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Il livello del mare da scioglimento delle regioni polari

Il 30 agosto è uscito su Nature Climate Change l’articolo Ice-sheet losses track high-end sea-level rise projections Slater et al., 2020, in cui gli autori mostrano che i dati osservati, prodotti dal consorzio IMBIE (http://imbie.org. Nella loro homepage si legge: IMBIE is an international collaboration of polar scientists, providing improved estimates of the ice sheet contribution to sea level rise), seguono fedelmente -nei 10 anni di sovrapposizione- lo scenario peggiore dei modelli climatici AR5 (RCP 8.5), come si vede nella successiva figura 1 che riproduce la loro figura 1.

Fig.1: Riproduzione della figura 1 di Slater et al., 2020 con la sua didascalia.

E’ facile sottolineare che i “dati osservati” sono in realtà frutto di lunghe elaborazioni dei dati satellitari, basate su modelli (ad es. in Imbie, 2018: We then averaged the rates of ice-sheet mass balance using the same class of satellite observations to produce three technique dependent time series of mass change in each geographical region …), oppure, ibidem: The least certain result is in East Antarctica…, dove l’Antartide orientale è praticamente tutto il continente, le altre due parti essendo la piccola regione dell’Antartide occidentale e la Penisola antartica, di area quasi trascurabile; vedere questa mappa (sempre da Imbie, 2018). Anche osservare che 10 anni di sovrapposizione, di cui gli ultimi due sembrano allontanarsi dai modelli, sono una prova non molto efficace per dimostrare una cosa qualsiasi, è quasi banale. Poi, un articolo altrettanto recente (Golledge, 2020) scrive, nella prima frase del riassunto: Under future climate change scenarios it is virtually certain that global mean sea level will continue to rise. But the rate at which this occurs, and the height and time at which it might stabilize, are uncertain., lasciandoci immaginare che in realtà i problemi legati alla compatibilità tra modelli e osservazioni sono ancora aperti e che la scienza, su questi argomenti, è tutt’altro che “settled”. E questo anche se la sicurezza mostrata da Slater et al., 2020 appare adamantina.

Anche lo stesso consorzio IMBIE, nel confermare lo scioglimento dei ghiacci più evidente in Groenlandia, riporta il bilancio di massa nelle tre regioni antartiche, che riproduco nella figura 2 e che appare notevolmente costante negli ultimi (quasi) 40 anni.

Fig.2: Figura 3 del materiale supplementare di Imbie (2018). Vengono riportate le serie del bilancio di massa superficiale (SMB, Surface Mass Balance) per le tre regioni dell’Antartide (AP= Antarctica Peninsula; WAIS= West Antarctica Ice Sheet; EAIS= East Antarctica Ice Sheet) in miliardi di tonnellate di ghiaccio al mese (Gt mo-1).

Ma, come si dice, non voglio nascondermi dietro un dito: la perdita di ghiaccio c’è e il consozio IMBIE lo certifica, sia in miliardi di tonnellate che nel relativo aumento del livello marino (i dati sono simmetrici), come si vede nella figura successiva, una mia elaborazione dai dati di IMBIE-2012 (i dati disponibili, che riporto anche nel sito di supporto, sono distinguibili dagli anni 2012, 2018, 2020, questi ultimi riferiti alla sola Groenlandia).

Fig.3: Serie antartica e groenlandese del cambiamento mensile di massa (grafico superiore) e il relativo aumento del livello marino come contributo dell’una e dell’altra regione. Le barre verticali sono gli errori di misura riportate dal Consozio IMBIE. L’equivalente grafico per i dati più recenti, IMBIE-2018 e IMBIE-2020, è disponibile nel sito di supporto

Noto con qualche sorpresa, ma potrebbe essere una coincidenza, che le due curve cominciano a separarsi dal 2001-2002, gli anni in cui, secondo la mia visione del fenomeno, l’aumento della temperatura globale si è fermato (o ha rallentato, a seconda della serie di temperatura usata), calcolandolo al di fuori dall’influenza dei due forti El Nino 1997-98 e 2015-16, rispetto alla salita iniziata dal 1980.
Senza affidarmi troppo alla figura 1, ho preferito derivare il contributo al livello del mare di Antartide più Groenlandia direttamente dai dati IMBIE, con l’incertezza complessiva calcolata dalla semplice propagazione degli errori.

Fig.4: Contributo cumulativo di Groenlandia e Antartide alla salita del livello del mare. Il grafico corrisponde, senza i modelli, alla figura 1. Le barre di incertezza sono calcolate dalla propagazione degli errori forniti per le due serie. Dati di Imbie-2020 (Greenland) e Imbie-2018 (Antarctica). Anche qui si vede un rallentamento finale della pendenza, rispetto a quella del periodo 2010-2015.

