.

    #iononhocapito

    Se è qualcosa per cui si guarisce a casa si sta a casa,non si fa come in Lombardia che si va all’ospedale per infettarsi(perchè imho oggi ci si infetta più in ospedale)…e il discorso più ricoverati lo capisco perchè c’è una psicosi di massa!

    Il discorso della letalità del contagio continuo a non capirlo! Perchè deve avere una percentuale più alta in Lombardia invece che In Emilia-Romagna o in Veneto? Mistero…

  7. A. de Orleans-B.

    GRAZIE !
    Informazione solida, ragionata, pacata, in perfetto stile CM.
    Saluti, Alvaro

  8. Alessandro

    Caro Luigi visto la tua disamina i conti in Lombardia non tornano perchè esistono profonde differenze nei numeri tra ricoverati, morti, contagiati…
    Persone attualmente positive in Lombardia sono ricoverate in ospedale ben il 75% (3.319 su 4.427). In Romagna sono il 47% (669 su 1.417), in Veneto il 26% (204 su 783). In Lombardia ci sono stati 468 decessi (8,1%), contro gli 85 dell’Emilia Romagna (5,5%), i 26 del Veneto (3%), i 17 del Piemonte (3,7%) e i 13 delle Marche (3,3%). Insomma, in Lombardia c’è una percentuale abnorme di decessi rispetto al resto d’Italia.
    Quindi l’andamento della malattia in Lombardia nasconde qualche altra realtà.

    • Alessandro2

      Da biologo (non virologo o microbiologo, si badi) azzardo: per una serie di fattori. Primo, popolazione lombarda mediamente più vecchia e malata di quella emiliana o veneta. Secondo, maggiore inquinamento ambientale (cofattore non trascurabile IMHO). Terzo, denominatore falsato dalla quantità di tamponi effettuati, alta ma non sufficiente a far emergere tutta la “base installata” (termine informatico ma che rende bene l’idea) del virus. Che è stato riconosciuto solo alla terza o quarta generazione di contagio, probabilmente iniziato in Lombardia in dicembre, scambiato per comune influenza in forma più grave- Conosco almeno tre casi di polmoniti atipiche fatte prima di Natale, di persone finite in rianimazione; una delle quali giovane, all’incirca trentenne. Oggi è stata richiamata dall’ospedale in cui era stata ricoverata in rianimazione per ben un mese. Deve fare il tampone e i suoi medici sono in isolamento.

  9. Alessandro

    “Fattori ambientali:

    a1. nell’aria fredda ed asciutta tipica dei mesi invernali i virus influenzali si diffondono con maggiore facilità come dimostrano prove in laboratorio condotte negli Usa e in Vietnam

    a2. in inverno la radiazione ultravioletta solare che agisce sterilizzando le superfici su cui viene irraggiata inattivando anche i virus, è assai meno presente che in estate”

    Nonostante questa disamina sui fattori ambientali, si continua a dichiarare che questi due punti sono delle fake news!
    Invece la fake news più grande sul COVID 19 è che il virus sia in Italia da fine febbraio 2020, mentre sappiamo benissimo che era già esistente in Cina dall’8 dicembre 2019.

  10. AleD

    Interessante. Speriamo anche che il nuovo virus vada a finire nella tipologia di quelli che a forza di replicarsi si adatta e “capisce” che la sua esistenza è favorita dall’essere meno letale generando quindi sintomatologie più blande (raffreddori).

  11. Luchino

    Per quanto riguarda gli incidenti stradali i dati sono invece certi:
    “I dati Aci dicono che in tutto nel 2018 le vittime sono state 3.334.”
    https://www.ilsole24ore.com/art/nove-morti-giorno-italia-incidenti-stradali-province-piu-pericolose-ACEzSS0
    A differenza che la CO2, che è un rischio fasullo, le auto sono un VERO RISCHIO!
    Il governo dovrebbe intervenire quindi, in via precauzionale, a bloccare tutti i mezzi motorizzati in circolazione, tenere le persone a casa e lavorare in telelavoro, fino a che non si inventeranno mezzi di trasporto che non comportino queste morti.
    E’ una vergogna che simile emergenza dei morti per strada non venga affrontata dal governo e da tutti gli altri paesi del mondo sviluppato! E i dati, a differenza del Coronavirus, sono reali; IL RISCHIO DI ANDARE IN MACCHINA O ATTRAVERSARE LA STRADA È REALE!!! STATE A CASA!!

