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Bandiere al vento

Qualche giorno abbiamo dedicato qualche riflessione ad una delle ultime uscite di James Lovelock, uno che di ambiente se ne intende, ma anche uno che evidentemente non riesce proprio a dire cose normali. Nel nostro articolo abbiamo riportato la sua recente conversione al nucleare ed i suoi anatemi contro una scienza troppo modellistica e non più sperimentale. Ora troviamo una sua affermazione riportata dal Guardian e ripresa dal il Riformista: Secondo lo scienziato inglese l’assillante propaganda di chi promuove l’energia derivata dal vento è una forma di fascismo eolico. Va giù duro James, e c’è da sperare che abbia voluto ricorrere ad un tale paradosso solo per assicurarsi che il messaggio arrivasse. Però, nello stesso articolo troviamo anche alcune informazioni un pò fuorvianti che giungono a sostegno della presunta inutilità di far ricorso in modo massiccio a questa risorsa enegetica.

Secondo chi firma l’articolo, puntare ad un misero 6% del fabbisogno nazionale (tanto si riuscirebbe a fare con la forza di Eolo) tappezzando il paese di torri eoliche sarebbe improduttivo soprattutto alla luce di un rateo di crescita annuo del fabbisogno del 2,8%. Un rateo che si ritiene sia basato essenzialmente sullo spreco, per cui si suggerisce che una sana politica di ammodernamento della rete sarebbe molto più produttiva, perchè garantirebbe addirittura un risparmio del 15%. Messa così non fa una piega. C’è da dire però che è alquanto improbabile che il rateo di crescita del fabbisogno sia solo dovuto agli sprechi, certamente non diventiamo più bravi ma neanche più spreconi ogni anno che passa. Ci sta pure che crescano le esigenze di un paese in (pur se limitata) crescita. Quanto all’importante risparmio prospettato, è probabile che sia riferito al solo consumo domestico, che è una parte, ma non la più pesante del fabbisogno. Il tutto condito da pesanti dubbi in ordine all’impatto ambientale delle diecimila e più torri eoliche attualmente in costruzione e/o progettazione in Italia. Il problema non è semplice e, se si vuole dichiararsi contrari, occorre dire le cose come stanno. Buttare lì due numeri senza chiarirne il significato è un pò troppo facile.

Nel seguito dell’articolo in pratica si compie il medesimo errore, svelando di avere un approccio più ideologico che critico. La posizione è la seguente: l’energia eolica non è conveniente, ma siccome qui da noi c’è un sacco di gente che ci sta facendo i soldi, facciamo finta di non accorgercene. Anche perchè -lo leggiamo sempre nell’articolo- alcune testate giornalistiche fanno capo ad holding impegnate nel settore. Insomma, la colpa se non l’avete capito è dei padroni, tanto per cambiare. Per supportare questa tesi si snocciolano altri numeri e si danno spiegazioni. Per essere remunerativo un sito eolico deve poter contare su circa 2000 ore annue di vento compreso tra 15 e 80kmh. Leggiamo che queste condizioni in Italia sarebbero rare. Penso di poter dire che ciò non è affatto vero, almeno per quel che riguarda il centro ed il sud del paese. Al nord è un pò diverso, ma è pur vero che non è lì che ci sono gli investimenti più importanti.

Insomma il problema è controverso, siamo tutti daccordo che non è con l’eolico che si risolveranno tutti i nostri problemi, ma neanche si può serenamente buttare via il classico bambino con l’acqua sporca. Devo anche dire che su un punto mi trovo concorde con l’articolo, l’atteggiamento trasversale delle associazioni ambientaliste, alcune favorevoli, altre contrarie ed altre saggiamente sedute sulla riva del fiume, la dice lunga sul fatto che al riguardo i signori non hanno le idee molto chiare. L’impatto ambientale c’è ed è giusto tenerne conto, ma non si può neanche continuare con la vecchia storia dell’immobilismo e dei no ad oltranza, perchè sono proprio questi atteggiamenti ad averci portati dove siamo. E’ così difficile pensare che dove c’è il vento è giusto puntare sull’eolico, dove c’è il sole sul fotovoltaico, dove c’è l’acqua sull’idroelettrico e dove tutto questo non è possibile o per sopperire all’attuale scarsa efficenza di queste fonti si debba ricorrere ai sistemi tradizionali fossili o nucleari, con intelligenza e senza pregiudizi?

