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Mese: Ottobre 2011

Comunicazione efficace, ovvero, per rinfrancar lo spirito

Dalla rassegna quotidiana di Science Daily di giovedì scorso. Per dilettare il vostro week end, qualora mai aveste deciso di trascorrerlo senza un po’ di sana contrizione, di consapevolezza elle vostre colpe e di fiducia nei salvatori della patria.

Prehistoric greenhouse data from ocean floor could predict Earth’s future, study finds

New research indicates that Atlantic Ocean temperatures during the greenhouse climate of the Late Cretaceous Epoch were influenced by circulation in the deep ocean. These changes in circulation patterns 70 million years ago could help scientists understand the consequences of modern increases in greenhouse gases.

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Temperature stabili e scienziati turbolenti

Ok, i giorni passano e l’operazione di ricalcolo delle temperature medie superficiali relative alle sole terre emerse portata avanti dal gruppo Berkeley (BEST) si sta rivelando per quello che è. Un’ottima pietanza per i media, una stampella per i traballanti negoziati che vedranno l’ennesimo nulla di fatto a Durban, una bombola di ossigeno per il moribondo movimento che promette di salvare i Pianeta da un disfacimento climatico che non c’è.

Troppo? No, perché questa non è la mia opinione. Questo è quello che viene da pensare nel vedere che la critica più feroce e più autorevole al lavoro del gruppo viene da dentro il gruppo stesso.

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Nulla di nuovo sotto la pioggia”, purtroppo!

“Ci dicono «visionari» se difendiamo i boschi. Antico flagello, in Italia, quello dei fiumi in piena. Si legge in Strabone della grande quantità d’acque che recavano giù dai monti dell’Appennino l’Arno ed il Serchio, che allora si congiungevano presso Pisa; e quando erano gonfi, scrive l’antico geografo, “alla confluenza, l’acqua dell’uno contrastando a quella dell’altro, la corrente cresceva tanto d’altezza clic da una riva non si poteva vedere chi stesse su quella dirimpetto”. E poiché gli abitanti alzavano argini con dighe per timore di essere inondati, i due fiumi fecero solenne promessa che non avrebbero più invaso le campagne; «e mantennero l’impegno-». Ma allora i fiumi erano dei e si poteva trattare con essi. Anche il Tevere, scrisse Plinio un secolo più tardi, usciva sì ogni tanto ad allagare la città, «ma piuttosto come profeta e ammonitore, più per richiamare al timore degli dei che per minacciare disastri ».

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Italia e eventi estremi: una serie di quesiti.

Le agenzie di stampa sono inondate da dichiarazioni a dir poco preoccupanti. Gli eventi disastrosi della Riviera Ligure e della Lunigiana sono da ascrivere al riscaldamento globale. A livello regionale l’Italia, immersa nell’hot spot del Mediterraneo, avrebbe visto tra l’altro un aumento delle temperature ancora più incisivo, sia sulla terra che sul mare. Questa è considerata essere una evidenza di questa relazione di causa effetto.

Luca Mercalli, Vincenzo Ferrara, Stefano Caserini, e, nei giorni scorsi, Massimiliano Pasqui e Giampiero Maracchi. Con argomentazioni molto simili hanno tutti messo in evidenza il problema. Piove più forte perché fa più caldo e perché il mare è più caldo.

A tutti questi seri professionisti faccio una serie di domande che spero non cadano nel vuoto:

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Mirror posting: La “Borsa dell’ambiente” paradosso ecologista

La superficie boschiva italiana è in costante aumento. Ormai siamo a quota 10,6 milioni di ettari, con una crescita negli ultimi 25 anni del 19 per cento. Questo patrimonio, se utilizzato al meglio e in modo corretto, potrebbe rappresentare una grande opportunità. Maurizio Gardini, presidente di Fedagri, parte dai numeri: «La superficie boschiva italiana copre ben il 34,7% del territorio nazionale, una percentuale superiore a quelle di Paesi tradizionalmente considerati “verdi” come la Germania (31%) o la Francia (28,6%)».

E’ difficile far credere alle persone ormai convinte dell’imminente catastrofe ambientale che in Italia la superficie forestale da anni è in costante aumento, è opportuno quindi segnalare che i dati riportati sopra hanno finalmente trovato spazio, dovremmo scrivere purtroppo solo, sul sito del quotidiano “Terra” dei Verdi il 14 ottobre 2011, in un articolo a firma di Michele Fiorito.

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L’ora delle bollicine

Si stappa lo champagne dalle parti di Nature. Dopo un primo post opinione cautamente ottimista, non ce l’hanno fatta proprio più e sono partiti i festeggiamenti:

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Results confirming climate change are welcome, even when released before peer review.

Il riscaldamento globale sta realmente accadendo – sul serio. Non c’era alcuna cospirazione o insabbiamento. Il peer review non ha fallito e gli scienziati che hanno trascorso decenni di lavoro cercando il modo migliore per gestire ed elaborare i dati si sono rivelati il modo migliore per gestire ed elaborare i dati, dopo tutto. Grazie, studio del Berkeley sulla temperatura superficiale della Terra (BEST).

I quattro lavori rilasciati la scorsa settimana dai migliori team della University of California, Berkeley, sono di indubbio interesse per i media, dato che sostengono ciò che viene rappresentato come la posizione del mainstream scientifico sul cambiamento climatico. Essi potrebbero anche rivelarsi attrattivi in politica, soprattutto negli Stati Uniti, dove avrebbero potuto essere utilizzati per combattere le affermazioni dei Repubblicani, che hanno effettivamente gettato via la scienza del clima. Ma la conclusione scientifica principale, che un secolo e mezzo di misurazioni strumentali confermano una tendenza al riscaldamento, è, beh, un po’ come un 1990 (fine della guerra fredda). […]
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E si continua a parlare di noi

Appena tre settimane fa abbiamo pubblicato un commento al rumore che sta facendo nel mondo scientifico il procedimento in corso nei confronti della Commissione Grandi Rischi per il terremoto in Abruzzo del 6 aprile 2009.

