L’AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation) esprime lo scostamento rispetto alla media della temperatura superficiale (SST) del tratto di oceano Atlantico compreso tra l’equatore e la Groenlandia. Tale indice è strettamente legato alla temperatura globale del nostro emisfero come dimostra la figura 1, in cui per il periodo 1900 – 2012 sono riportate in rosso le temperature medie di superficie dell’emisfero Nord (terre + oceani) di fonte Hadcrut4 ed in azzurro l’indice AMO cui si è sommato un valore costante di 14 con il solo scopo di rendere più immediatamente confrontabili le due curve.
Come si vede esiste una correlazione molto stretta fra temperature e AMO come mostra l’R2 del 41%. Ciò porta a dedurre che un modello previsionale meccanicistico di tipo AOGCM per essere in gado di prevedere le oscillazioni che caratterizzano le temperature del nostro emisfero con un minimo di accuratezza dovrebbe anzitutto saper descrivere molto bene l’andamento delle temperature oceaniche.
In realtà, lo scritto di Bob Tisdale apparso su WUWT e che riporta dati desunti da un lavoro scientifico di Risbey et al. uscito su Nature climate change, mostra che la capacità descrittiva dei modelli AOGCM è assai scarsa, come si può osservare dalla figura 2 che mostra come i 5 migliori modelli AOGCM prevedano per il periodo 1998-2012 un sensibile raffreddamento della superficie dell’Atlantico settentrionale con contemporaneo riscaldamento dell’Atlantico meridionale, giusto l’opposto di quanto si è osservato nella realtà.
Viene da chiedersi se non sia da questa inettitudine a prevedere l’andamento delle temperature oceaniche che deriva l’incapacità da parte degli AOGCM di descrivere l’attuale fase di stasi nelle temperature globali.
Dal 1 settembre 2014 dalle 13.00 alle 13.50 torna l,angolo della meteo e clima curato da Alessandra ,Flavio e barbolini…(meteo quotidiani) ..sul canale 671
Se questa è la performance dei cinque migliori modelli CMIP5, figuriamoci cosa succede per i peggiori! 🙂
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A parte gli scherzi (che poi non sono proprio scherzi 🙂 ) la cosa non deve destare molta meraviglia. Qualche mese fa, commentando un articolo di N. Scafetta, abbiamo avuto modo di vedere che se si va a considerare il composito dei 48 modelli CMPI5 ( http://www.climatemonitor.it/?p=34811 ), e lo si confronta con il composito delle temperature globali desunte da vari set di dati, le due curve divergono a partire dal 2000 circa e la divergenza diviene sempre più accentuata man mano che passano gli anni.
Molti studiosi inizialmente hanno negato la divergenza trincerandosi dietro la fascia di incertezza, ma oggi come oggi la cosa è diventata talmente evidente che bisogna essere ciechi per non vederla. In ambiente climatologico, perciò, il problema sembra sempre più sentito e molti sperano nel prossimo evento ENSO per rimettere le cose a posto.
Caio, Donato.