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Alla ricerca del calore scomparso

E’ capitato già  più volte di accennare al fatto che parlare di riscaldamento globale in termini di aumento delle temperature medie superficiali e per questo utilizzare questo parametro virtuale per seguire le dinamiche del riscaldamento stesso sia fortemente limitativo. Quando si parla di GW, si parla di un’alterazione del bilancio radiativo, cioè dello squilibrio tra l’energia immessa nel sistema dalla fonte primaria, il Sole, e quella restituita allo spazio, al netto delle dinamiche di redistribuzione del calore sul pianeta operate dall’atmosfera e dagli oceani.

Fonte Argo project

Già nel 2006 Roger Pielke Sr. faceva notare che la scarsa rappresentatività  delle temperature medie superficiali avrebbe potuto essere superata impiegando come tracciante delle modifiche dello stato termico del pianeta il contenuto di calore degli oceani, ponendo inoltre l’accento su una importante divergenza esistente tra quanto previsto dalle simulazioni climatiche e quanto osservato in termini di temperatura. Questa esortazione fu però quasi del tutto ignorata, nonostante già  allora, ma ora con dati molto più solidi, fosse evidente che alla luce dello stop subito dal trend del contenuto di calore degli oceani (nello strato tra la superficie e 2000m di profondità, ovvero ove viene misurato dal progetto ARGO), si perde di fatto traccia di circa la metà  del calore in eccesso che dovrebbe risultare in ragione di quanto ne è stato aggiunto al sistema negli ultimi cinquant’anni.

Siamo giunti così, decisamente quasi per caso, alla famosa frase di Kevin Trenberth in una delle mail del climategate:

“The fact is that we can’t account for the lack of warming at the moment and it is a travesty that we can’t.”

“Il fatto è che non possiamo spiegarci l’attuale assenza di riscaldamento, ed è grottesco che non possiamo.”

Una prima lettura di questa affermazione, il cui autore probabilmente vorrebbe non aver mai pronunciato, aveva fatto correre il pensiero, ovviamente, alla stasi cui sono state soggette le temperature medie superficiali negli ultimi anni, un periodo poi identificato da Phil Jones, altro protagonista del climategate, in un quindicennio. Ora però, con la pubblicazione di questo lavoro a firma dello stesso Trenberth e di un suo collega, John Fasullo, gli è stata concessa la possibilità  di spiegare cosa volesse intendere. E, parafrasando le sue stesse opinioni la faccenda è ancora più grottesca. Finché si parla di temperature, passi, ma il bilancio radiativo, l’allocazione del calore gestito dal sistema climatico è una cosa molto più seria, perché, a differenza delle temperature, le misure non sono soggette a bias, e quello che non si trova, semplicemente non c’è, senza appello.

Allora, dove diavolo è il calore in eccesso? Leggiamo dall’articolo che una piccola parte potrebbe essere stata spesa nella prosecuzione del processo di scioglimento dei ghiacci artici per inerzia del sistema (un processo che in verità  negli ultimi anni è parecchio meno evidente, anzi sembra mostrare segni di inversione), mentre il grosso, di cui si sono letteralmente perse le tracce, o è tornato verso lo spazio, oppure, e questa è la tesi maggiormente accreditata da Trenberth e Fasullo, potrebbe essersi accumulato nelle profondità  oceaniche, pronto ad essere nuovamente immesso nel sistema quando la lentezza dei cicli di ricambio delle acque lo dovesse consentire. Questa è quella che in gergo tennnistico si potrebbe definire una wildcard. Là  sotto, non c’è nessuna possibilità  -almeno per ora- di fare delle verifiche, mentre se questo fosse vero, la minaccia del “ritorno del calore” (sembra il titolo di un film) è quanto di meglio per tenere alto il livello di preoccupazione mediatica attorno al problema. E infatti i media ci si sono tuffati con grande entusiasmo. Non importa che Trenberth abbia ammesso di non sapere, non importa che abbia detto che da quando si fanno delle misure reali e attendibili l’AGW sia sparito dagli oceani. Non importa che abbia detto, finalmente, che la misura della temperatura, così come è fatta, potrebbe nascondere errori importanti. Quel che conta è che abbia detto che il mostro un giorno tornerà  più cattivo di prima a suonarcele di santa ragione.