Mi sarei aspettato che i dati più recenti avessero una maggiore precisione rispetto a quelli iniziali delle serie e quindi una barra di incertezza complessiva via via minore (25 anni non passano invano), ma osservo in figura 4 che le barre arancione si comportano come quelle dei modelli: man mano che ci si allontana dalla base osservativa su cui sono sintonizzati (vedere anche figura 1) diventano più ampie.

Per osservare le variazioni intrinseche del contributo al livello marino da un mese all’altro (Cumulative sea level contribution, mm) ho calcolato le differenze tra il cambiamento cumulativo del livello del mare nelle serie IMBIE, in mm, di un mese rispetto al mese precedente, delle tre regioni antartiche e di tutto il continente, in pratica la derivata prima numerica della serie fornita da IMBIE o la velocità con cui il livello cambia.

Fig.5: Differenze (nel senso di mese successivo – mese precedente) del contributo di due mesi successivi al bilancio di massa in Antartide. Le tre parti del continente sono separate e all’Antartide orientale è stato aggiunto (in rosso e diminuito di 0.04 mm, per mantenere la stessa scala nei tre grafici) l’intero continente. L’equivalente in massa di ghiaccio (Gt/mese) si trova nel sito di supporto. Dati da IMBIE-2018.

Osserviamo che nel periodo 1992-2018:

  1. (Il ghiaccio del)La Penisola antartica cambia a velocità costante, tranne un periodo di 7-8 anni (2007-2014) in cui la velocità di cambiamento è aumentata leggermente sempre restando costante.
  2. L’Antartide occidentale mostra una velocità costante fino al 2005; poi un aumento di velocità (accelerazione) fino al 2009, seguito da una costanza (in media) fino al 2014 e un successivo accenno di diminuzione.
  3. L’Antartide orientale e il continente intero, pur con le rispettive differenze, anche importanti, si presentano complessivamente come l’Antartide occidentale.
  4. L’insieme delle parti importanti del continente (cioè escludendo la piccola Penisola antartica che in ogni caso “corre” a velocità costante) mostra un contributo costante al livello del mare, una successiva accelerazione e una decelerazione che prosegue fino alla fine della serie (nel 2018).

Tutti i dati che abbiamo a disposizione, visualizzati nelle figure 1, 4 e 5, confermano una momentanea accelerazione del livello marino (grosso modo dal 2005 al 2014) e una sua diminuzione, almeno fino al 2018. A mio parere questo significa normale presenza di fluttuazioni naturali, certo legate all’aumento della temperatura complessiva e all’amplificazione artica, ma nulla che lasci immaginare un’evoluzione parossistica (catastrofica) della situazione.
Le osservazioni mostrano che il livello medio marino sta salendo e che sta accelerando dal tempo delle osservazione altimetriche satellitari (Golledge, 2020), in particolare dal 2011. A me questa accelerazione sembra più un paio di episodi di durata biennale, seguiti da una brusca decelerazione, tipo quella avvenuta dopo il 2016.
Anche il lavoro di Levitus et al., 2012, fornisce, secondo me, una crescita lineare del contenuto di calore dell’oceano globale (OHC) negli ultimi 52 anni, come mostra questa figura, derivata componendo i grafici relativi all’oceano globale delle sue figure S1 e S2, in cui il fit lineare è in grado di spiegare più del 90% della varianza dell’OHC, sia tra 0 e 700 m che tra 0 e 2000 m di profondità.

Conclusioni
Il ghiaccio in Antartide e in Groenlandia si sta sciogliendo, ma non è chiara (per me) quale sia l’incertezza insita nelle misure e quale il ruolo e l’importanza dei modelli (quelli che permettono il passaggio dai dati “grezzi” ai dati climatici: qui non c’è quasi nulla che sia “misurato” nel senso classico del termine) e quindi quali possano essere i numeri che definiscono il reale aumento del livello marino e la veridicità delle affermazioni connesse ai cd migranti climatici o all’allagamento delle zone costiere (con le relative, molte, grandi città). E, come conseguenza, quali possano essere i tempi necessari per il verificarsi di questi eventi, che sembrano sempre dover avvenire “domani”, da quasi 50 anni. Sempre ammesso che le catastrofi annunciate siano ineluttabili.
Golledge, 2020 cita aumenti del livello marino fino a poco meno di 60 m, dovuti allo scioglimento totale dei ghiacci groenlandesi e antartici ma anche lui, che a mio parere ha affrontato l’argomento con molta serietà, dimentica di sottolineare (solo un vago accenno) i tempi necessari per questo fantomatico scioglimento totale e il fatto che le popolazioni umane (questa sembra essere la preoccupazione principale) avrebbero in un caso simile ben altri problemi che impoverirsi, usando l’elettrico invece del petrolio per muoversi, o mangiare “biologico” invece di usare i concimi chimici che la scienza mette a disposizione (scienza con cui i “salvatori” del pianeta si riempiono la bocca quando fa loro comodo).

