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Il Polo Nord si scioglie e la colpa è solo…

Riccardo Valente e Andrea Zamboni, due dei quattro autori della ricerca sulla correlazione tra la circolazione atmosferica del mese di ottobre in area Euro-Asiatica e l’andamento dell’Oscillazione Artica nel trimestre invernale, mi hanno mandato uno studio molto interessante sulle dinamiche del ghiaccio marino artico. Il lavoro è piuttosto lungo, perciò l’ho diviso in due parti. Quella che segue è la prima, la seconda la pubblichiamo domani. Buona lettura.

 

E’ un dato di fatto, il nostro amato polo nord sta soffrendo molto in questi ultimi anni.  I ghiacciai Groenlandesi stanno perdendo pezzi, la banchisa artica estiva è ridotta ad un colabrodo e la colpa di tutto questo è solo nostra. Ce lo hanno detto in tutte le salse, ce lo hanno ripetuto in moltissime occasioni: il polo nord si scioglie ad una velocità impressionante e la colpa è solo ed esclusivamente del riscaldamento globale di origine antropica. Negli ultimi anni, dopo i proclami degli scienziati e le amplificazioni dei media,  sono addirittura intervenute le massime autorità per spiegarci questo facile concetto e metterci dunque  al corrente della delicata situazione. Quindi, ad oggi, non può esserci più alcun dubbio in merito alla questione.

Tuttavia, sarebbe sempre bene porsi delle domande, anche di fronte ad evidenze in apparenza scontate. In questo caso ci sono un paio di  cose che non convincono fino in fondo, ed in particolare:

  1. dando per assodato che lo scioglimento dell’artico sia da imputare solo all’azione umana, come è possibile che i ghiacci marini abbiano subito un calo davvero significativo solo negli ultimi 10-15 anni considerando che il problema dell’accentuazione antropica dell’effetto serra esiste ormai da svariati decenni?
  2. ma soprattutto, dando per scontata la stessa ipotesi iniziale, come è stato possibile registrare il vero tracollo della banchisa artica proprio in concomitanza  degli anni mentre il global warming subiva una  brusca frenata (inserendo anche una leggera retromarcia)?

Ebbene queste perplessità  ci hanno spinti ad indagare e ad intraprendere una lunga ricerca, della quale vi daremo conto nel prosieguo di questo post.

Il tema è abbastanza complesso pertanto, per non risultare prolissi  e per ottenere la massima comprensione anche da parte dei meno ‘esperti’, cercheremo di sintetizzare e semplificare al massimo i concetti (anche se questo ci porterà a tralasciare aspetti anche importanti).

Procediamo con ordine. Conosciamo un po’ tutti l’andamento storico della banchisa artica. In particolare sappiamo che fino ai primi anni ’90 non si era registrato un calo “significativo” in termini di estensione minima estiva, in quanto il trend vedeva un andamento leggermente e progressivamente decrescente. Un primo calo importante   si è registrato nel 1995 e, più in generale,  nella seconda metà dell’ultimo decennio del secolo scorso. È proprio in questo periodo infatti che è aumentata la frequenza degli episodi di maggiore fusione estiva (record negativo di minima estensione). Tuttavia, agli inizi degli anni 2000,  la situazione era ancora relativamente buona. In particolare nel 2001 ancora si registrava una discreta minima estensione estiva dei ghiacci (intorno ai 7 milioni di kilometri quadrati). Negli anni successivi invece è successo qualcosa che ha interrotto bruscamente l’andamento sino ad allora registrato, portando la banchisa artica a subire gravi perdite nella stagione calda. L’altra cosa che sappiamo è che questo ‘qualcosa’ si è manifestato con estrema decisione a partire dalla seconda metà del primo decennio 2000, quando la banchisa estiva ha subito un tracollo decisivo, fino ad arrivare a toccare (estate 2012) il valore minimo di 3,4 milioni di Km2. Detta in soldoni,  la banchisa artica estiva si è dimezzata  in un tempo record di 10 anni.

 

Fig_1
Figura 1. Serie temporale dei valori di estensione minima annuale della banchisa artica misurati dai satelliti.

A questo punto ci chiediamo: che tipo di fenomeno può aver indotto istantaneamente un incremento della velocità di fusione pari al 350%, portando la banchisa estiva quasi a scomparire in pochissimo tempo  e proprio negli anni in cui il riscaldamento globale ha deciso di arenarsi? E’ possibile che si tratti dello stesso fenomeno (effetto serra di origine  antropica), che presumibilmente ha causato uno scioglimento lento e graduale (quasi inesistente) per svariati decenni? Personalmente crediamo di no: è evidente che si tratta di un fenomeno a se stante, subentrato negli ultimi 2 decenni (in particolare ultimi 10 anni) e che è stato in grado di accelerare in maniera forte il processo di fusione già in atto. Ma di cosa si tratta?

