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La copertura nevosa sulle Alpi e gli anelli di accrescimento (1400-2018)

Carrer et al., 2023 pubblicano una serie di larghezza di anelli di accrescimento relativi al cespuglio di ginepro sulle Alpi, ad altitudini maggiori di 2000 m, e da questa serie derivano tramite un modello semplice la durata della copertura nevosa. Bisogna sottolineare che il cespuglio di ginepro (lo chiamano prostrate juniper per distinguerlo dalla forma arborea), essendo a contatto con il suolo risente poco delle variazioni di temperatura e “approfitta” della copertura nevosa delle zone di alta montagna per limitare le sue attività fisiologiche e quindi anche la crescita degli anelli di accrescimento. Quindi, mentre gli alberi si comportano come proxy (anche) della temperatura estiva, il ginepro è principalmente un indicatore della durata della copertura nevosa; scrivono gli autori:

“… prostrate shrubs lack an erect life form. This habit, usual in junipers growing at high elevation, prevents most of the physiological activities and the growing onset as long as the shrub is beneath the snow cover. This attribute, coupled to its high longevity, turns ring width of common juniper into a potential proxy for snow cover duration across the Alps.”

Nel lavoro viene utilizzato un indice legato alla larghezza degli anelli, il Ring Width Index o RWI, dal quale si può ricavare la durata della copertura nevosa, ad altezze superiori a 2000 metri, che indicativamente è inversamente proporzionale a RWI.

Fig.1: La serie dell’indice di larghezza degli anelli (RWI) dal 1400 al 2018. La crescita che inizia dal 1850 indica un minore periodo di copertura nevosa. Gli asterischi rossi indicano i quattro valori più bassi della larghezza degli anelli mentre l’asterisco celeste indica l’inverno del 1917, definito harsh (duro) dagli autori. Nel quadro inferiore lo spettro MEM della serie, nel quale si notano i massimi di periodo 77.4, 18.3 e 3.1.

In questa serie registro la presenza di quattro casi di minore larghezza degli anelli (cioè RWI), il che significa maggiore durata della copertura nevosa, negli anni 1449, 1540, 1705 e 1838. Gli autori sottolineano la presenza, tra gli altri, dell’inverno 1917 -forse il più freddo del secolo scorso- durante il quale gli eserciti italiano e austriaco si fronteggiavano al confine tra le due nazioni (qui indicato dall’asterisco celeste). Senz’altro quello è stato un inverno di sofferenza per i soldati al fronte ma, come valore di RWI, è stato solo uno dei molti altri bassi valori misurati nell’intervallo di tempo coperto dalla serie. Mi propongo di discutere questi casi successivamente.

Nello spettro si notano i periodi di 77.4 anni (74.4 è la terza armonica del periodo della linea dei nodi lunare di 18.6 anni), 18.3 (~linea dei nodi) e 3.1 anni, massimo sempre presente nello spettro di dati legati ad ENSO.
Dai dati RWI gli autori ricavano la serie che chiamano SALP (credo un acronimo di Snowpack Alps ma non ho trovato indicazioni nel testo) mostrata in figura 2, espressa in giorni di copertura nevosa.


Fig.2: Serie della durata della copertura nevosa sulle Alpi (SALP), ricostruita tramite il modello degli autori. Anche qui gli asterischi indicano le quattro durate massime della copertura; da notare che il 1705 ha scambiato il numero d’ordine con il 1838 (qui è il terzo mentre in figura 1 era il quarto).
Lo spettro è quasi uguale a quello di RWI anche se con differenze di potenza tra i massimi (es. 38.7 anni che in figura 1 è molto basso).

La serie SALP mostra che dal 1850 (dopo la fine del fondo giallo che definisce la Piccola Era Glaciale o PEG; LIA in inglese) la durata della copertura nevosa diminuisce in modo continuo, pur all’interno di forti variazioni. In situazioni come queste le relazioni tra le variabili meteo-climatiche sono complicate ma l’andamento decrescente della SALP dovrebbe indicare un aumento generalizzato delle temperature sulle Alpi (l’arretramento dei ghiacciai alpini è un altro esempio): se questo è vero, allora registro, tra il 1560 e il 1740, in piena PEG, molti esempi di temperatura (e durata di copertura nevosa attorno ai 200 giorni) paragonabile a quelle della parte finale della serie, tra il 1960 e il 2018 e, grossomodo, anche con ugualmente paragonabile frequenza di apparizione.

Fig.3: Confronto tra la durata della copertura nevosa osservata dal 1830 e i valori calcolati dagli autori. Si vede la bontà della ricostruzione, confermata anche dalla correlazione tra le due serie.

