Riassunto: Viene descritto il MOI, indice di oscillazione mediterranea, nelle due versioni che riguardano la differenza normalizzata di pressione tra Algeri-Cairo e Gibilterrra-Israele. Entrambe confermano una dicotomia che divide in due il Mediterraneo, come verificato nella pendenza del livello del mare negli anni ’80 del secolo scorso. Si confrontano brevemente MOI e NAO e si mostra una somiglianza solo parziale tra i due indici.
Abstract: MOI, Mediterranean Oscillation Index, is described in its versions, i.e. Algiers-Cairo and Gibraltar-Israel sea-level pressure difference. Both confirm a separation between west and east regions of the Mediterranean Sea as the tide gauge slope in the 80’s has already shown. Also, MOI and NAO are compared and only a partial similar appearance is shown between those indices.
In un precedente post sulla identificabilità dello shift climatico degli anni ’80 del secolo scorso nei dati mareografici del Mediterraneo, un commento di Luigi Mariani aveva aperto la possibilità di usare l’Indice dell’Oscillazione Mediterranea (MOI) (Conte et al.,1989) per confermare una netta dicotomia tra le parti occidentale e orientale del Mediterraneo da lui evidenziata in base a ispezione visuale della variazione del livello marino negli anni ’80. Mariani aveva identificato la variazione come positiva, negativa o nulla e notato che tutte le stazioni mediterranee (23, a cui è stata aggiunta Bakar, Croazia) mostrano una pendenza positiva o nulla a occidente dell’Italia e negativa o nulla ad oriente. La mappa prodotta da Mariani è visibile nei commenti al post citato (il segno positivo per Algeri è sicuramente un refuso perché non sono disponibili dati di livello marino per questa stazione). In fig.1 riproduco la mappa di Mariani (con +,-,= che indicano i tre livelli di pendenza considerati).
In questo post mi propongo di rappresentare l’Indice di Oscillazione Mediterranea (Mediterranean Oscillation Index o MOI) per tentare di capire le sue caratteristiche, anche considerando che non sono in grado di accedere al lavoro in cui l’indice viene definito (Conte et al., 1989), pubblicato in un volume dell’Accademia delle Scienze finlandese. Ho scritto all’Accademia chiedendone una copia e attendo fiducioso.
Il MOI è disponibile nel sito CRU (Climate Research Unit) in due versioni basate sulla differenza normalizzata di pressione a livello del mare (SLP) tra Algeri e Cairo (MOI1) e tra Gibilterra e Israele (MOI2). I dati giornalieri attualmente disponibili vanno dal 1.1.1948 al 31.12.2016 e sono costituiti da 25203 linee per ogni serie. Per entrambe le serie ho calcolato le medie mensili che mostro, insieme ad un filtro passa-basso di base 13 mesi, nelle figg. 2 (pdf) e 3 (pdf).
In fig 4 (pdf) viene mostrato il confronto diretto tra le serie filtrate
Come si vede dalle ultime tre figure, il valore medio dell’indice è negativo, indicando così che la pressione delle stazioni orientali (Cairo e Israele, aeroporto Lod) è maggiore di quelle occidentali. La fig.1 mostra quindi che le zone a pressione inferiore hanno livelli marini che negli anni ’80 sono cambiati in senso positivo (sono cresciuti) mentre il contrario è successo per le areee con pressione inferiore. Dalla stessa figura si nota anche che, malgrado la mancanza di dati mareografici in loco, l’Italia sembra essere il “separatore” tra le zone a pendenza positiva e negativa del livello marino almeno negli anni ’80 e, si potrebbe pensare, tra le zone di maggiore e minore SLP. Quest’ultima affermazione mi sembra debole in quanto se è possibile immaginare differenze di pressione atmosferica al di quà e al di là dell’Italia causata dalla presenza della catena appenninica, il MOI dipende debolmente da catene montuose (Sicilia meridionale, forse qualche rilievo del sud della Grecia per MOI2; la catena dell’Atlante per MOI1); la debolezza della dipendenza (se una dipendenza esiste davvero) è sottolineata anche dalla notevole somiglianza tra i due MOI che non permette di immaginare cause diverse per le due serie.
Senza voler sottolineare con troppa enfasi il fatto, dalla fig.4 si vede che il maggior picco positivo (e negativo) per MOI2 e uno dei maggiori per MOI1 si ha in corrispondenza di una fluttuazione triennale, tra il 1987 e il 1989, che separa una crescita circa decennale dei MOI da una loro decrescita di pari estensione temporale. Immaginare una fase di aumento negli anni ’80 (in corrispondenza dello shift climatico), seguita da una fase di diminuzione negli anni ’90 è facile anche se si osservano altri periodi di cambiamento di pendenza (ad esempio quello che termina con il minimo relativo del 1978).
