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Polar Oddity

Nell’imbarazzato silenzio generale di questi ultimi sei mesi in cui l’Artico ha fatto segnare estensioni di ghiaccio superiori alla media degli ultimi 15 anni (ne parleremo), anche l’Antartide ha voluto dire la sua, segnando una impressionante serie di record di freddo che hanno fatto sì che l’inverno appena trascorso sia stato il più freddo dell’intera serie storica per la celebre stazione meteorologica di Amundsen-Scott, in una stagione che ha visto cadere il record di freddo stabilito nel lontano 1987 quando i media (vale la pena ricordarlo) si stracciavano le vesti per l’imminente arrivo di una glaciazione, data per certa dagli scienziatoni del clima di allora.

Mentre in Italia tutto tace, la stampa clima-catastrofista americana ha subito lanciato il Rescue Team in una disperata azione di salvataggio della narrativa, con i soliti esiti grotteschi: su tutti il Washington Post che in un mirabile articolo spiega che beh, sì, in effetti ha fatto davvero un freddo tremendo in Antartide ma

Stridio di unghie sugli specchi

Ma la versione del Rescue Team di Bezos è che l’Antartide fa storia a sè, spesso va controtendenza, magari questo freddo eccessivo è dovuto al buco nell’ozono (!), e poi in realtà l’Antartide si sta scaldando, e comunque nel resto del mondo ha fatto caldo. Gli scienziati garantiscono che questo è solo un “blip” (un temporaneo e casuale scostamento da un trend acclarato) e una “curiosity”.

Morale: circolare, niente di interessante da vedere da queste parti… Meglio ancora se tornate a dormire,

Certo ce ne sono tante di “curiosity” ultimamente, in questo recente periodo in cui i satelliti (complice la scorsa Nina) riscontrano un calo delle temperature a livello globale rispetto agli scorsi anni, e i ghiacci dell’Artico e dell’Antartico non ne vogliono proprio sapere di seguire le traiettorie tracciate dai modelli climatici.

Che la “scienza del clima” sia in difficoltà nello spiegare quello che sta accandendo, è del tutto evidente anche a livello lessicale. Per esempio, “oddity”, ovvero “stranezza” è stato il termine usato di recente del celebre NSIDC americano nel commentare una estate artica decisamente fresca e che ha lasciato in eredità molto più ghiaccio del previsto (ne parleremo presto).

Se i profeti della distruzione climatica si ritrovano a parlare di “curiosità” e di “stranezze”, forse è perché la realtà dei dati sul scampo sta restituendo numeri che con la narrativa mediatica non hanno molto a che vedere.

Una storia nella storia

Eppure, l’imbarazzata (e imbarazzante) difesa d’ufficio del Rescue Team di Bezos ci offre l’opportunità per aprire uno squarcio sul modo in cui certa ricerca scientifica è stata dato in pasto dai media agli ignari lettori.

L’affermazione del WaPo a proposito di un’Antartide che si riscalda, per esempio, lascia decisamente perplessi. Non esiste infatti evidenza di un riscaldamento dell’Antartide nel suo complesso dall’inizio delle serie storiche a disposizione.

Ad esempio, nonostante il grandissimo rilievo dato negli anni scorsi dai media al riscaldamento di una assai piccola porzione del continente australe (segnatamente la Penisola Antartica, poi inopinatamente raffreddatasi anch’essa e quindi sparita dalla narrativa), il trend delle temperature su gran parte dell’Antartide resta comunque negativo dal 1979 al 2014 (Pang-Chi Hsu et al, 2021, Fig.1).

A dire il vero, i paper sui trend di temperatura in Antartide abbondano, alcuni sono in palese contraddizione con altri, ma se proprio si vuole cercare un filo conduttore tra le tante pubblicazioni in materia, questo è rappresentato proprio dalla prevalenza della variabilità naturale su ipotetici riscaldamenti “antropici”. Variabilità che si manifesta nella forma di cicli multidecennali come la Madden-Julian Oscillation, o la stessa ENSO.

L’esito degli studi sui trend di temperatura antartici, infatti, continua a dimostrarsi fortemente dipendente dal periodo temporale esaminato.

E proprio per tornare a bomba, il caso della stazione di Amundsen-Scott è semplicemente emblematico. Lazzara et al (2012), nella serie 1957-2010 per la stazione in oggetto identificano un trend di temperature in leggera diminuzione, sebbene “statisticamente non significativa”.

