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The Imaginary Climate Crisis – How Can We Change The Message?

Brevi note a margine della conferenza del professor Richard Lindzen del 31 marzo 2021, organizzata dall’Irish Climate Science Forum (ICSF-www.ICSF.ie) e da Climate Intelligence (www.CLINTEL.org).

Premessa

Preciso che ho seguito da remoto la conferenza che Richard Lindzen, professore emerito di Fisica dell’atmosfera al MIT, ha tenuto il 31 marzo 2021. Per motivi di tempo non ho invece potuto seguire il successivo dibattito. La conferenza, tenuta in zoom e seguita soprattutto da persone di una certa età, è stata a più riprese disturbata da malefici trolls che si sono intromessi con musica ad alto volume e disegni osceni.

Qui si trova una sintetica biografia del professor Lindzen e uno stringatissimo sommario dei contenuti della conferenza.

Di seguito provo a fare un sommario resoconto dei temi più rilevanti emersi, utilizzando i miei appunti e attingendo ai contenuti delle slides che il professor Lindzen ha presentato. A ciò ho aggiunto alcuni miei commenti.

I temi più rilevanti trattati

La conferenza, che è durata circa 30’, è partita dalla constatazione di una sconfitta nel trasferire all’opinione pubblica una visione realistica circa il clima, la sua evoluzione e i suoi rapporti con i viventi. Ciò è illustrato dalla prima slide di cui riporto qui di seguito la traduzione in italiano.

Per circa 33 anni, molti di noi hanno combattuto contro l’“isteria climatica”. Ciò è stato fatto evidenziando le debolezze di un “approccio isterico” al clima in termini di sensibilità climatica esagerata, scarsa considerazione di altri processi e della variabilità naturale interna al sistema, incoerenze rispetto ai dati rilevabili da analisi paleoclimatiche e assenza di prove di trend positivi in uragani, tornado e vari altri eventi estremi. Abbiamo anche sottolineato i benefici degli aumentati livelli di CO2 e di un riscaldamento contenuto.

Tuttavia per quanto attiene alle politiche governative, possiamo dire di essere stati inefficaci: nello specifico i nostri sforzi non hanno fatto altro che mostrare (erroneamente) che prendiamo sul serio lo scenario di minaccia. In questo seminario mi propongo pertanto di tentare un’analisi di questo fallimento.

A titolo di esempio di quanto di esagerato vi sia nell’approccio odierno all’AGW, Richard Lindzen ha presentato un diagramma (figura 1) che illustra le capacità di adattamento dell’uomo a escursioni termiche correntemente osservate nel corso dell’anno in alcuni ambiti urbani statunitensi e confrontate con l’aumento delle temperature globali registrato negli ultimi 120 anni (+1,2°C – figura 2 e figura 1 a sinistra). Al riguardo segnalo ai lettori che le figure sono tratte da Lindzen e Christy (2020).

Figura 1 – Variazioni di temperatura con cui la popolazione di alcune grandi città degli USA si confronta costantemente e loro raffronto con l’AGW degli ultimi 120 anni (+1.2°C).
Figura 2 – Andamento delle temperature globali negli ultimi 120 anni (media mobile a 11 anni).

Lindzen ha poi affrontato il tema della strumentalizzazione della scienza da parte delle elites evidenziando i seguenti aspetti:

  1. Le élite sono sempre alla ricerca di modi per pubblicizzare le proprie virtù ed affermare l’autorità di cui credono di essere titolati
  2. Le élite considerano la scienza come fonte di autorità piuttosto che come un processo, e cercano di appropriarsi della scienza, adeguatamente e erroneamente semplificata, come base per i movimenti da loro promossi.
  3. I movimenti hanno bisogno di obiettivi, e questi obiettivi sono generalmente incorporati nella legislazione
  4. L’effetto della legislazione sopravvive a lungo sopravvivendo anche alla smentita delle ipotesi scientifiche su cui si basavano.
  5. Finché gli scienziati sono ricompensati per averlo fatto, è improbabile che si oppongano allo sfruttamento della scienza per altri fini.