Nel corso delle nostre ricerche ci siamo da subito imbattuti in qualcosa di molto interessante: abbiamo scoperto che Stati Uniti e Russia stanno collaborando da diversi anni in una campagna di monitoraggio dello Stretto di Bering. In queste spedizioni, attraverso l’ausilio di particolari sonde, vengono costantemente monitorati  i flussi d’acqua entranti ed uscenti dal bacino artico attraverso lo stretto di Bering nell’arco dell’intera stagione estiva. Ebbene da queste ricerche sperimentali è emerso un dato sorprendente: a partire dal 2001 si è cominciato a registrare un anomalo e progressivo aumento dei flussi di acqua calda pacifica entranti nel bacino artico attraverso la porta di Bering (i dati sul sito non sono più aggiornati, ne stiamo cercando di nuovi per estendere l’analisi al periodo più recente).

Fig_2
Fig.2: andamento della portata media annua di acqua pacifica transitante attraverso lo stretto di Bering durante la stagione estiva. L’unità di misura adottata è lo Svedrup (1Sv=10^6*m^3/s)

Come ben si vede dal grafico, a partire dal 2001 i flussi d’acqua calda pacifica entranti nel polo sono aumentati vertiginosamente ed in maniera abbastanza continua. Un primo record si è registrato nel 2004, ma al 2007 spetta il record di sempre (da quando ovviamente si effettuano le misure). Potrete poi notare come, proprio a partire dal 2007, i flussi entranti si sono mantenuti sempre su livelli elevatissimi senza subire alcuna flessione, fino ad arrivare all’estate 2011, quando si è sfiorato il record segnato quattro anni prima. In conclusione, in soli 10 anni, la quantità d’acqua calda di provenienza pacifica entrante nel polo attraverso lo stretto di Bering, è praticamente raddoppiata. Ciò vuol dire che al dimezzamento della banchisa artica è corrisposto, nello stesso periodo, un raddoppiamento dei flussi di calore entranti nel bacino artico.

A questo punto è doveroso porsi una domanda fondamentale: quale fenomeno può aver indotto uno stravolgimento così importante ed improvviso della circolazione oceanica interna e limitrofa al bacino artico?

La risposta è molto semplice: negli ultimi dieci anni si è verificato un mutamento radicale della circolazione atmosferica nell’ambito del circolo polare artico (e non solo). Nello specifico, a partire dalla metà degli anni ’90,  ha iniziato a prendere piede e a divenire sempre più frequente nel corso dell’estate boreale un particolare pattern atmosferico, fino ad allora molto più  raro: si tratta del pattern DA+ (positive arctic dipole). Tale pattern estivo, che è apparso di rado per svariati decenni, è divenuto il pattern dominante negli anni 2000 (in particolare dal 2005). Il pattern DA+ è lo schema circolatorio in assoluto più efficace nel favorire lo sviluppo di intensi scambi termici meridiani tra polo e medie latitudini nel corso della stagione estiva. La sua principale caratteristica, da cui deriva anche il nome, è la sua forma dipolare. A tal proposito, mentre il pattern dell’Oscillazione Artica, cui si fa normalmente riferimento, è contraddistinto da un unico centro anulare che copre l’intero artico, il DA pattern è formato da due centri d’azione, di cui uno ciclonico ed uno anticiclonico:

Fig_3
Figura 3: la figura schematizza i due pattern circolatori: AO pattern (colonna di sinistra) e DA pattern (colonna di destra. Per entrambi sono riportate le variazioni infrastagionali (molto più evidenti per il DA pattern).

Come si denota dalla figura 3, in contrasto con anomalia del vento indotta dall’AO pattern (che è ciclonica o anticiclonica rispettivamente durante la sua fase positiva o negativa – Proshutinsky e Johnson 1997, Wu et al 2006), l’anomalia del vento risultante dalla DA (freccia nera) è meridionale. Un’altra differenza tra i due pattern risiede nel fatto che il DA+, a differenza dell’AO, tende a cambiare nel corso dell’anno, per via della diversa inclinazione del dipolo. Concentriamoci ora sul pattern DA+ estivo:

