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Il Meglio del Peggio – 16/12/2021

Post a firma di Andrea Beretta


Questa rubrica, nata qualche mese fa dall’esigenza di provare a resistere con un po’ di umorismo al bombardamento mediatico cui siamo sottoposti quotidianamente dai “giornaloni”, ha raccolto nelle scorse puntate una selezione di strafalcioni, che possono più o meno tutti essere qualificati come “giornalismo di malafede”: queste “perle” sembravano accomunate tutte dal chiaro scopo di non voler informare il lettore, ma di orientarlo, in modo in apparenza consapevole e fazioso.

La crisi del giornalismo è però ormai talmente profonda che esiste anche un secondo tipo di “strafalcione”: quello dettato dall’incompetenza invece che dalla malafede. Forse contribuisce il fatto che, se si riduce il giornalismo a un semplice “copia-incolla” di veline preconfezionate da altri, di certo non si favorisce il pensiero critico.

Il nuovo che avanza

Sembra far parte della seconda categoria, quella degli “strafalcioni per incompetenza”, questo pezzo apparso su “Il Giornale” pochi giorni fa. E, visto che sempre di “perla” si tratta, ci è sembrato giusto aggiungerla all’antologia del “Meglio del Peggio”, anche per dare una panoramica sul livello desolante a cui siamo giunti.

Il titolo mette le cose in chiaro fin da subito:  Ecco la nuova arma contro le emissioni di CO2 del metano

Al solito, pensando alla CO2 come il nemico da abbattere (in ragione, immaginiamo, del suo essere gas serra) si trascura il fatto che il metano contribuirebbe, a parità di concentrazione in atmosfera, circa 250 volte di più rispetto all’anidride carbonica all’effetto serra.

Scorrendo poi il sottotitolo, si va subito in difficoltà a trovare coerenza con quanto appena letto, dato che vengono aggiunte informazioni a casaccio, mischiando inquinamento, risparmio energetico e emissioni: una start-up sta mettendo a punto un sistema per ridurre le emissioni nocive di metano risparmiando il 60% di energia ed inquinando per l’85% in meno.

A questo punto non si è ancora capito se le emissioni “nocive” siano quelle del metano (che, come spiegato sopra, essendo un potente gas serra potrebbe essere visto come nocivo…tuttavia, avendo il titolo anticipato che l’arma era contro la CO2, tale ipotesi perde di consistenza); oppure emissioni derivate dalla combustione del metano: ipotesi verosimile, a cui può arrivare chi mastica qualcosa dell’argomento, ma di certo non la sciora Maria che legge il giornale seduta sul divano di casa.

Per (cercare di) capire dove l’articolo voglia andare a parare, è ahinoi necessario proseguire nella lettura, per scoprire che: Qualcosa che potrebbe cambiare per sempre i consumi del metano e ridurre notevolmente le emissioni di CO2 in atmosfera è rappresentato da un nuovo materiale progettato per venire incontro all’ambiente e provare a contenere l’aumento della temperatura ad 1,5 gradi

Quindi, l’argomento pare essere effettivamente l’effetto serra e lo scopo del materiale rivoluzionario appena scoperto, quello di contenere le emissioni di CO2 (immaginiamo dovute alla combustione del metano). Arrivati a questo punto, se si scarta l’accenno al contenimento della temperatura che sembra più che altro un il solito tributo allo scaldamondismo, ci sarebbero veramente gli estremi per dare anche una notizia interessante.

Invece, l’occasione viene gettata via come la qualificazione dell’Italia ai prossimi Mondiali di calcio. Infatti, poco dopo si legge: Per ridurre l’inquinamento del solo metano che ogni anno rilascia nell’atmosfera 3,8 mila miliardi di metri cubi e ben il 23% della domanda energetica del mondo ci pensa il progetto Osmoses

3,8 mila miliardi di m cubi di cosa? DI CO2? Di gas serra in generale? Oppure di sottoprodotti di combustione (che a ben vedere sono, loro sì, nocivi e tossici, tipo l’ossido di carbonio)?

