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L’inverno? Te lo dice l’ottobrata!

Il titolo di questo post è un po’ stirato, come sarà chiaro più avanti, ma a pensarci bene c’è più di un fondo di verità. Vi spiego subito perché.

 

Come abbiamo avuto già modo di discutere tra il serio e il faceto alcuni giorni fa, sono ormai quasi maturi i tempi perché si scateni la ‘caccia all’inverno’, ovvero perché si cominci a cercare di capire quale potrebbe essere il carattere della prossima stagione fredda. Un bel dilemma. Per risolverlo però, di qui in avanti, potremmo avere a disposizione uno strumento in più, anche piuttosto potente.

 

Alcuni giorni fa l’amico Aldo Meschiari mi ha segnalato un post uscito sul web meteogiuliacci.it. Si tratta di un articolo in cui si descrive una ricerca portata avanti da tre autori italiani che ritengono di aver individuato un indice predittivo del segno e della modulazione dell’Oscillazione Artica (AO). Questo indice, insieme al suo simile, la NAO, è quello che meglio descrive il carattere della circolazione troposferica invernale nell’area Euro-Atlantica. Va da se’, quindi, che accrescere le capacità predittive del segno dell’AO sarebbe un bel passo avanti per le previsioni stagionali invernali, parecchio più avanti di quanto si sia mai riusciti ad andare utilizzando i modelli climatici accoppiati oceano-atmosfera, che stanno raggiungendo una discreta attendibilità per le fasce intertropicali, ma ne conservano ancora una scarsa o nulla sulle medie e alte latitudini, dove gli effetti di quel che succede ai tropici sono sì importanti, ma difficilmente distinguibili.

 

 

L’approccio è interessante soprattutto perché si pone l’obbiettivo di risolvere il problema in modo sinottico, ovvero attraverso un percorso di analisi, elaborazione e previsione di pattern atmosferici, piuttosto che produrre campi di anomalie dei principali parametri meteorologici che oltre che poco attendibili, sono anche scarsamente significative in ordine al ‘tempo che fa’. E’ un approccio che prende lo spunto da un altro lavoro abbastanza recente (Cohen 2011), in cui sono stati trovati elevati valori di correlazione tra l’innevamento autunnale dell’area euro-asiatica e il segno dell’AO nei successivi mesi invernali. Ancora meglio, la correlazione più elevata si riscontra non tanto con le dimensioni spaziali dell’area coperta da neve, quanto piuttosto dalle modalità con cui questa viene eventualmente coperta nell’arco del mese di ottobre. Se e come giungano le precipitazioni nevose in una determinata zona, è ovviamente direttamente dipendente dal tipo di circolazione atmosferica, per cui gli autori della ricerca in questione hanno pensato di provare a definire un indice che la rappresentasse efficacemente, per poter disporre di un’informazione più oggettiva di una effettivamente derivata come il manto nevoso al suolo.

 

L’indice si chiama OPI (October Pattern Index) e risulta essere composto da due fattori, la forma assunta dal Vortice Polare nel mese in cui di fatto torna ad esistere (ellitticizzazione) e l’inclinazione dell’asse del Vortice Polare, che scaturisce dall’allocazione delle onde planetarie. Il percorso di definizione dell’indice è piuttosto complesso e vi rimando alla lettura del loro paper per acquisire se lo desiderate una maggiore padronanza dell’argomento, tuttavia, per i nostri scopi, vi basti sapere che l’indice così costruito mostra di essere molto fortemente correlato con l’AO dei mesi invernali (r=0,91 per il periodo 1976-2012 e addirittura r=0,97 per il periodo 2000-2012). In sostanza, il pattern medio o, più precisamente, il modo in cui evolve la circolazione nel mese di ottobre, forniscono gli ingredienti per la forma e l’evoluzione del pattern medio della successiva stagione invernale, appunto identificabile per una parte consistente attraverso l’AO. Di primaria importanza, come i più ‘weather addicted’ avranno già capito, è il numero d’onda della circolazione emisferica nel mese di ottobre, fattore che influisce sul tipo di massa d’aria che tenderà a prevalere sulle aree Euro-Atlantica ed Euro-Asiatica. Qualcuno ricorderà, per esempio, che negli ultimi anni il territorio europeo ha conosciuto parecchi episodi di intenso freddo invernale. Tra tutti il 2010, anno che ha messo in ginocchio una buona parte del vecchio continente, anche se noi ricordiamo meglio il 2012 perché la penisola è stata teatro di un evento nevoso di proporzioni storiche, paragonabile a quelli del 1956 e del 1985. Ebbene, in quegli episodi (soprattutto il primo) il segno dell’AO è stato fortemente negativo: l’hindcast del modello messo a punto in questa ricerca mostra di averlo colto perfettamente, almeno con riferimento alla media trimestrale.