Come esempio di tale schema, Lindzen ha citato il caso di Herbert Spencer Jennings, professore di genetica presso la Johns Hopkins University e figura di spicco della genetica americana fra le due guerre: nel suo libro del 1930, “The Biological Basis of Human Nature” Jennings, che in privato si  opponeva allo sfruttamento politico della genetica, affermava che: “E’ passato il tempo in cui il biologo veniva raffigurato al pubblico come una creatura bizzarra con tasche rigonfie di serpenti e tritoni. Oggi, infatti, ci si è accorti che il mondo dev’essere gestito su basi scientifiche e pertanto la vita e la società devono essere basate su solide massime biologiche! È così che la biologia è diventata popolare!“.

Si noti qui che le “solide massime biologiche” cui si riferiva Jennings erano quelle dell’eugenetica anglosassone, nata in ambito progressista (Borgognone, 2020) e che giunse ad offrire strumenti operativi allo stesso nazismo (Glass e Stern, 1986; Barkan, 1991). Fu infatti l’eugenetica anglosassone a proporre pratiche come la sterilizzazione forzata di persone a torto o a ragione ritenute affette da tare o da basso QI e il divieto di unioni interrazziali per timore di “indebolimento della razza anglosassone”.

In tale ambito si mosse anche Jennings, citato da Lindzen che lo accredita di una sorta di doppia morale frutto della volontà di convivere in modo armonico con i seguaci più radicali dell’eugenetica che erano attivi nelle società scientifica americane e inglesi.

Volendo portarci a qualcosa di più prossimo alla nostra esperienza quotidiana, proviamo a riflettere sul fatto che l’Europa, patria della democrazie e dei diritti, è da decenni impegnata a perdere sovranità in campo alimentare e energetico. Tale perdita di sovranità viene ottenuta puntando sulle energie rinnovabili (l’aleatorietà della disponibilità di fotovoltaico ed eolico unita al rifiuto di investimenti nel nucleare e nell’idroelettrico ci espone alla dipendenza dalla Russia per il gas o dalla Cina per i pannelli solari)  e sul biologico in agricoltura (indirizzare l’agricoltura europea verso una tecnologia che con riferimento alla grandi coltura produce dal 20 al 70% in meno ci renderà sempre più dipendenti dai mercati internazionali, con effetti indesiderati dai più, come l’aumento della deforestazione in Amazzonia). In sostanza il progressismo che anima i movimenti che in Europa propugnano le rinnovabili e il biologico si traduce in un costante trasferimento di risorse economiche e di sovranità verso regimi rispetto ai quali l’Europa stessa si dichiara a parole contraria.

Altra questione chiave è secondo Lindzen quella del rapporto tuttora non risolto fra cultura scientifica e umanistica:

Molte volte ho presenziato a raduni di persone che secondo gli standard culturali correnti sono ritenute altamente istruite e che esprimono con notevole entusiasmo la loro incredulità rispetto a quello che loro chiamano l’analfabetismo degli scienziati. Una o due volte, dopo essere stato provocato, ho chiesto la lista di quanti di loro sapessero enunciare il secondo principio della termodinamica, ottenendo risposte fredde e negative. Eppure ho chiesto loro qualcosa di equivalente al fatto dell’avere o meno letto un’opera di Shakespeare. Ora credo che non avrei ottenuto una risposta diversa se avessi fatto una domanda ancora più semplice, come cosa si intende per massa, o accelerazione, che è l’equivalente scientifico del saper leggere e scrivere.  In sostanza rispetto al grande edificio della fisica moderna la maggior parte delle persone più intelligenti nel mondo occidentale ha all’incirca lo stesso livello di conoscenza dei nostri antenati neolitici.

Anche questo mi pare un tema rilevante in quanto una visione troppo superficiale porta ad affermazioni del tipo “tanta CO2 tanta temperatura” di cui troppi si riempiono oggi la bocca senza tener conto della complessità insita nel sistema climatico che è data ad esempio dalla circolazione atmosferica alle diverse scale (da scale millimetriche a migliaia di chilometri) con i relativi trasferimenti di materia ed energia. Trascurare la circolazione atmosferica, come moltissimi oggi fanno impunemente parlando di clima, è infatti come ragionare di fisiologia umana senza considerare la circolazione sanguigna e rifugiandosi nella vecchia teoria degli umori.

