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Un futuro di realtà virtuale o di realtà osservata?

Il prof. Angelo Rubino, della Cà Foscari di Venezia, mi ha mandato le coordinate di un suo recente lavoro pubblicato sul Theoretical and Applied Climatology con cui affronta, in modo molto articolato, il tema delle “previsioni” e “proiezioni” climatiche, sottolineandone le differenze e individuandone i limiti.

La sua proposta, come leggerete già nell’abstract, ma che si può esaminare più approfonditamente scaricando l’articolo, è soprattutto quella di aumentare la nostra capacità di comprendere lo stato attuale del sistema, attraverso l’implementazione di programmi che accrescano la capacità osservativa indirizzando meglio e diversamente le risorse per la ricerca, in presenza di limiti forse invalicabili della previsione numerica nel medio e lungo periodo climatico.

Basandosi su questioni recentemente sollevate circa il futuro della scienza del clima, si presenta una discussione critica che abbraccia gli aspetti cruciali della comunicazione tra scienziati del clima e laici, della confusione dei ruoli che le dichiarazioni possono esercitare sui possibili progressi nella ricerca sul clima e sulle priorità scientifiche nel campo della scienza del clima. Si comincia distinguendo tra le diverse applicazioni dei modelli climatici e individuando usi che generano confusione delle parole “proiezione” e “previsione” nelle recenti discussioni sulla modellistica climatica. I modelli numerici come quelli utilizzati nelle simulazioni climatiche non sono assimilabili a vere teorie, né i risultati ottenuti possono essere considerati alla stregua di prove veramente sperimentali. Quindi, è difficile immaginare la possibilità di condurre esperimenti cruciali attraverso i modelli climatici. L’aumento della complessità e della risoluzione dei modelli, anche se indubbiamente utili per molte applicazioni correlate a una più profonda comprensione del complesso sistema climatico e fonte di notevole miglioramento delle previsioni a breve termine, non sono destinate a cambiare questo limite fondamentale, per affrontare l’impossibilità di prevedere forzanti del clima di primaria importanza e di facilitare il confronto dei risultati con le osservazioni. Infine, come esempio che descriva possibili alternative allocazioni di risorse, si propone di dedicare più energie per rafforzare la parte osservativa della ricerca sul clima, per concentrarsi sulle previsioni a medio termine, e per attuare una nuova politica di impiego degli scienziati del clima. In particolare, attraverso una accresciuta e veramente globale rete di osservazione del clima in situ e remotizzata, potrebbero emergere esperimenti cruciali per invalidare le basi fondamentali della congettura di profondi cambiamenti climatici di origine antropica, che, come noto, si basa soprattutto su di un’alta sensibilità climatica simulata con modelli numerici.

In poche parole, ma quelle di Angelo Rubino sono molte di più, il problema continua ad essere sempre lo stesso. Il sistema non è noto quanto dovrebe esserlo al fine di tentarne la simulazione. E anche lo fosse, le sue caratteristiche dense di fattori non predicibili in quanto caotici, renderebbero quindi impossibile determinarne il futuro a lunga scala temporale. Meglio, molto meglio concentrarsi sull’attualità e sulla previsione a breve-medio termine.

Un lavoro interessante di cui vi consiglio la lettura.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

7 Comments

  1. Crescenti Uberto

    Sono geologo e quindi abituato a studiare il passato del nostro Pianeta. Da diversi anni mi occupo in particolare del problema del AGW. Non ho competenza sui modelli matematici, che anche a detta di esperti non possono darci previsioni certe o comunque attendibili data la complessità del sistema climatico da indagare. Sono sempre iù convinto che lo studio del passato, o meglio del comportamento climatico nel passato del nostro Pianeta affrontabile con le metodologie delle scienze della Terra e della storia del clima, possa permetterci di tentare (ma solo tentare) le previsioni future. Poichè nel passato il clima è sempre cambiato, anche nel breve termine del trascorso millennio ( ved. il riscaldamento medievale e la piccola era glaciale) ritengo che la responsabilità dell’Uomo nei confronti del tanto vituperato attuale riscaldamento globale sia del tutto marginale se non addirittura inesistente. Per questo appartengo alla numerosa schiera degli scettici.
    Uberto Crescenti

  2. Donato

    Le tesi del prof. Rubino mi confortano e mi incoraggiano a proseguire nel tentativo di comprendere (a livello divulgativo, ovviamente) le cause del riscaldamento globale. Non sono e non sarò mai un climatologo ma, sono sempre stato curioso e mi piacerebbe, un giorno, comprendere se le attività umane sono state, sono e saranno capaci di produrre il “disfacimento climatico” del nostro pianeta. Leggendo quanto viene riportato sui vari blog in merito alle tesi dei vari climatologi, sembrerebbe che ormai tutto è chiaro e limpido (“settled”, mi sembra si dica) per cui lo scettico è un bastian contrario (come dice qualcuno “istruito, non fesso ma….”) dannoso per se stesso e per l’intera società. Anzi se non parlasse proprio sarebbe meglio perché eviterebbe di disinformare (o peggio di “mistificare”). Sentire un climatologo che avanza qualche dubbio sulla capacità dei modelli di prevedere scenari a lungo termine è veramente un sollievo.
    In merito all’altro argomento toccato dal prof. Rubino (lo status dei ricercatori) concordo pienamente circa la necessità di invertire la tendenza. Anzi io sarei dell’avviso di cambiare radicalmente direzione. E’ risaputo che l’età giovanile è quella in cui è maggiore la produttività scientifica dei ricercatori. Condannarli, in questa fase molto importante della loro carriera, a preoccuparsi più della pagnotta che della ricerca è un vero e proprio crimine. Io sogno un mondo della ricerca in cui i più capaci vengano messi in condizione di operare in maniera ottimale garantendogli un tenore di vita non principesco ma decoroso ed allineato a quello degli altri Paesi del mondo. Un mondo accademico in cui chi insegna viene pagato mentre chi non insegna e non fa ricerca cambia lavoro o va in pensione. Un mondo della politica che ponga al primo posto nella sua agenda l’istruzione dei suoi cittadini, la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica. Purtroppo, almeno per ora, sono solo sogni. Spero di poterli vedere realizzati nell’arco della mia vita.
    Ciao, Donato.