 

fig2 fig1

 

Un lavoro molto interessante dunque, sul quale però è giusto fare qualche riflessione, anche e soprattutto per quanto appena detto, cioè per gli episodi di annate particolari. Nel testo del paper leggiamo che l’anno 2011 è stato caratterizzato da un pattern ottobrino tendenzialmente favorevole ad una successiva AO di segno positivo. Lo studio si ferma proprio al 2012, quindi non disponendo dei dati ma delle sole figure non so se la corrispondenza si sia rivelata poi elevata, però ricordo che la prima fase della stagione invernale vide una zonalità molto elevata e un vortice polare solido e ben formato, saldamente baricentrico alle latitudini polari, proprio come si vuole che sia una situazione da AO positiva. Ma ancora non era arrivato l’inverno. Infatti poi, nel febbraio 2012, il vortice polare è andato in pezzi e abbiamo rivisto il ‘nevone’, dieci e più giorni di Siberia all’Italiana. Pochi rispetto ad un trimestre, ma abbastanza da lasciar capire che la media trimestrale è poco adatta ad intercettare episodi di così ampia portata spazio-temporale. In pratica, la previsione dell’andamento dell’AO, non solo non è una previsione del tempo – e questo nessuno lo mette in dubbio – ma fa fatica anche a tracciare eventi veramente anomali che alla fine finiscono per dare un carattere all’intera stagione.

 

E questo ci porta ad una seconda riflessione. Sempre dal testo del paper leggiamo che a parità di indice OPI, che dovrebbe anticipare il carattere medio della stagione, diversi valori delle due componenti forniscono informazioni a livello qualitativo del tipo di circolazione, ovvero circa il posizionamento dei centri di massa che la definiscono, dando quindi anche la possibilità di individuare le modalità di eventuali irruzioni fredde e relative masse d’aria associate. Questo è un aspetto ancora più interessante, del quale però non ho trovato alcun approfondimento nello studio diverso dalla generica affermazione di cui sopra. Può darsi che il tema sia oggetto di future pubblicazioni, per ora forse gli autori tengono strette le loro scoperte, magari a fini prognostici per l’imminente stagione invernale.

 

Infine, proprio riguardo ad eventuali previsioni, un’altro aspetto interessante è quello che vede la correlazione tra il pattern di ottobre espresso dall’indice OPI e quello invernale rappresentato dalle anomalie del geopotenziale, cioè del campo di massa, reggere su valori elevati anche per il territorio europeo e, più nello specifico, per i diversi stati. Però nel paper manca l’Italia, e invece sarebbe molto interessante sapere se la questione può o meno riguardarci direttamente o, come già accade in modo quasi rituale ogni volta che l’aria fredda si incammina verso l’Europa e i modelli se ne accorgono, dovremo star lì sospesi tra la Valle del Rodano e i Balcani, a cercare cioè di capire se e da dove arriva il nemico.

Beh, ora non resta che aspettare la fine di ottobre e poi l’inverno, vada come vada la faccenda rischia di essere molto appassionante.

 

Addendum

Nel forum dove gli autori di questo studio discutono l’evoluzione dell’indice in questo mese di ottobre, c’è una discussione in cui vengono aggiornati in tempo reale i valori assunti dai due fattori che compongono l’indice e l’indice stesso. Pare che si stia andando verso un valore medio finale piuttosto positivo. Così sono andato a dare un’occhiata all’outlook della NOAA per l’idice AO, ricevendo la conferma di un ulteriore spike positivo per questi ultimi giorni del mese. Ciò dovrebbe significare che se la correlazione OPI-AO tiene, il trimestre invernale dovrebbe vedere valori AO tendenzialmente positivi. Questo non escluderebbe eventuali fasi con circolazione più meridiana, ma probabilmente limiterebbe il numero e la durata di questi eventi, altrimenti il loro impatto sull’indice dovrebbe essere distinguibile. Sicché, a parte il ‘tempo atmosferico’ che come d’abitudine sarà valutabile solo nel medium range deterministico, il prossimo inverno potrebbe essere abbastanza clemente in senso climatico, ossia medio.