In fig 5 (pdf) viene mostrato lo spettro MEM dei dati filtrati (circa annuali) delle due serie che ancora mostrano notevoli somiglianze, insieme a qualche diversità.
Il massimo spettrale di periodo 3.4 anni, il più potente per MOI1 e il secondo per MOI2 ricorda i simili massimi di El Niño (3.5-3.6 anni) identificati nelle diverse regioni del Pacifico in questo post, fig.5, su CM. Anche il massimo principale di MOI2 a 1.2 anni è simile al massimo di 1.5 anni di El Niño.
Legame tra MOI e NAO
Generalmente si considera esistente un legame tra MOI e NAO (North Atlantic Oscillation), mentre in Lionello et al, 2006 (in particolare nell’introduzione al volume) la relazione tra i due indici viene considerata debole, con ENSO a fare la parte del leone tra le numerose teleconnessioni individuabili, ad esempio quella tra Mediterranneo occidentale e Sahel. In particolare, nella sua debolezza, viene considerata più importante la serie invernale di NAO (DJFM).
Per verificare la presenza o meno di tale relazione mostro in fig.6 (pdf) le serie MOI1 (scalata arbitrariamente) e NAO DJFM e i rispettivi spettri MEM.
Il confronto tra le due serie appare buono a partire dal 1980 e genericamente non buono prima di questa data, a parte alcuni brevi tratti. Gli spettri non sembrano in accordo: forse solo i massimi a ~5 e ~11 anni mostrano una coincidenza, mentre quello a 5.7 anni % molto più debole in NAO. In particolare i più potenti massimi di MOI1 non coincidono con quelli di NAO. Lo stesso confronto per MOI2 è disponibile nel sito di supporto.
Conclusioni
L’indice di oscillazione mediterranea MOI mostra una differenza media di pressione quasi costante nel tempo, dal 1948 al 2016 e quindi una dicotomia pressoria tra le due parti del Mediterraneo che si possono supporre separate dal Canale di Sicilia (v. anche Diodato e Bellocchi, 2010). La pendenza delle variazioni del livello marino nel Mediterraneo durante gli anni ’80 del secolo scorso sembra confermare questa differenza est-ovest. Le due serie del MOI disponibili presentano una notevole somiglianza e fanno supporre una causa comune per la variazioni di SLP sia della parte meridionale (Algeri-Cairo) che della parte centrale del Mediterraneo (Gibilterra-Israele). La relazione con NAO invernale non appare particolarmente significativa, anche se si possono individuare alcune somiglianze nella parte più recente di entrambe le serie.
Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui. |
Bibliografia
- Conte, M., Giuffrida, A. and Tedesco, S., 1989: The Mediterranean Oscillation. Impact on precipitation and hydrology in Italy Climate Water., Publications of the Academy of Finland, Helsinki
- Diodato N., Bellocchi G., 2010: Storminess and Environmental Changes in the Mediterranean Central Area , Earth Interactions, 14, 1-16.doi:10.1175/2010EI306.1
- P. Lionello, P. Malanotte-Rizzoli, R. Boscolo (eds), 2006. Mediterranean Climate Variability, Elsevier, Amsterdam. Per un’introduzione al clima del Mediterraneo vedere ad es. Lionello et al., The Mediterranean Climate: An overview of the main characteristics and issues, pagg. 1-26. Il volume è parzialmente disponibile su Google books cercando la prima bibliografia (Conte et al.,1989).
ricordi di un corso di geografia del mediterraneo , Dipartimento di Geografia, all’università di Alicante nel 1996. Si parlava della diversa salinità delle varie aree del mediterraneo e per la parte tirrenica dello sprofondamento di acqua calda che affondava proprio per la salinità maggiore. Cosa che ad esempio non avveniva nell’adriatico proprio per la quantita di acqua piovana che interessava il bacino.
Interessante. Questo implica differenze di salinità che però sono complicate dagli affondamenti o meno (in funzione della quantità di sale) e quindi obbligherebbe ad analisi della salinità a profondità diverse. I risultati, per me, sono non prevedibili e probabilmente variabili nel tempo; penso anche che questo fatto li leghi male alla netta dicotomia della pressione a livello del mare e della pendenza del livello marino negli anni ’80.
