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Mese: Marzo 2014

Climate Change e PIL, probabile fine di un allarme ingiustificato

Capacità di adattamento, innovazione e resilienza, questi gli ingredienti dello scampato pericolo del Millenium Bug. Ora, da qualche anno, è la volta dell’allarme clima, per il quale, parliamoci chiaro, con l’esclusione di un gruppo più o meno folto di seguaci di Gaia, tutti gli altri – molti – che negli ultimi anni si dicono molto preoccupati in realtà quando lo fanno pensano al potenziale impatto economico di questi cambiamenti.

Questo approccio pragmatico è stato in effetti il passepartout con il quale la questione climatica è entrata nei salotti buoni dell’economia internazionale e di lì in quelli politici. La lettera di presentazione, il documento con il quale si è iniziato a ragionare su questi temi, la scrisse Lord Stern, economista britannico di alto profilo con un passato di incarichi istituzionali presso il governo di Sua Maestà. Il suo report, noto come Stern Review, è noto ai più soprattutto per riportare a chiare lettere un vero e proprio anatema: il riscaldamento globale e la sua derivata prima, i cambiamenti climatici, porteranno ad una riduzione del PIL mondiale compresa tra il 5 e il 20%. Praticamente una catastrofe.

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La pioggia in 3D, il sogno di tutti gli appassionati

Così l’ha definito un lettore in un commento apparso su WUWT all’articolo che parla dei dati provenienti dal nuovo satellite messo in orbita da NASA (USA) e JAXA (Giappone) insieme, il GPM Core Observatory, in orbita solo dal 27 febbraio scorso.

La combinazione dei sensori che ha a bordo permette di osservare le precipitazioni distinguendo tra quelle liquide e quelle solide, tra quelle con rain rate molto intenso e quelle deboli, con una precisione ed un dettaglio mai visto per questo genere di informazioni.

Qui sotto il video che spiega un po’ come funziona il sistema.

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5° Report IPCC atto II, impatti, adattamento e vulnerabilità del clima che cambia e…cambia male

E’ iniziata ieri a Yokohama la sessione plenaria dell’IPCC durante la quale i rappresentanti politici dei governi passeranno al setaccio e approveranno riga per riga,…

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Un Final Warming non fa primavera

Il tweet qui sotto l’ho intercettato ormai due settimane fa:

 

I segnali dell’arrivo di una nuova fase di repentino riscaldamento della stratosfera erano appena visibili. Ora, con una precisione quasi cronometrica, stando almeno al testo del tweet, siamo alle prese con una bella discesa di aria fredda sull’Europa occidentale. Ma questa è cronaca meteorologica, per cui passiamo oltre.

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La serie di temperature di Moffa-Sánchez et al., 2014

Per avere una conferma di quanto fatto e mostrato con il post di ieri sul detrending, ho utilizzato un altro set di dati: le temperature dedotte dai gusci di foraminiferi del plancton tramite il rapporto Mg/Ca, usuale proxy nei carotaggi di sedimenti marini. Questi dati sono descritti e analizzati in Moffa-Sánchez et al, 2014 e, leggendo l’articolo, ho notato nella loro figura S4 delle Supplementary Information (pdf in bibliografia) un massimo attorno a 20 anni (0.05 cicli/anno), corrispondente al massimo rimasto dopo il detrending dei dati noaa precedenti.

Ho chiesto i dati alla dott.ssa Moffa e li ho ricevuti in forma originale, non elaborati. Li mostro nella Fig.8 (pdf), confrontati con i dati dell’irraggiamento solare totale (TSI) di Steinhilber et al, 2009 e con bande che mostrano la durata dei minimi solari, come viene fatto nell’articolo (Fig.2, mostrata nell’abstract in formato piccolo).

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Dati NOAA e non solo, esempi di detrending

Stavo cercando di capire come utilizzare al meglio i dati NOAA della temperatura globale -medie mensili terra-oceano- disponibili alla pagina cosidetta “Climate at a glance” qui, che sostituisce il sito ftp da cui finora ho scarticato i dati mensili e mi sono trovato, quasi per casoi, a pensare cosa sarebbe successo al dataset con una serie di detrending successivi, cioè eliminando tutti i trend che potevo individuare, tramite un fit o in generale tramite una rappresentazione analitica, seguiti da una sottrazione (dati-fit) e ripetendoi il processo fino ad avere residui a media nulla e senza una struttura identificabile (qualcosa che potrebbe essere chiamato rumore, anche se potrà contenere strutture nascoste ad una semplice analisi visiva). Applicando questo schema ai dati noaa fino a gennaio 2014, ho trovato quello che mostro nella successiva Fig.1 (pdf).

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