  3. angelo rubino

    Caro Guido, ti ringrazio per l’attenzione. Vorrei mettere in evidenza un aspetto, secondo me molto importante anche se non propriamente “scientifico”, che ho anche cercato di affrontare nel mio paper. Nonostante il vorticoso giro di danari che circonda la climatologia (soprattutto quella pro AGW…) poche persone possono poi davvero profittare del grande business. Infatti vi è la tendenza (non solo italiana…), sempre più marcata, ad assumere giovani ricercatori a tempo determinato, molto spesso senza un’effettiva possibilità di trasformare questi posti in “posti fissi”. In altri termini: da una parte si vorrebbe che i migliori cervelli si dedicassero allo studio del clima, dall’altra a questi “geni” si offre, in genere, precariato a vita mal pagato . Anche qui, secondo me, servirebbe un’inversione di tendenza…
    Grazie e a presto.
    Angelo

    • Alvaro de Orleans-B.

      Il Prof. Rubino accenna ad uno dei temi che avranno più influenza sulla nostra qualità di vita futura, la cattura e ritenzione del talento scientifico.

      In Cina, a Wuhan, ho visto anni fa un quartiere di ville principesche destinate a “catturare” ed ospitare i migliori professori cinesi di Harward, Berkely, MIT, ecc., per accelerare il tasso di ricerca ed innovazione dell’economia cinese dal 2005 in poi.

      In Europa facciamo quello che ha perfettamente descritto il Prof. Rubino nel suo commento.

      Quale paese futuro vi ispira più fiducia?

    • Ognuno c’ha i suoi guai, Alvaro, non fasciamoci la testa prima del tempo…

    • Maurizio Rovati

      Temo che neppure il posto fisso sia garanzia di una scienza indipendente.

      Come, per esempio nella pubblica amministrazione o in un’azienda privata, è illusorio credere che una retribuzione commisurata o più alta di quello che ci si aspetta conduca a una diminuzione della corruzione, è altrettanto illusorio sperare che una ricerca scientifica riccamente sovvenzionata, sia libera da condizionamenti.

      Invece è vero che più i sistemi sono autoreferenziali e i controlli labili, più la tendenza a degenerare prenderà il sopravvento, specialmente in presenza di forti stimoli, interni o esterni, sia di potere che economici.

      Si veda l’ultima reprimenda della Corte dei Conti al CNR:

      “MILANO – Che il Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) fosse in rosso era già tristemente noto. Ma il documento riservato a firma del Ragioniere generale dello Stato, Mario Canzio, già inviato per le opportune verifiche alla Procura generale della Corte dei Conti lo scorso 9 marzo, cade ora come un macigno sulla testa del fisico di fama e presidente del Cnr dal 2008, Luciano Maiani. Il linguaggio è quello degli ispettori della finanza. L’oggetto sono i soldi pubblici. E come in un copione consunto il contenuto sembra iscriversi a pieno titolo al capitolo «sprecopoli». Insomma, non ci sono solo i tagli anoressici assestati dal governo Berlusconi alla ricerca in questi ultimi anni tra le cause del rosso.
      Qui la lista dei casi di malagestione è impressionante: «Inattendibilità della rappresentazione finanziaria risultante dal bilancio di previsione», anche per «l’abnorme numero di variazioni di bilancio (circa 10 mila ogni anno), talune delle quali successive alla fine dell’esercizio». Con il risultato che tra bilancio previsionale, quello conclusivo e le somme effettivamente accertate dagli ispettori balla un quarto del totale a causa della pratica di «escludere buona parte degli introiti che gli Istituti sono in grado di acquisire all’esterno per finanziare le ricerche»; ancora, «gravi irregolarità nell’utilizzo di alcuni immobili», un patrimonio che nel 2009 risultava di 646 milioni di euro. E non solo per il caso, già emerso, del complesso in località Anacapri, da adibire a un centro congressuale a livello internazionale che mai è stato avviato e mai ci sarà visto che – a soli due mesi dalla fine del restauro costato al ministero dell’Istruzione 2,48 milioni – il board del Cnr aveva deliberato che «la struttura non risultava funzionale alle esigenze dell’ente» (le aste per la cessione sono andate tutte deserte). Spunta ora un «mancato utilizzo di finanziamenti sempre del Miur per la ristrutturazione di un edificio situato in località Calata Porta di Massa, Napoli». Si tratta di 12,271 milioni che dovevano servire per il completamento della ristrutturazione dell’Istituto per l’ambiente marino costiero. Lavori lasciati a metà a causa dell’occupazione abusiva da parte di una ditta privata, l’Officina meccanica Fratelli Solla, srl. Una situazione che va avanti dal 2006. Ci sono poi gli appartamenti romani venduti dal Cnr nel 2006 e ripresi in affitto con un costo che negli ultimi quattro anni è stato di 7,9 milioni, un quarto di quanto incassato: una gestione del tutto antieconomica…”

      Il seguito presso:
      http://www.informarmy.com/2011/05/gli-sprechi-del-cnr.html

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