Proprio oggi ho iniziato ad estrarre i dati di salinità dal sito ncei https://data.nodc.noaa.gov ma trovo difficoltà ad avere le serie in un formato che sono in grado di leggere e, quando le trovo nel formato che avevo già usato per OHC (Ocean Heath Content), errori nel sito mi impediscono di scaricarle. Spero di superare questi limiti nei prossimi giorni. Franco
[…] Autore: Franco ZavattiData di pubblicazione: 06 Settembre 2017Fonte originale: http://www.climatemonitor.it/?p=45748 […]
Caro Franco, sulla base delle tue argomentazioni, che condivido appieno, possiamo escludere la catena appenninica quale causa della differenza del campo di massa tra la parte occidentale e quella orientale del Mediterraneo. Mi sentirei di escludere anche l’oscillazione NAO, per cui l’origine della differenza di pressione quantificata dall’indice MOI, resta piuttosto misteriosa.
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Sulla scorta di Cid e colleghi è la differenza di pressione a influenzare il livello del mare Mediterraneo e ciò è confermato anche dalle relazioni tra indice MOI e livello del mare che tu hai indagato. Il problema resta, almeno per me, capire il perché della connessione che lega la pressione ad ovest e ad est dello “spartiacque” rappresentato dalla penisola italiana e dal Canale di Sicilia. Altro aspetto da chiarire è il motivo per cui la pressione è maggiore nella parte orientale del Mediterraneo rispetto a quella occidentale e perché mai questo fenomeno è così persistente (ormai la striscia di dati supera ampiamente i sessant’anni).
E’ proprio un bel rompicapo! 🙂
Ciao, Donato.
Caro Donato,
comincio appena a rendermi conto che il Mediterraneo è una struttura complessa con forti interazioni con molte parti del resto del mondo: è sufficiente leggere anche solo l’introduzione di Lionello et al., 2006 per osservare come questo mare influenzi e sia influenzato da aree limitrofe e lontane. Io purtroppo non sono in grado di interpretare queste relazioni e mi limito ad osservare alcuni aspetti abbastanza evidenti, consapevole che sicuramente ne esistono altri di cui, adesso, non sospetto l’esistenza.
La pressione che ad est è maggiore rispetto ad ovest (come dice il MOI) è un’altra delle cose che non capisco: se quanto scrive Luca Rocca, che condivido, è vero, una maggiore evaporazione del Mediterraneo orientale dovrebbe portare ad una pressione inferiore (maggiore massa d’aria che si solleva) e quindi ad un MOI largamente positivo con pochi picchi negativi, cioè il contrario di quanto si osserva. Ma qui mi fermo. Sono stato catapultato in un mondo a me largamente sconosciuto dal commento di Luigi Mariani all’altro post e per ora resto lì ad osservare e basta.
Ciao. Franco
Chiedo scusa mi sono espresso male. Non ci sono ragioni per dire che l’evaporazione nel mediterraneo occidentale sia inferiore a quello orientale, penso sia uguale. E’ il ricambio dell’ acqua evaporata che e’ diverso. Il principale apporto arriva dallo stretto di Gibilterra: acqua fredda e meno salata di provenienza atlantica scorre in correnti non troppo profonde da ovest a est ( sul Tirreno scorre lungo la costa ed in Liguria arriva da est ), Semplicemente nel mediterraneo orientale l’acqua atlantica arriva dopo un tempo maggiore per cui essendo l’evaporazione costante si forma il famoso gradino, una leggera pendenza. Le sue rilevazioni indicano che il gradino si sta alzando. Aumentando la temperatura media del mediterraneo il fenomeno dovrebbe essere maggiore ma a questo punto cambiando le salinità e le temperature la miscelazione delle acque occidentali ed orientali dovrebbe complicarsi e questo va oltre le mie competenze di mozzo vigliacco ( i capitani coraggiosi sono un altra cosa)
Bé, il mediterraneo è un bacino in difetto di bilancio idrico. Se non fosse per il run-off dell’acqua piovana, quindi dell’apporto di acqua dolce, tenderebbe a prosciugarsi. In questo sono fondamentali i due canali (compreso quello artificiale). Infatti, già alcuni mln di anni fa la chiusura del precursore dello Stretto di Gibilterra ne provocò il disseccamento. Ciò potrebbe significare che il regime delle piogge finisce per avere impatto sulla differente salinità. Magari potrebbe essere anche questa una chiave di lettura e una direzione in cui indagare. https://it.wikipedia.org/wiki/Crisi_di_salinit%C3%A0_del_Messiniano
gg
Guido, hai ragione: anche indagare sulla relazione salinità-piogge può essere interessante, anche se credo che queste relazioni possano essere più complesse di quanto immagino. Penso ai foraminiferi tipici del Po osservati nelle carote del golfo di Taranto. in ogni caso grazie per l’ulteriore suggerimento. Ciao. Franco
“…e questo va oltre le mie competenze di mozzo vigliacco…”
e va anche abbondantemente oltre le mie competenze, ma vedremo …
Eccellente lavoro, potrebbe essere interessante tenere conto dell’ incidenza della salinità. So per via empirica ( ci sono passato alcune volte in barca ) che fra tirreno e Jonio oltre ad un “gradino” di circa 1 cm c’è una importante variazione di salinità. Io ho sempre dato la colpa ad una maggiore evaporazione sul lato orientale del mediterraneo rispetto all’ occidentale che viene rifornito da Gibilterra
Grazie. L’analisi della salinità è un ottimo suggerimento di cui terrò conto in un prossimo (spero) sviluppo dell’analisi del Mediterraneo.