Insomma, per raccapezzarsi è necessario visitare il sito di Osmoses, che si scopre essere una compagnia specializzata in tecnologie di separazione con membrane: processo impiegato per la rimozione selettiva dei  componenti costituenti le miscele, e che è in voga da più di mezzo secolo. Nella cosiddetta industria “oil&gas” viene utilizzata per l’abbattimento grossolano dei gas acidi, come anidride carbonica e acido solfidrico, più o meno dagli Anni 80. Bella novità!

De Re Publica

Tuttavia il meglio di sé il pezzo lo sfodera nel paragrafo successivo, dal titolo “quali sono i consumi nocivi [del metano]”. Per dare validità e prestigio alla propria tesi, l’autore si appella addirittura al “primus inter pares” dei giornaloni, all’autorità indiscussa in materia di GW, “la Repubblica”, che viene qui citata quasi con reverenziale rispetto: il quotidiano degli Elkann ha catalogato tra gli inquinanti, in un crescendo rossiniano “l’idrogeno solforato, il propano, il butano e lo zolfo per dare un’idea di quanta CO2 viene immessa ogni giorno nell’atmosfera”. Il tutto, nella stessa frase.

Provando a fare ordine: propano e butano sono talmente nocivi che sul mercato sono noti come “GPL”, larghissimamente impiegato negli impianti di riscaldamento. Lo zolfo è così inquinante da essere alla base della maggior parte dei fertilizzanti. L’idrogeno solforato, o acido solfidrico altrimenti noto come H2S, è in effetti estremamente tossico, letale anche a bassissime concentrazioni…ma non si può produrre dal metano, a meno di un intervento di Dio dal Cielo (che per fortuna nostra, quando ha voluto trasformare la materia, preferì concentrarsi sull’acqua e sul vino).

Comunque stiano le cose, è chiaro che le ipotesi azzardate dal povero lettore all’inizio della lettura in merito alla nocività del metano o della CO2 sono andate a ramengo. Frustrato, quel lettore siam certi avrebbe invece voglia di gettare via quello che ai tempi di Montanelli fu un giornale serio, ma l’articolo è uno di quei pezzi tenaci, che non si arrende mai: e infatti, prima di esaurirsi, ed esaurirci, sfodera un ultimo numero: Con la creazione dei sottili canali di cui abbiamo parlato prima, quantomeno, si eviterebbe l’emissione di una percentuale notevole di sostanze inquinanti.

Oltre a non c’entrare niente con quanto esposto finora, sembra essere un dettaglio il fatto che i “sottili canali” al massimo intrappolano tali “inquinanti”…ma non li fanno sparire (a meno del solito intervento divino di cui sopra) tanto che, una volta saturati, tali “sottili canali ” dovranno comunque essere rigenerati liberando nell’aria ciò che avevano trattenuto: in questo caso, l’H2S, la COe tutto il resto.

Il finale, che viene subito dopo una inspiegabile digressione sulla deforestazione ulteriormente fuorviante, è degno di un cenone di Capodanno in epoca pre-covid, con botto conclusivo: “la strada è lunga e tortuosa ma qualcosa si sta muovendo davvero”.

La sensazione è che di lungo e tortuoso (e dannatamente faticoso) ci sia solo l’articolo in oggetto: un confuso e pasticciato condensato del nulla, condito di niente.

_____________________

PS: a beneficio della sciora Maria che potrebbe leggere questa rubrica: propano, butano e idrogeno solforato (ma anche acqua, azoto e altri componenti idrocarburici più pesanti) sono composti naturalmente associati alla maggior parte dei giacimenti di metano del sottosuolo (fanno eccezione i giacimenti dell’Adriatico che contengono metano praticamente puro…ragion per cui i vari comitati ambientalisti sono particolarmente contrari al loro sviluppo), che vengono perciò estratti contestualmente a questo. Esistono da molti decenni a questa parte svariati modi per separare questi vari componenti e valorizzarli sul mercato.