    ANZI, NON STATE A CASA!!!
    “Nel 2008 i morti stimati per incidente domestico in Italia sono stati 5.783, per la metà si tratta di donne ultraottantenni. Gli ultraottantenni costituiscono, nel complesso, il 74% della mortalità per incidente domestico.”
    http://www.rssp.salute.gov.it/rssp/paginaParagrafoRssp.jsp?sezione=situazione&capitolo=mortalita&id=2678
    ” SALUTE. Incidenti domestici: ogni anno 4,5 milioni, di cui 8mila mortali. I pericoli più temuti sono le fughe di gas, gli incendi e le perdite d’acqua ma l’incidente più frequente è la caduta” – See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Incidenti-domestici-ogni-anno-45-milioni-di-cui-8mila-mortali-b5f1d71b-4f63-4603-b967-92aa0a7192ff.html
    E SONO DATI CERTI!! Non come il Coronavirus
    E’ un allarme globale!! e’ UN RISCHIO REALE! In via PRECAUZIONALE il governo dovrebbe prendere dei PROVVEDIMENTI URGENTI per impedire a tutta la popolazione di STARE A CASA!!!
    E non si capisce come mai, in tutto il mondo sviluppato, si siano costruite abitazioni in grado di far morire così tante persone. L’uomo è un criminale!
    Dovremmo tutti ritornare a vivere bei boschi…FUORI DALLE CASE!!

    • AleD

      Un altro che non ha capito niente, ed è GRAVE.
      Le drastiche misure prese servono per non far collassare il sistema sanitario, per essere chiari: se a causa delle complicanze serie e del numero di assistiti i posti disponibili nelle sale di terapia intensiva non sarà sufficiente significherà che i medici dovranno scegliere chi curare e chi no. Se uno deve andare in terapia intensiva vuol dire che se non ci va è quasi certo che morirà.
      Hai capito? E’ chiaro il concetto? Non farmi dire che per capirlo devi sperimentare la situazione per piacere.
      Dobbiamo distribuire in un lasso di tempo maggiore i casi gravi perché non si arrivi ad un picco non gestibile! Il paragone con gli incidenti stradali o con quelli domestici non c’entra NULLA!

    • Luchino

      AleD, cita dati è fonti riguardo a quanto affermi, altrimenti le tue sono frasi al vento. In assenza di DATI seri te lo dico io cosa sta succedendo. Molti che manifestano sintomi potrebbero essere curati anche a casa per una simile influenza un po’ più grave delle altre. Te lo dico io perché molti si precipitano in ospedale e lo intasano: PERCHÉ È IN ATTO UNA PSICOSI DI MASSA. Il personale sanitario è le prima vittima di questa psicosi di massa. I dati Italiani, scremati bene, non indicano tassi di mortalità più elevati di quelli di altri paesi. La metodologia tutta italiana di ricavare il tasso di mortalita dai tamponi è sconclusionata. Non so se sai chi sia Anthony S. Fauci, nel caso informati. “If one assumes that the number of asymptomatic or minimally symptomatic cases is several times as high as the number of reported cases, the case fatality rate may be considerably less than 1%. ” https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMe2002387?query=recirc_curatedRelated_article
      Oggi ho letto l’ennesima notizia ALLUCINANTE: “MORTO UN 92ENNE PER CORONAVIRS” MA BEATO LUI!!! Con la crisi economica che peggiorerà sempre di più, e la relativa mancanza di lavori pagati dignitosamente sarebbe per me già una vittoria arrivare sano e salvo a 60 anni!!

    • AleD

      Luchino, ma stai scherzando? Ora gli ospedali mettono in terapia intensiva per sbaglio? Perché uno va li ed insiste?
      SMETTILA DI SCRIVERE SCEMENZE! L’obiettivo è fare in modo che gli ospedali tengano botta nel gestire le ospedalizzazioni e in queste i casi che finiscono in terapia intensiva! La mortalità nella situazione attuale non ha praticamente peso che valore possa mai avere di preciso.

