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Gli uragani scarseggiano e i tifoni abbondano, perché?

L’immagine qui sopra viene dal progetto open source Earth e rappresenta la circolazione bassi strati catturata ieri pomeriggio. E’ un’istantanea ovviamente, ma dice parecchie cose.

Nella fascia latitudinale evidenziata, 10°S – 30°N, quella dove si originano gli uragani nell’estate boreale, c’è una netta differenza tra l’Oceano pacifico e quello Atlantico. Nel primo, si continua a vedere la nascita di depressioni tropicali che si trasformano in tifoni viaggiando da est verso ovest, segnando una stagione già ben oltre la media in termini di frequenza di occorrenza e intensità degli eventi. Nel secondo tutto tace; dall’inizio nominale della stagione (1° giugno), si sono formate solo tre depressioni tropicali che hanno raggiunto l’intensità per ottenere un nome dall’anagrafe di questi eventi, di cui la prima decisamente precocemente e fuori stagione nei primi di maggio e la terza appena pochi giorni fa; di queste, nessuna ha raggiunto l’intensità da uragano e nessuna si è formata nella principale area di sviluppo per questo periodo stagionale.

Gran parte della colpa è di El Niño, che sta spargendo acqua calda su tutta la fascia tropicale del Pacifico fornendo combustibile alle depressioni che si formano, ma, con riferimento all’Atlantico, si può essere ancora più precisi, perché l’indice ENSO via via più saldamente in territorio positivo, si propaga ben oltre il Pacifico e ben al di fuori dei soli valori di temperatura del mare.

Ci aiuta a farlo un bell’articolo uscito sul Washington Post a cura della redazione meteorologica della testata, in cui si fa della seria divulgazione scientifica. Innanzi tutto, almeno sin qui, tanto di cappello ai previsori della NOAA, che avevano previsto una stagione a bassa densità di uragani per l’Atlantico (con il 70% di probabilità, veramente tanto per questo genere di out look) e ad elevata ove non molto elevata attività invece per il Pacifico.

Innanzi tutto il Wind Shear, la variazione del vento al crescere dell’altitudine. Se sussistono delle differenze significative nello scorrere delle correnti atmosferiche alle diverse quote, tanto le depressioni tropicali, quanto gli eventuali conseguenti uragani faticano a formarsi, perché scarseggiano gli agglomerati di convezione (più temporali) che possono ‘organizzarsi’ in una depressione. E quest’anno c’è molto wind shear in Atlantico.

wind shear
Wind Shear – Valori 2015 più alti di quelli del 1998, l’anno del Super El Nino

Poi le temperature di superficie. E’ vero, sul Pacifico sussiste una anomalia positiva molto marcata delle temperature di superficie, ma, in Atlantico, specialmente nella regione dove si formano gli uragani, la temperatura del mare è sotto la media, appena al limite per sostenere la nascita di un uragano e per fornirgli combustibile sotto forma di calore latente.

SST
Temperature superficiali del mare basse come non accadeva da parecchio tempo

Poi ancora la subsidenza, ovvero aria che scende dall’alto verso il basso. Il calore rilasciato da El Niño sulle coste del Pacifico orientale causa molte ascendenza in quella regione, con conseguente discendenza – alta pressione – appena al di là dei Caraibi, ancora una volta nella zone di massimo sviluppo degli uragani. Alta pressione e subsidenza sono l’opposto di depressione e sollevamento, quindi decisamente sfavorevoli alla formazione di depressioni tropicali.

subsidenza
Velocità verticali elevate nel Pacifico e subsidenza in Atlantico

Infine la sabbia diretta dal Nord Africa all’Atlantico, che segue la stessa strada che dovrebbero seguire le onde atmosferiche da cui nascono le aggregazioni di convezione e si organizzano le depressioni negli strati atmosferici più bassi. Sabbia che da una parte attenua gli effetti della radiazione solare impedendo al mare di scaldarsi e dall’altra fornisce moltissimi nuclei di condensazione favorendo sì la formazione di nubi, che però sono costituite da gocce piccole e non dispongono della spinta ascendente necessaria a crescere di volume; sabbia che inoltre assorbe la radiazione ad onda corta e la riemette ad onda lunga, scaldando quindi gli strati atmosferici più bassi e creando le condizioni di andamento verticale della temperatura sfavorevoli alla nascita dei temporali.

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LA sabbia in movimento lungo l’Atlantico tropicale

Sicché, si conferma la più potente tele connessione di El Niño: tanti tifoni nel Pacifico, pochi uragani in Atlantico. Una volta tanto le cose vanno come previsto :-).

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