Prendendo in esame una serie molto più breve (1989-2018), invece, Clem et al. (2020) riscontrano un “riscaldamento record” in Antartide. Lo fanno prendendo in esame le temperature di 20 stazioni meteorologiche nel periodo considerato. La quasi totalità delle quali mostra trend scarsamente significativi in termini statistici (Fig. 2). Con una clamorosa eccezione che, da sola, determina buona parte del trend identificato.

Indovinate qual è l’eccezione? Proprio Amundsen-Scott, che per il trentennio considerato mostra uno scostamento-monstre al rialzo di quasi due gradi.

Come si vede in Fig. 3, il trentennio considerato da Clem et al. per Amundsen-Scott (pur con il caveat che la figura si riferisce al solo semestre freddo) elimina i picchi di temperatura dei primi anni ’60, mentre porta con sè la dote dei minimi ripetuti dei primi anni ‘2000, con l’effetto di creare un trend al riscaldamento esasperato.

Trend ulteriormente sconfessato dai rilevamenti degli ultimi anni, complice proprio il recente record di temperatura invernale più bassa. Con l’effetto di rendere ancor meno significativo il dato di Amundsen-Scott usato da Clem et al. e (proprio alla luce dello scostamento-monstre della stessa stazione rispetto alle altre) inficiandone sostanzialmente le conclusioni riguardo al presunto trend di riscaldamento “record”.

Del resto proprio il paper di Clem et al. metteva le mani avanti, fin dall’Abstract, sottolineando l’importanza delle configurazioni sinottiche e sostanzialmente attribuendo alla “variabilità naturale” il trend in questione. Ma con una sorprendente postilla finale: sarebbe proprio questa “variabilità naturale” ad aver mascherato in Antartide il segnale del “riscaldamento antropogenico” nel 21simo secolo.

Conclusione che, in considerazione dell’intera serie storica di Amundsen-Scott (ovvero inclusiva dei record recenti di freddo, e del periodo “caldo” dei primi anni ‘60) lascia semplicemente stupefatti. Conclusione che offre tuttavia una stampella perfetta a quella narrativa prevalente sui media da molti anni secondo cui l’Antartide, per dirla alla WaPo, “fa storia a sè”: il riscaldamento antropico c’è anche lì. Solo che non si vede.

Considerazioni a senso unico

E nessuno che provi, piuttosto, a fare un ragionamento diametralmente opposto: ovvero che l’Antartide, per quanto isolata dalle dinamiche della circolazione atmosferica e marina dell’emisfero sud, proprio per l’assenza di fenomeni di riscaldamento antropico localizzato (leggi isola di calore urbana), per la minore rilevanza degli aerosol, e per la tanto sbandierata “amplificazione polare”, potrebbe invece fornire dei trend di temperatura molto più affidabili rispetto a quelli calcolati facendo uso dei dati di stazioni meteorologiche collocate in aree urbanizzate.

Un’altra “oddity”. Un’altra “curiosity” tra le tante di questo strano periodo in cui la scienza del clima sembra ritrovarsi a combattere con un nemico molto più ostico del previsto.

Che non è il “negazionismo climatico”, ma la realtà dei fatti.

 

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Published inAttualità

14 Comments

  1. Carlo

    Interessante articolo! Per quello che mi riguarda non ho nessuna fiducia sulle previsioni climatiche attuali che non hanno nessun senso dal punto di vista storico. Confrontare pochi anni su una storia di miliardi di anni è idiota anche per il semplice motivo che ogni previsione catastrofista è sostenuta dalle grandi multinazionali che sul clima e il cosiddetto “green” ci fanno montagne di miliardi corroborate dalla “Heidi” di turno.
    Esistono migliaia di studi critici che confutano queste teorie, ma non hanno ovviamente gli appoggi politici e d economici per essere divulgati

  2. Roccog

    Da quel che leggo sulle riviste scientifiche è piuttosto l’artico che fa storia a sé, mentre lantartide si mostra simile agli oceani, anche all’atlantico settentrionale. Colpa della soglia che sta all’altezza dell’Islanda.