Il problema, come mi ha chiarito un amico che lavora in questo settore è strutturale: ad oggi ricavare energia dal vento non sarebbe conveniente se non ci fossero gli incentivi, essendo questi soldi pubblici, non c’è dubbio che possano gravare solo sulla collettività. Se qualcuno non se ne fosse accorto, l’energia, specialmente se prodotta da fonti rinnovabili, potrà soltanto costare di più e questa non è una buona notizia per un modello di società che poggia su una grande disponibilità di energia a basso costo. Non è un problema di padroni, padroncini o dipendenti, è un problema serio che dovrebbe far riflettere una volta di più sulla necessità di investire il poco che c’è per qualcosa di tangibile piuttosto che correr dietro alle molecole di CO2 come fossero farfalle.

 

NB: Un personale ringraziamento a Fabio Malaspina per la segnalazione.

 

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6 Comments

  1. Lorenzo

    @ Claudio

    E’ ovvio che l’energia prodotta dipende dalla ventosità del sito, una pala eolica a Milano sarà un pò meno redditizia che sulle higlands scozzesi :-). Ma suppongo che la IEA che fornisce le cifre che ho riportato (5 cents/KWh) abbia stabilito una ventosità standard su cui fare calcoli e confronti. Il calcolo dell’EROEI è bene lasciarlo perdere per il momento, basta dare un’occhiata alla voce su wikipedia per vedere come ogni istituto dà non un suo valore, ma un range di valori, anche piuttosto ampio e che talvolta neanche si sovrappone a quello degli altri istituti.
    Come hai detto tu, una pala nel punto giusto è un investimento intelligente anche senza incentivi, tant’è vero che con questi ultimi si ripaga nel giro di 3-4 anni, dopo i quali c’è solo da guadagnare.

    Il Kitegen è una promessa e tale resterà se nessuno avrà la lungimiranza di investirci (stato in primis). Io l’ho citato solo per far notare come sarebbero sufficienti poche risorse da puntare su una scommessa a mio (ma anche di chi è molto più esperto di me) parere facilmente vincente, che impiega tecnologie collaudatissime, solo utilizzate in modo rivoluzionario. Risorse che invece serviranno alle industrie per comprare quote di CO2 o allo stato per riparare i danni di un terremoto che sarebbero stati evitati con una vera attenzione al territorio in cui viviamo, al posto di un’ideologica, ambientalistica pretesa di cambiare un ipotetico ed imponderabile riscaldamento climatico futuro dai risvolti economici sconosciuti (che dunque potrebbero essere anche positivi).

  2. Angelo

    Credo sia necessario un distinguo!
    Relativamente al discorso kyte quando si parla di energia bisogna sempre fare distinzione tra soluzioni “industrializzate e testate sul campo” e soluzioni “sperimentali”.
    Con le prime si fa energia e si trovano banche disposte ad erogare finanziamenti, con le seconde forse si fa pure energia, ma bisogna tirare fuori i soldi dal pubblico (vari bandi di ricerca nazionali o europei) oppure di tasca propria. Il pubblico non ne ha più, quindi… L’idea può essere rivoluzionaria, ma quello del danaro è un vaglio molto vincolante.