Le conclusioni

Lindzen ha concluso in questo modo:

Il nostro compito è mostrare alla gente la stupidità di fondo del problema posto (la crisi climatica) anziché perdersi nell’approfondire i dettagli. Infatti, concentrandosi sul dettagli otteniamo solo il risultato di mostrare quanto siamo bravi nei nostri ambiti specialistici. Il mio uso del termine “semplicemente” è probabilmente ingiustificato nel senso che è ovvio che i dettagli sono scientificamente importanti. Tuttavia, con ciò non consideriamo le caratteristiche del nostro pubblico di riferimento o l’assurdità insita nel problema della catastrofe climatica così come viene oggi posto. È probabile allora che si debba puntare sull’insicurezza delle elite istruite, mostrando loro quanto siano sciocchi anziché superiori o virtuosi. In tale approccio non dobbiamo mai scordare quanto la collettività sia impermeabile alla scienza reale a meno che non venga ricondotta al suo livello. Nell’operare tale riduzione è tuttavia essenziale che si mantenga la veridicità di quanto detto. Come sia possibile ottenere tutto ciò senza perdere in efficacia è una domanda aperta.

Prego i lettori di notare che Lindzen ha volutamente evitato di tenere una conferenza di climatologia, invitandoci invece a prendere atto di tre elementi:

  1. Il fallimento della strategia fin qui seguita e basata su un confronto sul piano scientifico.
  2. Le sistematiche invasioni di campo di politica ed economia che hanno strumentalizzato la scienza, la quale si è fatta strumentalizzare alla grande, perché vuole essere al centro dell’attenzione ed avere ritorni economici e di immagine.
  3. Gli steccati esistenti fra cultura scientifica e umanistica, molto duri da abbattere (sono gli umanisti che rifiutano la cultura quantitativa e coniano slogan e luoghi comuni di grande presa …).

Alla luce di tali elementi, Lindzen ci propone di impostare il dibattito su basi diverse (pochi argomenti chiari, realistici ed efficaci).

A questa proposta cosa rispondiamo? Qui sta l’elemento di riflessione a cui secondo me non dovremmo sfuggire.

In estrema sintesi la ricetta finale di Lindzen consiste nel trovare una narrazione realistica e calibrata sul livello culturale oggi espresso dalla collettività. Ovviamente ciò implica la necessità che qualcuno ti dia la parola su questi temi il che, almeno in Italia, è oggi altamente improbabile.

Ringraziamenti

Ringrazio Gianluca Alimonti e Ernesto Pedrocchi per avere letto in anteprima il testo segnalandomi i refusi in esso presenti.

Bibliografia

Barkan E., 1991. Reevaluating Progressive Eugenics: Herbert Spencer Jennings and the 1924 Immigration Legislation, Journal of the History of Biology, Vol. 24, No. 1 (Spring, 1991), pp. 91-112

Borgognone 2020 Non solo a destra e non solo in Germania – eugenetica tra razzismo e biopolitica, https://it.pearson.com/aree-disciplinari/storia/cultura-storica/novecento-mondo-attuale/eugenetica-razzismo-biopolitica.html

Glass B. Stern C., 1986. Geneticists Embattled: Their Stand against Rampant Eugenics and Racism in America during the 1920s and 1930s Proceedings of the American Philosophical Society, Mar., 1986, Vol. 130, No. 1, (Mar., 1986), pp. 130-154

Lindzen R. and Christy J., 2020. The Global Mean Temperature Anomaly Record. How it works and why it is misleading, The CO2 coalition, 18 pp. (http://co2coalition.org/wp-content/uploads/2020/12/Global-Mean-Temperature-Anomaly-Record-12.20.pdf)