Bibliografia

  • IMBIE Team: Mass balance of the Antarctic Ice Sheet from 1992 to 2017, Nature, 558, 219-235, 2018. https://doi.org/10.1038/s41586-018-0179-y
  • Golledge N.R.: Long‐term projections of sea‐level rise from ice sheets., WIREs Climate Change, e6:34, 2020. https://doi.org/10.1002/wcc.634
  • S. Levitus, J. I. Antonov, T. P. Boyer, O. K. Baranova, H. E. Garcia, R. A. Locarnini, A. V. Mishonov, J. R. Reagan, D. Seidov, E. S. Yarosh and M. M. Zweng: World ocean heat content and thermosteric sea level change (0–2000 m), 1955–2010 , Geophys. Res. Letters, 39, L10603, 2012.
    https://doi.org/10.1029/2012GL051106
  • Slater, T., Hogg, A. E. & Mottram, R. Ice-sheet losses track high-end sea-level rise projections, Nat. Clim. Chang., 2020. https://doi.org/10.1038/s41558-020-0893-y
    Tutti i dati e i grafici sono disponibi nel sito di supporto

 

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Published inAttualitàClimatologia

7 Comments

  1. robertok06

    Bellissimo articolo, lo leggo solo ora.

    Sulla favola dei mari che salgono e “presto” costringeranno millemila milioni di umani a scappare dalle loro case ho smesso di preoccuparmi.
    Agli storditi che si divertono a far paura alla gente con queste, scusate il termine… stronzate, non faccio altro che postare il link dalla pagina tides&currents del NOAA, dove ci sono i dati dei mareometri.
    Non ce n’e’ uno che, a parte fenomeni di subsidenza, non sia in costante e continuo movimento verso l’alto o il basso, senza alcuna accelerazione di sorta, contrariamente al mantra salvapianeta che mostra sempre curve concave, come si vede anche da questo articolo.

    Sono convinto che fare ricerca scientifica sia stata, e’, e sara’ sempre una cosa buona per la specie umana… ma quando leggo certi “studi” di climatologia un momento di sconforto devo confessare che mi viene.
    Quello piu’ pulito c’ha la rogna, quello e’ certo.

    Saluti a todos.

    • Grazie per il complimento.
      Per il resto sono d’accordo. Ho appena guardato il grafico delle prime 30 stazioni di sealev.info (NOAA’s 2016 list of 375 long term trend tide stations), e ne ho ricavato la netta impressione che il livello marino sia
      in netta diminuzione: ovviamente sono tutte stazioni del nord Europa (dall’Islanda, alle Faroe, alla Norvegia e Svezia) e quindi questo sottoinsieme è falsato dall’area geografica dove effettivamente il livello marino potrebbe essere (è) in diminuzione, ma l’impressione rimane anche se si vedono molte situazioni diverse (da salti improvvisi, a dispersioni molto alte o molto basse, a lunghe interruzioni precedute da gruppi di dati che sembrano non avere nulla a che fare con i successivi, ecc).
      Più di una volta, lavori scientifici (ad esempio http://www.sealevel.info/papers
      hanno mostrato una grande varietà di andamenti del livello marino, incompatibili con una crescita (accelerata) dovuta ad un unico fattore che agisce su tutto il pianeta in modo uniforme nel tempo e nello spazio e, come ho scritto, alcuni brevi periodi di accelerazione nei valori globali sono mescolati con, e
      bilanciati da, periodi di decelerazione, in modo da dare la immaginabile crescita della temperatura in uscita dalla LIA. I modelli sono elementi insostituibili ma devono ricostruire i dati, non adattarsi ad essi per brevi
      tratti, sulla base di un tuning supposto e non sempre compreso. Franco

  2. Come si può vedere dalla data dei grafici, questo post è stato preparato all’inizio di settembre. Il 6 novembre è uscito un post su WUWT che risponde alla mia domanda sui tempi per lo scioglimento di tutti i ghiacci: circa 65500 anni all’attuale tasso di salita e 21830 anni ad un tasso che tenga conto anche dell’espansione termica.
    Direi che i due numeri parlano di più e meglio, molto meglio, del profluvio di proclami catastrofisti che continuano ad ammorbare (loro sì!) l’aria che respiriamo. Franco

    • robertok06

      Beh, 65 mila anni mi pare un po’ troppo… almeno a giudicare dal tempo che ci mise il Laurentide a fondere, poche migliaia di anni… circa 6 mila.