 

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Published inAttualità

12 Comments

  1. Claudio

    Condivido le parole di Donato e di Silvio, e ribadisco quel che ho ripetuto più volte, e cioè che la responsabilità che i giornalisti hanno è enorme, e l’incompetenza non può essere una giustificazione. Detto questo, i gesti isolati – il vostro come il mio – restano purtroppo tali alla fine. Nei pezzi troppo assertivi, se posso, intervengo e metto un minimo di dubbio, ma sono anche questi dei gesti isolati perchè chi firma si assume delle responsabilità che io non posso stravolgere. E quando decido le priorità non metto certo le panzane sul climate change in testa all’agenda! Come ho già detto, però, mi colpisce molto di più il bombardamento quotidiano che le televisioni di ogni ordine e grado fanno sul cambiamento climatico. Un bombardamento che colpisce a vasto raggio e ad alzo zero, perchè è entrato da tempo anche nei paradigmi della pubblicità, oltre che nei format tv di conduttori che, peraltro, spesso non sono nemmeno dei giornalisti. Quindi, detto che il giornale comunque bisogna comprarlo (e chi non lo vuole è libero di farne a meno), la tv ti entra invece in casa sostanzialmente gratis (sì, lo so, c’è il canone Rai), e non voglio neanche parlare di quel che entra, sempre gratis, nei nostri device. Battaglia persa, quindi? Io non sono così pessimista e anche se ho citato il Deserto dei tartari non è detto che alla fine i tartari davvero non arrivino. Basta vedere quel che sta accadendo con la questione dell’energia. Vero che questi predicatori dell’allarmismo climatico finora sono sempre caduti in piedi, ma da qui al 2030-35-40-50-60-70-100 potrebbero cambiare molte cose. Io ne sono convinto.

    • Giorgio

      Grazie Claudio per questa testimonianza, fa piacere che ci sia qualcuno che mette e si mette in discussione. E grazie per l’ultima nota di speranza, ce n’è bisogno ogni tanto. Del resto, checché se ne dica, nella storia la maggioranza ha spesso finito con l’avere torto.

  2. Concordo con Claudio sul fatto che non sia possibile che i giornalisti sappiano tutto di tutto ed è umanamente comprensibile che debbano appoggiarsi a delle fonti terze per riempire le centinaia di pagine di giornali che escono ogni giorno, per di più scritte in caratteri piccoli …. Mi accontenterei che fra quel 3% che ci capisce qualcosa, ci fosse qualcuno con la schiena dritta, che avesse il coraggio di fare un po’ di giornalismo d’inchiesta di quello vero, senza pregiudizi e senza avere paura dei risultati che ne potrebbero scaturire, Forse, anche il 97% che non ne capisce nulla, si porrebbe qualche dubbio, dopo aver letto un qualcosa che arriva dai colleghi considerati più esperti in materia. Che sia ingenua utopia la mia ??? ……

  3. alessandrobarbolini

    il giornalismo non è in crisi …anzi galleggia proprio grazie alla banale questione climatica

  4. Claudio

    Rispondo ad Andrea. Gli articoli si commentano da soli, non c’è dubbio. Ma eviterei di costruire un castello su presunti tributi che i giornali devono pagare o, peggio, vederci una regia occulta. Se ci fosse, nel caso del mio giornale avrebbe dovuto per forza di cose passare dalla mia scrivania. E non è mai passato nulla. Parlare di clima, peraltro, non fa staccare una copia che è una, così come parlare di eventi meteo alle Bahamas o in Amazzonia. Se i fatti avvengono vicino a casa qualcosa invece rendono, ma mi fermerei lì. Semplicemente, di fronte al diluvio di annunci sul prossimo disfacimento del pianeta che quotidianamente vengono proposti ai media – quasi sempre attraverso l’Ansa o le agenzie di stampa internazionali – da scienziati, politici, autorevoli organizzazioni governative e non, associazioni di ogni genere, magari molto note, e quant’altro fa spettacolo (insomma TUTTI), cosa arriva dall’altra parte? Zero. E allora i giornalisti, che in genere non hanno competenze anche minime sui temi climatici (il 97% che indicavo ironicamente a Giorgio), non possono fare altro che prenderle per buone, non possono fare corsi universitari per scrivere un articolo. Potrebbero porsi dei dubbi, certo, ma se te lo dice l’Onu o la Società glaciologica o l’Università tal dei tali o l’Organizzazione meteorologica mondiale o la Nasa o il professorone o il presidente del Consiglio o quello della Repubblica o il Papa, che dubbi ti vuoi porre? Non sono un difensore dei giornalisti, hanno colpe enormi come ho scritto. Ma sinceramente, gettare sempre la croce sui giornalisti, che in concreto sono l’ultima ruota del carro mi sembra velleitario. E comunque su molti altri argomenti, lo si è visto in questi anni, per fortuna che ci sono dei giornalisti che ne scrivono, in alcuni casi rovinandosi anche l’esistenza!!! La verità è che nel villaggio di Asterix si resiste. Punto. Speriamo che non diventi una Fortezza Bastiani…

    • donato b.