Avevo letto di un gradino tra Tirreno e Jonio narrato in varie forme da autori antichi (molto antichi: Omero ed Esiodo; o nella saga di Ercole e delle sue fatiche e in altri miti) ma non sapevo della misura moderna di un tale dislivello. Franco
Ora mi hai messo una gran curiosità: gli antichi come erano riusciti a misurarlo?
Gli antichi non misuravano, raccontavano per informare gli altri. I primi in Grecia a mettere nero su bianco le storie (le storie informative, non le favole!) furono Omero ed Esiodo nel 700-800 a.C. e queste storie venivano lette in pubblico e avevano lo scopo di indicare agli astanti i pericoli e le opportunità di navigare verso occidente (Odissea ad esempio). Narravano anche la nascita dei “nuovi” dei (Zeus & C.) che avevano sostituito i “vecchi” (Kronos & C.), colpevoli di non aver evitato un qualche disastro, tipo diluvio. Queste storie narravano, oltre che di Ulisse nel suo viaggio da est a ovest, anche di Giasone e dei suoi amici ladri di tecnologie
metallurgiche del Mar Nero che, alle Sirti, in Libia, hanno portato sulle spalle per 11 giorni la loro nave Argo perché il mare non era più navigabile ed era diventato basso e limaccioso (anche per una barca che poteva essere
portata in spalla!); e di Ercole (Heracles, che possiamo considerare l’eroe eponimo dell’occidente, colui che aveva permesso la riapertura delle rotte occidentali dopo il “qualcosa” che aveva sconvolto il mondo e fatto cadere gli dei antichi) che “avvicina i continenti” (tornando indietro e attraversando l’Italia con le vacche di Gerione dalle tre teste
-forse le Baleari) per permettere che le acque di un mare non si mescolassero con l’altro, tenendo i mostri di uno fuori dall’altro mare.
Qui sto parlando della riapertura delle rotte cosiddette “micenee” (che in realtà significa solo “precedente il 1200 a.C.”) cancellate dal “qualcosa” che, tra le altre conseguenze, ha costretto popoli dediti al commercio marino a diventare i famigerati “popoli del mare” (in gran parte provenienti da ovest, altro che l’invenzione degli “indoeuropei”) che attorno al 1250 a.C. hanno invaso mezzo mondo antico e parzialmente contribuito al passaggio dall’età del Bronzo all’età del Ferro.
Vorrei ricordare che fino al III sec. a.C., con la nascita della geografia matematica ellenistica, gli antichi non avevano carte geografiche (se non schizzi iconografici) e dovevavo costruire le loro “mappe mentali” tramite il potente mezzo mnemonico dei miti. E questi miti dovevano essere precisi
ed erano chiari ai marinai di allora come a noi lo sono i cartelli pubblicitari.
Anche Aristotele (direi nella “Geografia”, ma non ho il riferimento sottomano) scriveva di Mar Nero più alto del Mediterraneo orientale e questo più alto dell’occidentale, con il conseguente flusso dall’uno all’altro.
Fabrizio, lo so che sono logorroico e mi scuso, ma con la tua domanda hai dato la stura ad una mia (non tanto) nascosta passione. Franco
Ma che scuse… io leggo con entusiasmo e “assorbo” come una spugna.
Prendete le mie informazioni con il beneficio di inventario. Sono spiegazioni avute da persone incontrate nei porti del luogo , quindi l’attendibilità e la precisione possono essere discutibili. Comunque la salinità dello Jonio e’ sicuramente maggiore e si riesce a percepire, idem per la temperatura ma non ho mai effettuato misurazioni specifiche o avuto accesso a dati scritti e pubblicati
Appena possibile cercherò di verificare usando i dati che riuscirò a trovare, ma questo non toglie nulla alla validità del suggerimento di usare anche la salinità.
La maggiore evaporazione della parte orientale va anch’essa verificata, anche se la cosa “mi torna”. Istintivamente credo che quella parte sia più calda rispetto Mediterraneo occidentale, ma non ho (ancora) verificato… Franco