Fonte WUWT

Il punto è che questa è un’idea che scaturisce dal fatto che se con gli attuali sistemi di monitoraggio delle “riserve” di calore non si trova traccia di questa eccedenza né al top dell’atmosfera, né nei primi duemila metri di batimetrica degli oceani, né sulla superficie del globo, esso deve trovarsi per forza dove non siamo capaci di misurarlo. Bene, poniamo che sia così. Il calore nelle profondità  oceaniche non può arrivarci con il teletrasporto, ci deve arrivare passando appunto per quello strato dove siamo certi che, negli ultimi cinque anni, la quantità  di calore piuttosto che aumentare è stata stabile o addirittura è diminuita. Per cui la tesi traballa non poco. Di questo troviamo conferma anche nello stesso articolo:

[…] Since 2004, ~3000 Argo floats have provided regular temperature soundings of the upper 2000 m of the ocean, giving new confidence in the ocean heat content assessment yet, ocean temperature measurements from 2004 to 2008 suggest a substantial slowing of the increase in global ocean heat content […]

[…] Dal 2004, 3000 boe Argo hanno fornito misure regolari dei primi 2000m dell’oceano, dando nuova attendibilità  alla determinazione del contenuto di vapore degli oceani- ebbene, le misure di temperatura dal 2004 al 2008 suggeriscono un sostanziale rallentamento dell’aumento del contenuto di calore negli oceani […]

Questo pone un serio problema di attendibilità  per i modelli di simulazione climatica, che essendo basati sulle alterazioni del bilancio radiativo ed avendo perso traccia di questa quantità  di calore, mostrano una evidente e crescente divergenza con la realtà  delle osservazioni. Ciò significa che nel sistema deve per forza esserci qualche meccanismo ignoto alle dinamiche delle simulazioni, ma più volte ipotizzato a livello teorico come ad esempio le variazioni della copertura nuvolosa, in grado di regolare il sistema e indirizzarlo verso un’evoluzione diversa da quella prevista, ovvero giocando un ruolo molto più determinante di un eventuale forcing antropico, che risulterebbe quindi decisamente ridimensionato.

Chiudo questa breve riflessione con una misurata ma eloquente affermazione dello steso Pielke Sr:

“The observed absence of heat accumulation (of Joules) in the upper ocean (and in the troposphere) for the last four years means that there has been NO global warming in these climate metrics during this time period. It is unknown whether this is a short term aberration but, regardless, it is clear that the IPCC models have failed to skillfully predict this absence of warming.”

“L’osservata assenza di accumulo di calore (in Joules) nello strato superiore degli oceani (e nella troposfera) per gli ultimi quattro anni, significa che NON c’è riscaldamento globale in queste misure durante questo periodo. Non si sa se questa sia una dinamica di breve periodo ma, indipendentemente da ciò, è chiaro che i modelli dell’IPCC hanno fallito nel prevedere con esattezza questo mancato riscaldamento.”

Se non fosse chiaro, qui si sta parlando di misure, cioè dell’oggi, cioè della nostra capacità  di comprendere lo stato attuale del sistema. Come si possa pretendere di partire da questi presupposti per determinarne lo stato futuro è un mistero più fitto di quello del calore scomparso.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

6 Comments

  1. teo

    Caro Guido certo che “IL RITORNO DEL CALORE MANNARO” sarebbe proprio un bel titolo per un film!
    Come scrive Paolo, se il calore c’e’ non e’ che si possa nascondere e farci cu’cu’ all’improvviso, deve manifestarsi quanto meno nel modo piu’ ovvio in un fluido: variazione della densita’ (se pero’ vogliamo decidere di violare il secondo principio della termodinamica…tanto la abbiamo fatto gia’ tante di quelle volte con l’AGW che una piu’ una meno). SE pero’ mi vari la densita’ vai a mettere proprio il coltello nella ferita piu’ profonda di tutto il quadretto: la variazione del livello dei mari non si e’ neppure lontanamente avvicinato alle previsioni.
    Non vorrei fare un’altra previsione che poi si avvera, ma a quando un nuovo papero scientifico su: Iniezione di vapor d’acqua a profondita’ oceanica nel magma e’ la spiegazione dell’aumento dell’attivita’ eruttiva dei vulcani …?

