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Un’altra storia

Negli ultimi tempi gli attacchi alle motorizzazioni diesel si sono fatti veramente martellanti. Se a Roma si è accusato il diesel di far nevicare l’inverno e causare la siccità in estate, a Milano con fare pragmatico tipicamente meneghino si è accusato il diesel di causare la quasi totalità dell’inquinamento da traffico su gomma: “lo dicono tutte le statistiche”. In attesa di sapere quali siano le statistiche di cui si parla, e in presenza di ricerche che raccontano tutt’altro, forse vale la pena provare a raccontare un’altra storia.

C’era una volta…

C’era una volta il diesel “pulito” che risolveva tutti i problemi del mondo grazie alle marmitte catalitiche, e ci liberava dalla maledetta benzina. Incolpata, quest’ultima, di averci prima avvelenato con derivati del piombo, e poi di averci regalato leucemie e linfomi in quantità a causa dell’aumento del tenore di idrocarburi aromatici (tenore aumentato proprio per ridurre il contenuto di piombo).

Fu una vera e propria rivoluzione: i consumatori abbandonarono in massa le auto a benzina per buttarsi sul diesel, più efficiente (e quindi economico) a causa del rendimento superiore del ciclo omonimo rispetto a quello “Otto”. Concetto noto già dal 1892 ed oggi curiosamente dimenticato.

L’industria dei carburanti si adeguò di conseguenza: la voracità della domanda riuscì a sostenere la produzione di diesel delle raffinerie europee, molto più spinta verso il gasolio rispetto alle benzine. In Europa si arriva a consumare talmente poca benzina che le raffinerie sono costrette a piazzare sul mercato extra-UE l’enorme sovrapproduzione. 

Un giorno all’improvviso…

Mentre i giornaloni di tutto il mondo si dilettavano con le solite previsioni “affidabilissime” sulla imminente mancanza di petrolio, negli Stati Uniti si sviluppava la rivoluzione dello “shale oil”: una enormità di idrocarburi viene riversata sul mercato da un giorno all’altro grazie alla disponibilità di nuove tecnologie. Nell’imbarazzo generale, al cospetto della verdissima agenda dell’amministrazione Obama, il Congresso americano nel 2015 cancella il bando dell’export di petrolio, e il mondo viene annegato dal greggio americano. Come fa notare Il Foglio in un ottimo articolo sull’argomento: “Le direzioni dei prodotti le decidono i consumi, ma le destinazioni dei greggi le decidono le raffinerie”.

E infatti…

  • Grazie alla disponibilità di petrolio leggero “fatto in casa” gli Stati Uniti tagliano l’import di benzine dall’Europa, mettendo in crisi un settore già provato dal calo dei consumi, da tasse vampiresche e da legislazioni ambientali severissime. Cui si aggiunge la concorrenza sleale dei paesi emergenti, con associate azioni di dumping sostenute dai rispettivi governi.
  • Le raffinerie europee si ritrovano con un surplus monstre di benzine e non riescono comunque a soddisfare la domanda di diesel, con la conseguenza che l’Europa il gasolio lo deve importare. Da chi? Principalmente dalla Russia, che negli ultimi anni ha investito risorse ingentissime per ammodernare le sue raffinerie e soddisfare i severissimi criteri ambientali europei (Fig2).
  • Se gli USA fanno la rivoluzione con lo shale, la Russia è il convitato di pietra che silenziosamente rifornisce di gas a prezzi stracciati l’Europa, e per giunta vende agli europei stessi anche il suo diesel. Mettendosi in competizione diretta con gli USA, che non solo esportano anch’essi diesel in Europa, ma soprattutto mirano a rubare quote di mercato ai russi nel più strategico mercato del gas, grazie all’export di LNG prodotto dai loro campi shale.

Riassumendo

La prosopopea sul diesel-killer, se ben alimentata e ulteriormente tradotta in regolamenti e decisioni politiche, potrebbe ridisegnare gli scenari mondiali dell’industria della raffinazione. Proviamo a immaginare in che termini:

  • In una prima fase l’Europa riesce a riguadagnare una indipendenza dalla fornitura di diesel russo grazie alla diminuzione della domanda interna, e a piazzare sul mercato interno il suo eccesso di benzina riducendone l’export. Vince l’Europa, perde la Russia.
  • In una seconda fase, l’Europa non riesce a sostenere la richiesta di benzina a causa di deficienze strutturali del suo sistema di raffinazione e diventa importatore netto, col rischio di dover piazzare il suo gasolio in eccesso, in un mercato mondiale ancora più difficile. L’industria della raffinazione europea ne esce definitivamente distrutta. L’aumento del consumo di benzine a livello mondiale consente agli USA di smaltire il loro eccesso di produzione, e di sostenere ulteriormente il boom dello shale. Perde l’Europa, vincono gli Stati Uniti.