In quella occasione abbiamo parlato di comunicazione del rischio spostando il problema sulle vicende climatiche. Roger Pielke jr qualche giorno fa ha fatto la stessa cosa, tirando identificando quelle che lui definisce – a prescindere dagli esiti del procedimento – le lesson learned di questa vicenda.

  1. Una efficace comunicazione delle sfumature e dell’incertezza è ne migliore dei casi difficile, e sussiste sempre un ampio spettro di vedute sullo stato della scienza.
  2. La faccenda diviene ancora più complessa quando c’è la comunicazione di un messaggio che può essere interpretato in un modo dagli esperti e in un altro dal pubblico.
  3. Il dibattito tra le previsioni e l’incertezza spesso finisce per offuscare realtà che sono ben più evidenti e cioè che la nostra ossessione per le previsioni nasconde verità che sono davanti ai nostri occhi.
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Ciliegie fuori stagione

Se chiedete a chi è convinto della totale o quasi responsabilità umana sui cambiamenti climatici se è anche favorevole al cibo a chilometri zero, risponderà sì senza esitare un attimo.

Provate però a chiedergli se gli piacciono le ciliegie. Otterrete un’altro sì. Un gradimento così sfrenato da non resistere alla tentazione.

Studi come quello di cui parliamo oggi dovrebbero avere la bontà di uscire solo a maggio, nel mese delle ciliegie, così sapremmo in anteprima di cosa si tratta.

Ecco qua, dal Blog di Roger Pielke jr:

Increase of extreme events in a warming world

 

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Scatta il merchandising e viene qualche dubbio

Continuano a fluire grandi quantità di informazioni dal Berkeley Group. L’ultima arriva dal sito web, è un video che ho intercettato anche su corriere.it e, naturalmente, su youtube. Mi ha particolarmente colpito un commento proprio sul media più frequentato: ‘Our World is coming to a point of NO-return 🙁 ‘.

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Il Medioevo in Patagonia

Una delle cose che pare siano scaturite dalla rianalisi delle serie di temperatura sulle terre emerse operata dal Berkeley Group, è che in un contesto di trend in aumento a scala globale, le oscillazioni a scala spaziale più limitata appaiono in molti casi in contro-tendenza. Questo non stupisce, dal momento che le dinamiche del clima conservano ancora molti segreti, specie in termini di variazioni di medio periodo.

Il discorso appare ancora diverso a scala locale. Tuttavia, è per certi aspetti stupefacente come, anche con queste premesse, ci siano alcune informazioni tipicamente ‘locali’ che recano indelebili i segni di quelle che si ritiene siano delle variazioni climatiche di respiro globale. E’ il caso del ghiacciaio Jorge Montt in Patagonia. In questo studio

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@climatemon

[image link=”http://www.climatemonitor.it/wp-content/uploads/2011/10/logo_twitter_withbird_1000_allblue.png” lightbox=”true” box=”content-one-half” align=”center” shadow=”thin”]http://www.climatemonitor.it/wp-content/uploads/2011/10/logo_twitter_withbird_1000_allblue.png[/image]Come avrete già notato sulla barra laterale destra e in calce a questa pagina, viene riportato il flusso di informazioni…

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Scettici siete, scettici resterete. Ora si può.

Ci stiamo girando intorno da qualche giorno. L’amico Teo ha detto che studierà e, se del caso, rivedrà le sue posizioni sul peso che può aver avuto nel computo dell’aumento delle temperature medie  globali l’effetto riscaldante delle aree urbanizzate. L’amico Donato si è detto tutt’altro che sorpreso, come molti altri, dalle affermazioni di base delle quattro draft presentate dal Berkeley Group. L’amico Maurizio, come sempre piuttosto disincantato, ha voluto sottolineare gli aspetti a suo dire poco corretti dell’aver provocato un battage mediatico sulle proprie conclusioni prima di averle sottoposte a revisione.

Ma il succo qual’è?

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Alla scoperta del Pianeta caldo

È in corso uno sforzo considerevole da parte di molte persone (tra cui il Dr Richard Muller), per ritrarre le pre-pre-pre-pre-pubblicazioni del gruppo BEST come una sorta di colpo mortale allo scetticismo climatico, come se tutto il dibattito sia stato un match sportivo, e tutti i partecipanti incasellabili in due campi opposti: qui, gli scienziati nobili che scoprono il mondo si sta riscaldando, di là, gli scettici ignobili che fanno finta che il mondo non si stia riscaldando.

Naturalmente, si tratta della solita e grossolana (e vetusta) propensione alla menzogna..

Come faccio a saperlo? Lo so dalla pagina “About” del mio blog Omniclimate – The Unbearable Nakedness of Climate Change. Perché? Poiché quella pagina non contiene solo un mio modestissimo contributo, ma anche una lunga citazione di Willis Eschenbach, noto e prolifico blogger climatico.

All’epoca notai come si trattasse di un’argomentazione semplicemente appropriata, informata, breve e diritta al punto, quanto di meglio dunque per descrivere quasi tutti i miei sforzi futuri nel blog.

Luogo e data di pubblicazione originale? Il gruppo yahoo “ClimateSceptics“, Lun 22 Ott 22, 2007, 12:22:

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