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Published inAttualità

8 Comments

  1. Luigi Mariani

    Rispondo a Donato osservando che le mie attività di ricerca mi portano spesso a “interpellare” i grandi personaggi del passato, politici e scienziati, e debbo dire che vi trovo sempre esempi interessantissimi che, mutatis mutandis, sono facilmente trasferibili al presente.
    Ad esempio in un convegno che introdurrò mercoledì e che è dedicato alla coltura del grano duro nel Nord Italia mi limiterò a un “ipse dixit”, citando una riflessione di Luigi Einaudi pubblicata sul corriere della sera nei primi anni del XX secolo. In essa l’economista liberale rifletteva sul fatto che le rese del frumento restassero tanto basse in Italia (eravamo reduci dalla riforma delle statistiche agrarie voluta dal grande economista Ghino Valenti che ci permetteva di avere dati di buona qualità) ed arrivava a dire che occorreva aver il coraggio di abbandonare le aree marginali di montagna e di concentrare la coltura nelle aree più vocate di pianura e fondovalle, cosa che si è fatta solo dopo la seconda guerra mondiale (finita l’ubriacatura fascista della battaglia del grano) con risultati davvero sorprendenti.
    L’aneddoto su Einaudi ci mosrta politici con visioni strategiche e media attenti a divulgarle. Si pensi che oggi le riflessioni strategiche del Corriere per l’agricoltura si centrano sulla perorazione dell’espansone dell’agricoltura biodinamica, quella che nutre le piante con le energie comiche (comiche, pardon..).

  2. Carla Zanardi

    La Scienza per farsi finanziare diremo che si è prostituita, dice tutto e il contrario di tutto è asservita! Siamo di fronte al dissolvimento della Scienza intesa come tale. Cambiando argomento è quello che sta accadendo con i vaccini, non servono, ma servono a fare soldi. Intanto facciamo da cavie, l’ultima quella del prof. Rasi ex EMA possiamo inocularci prima un vaccino con vettore e poi anche quello con l’mRNA non ci sono problemi! Ormai chiunque può fare lo scienziato nessun problema, studiare e avere un atteggiamento critico? Tutte cose del passato, l’utilizzo dei mezzi digitali poi fa tutto il resto intorpidisce i cervelli ormai si bevono di tutto e scendono in piazza per tornare alle caverne a un vita primordiale secondo loro così salveranno il pianeta dal cambiamento climatico, non accorgendosi che così daranno una mano al cambiamento con la deforestazione ecc. ecc.

  3. Luigi Mariani

    Temo che buona parte della classe politica sia oggi lontana anni luce dall’approccio galileiano ai problemi: l’unico suo scopo è la conservazione del potere e anche la scienza viene piegata a tale scopo utilizzando l’arma dei finanziamenti per orientarla. E guardate che nel passato esempi virtuosi a cui ispirarsi non mancano. Al riguardo sono oggi relatore a un convegno dedicato all’Ingegner Angelo Omodeo, grande figura di idrologo e costruttore di dighe della prima metà del XX secolo.
    In sede di preparazione del mio intervento mi sono imbattuto nel discorso parlamentare di Filippo Turati del 26 giugno 1920, che citerò e di cui riporto qui di seguito un ampio stralcio, che vi invito a leggere perche mostra l’assenza di demagogia e lo “stare ai dati” cui dovrebbe a mio avviso ispirarsi chi fa oggi politica. Peraltro non si tratta di un “fuori tema” in quanto Turati parla di clima.