    @Claudio
    Purtroppo senza incentivi (in conto energia, conto capitale o di tipo fiscale) non sta in piedi il bilancio della società che produce energia elettrica da eolico …

  3. Claudio Costa

    @ Lorenzo

    Purtoppo ci sono un paio di trucchetti per far sembrare l’eolico conveniente ad es si fanno i conti con la potenza installata e non con quella prodotta, che è 3-4 volte meno o si tira in ballo l’EROEI come se il costo della pala fosse solo imputabile all’energia per produrla ecc.
    Il kitegen per ora è solo una promessa

    Detto questo una pala messa nel punto giusto potrebbe essere vantaggiosa economicamente anche senza contributi

  4. Luca Galati

    Comunque il paradigma modellista e quello sperimentale non sono due cose distinte: infatti, nell’impossibilità di riprodurre fisicamente il sistema climatico in laboratorio per ovvi motivi e poter fare esperimenti, si ricorre ad un’ambiente virtuale, quale quello dell’elaboratore elettronico, dove sono inseriti tutti i processi fisici noti e modellizzati: grazie a questa rappresentazione si possono condurre ‘esperimenti virtuali’ cambiando i parametri del sistema. Questo è quanto ci dicono in ambito universitario.

  5. Luca Galati

    Certamente la ricerca sulle rinnovabili deve andare avanti e fa piacere sentire di nuove soluzioni efficaci; ciò che è sbagliato a mio avviso è bollare a priori le rinnovabili come anti-economiche: forse lo sono, ma solo per il momento.

  6. Lorenzo

    Che l’energia eolica non sia conveniente rispetto alle fonti tradizionali ho qualche dubbio. Molti studi parlano di circa 5 cents/KWh, assolutamente concorrenziale con l’energia di centrali termoelettriche a metano. E naturalmente tale valore è ancora in diminuzione poichè la tecnologia non ha esaurito tutto il potenziale evolutivo. Gli incentivi sono pensati soprattutto per micro e mini eolico che autoproducono energia per privati ed aziende (è chiaro che al diminuire della taglia della pala eolica diminuisce anche la sua economicità).

    Premesso questo, io credo che il vento vada cercato dove c’è, ovvero in quota, evitando così, tra le altre cose, di riempire il nostro territorio di pale eoliche. Sebbene a me non sembrino poi un così grave scempio, sicuramente non più dei tralicci dell’alta tensione, a cui ormai neanche facciamo più caso.

    Il più importante e avanzato progetto in tal senso (eolico d’alta quota) è tutto italiano. Si parla di sistemi dell’ordine del GW che occupano al suolo uno spazio non più grande di una normale centrale e una nofly zone sopra di essi simile a quella prevista per ragioni di sicurezza nelle centrali nucleari. Simulazioni hanno calcolato che una tale struttura, che occupi al suolo una superficie di 8 Kmq, produca energia elettrica con un costo di 1-1.5 cents/kw, meno della metà della fonte tradizionale più economica, il carbone (Fonte: http://www.kitegen.com/pdf/IEEECSM200712.pdf, pagina 14.)

    Il primo piccolo prototipo ha rispettato in pieno tutti i calcoli. Un secondo prototipo più completo è previsto per il 2012, finanziato dalla regione Piemonte.

    Se la cosa davvero funzionasse, sarebbero sufficienti 1-2 centrali siffatte per ogni regione italiana per soddisfare completamente il fabbisogno elettrico nazionale. Il costo di ogni centrale è calcolato essere circa 1/6 di una centrale nucleare di pari potenza.

    Altri articoli scientifici a riguardo sono questi:

    http://www.kitegen.com/pdf/ACCNewYork2007.pdf
    http://www.kitegen.com/pdf/IEEE200611.pdf

    Il sito generale del progetto è questo: http://www.kitegen.com.

    Un altro progetto innovativo per sfruttare l’energia eolica d’alta quota, sempre italiano, lo trovate qui: http://www.twind.eu/it/funzionamento.php

    Le possibilità ci sono, sono reali e non prevedono tecnologie fantascientifiche, solo buone idee. Manca la voglia di investirci. E forse anche qualche fan dell’AGW potrà capire la mia indignazione quando sento parlare di folli progetti per il geosequestro del carbonio, che tolgono risorse ad innovazioni che potrebbero risultare davvero geniali e pienamente risolutive.

    Perdonatemi la prolissità.

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