      Ho riflettuto molto su questo commento e, per prima cosa, mi sono cosparso il capo di cenere. Nel passato ho stigmatizzato, infatti, le notizie distorte che caratterizzano i mezzi di informazione generalisti, sparando a zero su conduttori televisivi, radiofonici e giornalisti, in genere. Dopo le parole di Claudio devo, però, riconoscere che, forse, ho esagerato.
      .
      Claudio ci ha offerto uno spaccato del suo mondo e non abbiamo motivi per non dargli credito. Io non ho mai creduto al complotto, ma credo, invece, ad una convergenza di interessi. Quella che si combatte intorno al cambiamento climatico è una battaglia ideologica e, come tutte le battaglie ideologiche, offre poco spazio ai dubbi ed ai tentennamenti: si sta da una parte o dall’altra, chi sta nel mezzo viene “impallinato”. Ed è ovvio che chi sale sul carro del vincitore (apparente o reale) è la maggioranza.
      Come scrive Claudio, il giornalista non può conoscere tutto, ma deve scrivere di tutto, per cui si difende utilizzando la “bibliografia pacificamente accettata”.
      .
      Riferire ciò che diffonde ANSA o le altre Agenzie di stampa; riportare i comunicati stampa di università e centri di ricerca; riferire delle conclusioni di articoli scientifici pubblicati, utilizzando i resoconti di comunicati stampa dei centri cui i ricercatori sono affiliati, è la migliore soluzione per evitare di incorrere negli strali delle “vestali del clima che cambia e cambia male per colpa dell’uomo”. E’ politicamente corretto.,
      Detto in altre parole, è più semplice e più remunerativo seguire la corrente, soprattutto se non si possiedono gli strumenti per decifrare la materia, di cui si tratta.
      .
      Il guaio di tutto ciò è che si trasmette per certezza ciò che non lo è. E si forma l’opinione pubblica, orientandone le idee verso un obiettivo ben preciso. Quello del giornalista è un mestiere molto delicato, per cui l’utilizzo di qualche condizionale in più, non sarebbe una cattiva idea. Quello che contesto è proprio l’assertività che caratterizza gli articoli ed i servizi giornalistici. Si dà tutto per definito , scontato, infallibile: così è. Senza il “se vi pare”, però. E questo è colpa del giornalista.
      .
      Così come è colpa dell’insegnante che, senza averne le competenze, discetta di Agenda 2020-2030 solo perché lo dice l’ONU: chi sono io per mettere in dubbio l’ONU? Lo dicono tanti miei colleghi. E’ vero, anche gli insegnanti sono l’ultima ruota del carro come i giornalisti. Anche essi hanno, però, delle responsabilità immense: formano generazioni di studenti e, quindi, futuri cittadini.
      Claudio, possiamo noi docenti e voi giornalisti definirci innocenti? Non credo. Con questo non voglio gettare la croce addosso a nessuno, ma come classe di professionisti, dobbiamo fare mea culpa ed accettare le critiche che a volte ci vengono rivolte.
      .
      E per chiudere, un cenno alla frase con cui Claudio chiude il suo commento: speriamo che il Villaggio di Asterix non diventi la Fortezza Bastiani.
      E’ un rischio. A forza di aspettare i Tartari e, quindi, la palingenesi del guardiano della frontiera in eroe, corriamo il rischio di morire senza diventare eroi, ma restando semplici guardie di forntiera. Voglio, però, estrarre dalla conclusione della vicenda del protagonista de “Il deserto dei Tartari”, una nota di speranza. Dorgo è morto in pace con se stesso: la lunga permanenza nella Fortezza, lo aveva trasformato nel profondo, rendendolo degno di accettare la fine con lo stesso spirito dell’eroe.
      Potrebbe anche finire così, ma la permanenza nel Villaggio, credo che abbia trasformato ognuno di noi. Potrebbe sembrare un contentino, ma in dieci anni io sono cambiato profondamente, credo in meglio, in quanto ho acquisito una competenza che prima non avevo: prendevo per oro colato, quanto scrivevano i rappresentanti della linea di pensiero principale, in modo acritico (chi sono io per mettere in dubbio il giornalista tal dei tali o il professore tal altro?). Oggi non accade più. Cerco sempre di approfondire la fonte e farmi una mia idea. Una palingenesi c’è stata. 🙂
      Ciao, Donato.