    “Occorre un programma della nazione, non un programma semplicemente di governo […]. Cum grano salis si può dire che tutto si concentri nel problema idraulico. L’utilizzazione delle forze idrauliche e la trasmissione della energia a distanza sono due scoperte fatte essenzialmente per l’Italia: non per nulla abbiamo avuto Galvani, Volta, Righi, Pacinotti, Galileo Ferraris. Ad esse si connettono le sistemazioni montane, onde la sicurezza delle alte pendici; il disciplinamento dei corsi d’acqua, onde la difesa contro le piene; le bonifiche, e quindi la messa in valore di infiniti nuovi terreni; la soppressione della malaria, e di qui una maggiore efficienza dei lavoratori, l’estensione delle piane abitabili, e cioè Ia soluzione necessaria, sto per dire automatica, di una infinità di altri problemi, viabilità, ferrovie, scuole, ospedali, ecc., che ne sono il naturale corollario.
    L’irrigazione, e quindi l’aumento della produzione terriera e l’agricoltura industrializzata; la navigazione interna, onde facilitazione dei trasporti, l’emancipazione dal carbone di Cardiff; la regolazione dei defussi a mezzo di serbatoi, onde la benefica creazione di nuovi corsi d’acqua, a deflusso continuo, con tutte le utilità conseguenti; la trazione elettrica, onde una soluzione tutta italiana del problema ferroviario e di nuovo la emancipazione dal carbone estero; la diffusione dell’energia elettrica, da cui la fondazione di nuove industrie, specialmente di quella elettrochimica […] con la produzione intensiva di concimi, da cui il fiorire possibile di tutta la nostra industria agraria […].
    Ma questo miracolo non si compie con la sola bonifica, coi soli serbatoi, con la sola elettrificazione ma con tutte queste case unite e contemporanee, rimuovendo gli ostacoli artificiali, storici, tradizionali e sopratutto politici, che impediscono di farlo a iniziative separate. Il fiume straripa e poi dissecca. Anzi quaggiù [nell’Italia meridionale] non vi sono fiumi. Mancano le Alpi e i ghiacciai; non vi sono che torrenti. Il torrente, questo vero anarchico, in inverno si gonfia, devasta e fugge, lasciando acquitrini avvelenati
    che fugano le popolazioni. Nel Nord, tutti lo sanno, abbiamo il fenomeno inverso; la siccità é specialmente invernale, quando il ghiacciaio non disgela. Le piogge sono irregolarissime.
    Desumo questi dati da un opuscolo: I nuovi orizzonti dell’idraulica italiana,
    dell’ingegnere Angelo Omodeo di Milano, un tecnico di fama e di valore mondiale (non temete, non é un professore!) e insieme un cuore vibrante di idealista, di vero socialista, sebbene non tesserato. In queste poche pagine
    c’é infinitamente più socialismo che in tutti i nostri Congressi di partito.”

    • donato b.

      Caro Luigi,
      Filippo Turati era uno statista e da questo breve brano si vede e si sente! Aveva una visione dei futuro della Nazione che i politici attuali non riescono neanche a sfiorare. L’argomentare di Turati è pragmatico e lungimirante. Egli in poche righe delinea lo sviluppo della Nazione, l’affrancamento dalla dipendenza dalle fonti energetiche straniere, lo sviluppo economico e quello sociale. Turati non ha una visione distorta dello sviluppo: non guarda agli interessi di pochi imprenditori o gruppi di potere, ma al benessere delle masse: meno malattie, meno alluvioni, meno morti e feriti, insomma e più occasioni di lavoro, maggiori possibilità di crescita economica per tutti.
      .
      Sono anni che cerco tutto ciò nelle parole dei vari politici odierni (nostrani e non), di destra, di centro e di sinistra, populisti e non, ma invano: solo sogni irrealizzabili, vuoti slogan destinati ad affabulare le masse, ma privi di concretezza.
      La Storia ci insegna che Turati ebbe i suoi problemi: criticato da destra e da sinistra in vita, solo dopo la morte gli fu riconosciuto il merito di aver visto molto più in là di tanti suoi contemporanei.
      Oggi, a distanza di oltre un secolo, lo troviamo nei libri di storia e si continua a studiare il suo pensiero. Non credo che simile sorte toccherà ai nostri contemporanei sedicenti “statisti” (sic!)
      Anche questo è un segno della decadenza dei nostri tempi..
      Ciao, Donato.