  3. rocco

    I ghiacci marini antartici stanno si aumentando, ma si “assottigliano”.
    Vi è un video sulla pagina web de La Repubblica di oggi (non metto il link perchè non vorrei che si diano dei soldi ai catastrofisti ed ai fanatici gretini per raccontare inesattezze!)
    E’ questa l’ultima conclusione della pseudo scienza chiamata clima.
    Avrebbero tratto queste conclusioni dal distacco di uno dei tanti iceberg che si distaccano dalla banchisa.
    A 68 ha vagato per l’oceano antartico per ben 4 anni, sfiorando la collisione con un isola prima di spezzettarsi in tanti piccoli cubetti di ghiaccio.
    Tanto erano calde le acque antartiche che ha impiegato solo 4 anni per sciogliere un iceberg sottile sottile.
    Dobbiamo anche dire qualcosa sul successo della narrazione catastrofista che così tanto consenso (e opportunismo) acquisisce: si fonda sulla paura e questo è risaputo, ma contribuisce a quell’economia digitale basato sulla remunerazione dei prodotti digitali.
    Quante volte è stato visto il famoso video dell’orso polare rinsecchito e quanto ha stato versato all’autore per le visualizzazioni su internet?
    Se Google non pagherà più i video negazionisti, ciò la dice lunga su quanto bussiness vi è dietro all’argomento ambiente e per chi lo sfrutta.
    E questo è anche uno dei motivi per cui i colossi informatici (le nuove multinazionali così avversate dall’ambientalismo) si dichiarano salvatori dell’ambiente con le loro tecnologie di ipercontrollo. Semplicemente ci guadagnano una barca di soldi!
    Più si parla di fenomeni estremi, di danni e di spauracchi vari e più si incassa.
    Alla NASA interessa perchè così potrà continuare ad inviare spazzatura spaziale per fare foto o misurare inquinanti e spessori.
    Gli universitari per garantirsi una borsa di studio ed una citazione sul curriculum.
    Per un motivo prettamente economico è stata inventata la teoria AGW derivata dalla pseudoscienza della climatologia, emersa dalla religiosa ambiguità dell’ambientalismo.

  4. Cesare

    A proposito di aumento del livello degli oceani non ho mai sentito, neanche da voi, ricordare l’effetto Archimede. Ma quante navi anche enormi abbiamo messo in mare negli ultimi 50 anni e quanta acqua spostano. E tutte le isole artificiali porti artificiAli e rocce e terra gettiamo in mare ogni giorno per costruire ampliare modificare. Mai calcolato?? Provate a farlo provate

  5. Brigante

    E’ disarmante il modo con cui chiunque, anche di cultura medio-bassa, passando con me una mezz’oretta a leggere e guardare dati e grafici sui ghiacci artici, si sia ricreduto su quanto venga propinato dai vari pass-media (e “pass” non è un errore!), con particolare riferimento al livello del mare e al suo “strabiliante” innalzamento! Purtroppo io non sono un testimonial godibile e tele-affermato. Sarebbe molto più convincente una Ferragni in pelliccia da foca, inseguita da uno stanco e malaticcio orso polare, che si salva per un soffio perché il ghiaccio si frantuma sotto il peso dello sfortunato plantigrado! Segno inequivocabile dell’AGW galoppante…

  6. rocco

    C.V.D.
    Mastrurbando i dati, scegliendoli opportunamente, correlandoli con qualsosa di simile come andamento… et voilà, ad una serie di dati si può far dire ciò che si vuole.
    L’Antartide si raffredda?
    E si cerca un set di dati che afferma l’opposto.
    Questa NON è scienza!!!
    Chiamatela come volete, politica, religione, ideologia, credenze…, ma non scienza!!!
    Ed in effetti bisogna sorbirsi relazioni causali come “il caldo porta il freddo”, “più fa caldo e più ci sono i fenomeni estremi”, “nel 2100 il mare si alzerà di tot metri”…
    Altro che “progresso”, siamo ritornati a prima del 1600, quando si processavano idee scientifiche che erano in contrapposizione con la dottrina dominante.
    E di fronte alle verità scientifiche, così oggi come per Galileo, chi non si sottomette al potere dominante è condannato al silenzio.
    A prescindere dalla veridicità o meno dell’AGW, i seguaci dell’IPCC dovrebbero chiedersi se è lecito comportarsi come l’inquisizione; dalle mie parti il comportamento delatorio del fanatismo climatico si chiama “fascismo”.
    In commenti precedenti qualcuno provocatoriamente chiamava in causa la “giustizia (che non è mai giusta!) per denunciare l’allarmismo climatico; ovviuoi che questa è una fesseria.
    Però si potrebbe fare altro: un referendom che abroghi le fanatiche, inefficienti ed inefficaci norme ambientaliste.