Curiosamente però, sono andato anche a guardare le mappe pubblicate dalla Rutgers University relative alla copertura nevosa sull’area Euro-Asiatica, scoprendo che il manto è in anomalia positiva. La mappa che esprime lo scostamento dalla media infatti mostra più pixel positivi che negativi. E’ pur vero che i valori più alti della correlazione individuata da Cohen 2011 sono relativi alla modalità con cui arriva la neve più che alla sua estensione assoluta, però i valori attuali sembrano in controtendenza con il discorso portato avanti in questo studio. A meno che l’estensione sopra media del manto nevoso non sia dovuta ad un flusso comunque da AO neutra o positiva e quindi piuttosto zonale, che scorre però a latitudini abbastanza basse, segnando una stagione che almeno per le medie e alte latitudini europee sta evolvendo verso la fase fredda in modo abbastanza precoce.

 

___________________________

 

NB: l’articolo è qui. Il paper invece non posso postarlo perché credo ne sia in corso il referaggio per la pubblicazione e ci sono ovvi problemi di copyright. Speriamo di vederlo girare presto.

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Published inAttualità

20 Comments

  1. marco piscicelli

    Aggiungo che, a complicare ancor più le cose, ci troviamo (a ieri) in una situazione di questo genere: un ESC (Eurasian Snow Cover) molto esteso (anche sotto il 60°N) e quasi record ma con un SAI (Snow Advanced Index) piuttosto basso (anche se in notevole crescita in questi ultimi 5 giorni per un notevole avanzamento dello snow cover sotto il 60°N sulla parte centro orientale euroasiatica).

    Siccome la correlazione col segno della AO è forte sia per quanto riguarda l’ESC che per quanto riguarda il SAI (ultimo lavoro di Cohen, scopritore del SAI, del 2009), ci troviamo pertanto dinnanzi a due parametri contrastanti: un ESC che preluderebbe ad un segno negativo della AO del prossimo inverno ed un SAI che invece preluderebbe ad una segno positivo (seppur in calo visto il notevole incremento dello snowcover di cui sopra in questi ultimi 5 giorni).

    Aggiungiamo il famoso OPI che viaggia intorno a +1,6 e che quindi preluderebbe ad una AO media positiva.

    Personalmente ritengo che quest’anno la situazione teleconnettiva sia molto nebulosa e non ci fornisca indicazioni precise , ma personalmente tenderei ad escludere un segno medio nettamente positivo della AO del prossimo inverno e, affidandomi all’ESC e al SAI, propenderei per una AO neutra se non addirittura debolmente negativa.

  2. […] un gruppo di studiosi/appassionati italiani. Senza tornarci su più di tanto, se credete tornate a leggerlo, nell’incipit di quel post e di quello studio, si parla del ruolo determinante che giocano […]

  3. Matteo Sacchetti

    Buonasera Dott. Guidi,
    a proposito di molti amici amanti del freddo che già si strappano le vesti nell’osservare i predetti indici, vorrei portare una mia personale considerazione.
    Quando si stabilisce una data o ci si riferisce ad un evento puntuale e preciso oppure diventa necessariamente (naturalmente in proporzione al periodo considerato) una convenzione che si vuol fare riferire a qualcosa, un momento storico/climatico o una situazione da cui si dipartono determinate conseguenze ed effetti e questo sia nel determinarne il principio che la fine.
    Ci troviamo di fronte a due indici: il SAI che misura l’avanzamento ottobrino dello S.C. e una sua “propaggine avanzata” l’OPI che si riferisce, durante lo stesso mese di ottobre, all’azione delle onde planetarie che comunque provoca in determinati assetti lo sprofondamento del vortice polare all’interno dell’area eurasiatica.
    Ma l’obiettivo è il medesimo: la predizione dell’AO media trimestrale invernale.
    Ritengo che le finalità debbano necessariamente imporre un incipit e una fine all’osservazione (rispettivamente l’1 / 31 ottobre) in quanto nella determinazione di una teleconnessione è necessario far riferimento ad una media statistica che si riferisca ad una regola piuttosto che all’eccezione.
    Ci sarebbe da discutere poi nel merito che l’eccezione non possa divenire la regola, e quindi è giustissima l’osservazione de l’inetto quando parla di ceteris paribus.
    Arrivo al dunque.
    Il dunque è rappresentato dal punto in cui l’osservazione diviene significativa e che per il SAI rappresenta la condizione di relativa stabilità del manto nevoso ovvero il momento in cui questo non sia “occasionale”. Avrebbe poco senso partire da una copertura determinata da una nevicata agostana o inizio settembrina, almeno ad oggi ( se non mutano quindi le condizioni climatiche all’origine .
    Stesso discorso per l’OPI che deve attribuire un senso al movimento del vortice polare troposferico in un’ottica predittiva nel trimestre invernale.
    Le masse artiche devono descrivere un livello sufficientemente maturo per avere un senso nel replicare determinati “stress” o meno del vpt durante l’inverno.
    Il mio dubbio quindi, comune a diversi a quanto pare, sta proprio nel considerare convenzionale (e quindi verificabile) la collocazione temporale di inizio e fine delle misurazioni.
    Nel dettaglio della retta rappresentativa l’estensione dello snow cover che rappresenta una regola (quella per cui ad inizio ottobre l’innevamento delle pianure eurasiatiche al di sotto del 60° parallelo è praticamente pari a zero) peraltro statisticamente poco rappresentativa in termini di campionature non sono contemplate le eccezioni rappresentate da uno stato già consolidato e maturo di innevamento fine settembrino e che presenti già caratteri di stabilità.