Fig_4
Figura 4

Come si vede il Pattern DA+ estivo è caratterizzato dalla presenza di SLP positive (alta pressione) su Islanda, Groenlandia ed Arcipelago Canadese, ed SLP negative (bassa pressione) sulle zone del Mar di Kara. Ora, come ben sappiamo, attorno ad  un’ area di alta pressione i venti spirano in senso orario, mentre attorno ad un’area di bassa pressione spirano in senso antiorario: tra le due aree si sviluppano anomali venti meridionali la cui direttrice è quasi parallela allo stretto di Bering. Nelle immagini che seguono viene schematicamente illustrata l’anomala ventilazione indotta dal pattern DA+:

 

Fig_5
Figura 5
Fig_6
Figura 6

 

Le conseguenze dirette di questo tipo di circolazione sono facilmente prevedibili:

  1. gli intensi venti meridionali di provenienza pacifica tendono ad erodere la banchisa artica a partire dai settori più occidentali (Mar di Chukchi),  favorendo un incremento della velocità di assottigliamento dei ghiacci (tale aumento  è addirittura pari a 0.5 m/mese); in generale dunque, i venti meridionali tendono ad eliminare il ghiaccio marino dal bacino artico, mentre una maggiore quantità di ghiaccio è spinta verso i settori atlantici (attraverso lo stretto di Fram);
  2. i venti anomali, la cui direttrice è quasi parallela allo stretto dei Bering, spirando da sud verso nord, trasportano maggiori flussi di acqua calda pacifica attraverso lo stretto stesso. Ciò spiga l’anomalo incremento dei flussi di acqua calda entranti nel polo rilevato dalle sonde americane e russe. Tale fattore accelera ulteriormente il drastico assottigliamento dei ghiacci marini.

Volendo usare una similitudine non troppo elegante, il pattern DA+ si comporta come una centrifuga in grado di aspirare flussi di aria e di acqua calda di provenienza pacifica.

Tra gli effetti nocivi del pattern DA+ ce ne sono anche altri di tipo indiretto non di minor rilievo. A tal proposito, l’azione dei flussi di calore meridiani tende ad accelerare vistosamente la fusione della banchisa già al termine della primavera-inizio estate, favorendo un aumento consistente di area occupata da acqua libera e ghiaccio sottile. Tale circostanza consente il riscaldamento solare su una superficie molto  più ampia, innescando fenomeni di retroazione positiva associati alla riduzione dell’effetto albedo. L’aumento termico nel bacino artico dovuto a questo fenomeno di feedback  ghiaccio-oceano da albedo è stato stimato essere pari a ben 5 °C. A tutto ciò si deve aggiungere l’effetto ‘sommatoria’ che si manifesta se, per diversi anni consecutivi, si verifica questo fenomeno: ogni estate una crescente quantità di ghiaccio vecchio tende ad essere scoperto ed esposto ai flussi di acqua ed aria calda Pacifica, decretando un aumento esponenziale della capacità “corrosiva” del DA+.

Per quanto detto sin qui, l’entità della fusione estiva dei ghiacci marini artici, non dipende solo dall’intensità del dipolo artico, ma anche dal suo orientamento. Per capire questo, facciamo riferimento alla seguente figura in cui vengono messi a confronto i pattern DA+ registrati negli ultimi anni (dal 2007 al 2010):

 

Fig_7
Figura 7

 

Sebbene tutte le estati prese in considerazione siano state caratterizzate da un pattern DA+  molto forte, si possono notare delle differenze:

  • anche se le anomalie del vento nel 2007 erano in magnitudo  più grandi rispetto al 2008 (freccia nera più spessa), l’orientamento per entrambi gli anni è stato più favorevole per il trasporto calore dalla porta pacifica. Al termine di queste due estati si sono registrati i valori più bassi di estensione della banchisa artica (in riferimento al campione analizzato);
  • le anomalie del vento nel 2007 e nel 2010 hanno grandezza simile e sono entrambe più grandi di quelle registrate nel 2008; tuttavia, l’orientamento delle anomalie eoliche nel 2010 è meno favorevole al trasporto di  ghiaccio al di fuori dalla regione artica;
  • il pattern DA+ avuto nell’estate 2009 è il meno favorevole alla fusione dei ghiacci marini,  in quanto le anomalie dei venti meridionali ad esso associate risultano più deboli e mal orientate (quasi trasversali allo stretto di Bering); nell’estate 2009 si è registrata l’estensione massima del post 2007.

