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Oceani e calore, la ricerca continua.

Sembra una caccia al tesoro, anzi, lo è. Rappresentata in modo allegorico la faccenda del calore scomparso può essere messa così: una freccia di qua, un certo numero di passi di là, salire su un albero per guardare in una certa direzione e, all’incrocio dell’ombra di due rocce lontane c’è la x. Scavate una buca e troverete la ricetta per l’AGW.

Già, perché dopo aver detto a tutto il mondo di esser certi di averla trovata, i sostenitori dell’ipotesi aiuto-finiremo-tutti-arrosto, si sono dovuti arrendere al fatto che perché si possa parlare di arrosto il fumo non basta, ci vuole anche la carne. Nella fattispecie la carne non c’è, visto che il mondo non si sta scaldando quanto i modelli di simulazione prevedono e visto che proprio non si riesce a capire dove diavolo sia andato tutto quel calore che, ancora una volta i modelli dicono sia stato comunque trattenuto dal sistema per effetto dell’incremento dell’efficienza dell’effetto serra.

Roy Spencer è un convinto sostenitore del fatto che non ci sia nessun arrosto sul fuoco, ed è anche una delle fonti da cui più assiduamente prendiamo spunto per i nostri post.

Un paio di giorni fa anche lui è tornato sull’argomento oceani e calore. Lo ha fatto mettendo all’attenzione dei suoi lettori due articoli di recente pubblicazione sul GRL (qui il comunicato stampa):

Del primo abbiamo già parlato in questo post. Circa il secondo mi vengono ho alcune considerazioni che vorrei condividere con i lettori. Prima di farlo però, vediamo cosa ne pensa Spencer. Questo che segue è il titolo del suo post:

A Step in the Right Direction: Backing off of Anthropocentrism in Climate Research

Dunque, un passo nella giusta direzione. Perché? Beh, dal sostenere che le oscillazioni della temperatura del più grande serbatoio di calore del mondo – l’Oceano Pacifico- fossero importanti soltanto per la variabilità interannuale ad ammettere che hanno un ruolo importante a scala decadale c’è una bella differenza. Come? Una decade è comunque un’inezia per il clima? Vero, ma ho come l’impressione che questa limitazione temporale scaturisca dal fatto che è appunto una decade che il sistema ha deciso di fregarsene delle previsioni e andare per conto proprio. Perché si arrivi ad ammettere che le decadi potrebbero essere due o magari tre, basterà aspettare.

Restano comunque irrisolte alcune questioni, proprio come scrive Spencer:

  1. Sembra che nei modelli di simulazione delle oscillazioni di ampiezza decadale siano comunque visibili. Bene, per quale ragione abbiamo dovuto attendere che il mondo smettesse di scaldarsi per ammetterlo?
  2. I dati osservati nei primi 20 anni del record disponibile sono in totale disaccordo con le simulazioni, nessun riscaldamento per i primi, calore che aumenta per le seconde. La spiegazione è che i dati più vecchi sono inaffidabili, quindi, meglio non tenerne conto. Scommettiamo che se nella loro inaffidabilità avessero mostrato un riscaldamento sarebbero stati presi per buoni?
  3. Si afferma che l’occorrenza di eventi di El Niño inneschi una maggiore perdita di calore dello strato superiore dell’oceano verso lo spazio. Allora perché dopo l’innesco dell’evento si osserva un riscaldamento dello strato tra 0 e 700 metri di profondità? Vuoi vedere che alla fine quando arriva El Niño l’oceano nel suo complesso finisce per raffreddarsi invece di scaldarsi, e questo perché lo dicono i modelli?

Già, le simulazioni. Su queste si basa praticamente tutto il secondo articolo segnalato. Gli highlights sono sostanzialmente i seguenti:

  • Le oscillazioni decadali delle temperatura di superficie degli oceani forniscono informazioni solo marginali circa la radiazione totale che esce verso lo spazio.
  • Il livello di informazione migliora impiegando dati sul contenuto di calore nelle profondità oceaniche.
  • E’ necessario migliorare il livello di conoscenza delle dinamiche oceaniche per comprenderne il contributo al sistema.

Modelli o no, su queste cose non si può che essere d’accordo. Al pari delle temperature di superficie globali o sulla sola terraferma, le temperature di superficie del mare non rappresentano, né potranno mai farlo, l’integrale del sistema. Scendendo in profondità si osserva cosa accade su tre dimensioni, così come l’atmosfera deve essere necessariamente investigata lungo l’asse verticale. Infatti scendendo in profondità si scopre che quel riscaldamento che avrebbe dovuto lasciar traccia del cammino del calore dalla superficie agli abissi non ha lasciato traccia negli strati superiori. Che si fa? Si segue il terzo highlight. Si osserva di più e meglio.

Un altro punto a favore (o se preferite un passo nella giusta direzione) del fatto che questa scienza è tutt’altro che definita.

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