    Un cordiale saluto

    • Matteo,
      è chiaro che inizio e fine devono essere definiti, possibilmente scegliendoli tra quelli che si dimostrano potenzialmente più rappresentativi. Il risultato però, per quanto soddisfacente, non potrà mai essere considerato univoco, sarebbe troppo bello e anche troppo semplice.
      gg

    • Matteo Sacchetti

      Certo, ma il mio appunto, in questo caso, va all'”asticella” del SAI che, prendendo in considerazione il solo mese di ottobre dovrebbe partire dal punto medio degli anni precedenti incrementando le nevicate settembrine, che non sono state oggetto di successiva fusione, nel grafico in quanto la pendenza della retta deve partire dal punto 0.
      Il mese di ottobre è una pura convenzione se il clima di quelle lande è già propriamente quello autunno-invernale. (se fossimo in regime di raffreddamento globale infatti occorrerebbe “anticipare” la misurazione dello snow cover e di conseguenza il SAI.

  4. Andrea Zamboni

    Salve professore.
    E’ un vero piacere ritrovarla dopo tanti anni !
    La ringrazio davvero tanto per gli auguri, nonché per l’attenzione all’argomento in questione.
    Non mi è chiaro se ha avuto modo di leggere l’intero documento inerente il modello d’analisi.
    Nel caso dovesse interessarle, posso spedirglielo per posta elettronica.

    • Franco Zavatti

      No, non ho letto il lavoro completo, e non sono sicuro di capirlo del tutto. Però mi farebbe piacere avere l’articolo. Il mio e-mail è sempre franco.zavatti@unibo.it.
      Cari saluti

  5. Franco Zavatti

    Non sono in grado di fare commenti sul merito della ricerca, ma noto che il terzo autore, Andrea Zamboni, è stato mio studente del corso di Esperimentazioni di Fisica per Astronomia. Sono lieto di sapere che ha partecipato ad una ricerca come minimo interessante e gli faccio i miei migliori auguri per un proficuo lavoro futuro.

  6. Marco Piscicelli

    Caro dr. Guidi, le segnalo questo post ove personalmente ho effettuato una piccola ricerca in merito alla anomaly snowcover…..come potrà leggere , l’ho fatta semplicemente perchè il SAI di Cohen è un indice molto recente e correla l’avanzamento della copertura nevosa sul settore euroasiatico del mese di ottobre con la AO dell’inverno successivo…..però , come a lei, mi sono venuti dei dubbi quando mi sono andato a vedere le attuali anomalie dello snowcover e che risultano essere molto positive, pur stante un SAI piuttosto contenuto: questo perchè quest’anno si è partiti al 1° di Ottobre con una già forte anomalia positiva dello snowcover e quindi, di conseguenza, l’avanzamento di ottobre risulta molto più contenuto e ciò lascerebbe presupporre una ao INVERNALE MEDIAMENTE POSITIVA.

