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E se i Pinguini Imperatore non fossero filopatrici?

Il pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri G.R.Gray, 1844) è il più grande uccello delal famiglia dei pinguini (Spheniscidae). Al suo riguardo ho letto lo scritto di Jim Steele pubblicato da WUWT in cui si prende in esame il declino della popolazione di pinguino imperatore della grande colonia di Pt. Geologie, vicina alla base di ricerca francese Dumont d’Urville (DuDu per gli amici), cui è stato di recente dedicato il documentario “March of the Penguins”. In proposito vorrei segnalare un paio di cose che possono interessare i lettori.

  1. Una ricerca coordinata dalla d.ssa Michelle LaRue dell’Università del Minnesota e basata sul remote sensing da satellite ha consentito di individuare nuove colonie di pinguino imperatore fino ad ora non note, il che avvalorerebbe la teoria secondo cui i pinguini avrebbero una certa tendenza a cambiar sede anziché a mantenersi fedeli allo stesso sito ritornandovi anno dopo anno. Questo, secondo la LaRue, starebbe ad indicare che “If we want to accurately conserve the species, we really need to know the basics. We’ve just learned something unexpected, and we should rethink how we interpret colony fluctuations”. In altri termini non è con i luoghi comuni che si capiscono le ragioni delle fluttuazioni delle specie e si interviene per arrestare processi di estinzione in atto, tema questo caro a Steele e già da me commentato su CM nel post Vespe killer, AGW e Large Blue.
  2. Il fatto che pinguini imperatore manifestino una certa tendenza a cambiare di sede (non essendo cioè fino in fondo filopatrici, per dirla con gli zoologi), potrebbe costituire un’importante chiave interpretativa riguardo il declino osservato nella colonia di DuDu (figura 1), che per inciso secondo Steele sarebbe stato determinato non tanto dall’AGW (di cui a DuDu non c’è traccia come si vede dai dati di stazione riportati da Steele – figura 2) quanto dall’eccessivo disturbo antropico provocato dai biologi e dalla costruzione di una pista aeroportuale.
  3. Peraltro lo stesso Steele segnala che la connessione fra GW ed estinzione dei pinguini continua ad essere divulgata ed in proposito cita questa intervista a Stephanie Jenouvrier della Woods Hole Oceanographic Institution dall’emblematico titolo “Emperor penguin in peril: Climate change threatens dramatic declines”, di recente apparsa su Science Daily.

E’ ovvio che se le affermazioni di Michelle LaRue venissero ad essere confermate, si infrangerebbe un altro delle icone dell’AGW in nome della quale turbe di attivisti hanno marciato per anni vestiti da pinguini….

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Figura 1 – Andamento della popolazione di pinguini nella colonia di Dumont Durville (fonte: http://www.penguinscience.com/clim_change_ms.php). Si nota uno shift intorno a fine anni ’70 con transizione brusca da 6000 a 3000 individui. A fronte di un tale shift penso occorrerebbe cercare una causa negli anni ‘70.

 

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Figura 2 – Andamento delle temperature medie a Dumont Durville. Non si notano trend di sorta.

 

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Published inAttualità

2 Comments

  1. Mario

    I cosiddetti “cambiamenti climatici” a quanto pare, mettono in grave pericolo di estinzione un sacco di specie, sia animali che vegetali.
    Ma, vista la continua crescita demografica, fanno molto bene alla specie umana. 🙂

    • flavio

      veramente cresceva molto di più mezzo secolo fa, in piena fobia da global freezing…vuoi vedere che dopo averci ossessionati con la bomba demografica fra poco imputeranno come vittime del global warming i miliardi di persone che mancano dalle stime di allora della popolazione mondiale?

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