Gli autori si confrontano per il periodo disponibile, dal 1830, con i dati osservati di copertura nevosa: la figura 3 mostra un buon accordo con la ricostruzione anche se gli estremi, come ci si attende, non raccolgono bene i valori osservati, come si vede sia dalla funzione di cross correlazione (CCF) il cui valore a lag 0 (la correlazione di Pearson) è 0.6657, sia da una specie di “correlazione mobile”, calcolata per nove intervalli adiacenti, di 20 valori ciascuno, come nella successiva tabella:

Pearson correlation between salp.txt & snow-covdur.txt (1834-2018)
in adjacent 20-values groups (produced Jan. 20, 2023).
 # N  CCOR(YV,EYV)  t(student)  from-to (lines)
 1 20  0.3977E+00  0.1839E+01      1-19
 2 20  0.5238E+00  0.2609E+01     20-39
 3 20  0.6913E+00  0.4059E+01     40-59
 4 20  0.6853E+00  0.3992E+01     60-79
 5 20  0.6100E+00  0.3266E+01     80-99
 6 20  0.4700E+00  0.2259E+01    100-119
 7 20  0.6491E+00  0.3621E+01    120-139
 8 20  0.8061E+00  0.5780E+01    140-159
 9 20  0.6120E+00  0.3283E+01    160-179  out of 185 lines

Andando ad analizzare gli “eventi estremi”, cioè i quattro anni in cui la SALP assume i valori massimi, noto che il 1540 è un anno particolare (in Carrer et al. ha la minore crescita degli anelli e la maggiore durata della copertura nevosa) anche nel vicino altopiano svizzero: un lavoro di Wetter e Pfister (2013) lo indica come l’anno più caldo, anche del 2003 considerato fino ad allora il più caldo in assoluto. La deduzione deriva da una correzione (6 anni dopo) al lavoro di Meier et al. (2007), tra i cui autori figura lo stesso Pfister, sulla data di vendemmia (GHD) del pinot nero sull’altopiano. Sembra che Meir e collaboratori non avessero tenuto conto dell’introduzione del calendario gregoriano e del fatto che i cantoni cattolici lo avessero adottato subito mentre quelli protestanti lo avessero adottato solo dal 1701 (per non parlare dei cantoni che hanno fatto il passaggio in date diverse). Correggendo la “dimenticanza” è risultata una data di vendemmia molto anticipata e di conseguenza una temperatura più elevata. Quindi, a parte la nota storica, l’estate del 1540 è stata calda e secca (anche per Carrer et al., 2023), forse eccezionalmente calda. I dati SALP (e RWI) confermano che l’inverno successivo o quello precedente si è avuta sul versante sud delle Alpi un’annata di eccezionale durata della copertura nevosa (rimasta in essere per quasi 350 giorni su 365). Nulla da eccepire su questo punto, ma dobbiamo considerare gli altri tre (quattro) eventi di figura 2 allo stesso modo, cioè con un’estate calda preceduta o seguita (sempre!) da un inverno molto freddo, con lunga durata della copertura nevosa? Posso certamente sbagliarmi ma non ricordo una sistematicità di questo genere nelle serie di temperatura.

La situazione dell’anno 1540 si osserva bene anche anche nella lunghissima serie dendrologica CA667 (da pino bristlecone -pino dai coni setolosi) della California pubblicata da Salzer et al., 2009 che copre l’intervallo -2649 +2000 CE.
In figura 4 mostro la sezione di CA667 che interessa questo post (900-2000 CE).

Fig.4: La serie CA667 nell’intervallo 900-2000 CE. Le righe verticali verdi indicano le date selezionate nei grafici precedenti e indicate da asterischi. Le barre orizzontali arancione mostrano la durata dei minimi solari. Sono anche indicate le durate del periodo caldo medievale (MWP) e della Piccola Era Glaciale (PEG o LIA) con l’anno convenzionale del passaggio tra una e l’altra (1330).

Notare come, escluso il 1449, tutte le date siano in corrispondenza di minimi relativi della larghezza media degli anelli di accrescimento, cioè di periodi di sofferenza della pianta, probabilmente causati da siccità (e caldo). A differenza di quanto avviene sul versante sud delle Alpi, in California osserviamo, per le date selezionate, minimi relativi del tutto nella norma e non principali eventi “estremi”. Probabilmente questo aspetto dipende dalla situazione geografica ma anche dalla specie usata per le misure (arbusto ==> copertura nevosa, invernale; albero ==> temperatura estiva).

