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Sandy, una Tempesta Tropicale post mortem

In questo post del dicembre scorso avevamo ripreso e iniziato a trasportare nel contesto del nostro Paese le riflessioni di Roger Pielke jr sul tema della copertura assicurativa dagli eventi atmosferici estremi, un tema molto sentito negli Stati Uniti e del quale si comincia appena a parlare qui da noi.

 

Con riferimento ai danni provocati dall’uragano Sandy sulla costa est degli USA, avevamo letto di come fossero in corso gli studi per definire legalmente la classificazione dell’evento proprio ai fini dei rimborsi che le compagnie assicurative avrebbero dovuto concedere. Come molti ricorderanno, già a caldo era apparso chiaro che Sandy al momento del suo impatto sulla costa era stata declassificata al rango di Tempesta Tropicale, facendola rientrare nella categoria degli eventi per i quali non è prevista alcuna franchigia, diversamente applicabile invece con varie modalità per gli eventi classificati come uragani.

Ciò significa che se la NOAA tornando sull’argomento avesse portato nuovamente Sandy al livello 1 della scala Saffir Simpson, il livello più basso per gli uragani, si sarebbe aperto un grosso problema per quanti purtroppo hanno subito gli ingenti danni provocati dal suo passaggio. Sempre in quel contesto, la discussione ci aveva portati a riflettere anche sulla inopportuna “sorveglianza” che il potere politico USA aveva dichiarato di voler esercitare sulle decisioni dei tecnici, aprendo un problema non banale di potenziale condizionamento di decisioni che dovrebbero essere squisitamente tecnico-scientifiche.

 

Non è dato sapere se quel condizionamento ci sia stato o meno, o in quale direzione abbia eventualmente agito, fatto sta che ora Sandy è diventata ufficialmente una Post-Tropical Storm (un gradino sotto gli uragani) e il rischio franchigia è scongiurato. Al tempo stesso però la NOAA fa sapere di aver deciso di cambiare un po’ le regole sulla emissione degli avvisi, messaggi sulla cui emissione o meno molti assicuratori basano le modalità del risarcimento. In sostanza, come ci fa sapere sempre Roger Pielke jr, sarà possibile emettere degli avvisi per uragano anche quando gli eventi dovessero essere al livello di post-tropical storm ma fossero potenzialmente in grado di provocare danni molto ingenti. E così oggi sappiamo che Sandy non è stato un uragano al suo impatto con la costa, ma domani un evento analogo potrebbe esserlo, almeno con riferimento ai messaggi di avviso alla popolazione. E così rispunterebbe anche la franchigia.

 

Tutte queste discussioni, che sia per la natura degli eventi sia per il fatto che non appartengono al nostro Paese potrebbero sembrare poco importanti, dovrebbero invece essere tenute ben presente ed essere vagliate attentamente qualora anche da noi si dovesse decidere di rendere addirittura obbligatoria la copertura assicurativa da eventi estremi. In sostanza, la possibilità o meno che il sistema funzioni, non dipenderebbe esclusivamente dal verificarsi degli eventi e dei danni, quanto piuttosto sarebbe fortemente condizionata – e non vedo come potrebbe essere altrimenti – anche dalla certificazione sia ex-ante che ex-post della natura dell’evento. Considerato il tipo di tempo, anzi, maltempo, con cui abbiamo a che fare qui da noi, con dinamiche molto raramente  riconducibili ad una classificazione consolidata, la questione potrebbe diventare di difficile ove non impossibile soluzione. Quando un temporale è veramente intenso? Quali sono i treshold del rain rate che devono essere tenuti in considerazione e su quale scala spaziale e temporale? Una tromba d’aria è diversa da una raffica discendente in termini di impatto e di frequenza di occorrenza? In un’alluvione, dove si fissa il confine tra l’abbondanza delle precipitazioni e la capacità del territorio di riceverle?

 

Insomma, un argomento che da’ da pensare non credete?

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