A questo punto, capito il funzionamento di questo particolare schema barico, risulta interessante capire come esso si sia evoluto nel tempo. In altre parole servirebbe uno studio finalizzato a valutare la variazione media del  pattern DA nel corso degli anni.  Per far questo abbiamo pensato di utilizzare un apposito software che facilita l’estrazione dei dati dalle rianalisi. Per cui, sfruttando gli archivi storici NCEP, siamo riusciti a ricostruire l’andamento medio del geopotenziale sul bacino artico in riferimento alle due aree di interesse (cerchio rosso e cerchio blu in Fig. 5). Facendo una semplice differenza tra i valori relativi alle due aree è stato possibile ricavare per ogni anno (estate)  il valore assunto dall’indice DA. Dopodiché, utilizzando i metodi di interpolazione polinomiale, è stato tracciato il trend assunto dal DA pattern nell’ultimo trentennio (nello specifico è stata utilizzata, come funzione interpolante, una polinomiale del IV ordine):

 

Fig_8
Figura 8

 

Dall’andamento dell’indice DA (linea rossa), emerge chiaramente il cambiamento significativo di pattern atmosferico che ha interessato il Polo negli ultimi 30 anni (addirittura si passa da un valore medio di -5  ad un valore di +5). Questi numeri, tradotti in termini pratici, stanno a significare un totale stravolgimento della circolazione atmosferica estiva in sede artica. Per testare  poi l’importanza del pattern DA sulla fusione dei ghiacci artici, basta confrontare la figura precedente con il trend  di estensione della estiva della banchisa artica nello stesso periodo di riferimento:

 

Fig_9
Figura 9: “evoluzione media nel tempo” dell’estensione minima estiva della banchisa artica. Il diagramma è rovesciato per consentire un diretto raffronto diretto con l’andamento del DA pattern (tale necessità deriva dal fatto che le due grandezze sono inversamente proporzionali: all’aumentare dell’indice DA tende a diminuire l’estensione di ghiaccio marino).

 

Il grafico è ovviamente capovolto per consentire una migliore percezione visiva della somiglianza tra i due andamenti. Notate come la curva  relativa all’estensione tenda a cambiare curvatura proprio quando inizia a riscontrarsi un cambiamento del pattern dominante sul polo (e precisamente quando il valore di DA inizia a crescere). Negli anni 2000 poi, la velocità di fusione tende ad crescere rapidamente  all’aumentare della curvatura dell’andamento del pattern DA+.

Sempre a questo proposito, uno studio più raffinato è stato condotto di recente (2010),  da un gruppo di ricercatori appartenenti a diversi centri di ricerca, tra cui ricordiamo le università di Washington  e di Tokyo. Questi hanno creato un modello (PIOMAS) in grado di simulare l’estensione della banchisa artica e la circolazione oceanica sulla base della sola azione forzante indotta dal DA (anche in questo caso i valori giornalieri del DA sono ricavati dagli archivi NCEP).
Ebbene, come si desumibile dalla seguente figura, i risultati di questa simulazione sono stati a dir poco sbalorditivi:

 

Fig_10
Figura 10

 

In essa infatti  le linee continue rappresentano i valori di estensione dedotti dalle simulazione, mentre le linee tratteggiate si riferiscono all’estensione reale rilevata dai satelliti. Inoltre le linee rosse riguardano l’estensione minima relativa al mese di settembre mentre le linee verdi sono relative all’estensione media tra i mesi di e settembre. Il fatto che i valori simulati, aventi come solo dato di input il parametro DA, approssimino molto bene quelli reali, dimostra inequivocabilmente che l’orientamento e l’entità del pattern DA+ sono la chiave per capire e prevedere  la diminuzione di ghiaccio marino nel bacino artico.

(segue)

 

 

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Published inAttualità

5 Comments

  1. Roberto Breglia

    Articolo interessantissimo! Visto che è stato accertato che la causa dello scioglimento dei ghiacci artici nei mesi estivi è causato da questo pattern DA+,quale è stata la causa che ha fatto incrementare nell’ultimo decennio la frequenza di questo pattern visto che prima era molto più raro?
    Saluti

    • Te lo diciamo domani. 🙂
      gg

  2. Maurizio Zuccherini

    Quindi, potrebbe essere giustificata l’ipotesi che il “calore scomparso” sia stato “immagazzinato” nelle acque marine …..e da queste trasportato in artico e utilizzato come calore latente di fusione.

    • Maurizio,
      circa i processi naturali di trasporto del calore ad opera delle correnti oceaniche e di come essi siano fortemente condizionati dalle dinamiche dell’ENSO, ti consiglio la lettura degli approfondimenti di Bob Tisdale proprio sull’ENSO. In particolare, il libro (anche e-book) Who Turned on the Heat spiega molte cose.
      gg

    • Maurizio Zuccherini

      Grazie del consiglio, Guido

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