    Allora sono andato a vedermi in quali anni, dopo il 1999, si partiva dallo stesso dato ovvero da un’anomalia positiva di snowcover al 30 di Settembre: ce ne sono solo 3, il 2001, il 2002 e il 2010…….poi, proseguendo fino ad ottobre, l’unico anno che mostra un’estrema somiglianza con l’andamento attuale dello snowcover euroasiatico, risulta essere il 2002, anno che probabilmente anch’esso avrebbe segnato un SAI piuttosto ridotto in Ottobre e quindi una AO media invernale mediamente positiva……quindi mi sono andato a vedere la AO media dell’inverno 2002/3 che risultò pari a -0,6…..la lascio alla lettura del post ove le cose sono più approfondite….

    http://forum.meteonetwork.it/meteorologia/150890-mi-fatto-ricerchina-anomaly-snowcover.html

    La saluto cordialmente

    • Marco, hai fatto un lavoro interessante che però necessita di due assunzioni sulla cui solidità ho parecchi dubbi. La prima è quella che fissa gli effetti (la neve) del pattern autunnale con le modalità circolatorie invernali. È il succo del lavoro di cui stiamo discutendo, ma ci vorrà un po’ per digerirlo. La seconda è la scarsa rappresentatività di pochi anni pure significativi al fine di identificare il carattere di quello in arrivo.
      Comunque, se avremo una stagione con AO mediamente positiva, bisognerà vedere a che latitudine si porrà la zonalità che questa implica. Potremmo scoprire che non servono blocchi granitici per disegnare una stagione mediamente fredda. Viceversa, se la zonalità dovesse essere alta di latitudine (la tendenza di lungo periodo allontana però questa ipotesi) l’inverno sarebbe più mite. Questo per dire che penso che per pari valori di AO, si possano avere situazioni diverse a seconda del contesto climatico di lungo periodo in cui si innestano.
      Grazie della segnalazione.
      gg

    • marco piscicelli

      Concordo totalmente sul fatto che il segno medio trmestrale della AO possa indicare ben poco in merito alle sinottiche invernali; inoltre una AO media a +1 o +1,5 può dire tutto o niente , perchè spalmata su un trimestre potrebbe anche voler dire un mese con AO positiva media a +2 e altri 2 mesi con AO media solo leggermente positiva.
      Per il resto, l’assunto di partenza era voler verificare una partenza al 1° Ottobre con già forte innevamento euroasitico, successivo avanzamento (SAI) similare a quest’anno ovvero debole, e conseguenti rpercussioni sul segno AO invernale che, secondo lo studio di Cohen , dovrebbe essere mediamente positivo : ebbene nel 2002 seguì un trimestre invernale con AO media lievemente negativa, qundi in contraposizione col SAI di ottobre di Cohen.
      La scarsa rappresentitività è dovuta principalmente al fatto che anni con anomalia positiva della copertura nevosa sul settore euroasiatico il 30 di Settembre, sono praticamente pochissimi, solo 3 dal 1999 e solo 7 dal 1960: generalmente lo snowcover euroasiatico il 30 Settembre è zero o poche centinaia di Km quadrati, quest’anno come nel 2002, il 30 Settembre lo snowcover euroasiatico era pari a circa 2,36 milioni di Km quadrati e il successivo incremento fu praticamente identico a quest’anno (perlomeno fino a ieri, 23 Ottobre).

    • Marco Piscicelli

      Comunque concludendo, da questa analisi salta fuori che abbiamo solo 3 casi di ANOMALY SNOWCOVER POSITIVO al 30 di settembre e partendo dal 1999….. partendo da uno snowcover molto elevato al 30 di settembre e arrivando al 23 di ottobre, l’anno estremamente simile in fatto di anomalie sul settore EUROASIATICO e quindi di AVANZAMENTO DELLO SNOWCOVER in Ottobre, risulta il 2002……..a quanto pare l’inverno di quell’anno fu poi caratterizzato da una AO media lievemente negativa, da un dicembre mite in Italia , un gennaio normalmente freddo e un febbraio molto freddo…….Gennaio caratterizzato da una wave 2 molto reattiva e Febbraio dallo SCAND +.

      Queste ipotesi (AO neutra /legg negativa, prima parte invernale mite, seconda parte invernale con wave 2 reattiva e SCAND +), guarda caso sono grossomodo le ipotesi messe in campo quotati forumisti che scrivono su vari blog meteo.

      Secondo me il fatto di avere solo 3 casi dal 99 di un ANOMALY SNOWCOVER POSITIVA al 30 di settembre ed in particolare un anno solamente molto simile poi nel prosieguo di tale anomalia, mette in campo una forzante nuova e diversa non considerata dal SAI di Cohen che, essendo nato nel 2008 e considerando l’avanzamento dello snowcover solo in OTTOBRE, non aveva appunto considerato il fattore ANOMALY SNOWCOVER POSITIVO a fine settembre.