  2. gbettanini

    A proposito del ‘giro d’affari a livello modiale’ vorrei fare una cosiderazione assolutamente a-cefala in quanto assolutamente ascientifica e che sfocia nel complottismo (cosa che detesto in quanto sottointende sempre e comunque vuoti di cultura o di pensiero).
    Ma leggendo la cronaca di questi giorni mi viene da pensare…. non è che le grosse bache da’affari, ‘condannate’ per definizione a raddoppiare i propri utili ogni anno, essendosi viste sfuggire di mano quello splendido giocattolo dell’ AGW/Carbon Trading che avrebbe fatto girare a regime 2000 miliardi di € all’anno si stanno dedicando alla speculazione sulla stabilità dei paesi più deboli dell’area euro (noi compresi?).

    • Mi sembra un tantino OT, non trovi?
      gg

  3. Bernardo Mattiucci

    La realta’, unica e inconfutabile, e’ che tutto cio’ che ruota itorno al Global Warming Antropogenico, e’ servito solo per creare un pauroso quanto enorme giro d’affari a livello mondiale…. perpetrato mediante la compra-vendita di CO2, certificati verdi e roba simile. Tutto qua!
    Questi personaggi, che noi pensavamo fossero scienziati, hanno lucrato sulla fiducia che noi riponevamo nei loro confronti e nei confronti del loro operato.

    Ora, semplicemente, i nodi stanno venendo al pettine.
    E quando, tra qualche anno, la gente si rendera’ conto che invece che al Global Warming assisteremo ad un Global Cooling, allora per queste persone sara’ meglio che qualcuno abbia inventato il teletrasporto. Non oso immaginare che fine faranno!

    @Bernardo
    Nessuna fine, questi presagi li lasciamo volentieri agli esperti di prognosi centenarie.
    gg

  4. Claudio Costa

    Segnalo un documentario meraviglioso sul sole che ho visto oggi dopo pranzo.
    Su national geographic channel si chiama UNIVERSE: IL SOLE
    è in replica venerdì all’1,15 e poi di notte.
    Lo registrerò perchè è molto bello e spiega le teorie di quelli che indicano nell’influenza del vento solare sulla nuvolosità l’amplificazione del riscaldamento o viceversa.
    Questo si che potrebbe spiegare il calore mancante.

  5. Caro Guido,
    questa storia del calore che manca, che si è rifugiato nelle profondità abissale, pronto a tendere un agguato ai poveri fessi che vivono in superficie è una fandonia così colossale che getta discredito su tutta la comunità (pseudo)scientifica che la propone e la pubblica.
    Ammesso e non concesso che, per virtù divina, il calore sia sceso negli abissi, saltando lo strato superficiale, è falsa l’affermazione di Trenberth & C. che la cosa non sarebbe misurabile.
    Si misura eccome!
    Aggiungere joule alle profondità degli inferi ha un effetto fisico facile, facile: la dilatazione.
    Se l’oceano aumentasse il suo contenuto energetico, sopra, sotto, in mezzo, nelle fosse, in superficie, a -3000 o a -3001 , si assisterebbe in ogni caso ad un incremento del livello del mare.

    Da qualunque parte la si guarda, dal sistema Argo, dai satelliti, anche dalle sst, il responso è solo e solo uno: in questi anni non si è accumulata energia nel sistema, nada, nisba, niente!
    Il suo lavoro non avrebbe dovuto passare la revisione dei colleghi ed ottenere la pubblicazione.
    Per quanto riguarda la figura che hai messo sopra, sulla variazione del contenuto energetico, ai disperati (se non ricordo male in questo caso si tratta di Levitus & C.) non è rimasto che fare quelle variazioni incredibili nel passaggio dal sistema precedente a quello attuale (Argo) nel 2003.
    E’ tutto così ridicolo che penso davvero che abbiano perso, se l’hanno mai avuto, un barlume di razionalità!

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