    • Massimo Lupicino

      Caro Rocco, la sensazione è che con la giustificazione della “corretta metodologia” oggi si può pubblicare qualsiasi cosa, purché sia dalla parte giusta della narrativa.

      Penso che anche uno studente di quinta elementare vedendo un grafico in cui un solo “outlier” (su 20) determina da solo un trend, su un intervallo di tempo così breve, alzerebbe il sopracciglio.

      Eserciti di reviewer invece se lo fanno andare bene. Su questo blog scrivono amici che nel commento degli articoli scientifici sono molto più bravi e precisi di me, quindi mi fermo qua. Certo è che chiunque abbia una cultura scientifica di base di fronte a certe cose non può che inorridire.

    • andrea beretta

      Gentile Rocco, hai ragione, non è scienza ma scientismo: scienza che si fa religione, coi suoi dogmi, la sua escatologia, i suoi profeti, e ovviamente i suoi eretici, da scovare e convertire (ahimè, fino a 18
      mesi fa pensavamo fosse solo una religione climatica, ma ora sappiamo essere anche medica sanitaria). Ci sta, per carità, fa solo ridere il fatto che questi “scienziati” sono i nipotini dei positivisti di due secoli fa che accusavano la religione di essere antitetica alla ragione

  7. Roberto

    Nell’era digitale, non è il caso di spegnere la tivù. La televisione non è il “demonio” tentatore. È un contenitore dall’offerta variegata ormai gestibile a propria misura dove potersi costruirsi palinsesti personallzzati pescando dalle varie piattaforme i contenuti più interessanti e scremando le sciocchezze assortite in tema di clima e altro ( p.e. cancel culture)
    Direi che al posto dei tiggì serali , ci sono valide alternative come
    “Almanacco di bellezza” in onda su Classica TV alle 20,30 tutti i giorni condotto da Piero Maranghi e Leonardo Piccinini, disponibile anche in podcast audio E poi musica di qualunque genere fruibile da un banale smartphone amplificato con appositi altoparlanti.

  8. ALESSIO

    IERI SERA AL TG 5,HANNO DETTO CHE L’ARTICO E’ LIBERO DA GHIACCI.
    SENTIRE IN UN TG COSI’ POPOLARE,FESSERIE DI QUESTO TIPO,E’ DAVVERO SCONCERTANTE E LA COLPA E’ DI CHI PERMETTE TUTTO QUESTO!
    COMPLIMENTI PER IL LAVORO CHE FATE.
    GRAZIE

    • Massimo Lupicino

      Alessio, giusto una battuta: la colpa e’ di chi ancora guarda telegiornali come il TG5 o il TG1. Il giorno in cui tutti terranno, piuttosto, la televisione spenta, forse chi di dovere capira’ (ammesso che gli interessi).
      PS grazie a te!

    • donato b.

      Io li seguo proprio per vedere dove si può arrivare. E, purtroppo, il limite si abbassa sempre di più. Ieri sera durante un giornale radio (radio rai) una giornalista ha parlato di “collaudo statistico” dei fabbricati (con riferimento ad un comunicato stampa di un’organizzazione ambientaliste di cui non ricordo il nome).
      I fabbricati si assoggettano a collaudo statico e non statistico! 🙂
      Oddio, potrebbe essersi trattato di un lapsus, di una svista, di un’accidente inspiegabile da parte di una persona che è preparatissima in tanti campi, ma per uno che bazzica il campo, è stato un pugno nello stomaco. Perché sono del parere che non di errore accidentale si trattava. 🙁
      Ciao, Donato.

  9. Luca Maggiolini

    Ormai siamo vicini al punto in cui di fronte a un termometro (due, tre, dieci, cento, mille termometri) che dice che ci sono 2 gradi sottozero, e al catino con l’acqua gelata, ci sarà chi dirà: non è vero, non sta gelando!!!!
    Siamo ormai vicini alle scene di Peppone e Don Camillo e di Trinità con l’orologio del campanile e del bar: a furia di adeguarsi verso il trend dominante si perde il contatto con il reale.

    • Massimo Lupicino

      Caro Luca, penso che sia gia’ cosi’, se non peggio…

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