  5. Claudio

    Dopodiché, quando sento Mattarella, in diretta, affermare che “Dal cambiamento climatico dipende il futuro dell’umanità”, alzo le mani e mi arrendo… E mi sento di assolvere anche i colleghi giornalisti che scriveranno l’articolo

    • andrea beretta

      Gentile Claudio
      È chiaro che i giornalisti hanno abdicato da tempo al loro dovere principale e cioè quello di informare e, perché no, di essere da stimolo verso chi ci governa: se qualcuno avesse scritto che le parole del presidente erano discutibili, forse al presidente avrebbero pure fatto un favore. Invece tutti si sono affrettati a riportarle con toni d’apprezzamento.
      Questo articolo del giornale è semplicemente dettato da una crassa ignoranza, forse come acutamente fatto osservare da Giorgio, perché i giornali (magari per continuare a godere di qualche sovvenzione pubblica) devono solo pagare il tributo dedicando uno spazio quotidiano al global warming / cambiamento climatico / CO2

  6. Mario

    Suo giornali si possono leggere panzane cosmiche tutti i giorni e non solo in campo climatico, purtroppo. 🙁

  7. Andrea

    Buongiorno
    A mio parere un chiaro esempio di come la narrativa dominante abbia toccato il fondo!! Assurdo!!
    Trattare gli argomenti in modo confuso, distorto, sbagliato, ideologico e dogmatico è il modo migliore per non parlarne e per confondere le persone. Già molto confuse tra l’altro.
    Bellissimo articolo!! Comunque
    questo è il PEGGIO DEL PEGGIO!
    Un saluto

  8. Giorgio

    Caporedattore: “Abbiamo scritto qualcosa sulla crisi climatica/CO2/effetto serra oggi?”
    Giornalista: “No”
    C: “Mi hanno appena girato ‘sto link, scrivi qualcosa citandolo”
    G: “Ma io non ne capisco niente”
    C: “E’ mai stato un problema?”
    G: “Ok, vado”
    ….
    G: “Capo, finito”
    C: “Finito che?”
    G: “L’articolo sul metano, la CO2, quella roba lì”
    C: “Ah ok, l’hai già pubblicato?”
    G: “Non vuoi vederlo prima?”
    C: “Maffigurati, non stiamo a perder tempo”
    G: “E’ che…”
    C: “Cosa?”
    G: “Ecco, non sono proprio sicuro che sia venuto bene”
    C: “Per capirlo occorre qualcuno che lo legge E lo capisce. Se ci preoccupiamo dei quattro gatti che rientrano in questa categoria stiamo freschi”

    • Claudio

      Da caporedattore di un quotidiano mi sento di dire che il dialogo è divertente ma improbabile. Probabile invece, anzi certa, è la totale ignoranza del 97% (ah, ah) dei giornalisti italiani (e dei direttori) su materie come clima, ambiente, inquinamento, emissioni. Assolutamente deprimente. Soprattutto, nessuno si mette ad approfondire, cerca di capire, si fa una domanda. Il Global Warming è una verità rivelata, un dogma. Ma se sui giornali (vedi Il Foglio o il Sole) qualche voce dissonante si può anche leggere, il peggio del peggio va in onda quotidianamente in televisione, dove tutti, dalla Rai a Sky, passando per Mediaset (le tv di Berlusconi sono il top!), ci bombardano di climacazzate 24 ore su 24. Purtroppo per chi ci lavora, come il sottoscritto, questo giornalismo ci sta portando nella tomba. Ce lo meritiamo.

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