    • Possiamo senz’altro essere d’accordo, anche se l’autore su WUWT ha messo nel piatto i suoi argomenti e nessuno gli ha dato addosso nei commenti.
      Forse possiamo convergere sul fatto che questa “tragedia” non si realizzerà entro i prossimi 100 anni, alla fine del mondo (cioè dei modelli) e neanche tra 1000 anni, quando il pianeta sarà finito (chissà cosa significa?), visto che ad oggi abbiamo circa 12 anni per salvarlo \sarc. Franco

  3. donato b.

    Caro Franco,
    ho letto solo oggi il tuo articolo, per cui solo ora posso renderti partecipe delle mie perplessità (non sul tuo articolo, ovviamente, ma su Slater et al., 2020).
    .
    Partiamo dall’inizio. Slater et al., 2020 (che non ho letto, in quanto a pagamento) mi sembra che per prevedere l’evoluzione del livello del mare nei decenni a venire, seguano la strada dei modelli semi-empirici, ovvero di quei modelli che legano il livello del mare all’evoluzione delle temperature globali. Non si spiegherebbe diversamente la figura 1 del loro articolo che fa riferimento ai soliti scenari di emissioni globali.
    Su questa base essi prevedono che il contributo delle calotte groenlandese ed antartica all’innalzamento del livello del mare, sarà di 70 mm al 2040 e di 400 mm al 2100. Ciò si evince dal fatto che essi sostengono la perfetta aderenza (riconciliazione) delle osservazioni alle previsioni secondo lo scenario di emissione RCP 8.5.
    .
    Già su questa riconciliazione ho qualche dubbio. La figura 1, seppur in formato piuttosto ridotto, evidenzia un progressivo distacco tra la curva “misurata” e quella prevista.
    Premesso ciò, dato e non concesso, che tra il 2007 ed il 2017 previsioni ed osservazioni coincidano, mi chiedo come diavolo si fa ad estrapolare da dieci anni di supposta coincidenza tra dati e proiezioni, una previsione di circa 80 anni (di questo stiamo parlando, in ultima analisi).
    .
    Siamo sempre alle solite: si fanno coincidere dieci anni di dati e da qui si derivano cose terrificanti che travalicano la nostra immaginazione. E con questo credo che Slater et al., 2020 possa essere definitivamente archiviato tra le previsioni catastrofiche che sarà molto improbabile che si verifichino.
    .
    Diverso il discorso dei dati IMBIE. D’accordo con te che, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un output modellistico generato a partire da dati satellitari, ma almeno stiamo discutendo di dati.
    Noto ancora una volta il sorprendente livello di incertezza che caratterizza il valore del livello del mare negli ultimi anni. Detto in atri termini, a seguito del contributo di massa derivante dallo scioglimento delle calotte antartica e groenlandese, il livello del mare nel 2018 è aumentato di 18 +/- 10 mm. Diciamo che l’incertezza della misura è dello stesso ordine di grandezza della misura. E’ come se io dicessi che la lunghezza di una stanza è di 4 +/- 2 metri. Mi prenderebbero a pesci in faccia, ma, per il livello del mare e non solo, il dato ha rilevanza scientifica. Mah!
    Non ti nascondo che di fronte a simili dati non cresce solo il livello del mare, ma anche il livello del mio sconcerto! 🙂
    Ciao, Donato.

    • Caro Donato, cosa vuoi che ti dica … basta guardare la figura 1 di Slater e soci (è anche nel sito di supporto e si può ingrandire) per più di un decimo di secondo per capire che questi signori o barano almeno un paio di volte o hanno un paio di cose da capire ancora (il che non credo). Mi rendo conto che il loro scopo era quello di mettere in evidenza la migliore aderenza dei dati all’RCP8.5 rispetto agli altri scenari e che quindi questa sarebbe una discussione tutta interna al mondo modellistico, ma, come scrivi anche tu, non si può fare il giochino di prendere 10 anni, di cui solo 8 coincidono, avendo fatto scorrere su è giù i modelli per adattarli ai dati, e fare la Sibilla Cumana su 80 anni. Se provassi anche tu a fare come loro, mi piacerebbe sapere quanta fiducia avresti delle tue previsioni sulla (tua) vita futura …
      E poi i tempi: ammesso e tutt’altro che concesso che tutto si sciolga, saranno necessarie decine di migliaia di anni durante le quali, con questo andazzo di eco-compatibilità e bio-qualcosa, l’uomo sarà ridotto a simil-cavernicolo e non potrà più resistere neanche ad uno spiffero d’aria, per cui scomparirà senza lasciare traccia (come vedi anche io sono capace di fare previsioni! Che non potranno essere discusse perché la mia scienza è settled! E garantisco io che lo sia).
      Speriamo in qualcosa di meglio per il futuro.Ciao. Franco

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