      A questo punto mi viene da pensare che una forte anomalia positiva dello snowcover euroasiatico in settembre, possa anch’esso rappresentare un elemento di forte correlazione col segno della AO invernale, nel senso di andare a smussare il segno del SAI di Ottobre (avanzamento debole o poco significativo -> AO+ invernale) che lascerebbe poi pensare ad una AO invernale successiva mediamente positiva.

      Aggiungo per chiarire ancora, che “i casi studio” sono estremamente pochi perchè dal 1965 si hanno solo altri tre casi di fine Settembre con ANOMALY SNOWCOVER positiva e sono il 30 Settembre 1968, il 30 Settembre 1970 e il 30 Settembre 1976.

    • Già, hai notato che sono tutti e tre appartenenti al periodo in cui il regime climatico era diverso da quello delle successive due decadi e che ora stiamo andando nella stessa direzione?
      gg

  7. Alessandro

    Sono uno degli autori della ricerca e la ringrazio sentitamente sia per l’attenzione rivolta a questo nuovo indice che per le belle parole che lei avuto per il nostro lavoro. Volevo sottoporle in merito, ad alcuni dubbi e richieste di chiarimenti che ha espresso, questa discussione:
    http://www.centrometeotoscana.it/forum/index.php?topic=7371.msg294017#msg294017
    Come potrà vedere l’elevata correlazione tra AO ed OPI, pur se eccezionalmente elevata, rappresenta solo l’aspetto secondario di quello che noi riteniamo essere la vera scoperta ovvero, che per gli effetti di retroazione tra circolazione tropicale e dinamiche d’infrangimento d’onda planetaria, ipotizzate nella conclusione del par.4 della ricerca, l’allocazione delle onde planetarie/asse del vp nel mese di ottobre si ripresenta poi nel successivo trimestre invernale nei momenti di massima attività d’onda planetaria. Il valore dell’opi ci da “solo” informazioni sul carattere di persistenza/intensità delle stesse ma anche altre informazioni…che se avrò l’onore di poterla incontrare le dirò di persona. Anche perchè, come da lei ipotizzato, saranno oggetto di un’ulteriore ricerca.
    La ringrazio ancora molto;
    con profonda stima,
    Alessandro Pizzuti
    A

    • Grazie a te Alessandro, benvenuto su CM.
      Ho appena preso contatto con uno dei tuoi colleghi (Valente), approfondiremo senz’altro molto presto il discorso.
      gg

    • Alessandro

      Ne ero al corrente! A presto ed inutile dirle che non vedo l’ora di poterla incontrare.
      Alessandro

  8. Guido Botteri

    una curiosità
    scrivi:
    “i modelli climatici accoppiati oceano-atmosfera, che stanno raggiungendo una discreta attendibilità per le fasce intertropicali, ma ne conservano ancora una scarsa o nulla sulle medie e alte latitudini”
    beh, mi colpisce il fatto che i modelli climatici siano più precisi nelle fasce intertropicali (dove l’effetto del GW è minore) piuttosto che nelle medie e alte latitudini, dove l’effetto del GW è maggiore, e sempre di più man mano che ci si avvicina ai poli.
    Insomma, una precisione maggiore dove la sensibilità all’aumento della CO2 è minore, mi fa pensare male, molto male, maligno che sono 🙂
    Non sarà che sbagliano proprio perché si sono fissati con questa CO2 ?

    • Guido, si parla di modelli di previsione stagionali, che hanno una certa attendibilità ai tropici perché la circolazione è meno evolutiva.
      gg

  9. luigi mariani

    Caro Guido, davvero molto interessante.
    Alcune cose:
    1. per i lenti d’ingegno come me segnalo che quando si parla del 2010 come inverno ad AO molto negativo ci si riferisce all’inverno 2009-2010 per il quale il predittore è dato dal valore di OPI dell’ottobre 2009. Pertanto sui diagrammi si deve guardare al dato di AO e OPI del 2009.
    2. ben fai a segnalare che OPI è un predittore riferibile alla media della stagone invernale, media che (immagino) potrebbe derivare ad esempio da un AO costantemente positivo ovvero da alcuni periodi ad AO negativo mascherati da altri periodi ad AO fortemente positivo. Pertanto le previsioni a breve e medio termine non andranno in pensione, almeno per i prossimi anni.
    Luigi

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