Dieci e Lode a Piero Vietti, giornalista e blogger del Foglio, che evidentemente non va in ferie o se ci va lo fa secondo la moda del momento, cioè con il pc collegato in wifi sulla spiaggia. Il giornale su cui scrive ed il suo blog, sono stati infatti gli unici a sottolineare il “naufragio estivo” (perdonate l’allusione) del famigerato Climate Bill americano.
La legge che doveva fornire alla nazione che più emette venefici gas climalteranti gli strumenti operativi per abbatterne le emissioni non ci sarà, almeno per tutto il 2010. Non stiamo facendo della facile esterofilia, è un fatto che senza la “collaborazione” degli Stati Uniti, nessun accordo locale o globale, di ampio respiro o asfittico che possa essere sarà mai raggiunto.
Nonostante ciò a Bonn sono ripresi i negoziati preparatori al prossimo megasummit di Cancun, e da lì, proprio i rappresentati degli Stati Uniti fanno sapere di essere intenzionati a tener fede al loro proponimento di ridurre le emissioni di CO2 del 17% rispetto ai livelli del 2005. Che non è neanche lontanamente paragonabile a quanto sarebbe loro richiesto di fare nell’ambito del moribondo Protocollo di Kyoto (che del resto gli USA non hanno mai ratificato), che non è certamente la riduzione dell’80% entro il 2050 prevista nel corpo del defunto progetto di legge, ma che vuol dire semplicemente BUS, ovvero Business As Usual, nel solco del normale iter di decarbonizzazione che i processi produttivi stanno già avendo secondo convenienza. Perchè le centrali a carbone di oggi non sono quelle di ieri, perché si è deciso di tornare (seppur molto sommessamente) a dare impulso all’energia nucleare, e perché volente o nolente il Business è soprattutto sulle fonti rinnovabili, che vanno accudite, coccolate e adeguatamente sostenute onde evitare che perdano la battaglia dei costi di produzione che le vede necessariamente perdenti nel confronto con tutte le altre fonti energetiche.
Questo è un punto particolarmente interessante, perché nel dare comunicazione delle intenzioni, sembra sia stato anche detto che con una legge sarebbe stato più facile, ma anche senza, si cercherà di dar comunque seguito ai proponimenti attraverso meccanismi di diverso genere.
Sarà per questo che la CO2 è stata “per legge” inserita tra i gas velenosi, con buona pace della biosfera che con la CO2 ci campa. Sarà per questo che appena qualche giorno fa la NOAA ed il Met Office (USA e UK) hanno proclamato per l’ennesima volta che non c’è più nulla da discutere, il global warming è una realtà incontrovertibile, punto. Perdonate l’uso della lingua originale: so what? O, se preferite, embè? Non mi pare che nessuno l’abbia mai messo in dubbio, il problema semmai è quanto, come e perchè. Oppure sarà per questo che è puntualmente arrivato l’ennesimo studio, ovviamente ripreso dai media di tutto il mondo, che spiega come l’energia solare abbia già dei cicli produttivi con costi al Kw più bassi dell’energia nucleare. Con buona pace della matematica, che in materia di energia e soprattutto di clima è sempre più un’opinione, troviamo ancora sul foglio un significativo intervento di Carlo Stagnaro, che in poche righe ci spiega che non è così, ovvero lo è soltanto in parte e soltanto se si tiene conto degli incentivi che tutti gli stati elargiscono a quanti si gettano nel Business (appunto!) delle fonti rinnovabili.
E così, la prossima kermesse climatica di Cancun è morta prima di essere concepita. Nessun accordo sarà possibile, però si cercherà comunque muovere un po’ di quattrini, ovvero Business As Usual.
[…] Da un intervento di Carlo Stagnaro su Il Foglio e sul sito web dell’Istituto Bruno Leoni, abbiamo anche capito che i conti fatti in quello studio tornavano soltanto in parte e soltanto se si teneva conto dei poderosi incentivi di cui gode l’impiego dell’energia solare (qui su CM). […]
Segnalo questo articolo sul Corsera, a proposito di uno studio che dimostrerebbe (per la verità, è solo un modello, mi pare senza nessuna verifica sperimentale) che il biodiesel ottenuto dalle alghe o produce più CO2 del gasolio ottenuto da risorse fossili o consuma troppa acqua:
http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/energia_e_ambiente/10_agosto_02/biodiesel-alghe-verdi_6e7198cc-9e18-11df-a94c-00144f02aabe.shtml
Con buona pace di Craig Venter, tanto per dire. Ora, sarà vero o non sarà vero, ma mi chiedevo che impatto hanno queste notizie, nel contesto sensazionalista a cui siamo abituati, sull’uomo della strada. Un giorno gli dicono: urka, uno scienziato ha ricreato la vita in laboratorio (e già è un’iperbole) e la userà per produrre biocarburanti risolvendo il problema energetico e della CO2. Il giorno dopo gli dicono che non è possibile. Un giorno uno dice che il solare è la soluzione, dati alla mano; l’altro giorno gli dicono che non è possibile, dati alla mano. Ogni comunicazione sui giornali (ovviamente non ci riferiamo a questo blog) assume il tono dell’assoluto. Questa ovviamente non è la vera scienza (& tecnologia) che procede per trial & error ed approssimazioni successive. Ma pare che nessuno riesca a rendere questo aspetto fondamentale. A me pare che la conseguenza è che l’uomo della strada, confuso, correrà subito a leggere la pagina sportiva ed il danno è enorme.
Caro Fabrizio,
la faccenda dei biocarburanti è la prova provata il target è il business, altro che abbattimento delle emissioni.
gg