  4. rocco

    casca a fagiuolo questo paper ( https://www.inderscience.com/info/inarticle.php?artid=112896 ) rilanciato da Eurekalert ( https://www.eurekalert.org/pub_releases/2021-02/coec-tro022421.php ).
    come già sappiamo, la comunicazione catastrofista non ha come scopo la lotta al cambiamento climatico, ma scopi politici ed economici (che sono, poi, le due facce della stessa medaglia).
    Ma se da parte politica è comprensibile che si utilizzi la paura per ottenere consenso, ciò è inaccettabile per la scienza.
    Mi chiedo sempre con che faccia (di bronzo) autorevoli scienziati continuano a predire eventi da qui a 80 anni e non essere in grado di prevedere eventi per domani.
    Vorrà certo dire che detti autorevoli scienziati stanno solo facendo propaganda politica o magari personali interessi economici.

  5. A. de Orleans-B.

    Il tema di questo post è centrale per questo sito…

    Parto da un dettaglio: non siamo abbastanza bravi a “vestire” le tesi del post, pur disponendo di ottimi argomenti; basti pensare alla prima figura del post, la “variabilità delle temperature vissute dagli abitanti di alcune grandi città statunitensi”… per poi vedere nella figura successiva il grafico del riscaldamento medio effettivo — lascio immaginare il ben differente impatto se il grafico verde della seconda figura fosse stato riportato sulla prima figura assieme agli altri dati !

    Passando alla sostanza, terrei presente quanto segue:

    1. Un messaggio fondamentale riguarda il danno causato al sistema generale della ricerca-innovazione, dovuto alla contaminazione politica della ricerca climatica.

    Chi innova, rischiando capitali basati sul risultato di una ricerca, non può avere dubbi sulla integrità dei ricercatori.

    Il sistema della ricerca climatica, in alcuni casi, ha goduto di finanziamenti elevati ma tacitamente collegati al conseguimento dei “risultati giusti”: per estensione, questo crea un dubbio reputazionale diffuso sul sistema della ricerca pubblica in generale.

    2. Credo anche necessario anticipare gli eventi: non è impensabile, in linea con le censure sempre più allegramente imposte dai social media, che diventi illegale citare numeri o misure non provenienti da laboratori certificati, i quali a loro volta non li divulgheranno più ai “richiedenti non accreditati”, impedendo così un contradittorio per mancanza di dati legalmente utilizzabili.

    3. Infine – è una mia opinione personale – “non bisogna buttare via il bebè con l’acqua sporca”, nel senso che la ricerca climatica è molto importante e necessaria, proprio perché si occupa di un sistema vitale e complesso che può racchiudere più di una sorpresa non-lineare.

    Se sufficientemente condivisa, questa posizione aiuterebbe a tranquilizzare il settore della ricerca climatica, che potrebbe temere di trovarsi massicciamente a spasso se l’interesse politico scemasse repentinamente – e di conseguenza mantiene un “bias catastrofista” per comprensibili motivi di continuità.

  6. UbertoCrescenti

    Ringrazio Luigi Mariani per la sintesi che ci ha fatto della conferenza di Richard Linzen. Non possiamo non convenire con Lindzen sul fatto c he la nostra scienza sul clima è praticamente fallita, in quanto sovrastata dalla politica e dagli interessi della grande finanza. Le decisioni, in fatto di clima, non sono prese su basi scientifiche ma politiche. Del resto abbiamo esperienza di quanto sia impossibile dialogare con i nostri governanti per portare contributi scientifici sul tema clima. In riguardo ricordo, ad esempio, che in varie occasioni ho tentato a nome di altri colleghi autori della Petizione sul clima di essere ricevuti dai Presidenti di turno del Consiglio Nazionale e dal Presidente della Repubblica per illustrare le nostre opinioni in fatto di clima, senza ricevere risposta alcuna.

  7. ale69

    Ho appena finito di leggere questo post per la quarta colta consecutiva. R. Lindzen ha centrato in pieno.. Una vera sintesi da post-illuminista! Non è facile. È umanesimo allo stato puro, coerente, sobrio da ogni pregiudizio. Che dire. Grazie Luigi per aver condiviso. Toccante. In sintesi; a che serve laurearsi quando la ricerca la si tramuta in un credo! Allucinante. Ale.

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