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Una foresta nel deserto

Ve la immaginate? Non un’oasi, ma una foresta vera e propria. Per di più sott’acqua. Tranquilli, abbiamo un’ondata di calore in arrivo ma non sono ancora stato sotto al sole più del dovuto. Queste considerazioni, così come il titolo di questo post, vengono da una news pubblicata sul sito della NASA e si tratta della descrizione dei risultati di un progetto di ricerca la cui pubblicazione è uscita su Science qualche giorno fa:

Massive Phytoplankton Blooms Under Arctic Sea Ice 

Nel video sotto ci sono delle belle immagini e degli highlights di questo studio.

Il progetto si chiama ICESCAPE e tra vari altri, aveva lo scopo di misurare la quantità di fitoplankton presente nelle acque dell’Oceano Artico sotto la coltre di ghiaccio. Un progetto coraggioso, perché si pensava che questi microrganismi, che sono alla base della catena alimentare, si sviluppassero solo nelle acque libere, quelle cioè che ricevono piena luce solare, ovvero il carburante necessario.

Pare non sia così. Gli scienziati americani hanno infatti osservato altissime concentrazioni di Fitoplankton fino a decine di miglia dal bordo del ghiaccio. Organismi vitali e in ottima salute, tanto che raddoppiano di numero in un solo giorno, diversamente da quanto osservato in acqua libera, dove il raddoppio della popolazione richiede solitamente 2/3 giorni.

Prima di giungere alle considerazioni finali e più ovvie, ossia che questa campagna di osservazione costituisce una novità e quindi forse quelle popolazioni ci sono sempre state e che quindi la loro reale consistenza potrebbe essere sottostimata addirittura di un ordine di grandezza, gli autori, nel press release della NASA così come nell’abstract del loro articolo, azzardano anche ipotesi di ‘colpevolezza’ per i cambiamenti climatici.

Sarebbe stata infatti la maggiore quantità di luce che riesce a penetrare sotto la coltre glaciale in ragione di un assottigliamento del ghiaccio e della formazione di più numerosi laghetti generati dallo scioglimento della neve a favorire lo sviluppo di questi microrganismi in zone dove si pensava che ciò non potesse avvenire.

La spiegazione è plausibile, ma c’è comunque qualcosa che non torna, ferma restando, naturalmente, la bontà della loro analisi che avrà sicuramente tenuto conto di quanto segue.

Nel comunicato stampa leggiamo che hanno fatto esplorazioni attraverso distese di ghiaccio spesse circa un metro. Tutto sommato non così sottile. Ma ammesso che comunque ci sia un numero superiore al passato di laghetti (che comunque non comunicano con l’acqua sottostante), mi viene da pensare che la luce che filtra, pur eventualmente aumentata, non può essere superiore a quella che filtra in acque libere. E allora perché la popolazione si sviluppa più rapidamente? C’è forse qualche altro fattore a facilitare lo sviluppo di queste specie?

E poi non si spiega perché questa vitalità, che è nuova in quanto mai osservata prima non perché se ne conosca in effetti il passato, dovrebbe costituire una potenziale minaccia per le specie migratorie. Gli autori scrivono: “Se il loro rifornimento di cibo [delle specie migratorie] fosse in anticipo, potrebbero perdere il traghetto”, cioè giungere in ritardo all’appuntamento con il picco di disponibilità di nutrienti. Sarà, ma forse conviene leggere quanto affermano alla fine: “A questo punto non sappiamo se questa esplosione di fitoplankton sia sempre accaduta nell’artico e semplicemente non l’avevamo mai osservata.prima”.

Ah, beh…

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Fonte dell’immagine in testa al post.

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Published inAttualità

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