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El Niño indiano

Nella lingua hindi bambinello si traduce così: छोटे बच्चे; questa invece è la fonetica: Chōṭē baccē. L’hindi è, insieme all’inglese, la lingua ufficiale scelta dal governo indiano, sebbene siano state rilevate più di 30 lingue diverse e circa 2.000 dialetti. A queste lingue e dialetti andrebbero aggiunte quelle dell’Indonesia e dell’Africa orientale per avere un’idea di come si potrebbe definire un evento climatico piuttosto simile a El Niño che ha però luogo nell’Oceano Indiano. La scienza ha risolto alla sua maniera chiamandolo Indian Ocean Dipole, cioè dipolo dell’Oceano Indiano.

Si tratta di una differenza di temperatura tra le due sponde del bacino oceanico indiano che si accentua o cambia di segno in modo ciclico ma anche randomico, a volte in concomitanza e con il concorso dell’ENSO, la ben più nota oscillazione delle temperature superficiali dell’Oceano Pacifico intertropicale, a volte apparentemente da essa del tutto indipendente. Certo, l’energia in gioco, pur enorme, è molte volte inferiore a quella mossa dall’ENSO, date le dimensioni ridotte dell’Oceano Indiano rispetto all’Oceano Pacifico, ciò non toglie che queste oscillazioni siano determinanti per le vicende climatiche dell’area e, dal momento che questo ha un impatto anche sulla circolazione monsonica, anche per parti del pianeta piuttosto distanti. Al segno positivo dell’IOD corrisponde un riscaldamento del settore ovest dell’oceano, con conseguente accentuazione del rilascio di calore, convezione e precipitazioni su quel versante (Africa) e siccità sul versante opposto. Il tutto si attenua invece nelle fasi neutre e cambia di segno e di effetti nelle fasi negative.

La letteratura disponibile su questo pezzo di dinamiche climatiche segue la stessa storia della semantica, perché sull’Indian Ocean Dipole si è iniziato a scrivere solo in tempi molto recenti, cioè dal 1999. Un fenomeno dunque poco noto e poco scientificamente approfondito, ma poteva mai essere escluso dalle note vicende catastrofiche cui il clima è soggetto?

Niente affatto. E’ apparso ieri su Science Daily il commento ad un paper di recente pubblicazione su Nature Geoscience:

Projected response of the Indian Ocean Dipole to greenhouse warming 

Ci credereste? Questo “distruttore climatico”, così lo si definisce su Science Daily che a onor del vero rende davvero un pessimo servizio a questo studio, avrebbe aumentato la sua frequenza di occorrenza negli ultimi 30 anni e ancor di più dovrebbe aumentare negli anni a venire, quelli in cui attendiamo tutti con ansia che il riscaldamento globale, fermo da 17 anni circa, torni a mostrare le sue fiamme ruggenti.

Perché un pessimo servizio? Beh, perché anche solo leggendo l’abstract, si capisce che gli autori dello studio hanno scritto cose diverse. Con riferimento all’aumento delle temperature e ai cambiamenti da esso indotti, tanto osservati quanto previsti (e su questo torniamo tra poco), si legge che le proiezioni sembrano andare nella direzione di condizioni più simili al segno positivo dell’Indian Ocean Dipole, ma che in relazione alle condizioni generali del bacino nel tempo, non si prevede un aumento della frequenza degli eventi, quanto piuttosto una maggiore ampiezza della differenza tra fasi positive e negative.

Fin qui la descrizione sommaria del fenomeno e del paper. Ora qualche altrettanto sommaria verifica. Qui sotto ci sono le tempertaure medie superficiali calcolate per fasce di latitudine. Quella tropicale è nel mezzo. La fonte è climate4you.com, dati satellitari, cioè quelli più affidabili, perché da quelle parti c’è molta più acqua che terra e di stazioni di osservazione ce ne sono davvero poche.

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Non mi pare che su quella fascia latitudinale si possa parlare di riscaldamento “globale”. Ma la nostra attenzione è alle temperature di superficie, perciò, ancora sotto, vediamo com’è andata nelle ultime decadi per l’acqua di mare, sempre grazie ai rilevamenti satellitari. Le immagini sono due e vengono da questo link. Nella prima c’è la rappresentazione zonale del trend previsto e osservato e nella seconda le anomalie calcolate sull’intero bacino.

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Sicché, le temperature superficiali sono aumentate, ma sia su base zonale che assoluta i modelli climatici sovrastimano in modo significativo l’accaduto. Come si possa immaginare di avere delle proiezioni affidabili di un evento come quello dell’IOD resta un mistero fitto come quelli di tutte le proiezioni climatiche.

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Published inAttualità

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