  12. Alessandro

    “Il fattore b3 non vale ovviamente nei confronti della nuova epidemia poiché non vi sono individui immuni”

    Sappiamo quanti sono i soggetti guariti?
    I soggetti guariti dovrebbero essere immuni?
    A Gennaio ho preso febbre,raffreddore e tosse come faccio a sapere se sono tra i guariti?

  13. Ecco alcuni dati nazionali a conferma dell’interessantissimo contributo di Luigi

    Immagine allegata

  14. rocco

    interessantissime queste sue precisazioni che sono un lume in questo buio confusionario nato anche dall’uso strumentale a fini politici i giornalistici dell’epidemia.
    La Regina Rossa corre sempre e rimane allo stesso posto, l’evoluzione è anche corsa agli armamenti biologici, ed è senza fine e senza scopo.
    Come accade in quest’ultimi periodi, ci dicono sempre di affidarci alla Scienza (come se fosse una divinità salvifica) ed agli Scienziati (i sacerdoti), ma come ben dice “al nostro attuale livello di ignoranza” previsioni e scenari appaiono azzardati.
    Ho letto questo lavoro previsionale “Phase-adjusted estimation of the number of Coronavirus Disease 2019 cases in Wuhan, China” https://www.nature.com/articles/s41421-020-0148-0 basato sul modello SIR, in cui si stima il valore di R (correggetemi se sbaglio); ebbene ci ho visto il modello AGW, con i suoi scenari e le sue previsioni, ma con una differenza: i parametri in gioco sono molto minori anche se alcuni dipendenti da fattori umani.
    Vengono ipotizzati 3 scenari, penso che il decisore politico per precauzione scelga quello peggiore e su quello agisce di conseguenza.
    Lo stesso sta accadendo per il modello AGW: i politici guardano ed agiscono in base allo scenario peggiore.
    Ma quanto siano affidabili questi scenari da modello rispetto al buon senso dei dogi Veneziani del 1383 i quali istituirono la quarantena ed i lazzaretti.
    La modellistica è si uno strumento, ma non sembra abusata?
    Ho trovato in rete questo documento “Venezia e la Peste – Lazzaretti e Immagini” https://www.academia.edu/8204075/Venezia_e_la_Peste_Lazzaretti_e_Immagini._Conferenza_per_il_comitato_di_Liegi_della_societ%C3%A0_Dante_Alighieri_2012 e sembra che la storia si ripeta ogni volta: all’inizio i medici e gli scienziati sono incerti tanto quanto i non esperti.
    La scienza ha bisogno di dati per fare previsioni, più dati più accuratezza e minore incertezza .
    Non bisognerebbe che la Scienza faccia un bagnetto di umiltà e dire che l’incertezza è l’unica certezza del suo metodo?
    Ora, come allora, o ci affidiamo nelle mani del Signore oppure come il De Medici “chi vuol esser lieto sia, del doman non vi è certezza”.
    Nel frattempo speriamo in vaccini e che la sanità non collassi per i mancati finanziamenti dirottati per un problema climatico, di proposito modellisticamente esagerato, con orizzonte 2100.
    Dalle mie parti, appennino meridionale, il clima è continentale dove l’estate dura da metà giugno a metà agosto, per il resto è inverno (sia benedetto il riscaldamento globale).
    Vi è un detto: “A’ost’ cap’ d’ viern'” (Agosto inizio dell’inverno)… non vorrei restare in casa per più di 40 giorni :), prego Guidi di fornirci meteo che auspicano caldo imminente.
    P.s. le prove meteoriche del Younger Dryas aumentano unico commento (off topic) a questo post http://www.climatemonitor.it/?p=52517

    Grazie e scusate la lungaggine

    • David

      ….abbasso il caldo ne abbiamo abbastanza in estate qui in pianura padana, speriamo che arrivi solo a giugno e sparisca appunto a d agosto(sarà dura)

Rispondi a rocco Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »