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Mese: Ottobre 2013

L’Outlook di CM – Inverno 2013-2014

NB: questo outlook è stato aggiornato con dei post successivi:

  1. L’Outlook di CM, alcune precisazioni
  2. Outlook inverno 2013-2014 – Verso il primo warming stagionale               

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Giunti quasi alla fine del mese di ottobre, avendo a disposizione alcuni dati di particolare utilità per avviare le prime riflessioni sul possibile andamento del prossimo inverno, proponiamo un primo outlook di tendenza avviando così la relativa rubrica che alimenteremo nel corso dei prossimi mesi.

 

Per tentare di tracciare un ipotetico identikit del prossimo inverno dobbiamo analizzare lo stato attuale di alcuni indici di fondamentale importanza. Il mese di ottobre è anche piuttosto indicativo sullo sviluppo del vortice polare perchè i vari forcing oceano-tropo-stratosferici e solari tendono ad influenzarne la dinamica di costruzione e il suo approfondimento. Nel corso del mese di ottobre, ed in taluni casi anche entro la prima metà di novembre, tendono ad evidenziarsi quelle anomalie che segneranno il successivo sviluppo e maturità del vortice polare stesso. In relazione a quanto appena descritto iniziamo la nostra analisi guardando all’attività solare analizzando l’attività magnetica sia con l’aa index che con il numero di macchie solari, visualizzabili rispettivamente nelle figure 1 e 2.

 

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Ma quanto caldo fa al freddo?

Come ampiamente descritto anche sulle nostre pagine, qualche settimana fa il ghiaccio artico ha girato la boa del minimo stagionale, prendendo quindi nuovamente la via del congelamento. Quest’anno i media non si sono abbandonati ai soliti peana, quella disponibile era in effetti una ‘non notizia’ in termini di clima che cambia e cambia male, perché per diverse ragioni, non tutte note, si è sciolto molto meno ghiaccio di quanto se ne é sciolto nelle passate stagioni calde. Inoltre, altra ‘non notizia’ di questi giorni, il congelamento sta avvenendo molto in fretta, tanto che l’estensione del ghiaccio (figura sopra IARC-JAXA la fonte), è già quasi in linea con la media di riferimento.

 

E’ però chiaro che se una notizia non c’è qualcosa si deve pur fare per crearne una, per cui, dal flusso interminabile di pubblicazioni scientifiche in materia di clima che ormai ci sommerge, ecco spuntare un paper e un comunicato stampa dell’università che lo ha patrocinato che in modo piuttosto lapidario recitano:

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L’Inghilterra ci ripensa, e noi?

Problemi politici ma soprattutto economici quelli alla base delle recenti dichiarazioni del Primo Ministro inglese David Cameron, dichiarazioni però che, con riferimenti ai temi ambientali sono decisamente in controtendenza. Quelle che seguono le sue parole (da GWPF):

 

Abbiamo bisogno di rivedere alcune delle regolazioni ambientali e tasse che spingono verso l’alto le nostre bollette. Sappiamo tutti chi le ha generate.

 

Al di là del sapore squisitamente politico e propagandistico della seconda frase, che evidentmente punta il dito sulla fazione politica avversa, resta il fatto che il governo britannico, come molti altri in Europa, ha un serio problema energetico. Si profila quindi un allontanamento definitivo dalle regole del mercato come spiegava Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno leoni qualche giorno fa.  In sostanza, quello che si profila all’orizzonte, e qui si aprirà un interminabile dibattito tra chi è pro e chi è contro, è un ritorno all’energia nucleare con la collaborazione della Cina e dei cugini francesi di EDF, i quali hanno però preteso un prezzo minimo garantito circa doppio rispetto al valore di borsa dell’elettricità.

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Clima, la stagione dell’incertezza

Intendiamoci, quando si parla di evoluzione del clima nel breve periodo, tipicamente quello stagionale, l’incertezza regna sempre sovrana, perché gli strumenti di cui disponiamo attualmente pur essendo migliorati molto negli ultimi anni, continuano ad essere davvero poca cosa. Ci sono però delle fasi anche molto prolungate in cui questa incertezza aumenta in modo considerevole. Quella che stiamo vivendo negli ultimi mesi è una di quelle.

 

Alcuni giorni fa abbiamo pubblicato un post in cui davamo conto di un interessante lavoro portato avanti da un gruppo di studiosi/appassionati italiani. Senza tornarci su più di tanto, se credete tornate a leggerlo, nell’incipit di quel post e di quello studio, si parla del ruolo determinante che giocano negli attuali modelli di previsione stagionale le dinamiche dell’indice ENSO (El Nino Southern Oscillation), cioè di quel particolare pattern climatico essenzialmente guidato dalle temperature di superficie del mare che ha luogo sull’Oceano Pacifico equatoriale.

 

Oltre ad essere assolutamente e direttamente determinante per il carattere che assumono le stagioni sulle due sponde del Pacifico, l’ENSO, modulando il trasporto di calore verso l’alto da una parte all’altra di quello che è il più grande serbatoio di calore di cui dispone il pianeta, è in molti modi responsabile anche del carattere che assumono le stagioni in aree molto lontane dal Pacifico equatoriale, quindi anche alle medie latitudini europee. Questo collegamento, pur importante in valore assoluto, è però molto labile e di difficile e spesso impossibile determinazione, di qui le difficoltà che i modelli climatici per le previsioni stagionali sperimentano alle nostre latitudini. Una labilità che diviene imperscrutabile quando l’ENSO assume valori neutri per periodi molto prolungati, appunto come sta accadendo ormai da diversi mesi. C’è di più, la NOAA, che monitorizza con costanza l’evoluzione dell’ENSO ed emette anche degli outlook di lungo periodo, prevede che le attuali condizioni di neutralità si protrarranno probabilmente almeno fino alla prossima primavera. In poche parole, per i prossimi mesi, non si prevede che arrivino né El Nino, né La Nina, le due fasi rispettivamente calda e fredda delle oscillazioni dell’ENSO. Non sarà quindi possibile nel breve pariodo associare alcuna teleconnessione nota e significativa per l’evoluzione delle prossime stagioni all’evoluzione delle dinamiche climatiche dell’area equatoriale del Pacifico.

 

Sorge a questo punto una domanda piuttosto scontata. Quando e perché dovrebbero tornare ad insorgere condizioni più chiare, per esempio una fase calda (El Nino)?

 

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Un po’ di fatti freschi

E’ domenica, evitiamo sforzi intellettuali di cui poi potremmo doverci pentire. Da dubbiosi sulla catastrofe climatica quali siamo, questa prudenza è il minimo, perché le risorse cognitive si sa, le abbiamo limitate.

 

Quindi stiamo ai fatti e, sempre in accordo con il limite di cui sopra, guardiamo essenzialmente le figure (fonte).

 

Fatto # 1: l’Antartide non sa che è uscito l’AR5 ed ha dimenticato di iniziare la fase di scioglimento.

 

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Acqua corrosiva o giornalismo arrugginito?

La notizia è apparsa sui media qualche giorno fa. Lì per lì l’avevo lasciata andare, perché mi sembrava la solita solfa ‘aiuto moriremo tutti‘ che tanto piace ai media strilloni e poco porta alla conoscenza delle cose, quindi non volevo farle crescere le gambe.

 

Forse avevo fatto bene, ma sinceramente non resisto, perché all’allarme ingiustificato, come quasi sempre accade, si aggiunge anche l’ignoranza cronica con cui vengono normalmente recepiti e diffusi certi argomenti. E, ancora peggio, a menare le danze sono spesso reporter scientifici, che nuotano allegramente in questa ignoranza, certi del fatto che se amplificano il messaggio di allarme nessuno li correggerà, men che meno i cosiddetti ‘esperti’, che a quanto pare con l’allarme ci campano.

 

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L’inverno? Te lo dice l’ottobrata!

Il titolo di questo post è un po’ stirato, come sarà chiaro più avanti, ma a pensarci bene c’è più di un fondo di verità. Vi spiego subito perché.

 

Come abbiamo avuto già modo di discutere tra il serio e il faceto alcuni giorni fa, sono ormai quasi maturi i tempi perché si scateni la ‘caccia all’inverno’, ovvero perché si cominci a cercare di capire quale potrebbe essere il carattere della prossima stagione fredda. Un bel dilemma. Per risolverlo però, di qui in avanti, potremmo avere a disposizione uno strumento in più, anche piuttosto potente.

 

Alcuni giorni fa l’amico Aldo Meschiari mi ha segnalato un post uscito sul web meteogiuliacci.it. Si tratta di un articolo in cui si descrive una ricerca portata avanti da tre autori italiani che ritengono di aver individuato un indice predittivo del segno e della modulazione dell’Oscillazione Artica (AO). Questo indice, insieme al suo simile, la NAO, è quello che meglio descrive il carattere della circolazione troposferica invernale nell’area Euro-Atlantica. Va da se’, quindi, che accrescere le capacità predittive del segno dell’AO sarebbe un bel passo avanti per le previsioni stagionali invernali, parecchio più avanti di quanto si sia mai riusciti ad andare utilizzando i modelli climatici accoppiati oceano-atmosfera, che stanno raggiungendo una discreta attendibilità per le fasce intertropicali, ma ne conservano ancora una scarsa o nulla sulle medie e alte latitudini, dove gli effetti di quel che succede ai tropici sono sì importanti, ma difficilmente distinguibili.

 

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Previsioni forse attendibili ma certamente verificabili

 Negli ultimi giorni ci è capitato di parlare spesso della ciclicità di molte dinamiche climatiche e del loro concorrere a determinare condizioni generali del sistema anche molto diverse tra loro, specie a scala spaziale regionale e per periodi di tempo relativamente brevi in senso climatico.

 

Una discussione latente e ricorrente, che ha ripreso vigore con la pubblicazione dell’ultimo paper di Judith Curry, The Stadium Wave. Oggi torniamo a parlare di clima in termini non globali ma emisferici, focalizzando l’attenzione su un pattern atmosferico di particolare importanza per il continente europeo e, quindi, anche per il nostro territorio. Si parla della NAO (North Atlantic Oscillation), ovvero di quell’indice circolatorio derivato dalla differenza tra i valori della pressione atmosferica alla latitudine delle Azzorre e quelli alla latitudine dell’ISlanda. La NAO, come sanno bene tutti quelli che si sono per diverse ragioni avvicinati alla meteorologia, è il metronomo del tempo sull’Europa. Infatti esprimendo di fatto la relazione di forza tra due configurazioni bariche permanenti come l’Anticilone delle Azzore e la Depressione d’Islanda, esprime anche l’intensità e la posizione del gradiente che le separa, e quindi anche il flusso atmosferico nel quale viaggiano le perturbazioni che dall’Atlantico si dirigono verso l’Europa. Con una NAO negativa (anticiclone debole), le perturbazioni aumentano la oro frequenza sul Mediterraneo, portando con se aria umida e temperata. Con una NAO positiva (anticilone robusto ed elevato gradiente) le perturbazioni tendono invece a ‘preferire’ il nord Europa.

 

Ora l’indice NAO possiede una variabilità che si esprime a diverse scale temporali, sia quella breve, più tipicamente meteorologica, sia quelle di medio e lungo periodo, più direttamente ascirvibili alla variabilità stagionale, interannuale e climatica. Del resto si tratta di un pattern atmosferico, di una derivata della circolazione atmosferica, ossia del mezzo attraverso il quale viene redistribuito il calore sul pianeta, per cui è intuitivo comprenderne il ruolo e l’importanza.

 

Appena qualche giorno fa, è stato accettato per la pubblicazione sul GRL un paper dal titolo molto interessante:

 

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Inverno, raggi di Sole e curiosità varie

Il post un po’ scanzonato scritto qualche giorno fa sui toni da operetta delle previsioni che iniziano a circolare per il prossimo inverno, mi ha fatto fare una interessante conoscenza di cui vi dirò tra poco, ma prima, credo sia doveroso segnalare la repentina presa di distanze dello UK Met Office rispetto alle profezie di gelo circolate per il territorio di Sua Maestà.

 

Questi titoli, scrivono, li abbiamo visti anche l’anno scorso e poi semplicemente non è accaduto nulla di strano. E ancora, la scienza per fare previsioni di dettaglio su se, come e quando dovesse arrivare la neve nei prossimi mesi (neanche il prossimo mese), semplicemente non esiste. Ma non è finita, perché aggiungono anche che d’inverno, quasi sicuramente, ci sarà modo per assaggiare tutte le pietanze atmosferiche, la neve, il gelo, gli allagamenti, le condizioni miti etc., semplicemente perché è…inverno. Che dire? Da applausi. Evidentemente, i ripetuti bagni di sangue di previsioni di caldo alle porte dei recenti inverni piuttosto rigidi devono aver fatto rinsavire più di qualche testa. Sperimo che duri.

 

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Evidenze empiriche della capacità dei cicli planetari di modulare l’Irradianza Solare Totale (TSI)

Su queste pagine abbiamo avuto modo di commentare diverse volte i lavori del prof. N. Scafetta per cui tutti noi, ormai, conosciamo i suoi modelli e la capacità di tali modelli di replicare il comportamento del sistema climatico. L’attuale iato nell’aumento delle temperature superficiali, per esempio, è stato modellato dal prof. Scafetta già da qualche anno e in questo ha avuto più successo dei modelli accoppiati oceano-atmosfera i cui risultati sono alla base dell’AR5 dell’IPCC.
Limitarsi, però, alla sola temperatura superficiale significa sminuire i meriti del prof. Scafetta in quanto le sue metodiche di analisi non lineari riescono ad aver ragione anche di altre bizzarrie legate al clima e, più in generale, al sistema fisico terrestre: livello dei mari, AMO, PDO e non ultimi, i modelli climatici stessi.
In uno dei suoi ultimi lavori, pubblicato sulla rivista Astrophysic Space Science lo scorso mese di luglio, il prof. N. Scafetta ha cercato di modellare i cicli ad alta frequenza che caratterizzano l’irradianza solare (TSI):

 

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Clima: lo strano comportamento dell’Antartide

Ad una analisi oggettiva e distaccata, i dati sul continente di ghiaccio ci parlano chiaramente di una situazione anomala rispetto al resto del pianeta. Vediamo di capire perché…

 

Una visione oggettiva – Cerchiamo per una volta di guardare alle questioni climatiche in modo distaccato e oggettivo, rimanendo fedeli ai dati piuttosto che alle nostre tesi. Quello che voglio mostrare è una serie di dati relativi al continente antartico, senza tesi preconcette da dimostrare, ma solo uno scenario da svelare. Scenario che sta sotto gli occhi di tutti quelli che vogliono guardare a occhi nudi, senza gli occhiali della loro idea climatica.

 

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Germania, la CO2 viaggia in Mercedes

La Germania è la locomotiva d’Europa. La Germania è leader nel settore delle risorse rinnovabili, sia dal punto di vista industriale che per quel concerne la potenza installata e l’energia ricavata. E’ anche il paese con il movimento verde politicamente più solido, per tradizione. E’ il paese che per primo ha messo al bando l’energia nucleare dopo i fatti di Fukushima. Insomma, la Germania è la Germania, ma…è anche il paese che produce e consuma carbone più di tutti gli altri paesi europei ed è anche il paese della Volkswagen, dell’Audi, della Mercedes e della BMW. La prima solo in parte, le altre tre dichiarate icone dell’auto di lusso.

 

Sicché, leggete qui sotto, da LaStampa.it di qualche giorno fa:

 

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I dati NOAA aggiornati a Giugno 2013 – Correzione

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NB: Questo post corregge il mio post sbagliato pubblicato qui. La causa dell’errore è stata l’aver analizzato il dataset NOAA di giugno 2012 invece che quello di giugno 2013.

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Le anomalie di temperatura media mondiale terra+oceano (GHCN-M e ERSST), v.3.2.0 scaricabili da qui sono state aggiornate con i dati relativi al mese di giugno 2013. I grafici e i dati numerici sono disponibili qui dove tutti i confronti vengono fatti rispetto ad agosto 2012, cioè dall’inizio della versione 3.2.0.

 

La differenza di anomalia tra agosto ’12 e giugno ’13 (pdf) è:

 

fig1
Fig.1: Differenza tra le anomalie di agosto 2012 e di giugno 2013. Se la temperatura di riferimento è la stessa, il grafico rappresenta la differenza di temperatura tra agosto e maggio. Viene mostrato anche il fit lineare dei dati. La pendenza di 0.3 millesimi di grado in dieci anni conferma che da agosto 2012 a giugno 2013 la temperatura è globale è invariata.

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