Non ho difficoltà ad ammettere che quanto segue potrebbe essere casuale, ma una serie di temperature marine (SST, Jiang et al., 2015), ottenute da diatomee a nord dell’Islanda, mostrano, nell’ingrandimento di figura 5, massimi di temperatura per tutti gli anni identificati in questo post, tranne il 1705 in cui si osserva un minimo relativo. Queste quattro coincidenze, però, danno da pensare …

Fig.5: La serie J2015 (Jiang et al., 2015) nell’intervallo 1000-1900 CE. Le righe verticali verdi indicano le date selezionate nei grafici precedenti (asterischi). La riga verticale tratteggiata, arancione, indica il passaggio tra periodo caldo medievale (MWP) e piccola era glaciale (LIA), entrambi identificati dalle righe orizzontali.

In ogni caso, eventi simili misurabili in aree tanto distanti e con campioni tanto diversi fanno immaginare che le situazioni di sofferenza osservabili in Carrer et al., 2023 siano dipese da fenomeni almeno emisferici se non globali.

Conclusioni
Il lavoro di Carrer e collaboratori, pur essendo un lavoro specialistico di cui certamente non ho colto molti aspetti, a me sembra ottimo e molto accurato oltre che ben descritto e documentato.
Negli spettri delle due serie -simili ma diversi nelle potenze spettrali- ho colto massimi in qualche modo legati ai cicli lunari e forse, debolmente, a periodicità ENSO-like.
Prendendo spunto da post che avevo pubblicato alcuni anni fa (quiqui e qui) ho confrontato i dati e la situazione climatica in Carrer et alii con serie molto diverse, una dendrologica su alberi californiani e l’altra di temperature marine a nord dell’Islanda, che mostrano eventi particolari comuni e mi sono chiesto se fossero tutte espressioni di eventi di portata almeno emisferica.

Bibliografia

  • Marco Carrer, Raffaella Dibona, Angela Luisa Prendin & Michele Brunetti: Recent waning snowpack in the Alps is unprecedented in the last six centuriesNat Clim Change, 2023. https://doi.org/10.1038/s41558-022-01575-3
  • H. Jiang, R. Muscheler, S. Björck, M.-S. Seide J. Sjolte, J. Eiríksson, L. Ran, K.-L. Knudsen, and M.F. Knudsen: Solar forcing of Holocene summer sea-surface temperatures in the northern North AtlanticGeology43,3, 203-206, 2015. https://doi.org/10.1130/G36377.1
  • Meier, N., Rutishauser, T., Pfister, C., Wanner, H., and Luterbacher, J.: Grape harvest dates as a proxy for Swiss April to August temperature reconstructions back to AD1480Geophys. Res. Lett.34, L20705, 2007. https://doi.org/10.1029/2007GL031381
  • Salzer, M.W., M.K. Hughes, A.G. Bunn, and K.F. Kipfmueller. 2009. Recent unprecedented tree-ring growth in bristlecone pine at the highest elevations and possible causesProceedings of the National Academy of Sciences, Vol. 106, No. 48, pp. 20348-20353, 2009. https://doi.org/10.1073/pnas.0903029106
  • Wetter, O., Pfister, C.: An underestimated record breaking event -why summer 1540 was likely warmer than 2003Clim. Past.,9, 41-56, 2013. https://doi.org/10.5194/cp-9-41-2013
    Tutti i dati e i grafici sono disponibili nel sito di supporto

Foto di Simon da Pixabay

Il post è uscito in origine sul blog dell’autore.

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Published inAttualitàClimatologia

4 Comments

  1. Rocco gennari

    Scusi ma il ciclo di ca. 20 anni non è della stessa durata di NAO? quello che significa più o meno aridità sull’Europa meridionale?

    • Quelli acclusi sono gli spettri di PDO, AMO e NAO aggiornati a gennaio 2023. Nello spettro di NAO c’è un massimo a 22.4 anni che mi sembra difficile approssimare con quello di periodo 26.3 anni che si osserva nella copertura nevosa; e quello a 18.3-18.5 anni nei due grafici credo debbano essere riferiti alla linea dei nodi lunare (18.6 anni). In generale NAO è caratterizzata dal periodo più lungo (diciamo 60-80 anni). Franco

      Immagine allegata

  2. Fabio Busa

    Quindi hanno trovato prostrate juniper di circa 600 anni !?! in che numero e con distribuzione, se noto a te che hai esaminato il lavoro ?
    ( sempre che abbia capito il post 🙂 🙂 )
    Grazie!!!

    • dal testo:We here address these issues by developing a 600 yr snowpack duration reconstruction based on 572 ring-width individual series from the southern Alps. The record was developed over 5 yr using living and relic common juniper (Juniperus communis L.) shrubs from a high-elevation (>2,000 m) site.
      Hanno usato un insieme di serie (572) di larghezza di anelli sia da piante viventi che già morte fino a coprire l’intervallo descritto nel lavoro. Franco

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