Abbiamo giocato con la geopolitica e l’industria della raffinazione solo per sottolineare un concetto: certe agende pseudo-ambientaliste senza alcun senso tecnologico ed ambientale sottendono ad interessi potenzialmente enormi. Si parla di posti di lavoro (600,000 gli impiegati nel settore della raffinazione nella sola Europa), di intere filiere industriali che rischiano di andare in fumo, di politiche di indipendenza energetica dalla Russia e di neo-dipendenza da partner più presentabili o semplicemente più convincenti. Forse si ritiene che il cittadino comune sia troppo stupido per comprendere questi temi, che pure hanno un loro fondamento e una loro ragion d’essere. E quindi si preferisce parlare di scemenze pseudo-ambientaliste piuttosto che giocare a carte scoperte.

A proposito…

A proposito di carte scoperte: questo è uno studio recente pubblicato sull’American Journal of Epidemiology in cui si correla la residenza in aree prossime ai distributori di benzina con l’incremento del tasso di leucemie infantili. Che gli aromatici contenuti nelle benzine (e in tasso maggiore proprio in quelle europee) causino la leucemia è un sospetto scientificamente consolidato da molti anni. Che non sia più di moda parlarne, invece, è anche questa un’altra storia. O la solita storia, se preferite.

 

PS: le figure nell’articolo sono tratte da fuelseurope.eu

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Published inAmbienteAttualitàEnergia

21 Comments

  1. Federico C.

    Cari tutti,
    Mi permetto di aggiungere due note… Una volta tanto posso permettermelo, trattandosi di un argomento piu’ generalista del solito.
    1) Finalmente sta scoppiando la bolla Tesla. Stupisce pero’ quando si scopre che molti fondi pensione hanno investito nelle azioni della ditta alla moda. Spero che l’abbiano fatto in ottica puramente speculativa, e non a lungo termine: i numeri erano evidenti… l’azienda di Elon Musk potrebbe funzionare su produzioni semiartigianali, destinati a divi di Hollywood e altri acquirenti elitari. Diciamo: l’equivalente ecochick delle Ferrari. O della Pagani Zonda… ma con lo stesso prezzo di Ferrari o Pagani.
    1.1) come vedete sono anch’io un hater…
    2) Inquinamento: forse, piu’ che dalle motorizzazioni, e’ causato dalla crescita abnorme del numero di furgoni (venduti con il nome di SUV), magari meno inquinanti dei loro omologhi venduti 20 anni addietro, ma molto piu’ inquinanti – qualunque sia il carburante – di vetture di dimensione medio piccola. Forse la mia visione e’ distorta dal fatto che vivo a Torino, una delle citta’ piu’ inquinate d’Europa.
    Ciao
    Federico

  2. Fabrizio Giudici

    Dunque, a proposito di Tesla:

    Tesla Inc. exhorted its factory workers to disprove the “haters” betting against the company and is letting a small number of volunteers join the effort to ramp up output of the crucial Model 3 line.

    In a pair of internal memos last week, the heads of engineering and production spelled out measures to free up workers for the Model 3 line and challenged them to reach production goals. Doug Field, the engineering chief, told staff that if they can exceed 300 Model 3s a day, it would be an “incredible victory” at a time when short-sellers and critics are increasingly doubting the company’s ability to fulfill CEO Elon Musk’s vision of building a mass-production electric-vehicle manufacturer

    “I find that personally insulting, and you should too,” Field wrote in the March 23 email. “Let’s make them regret ever betting against us. You will prove a bunch of haters wrong.”

    Dunque, primo: il grande business della Tesla ha bisogno di volontariato per sopravvivere. Ma allora non è business. Secondo, io francamente avrei tanta voglia di mandarlo affanculo: perché ci bolla tutti, noi scettici sul suo business, come “haters”. Chiunque non è d’accordo con lor signori è un odiatore (e sappiamo bene che non è solo questione di Tesla).

    Sono una banda di mocciosetti viziati e prepotenti, che purtroppo ha già avuto fin troppo agganci con il potere, e deve sfogare la propria frustrazione sul prossimo perché la realtà non si adegua alle loro idee. Figuriamoci se dovessero averne ancora, di agganci con il potere.

    PS Ovviamente suppongo che mandarli affanculo mi bolli ancora più come “hater”…

    • Massimo Lupicino

      Caro Roberto, sai com’è: se non sei dei loro sei un hater. Lui in particolare è un buono e un filantropo la sua azienda brucia miliardi ogni anno, è vero, ma solo per rendere il mondo migliore. Purtroppo in tanti non lo capiscono. Gli haters si moltiplicheranno esponenzialmente quando il valore dell’azione rispecchierà finalmente la sua capacità di generare utili per gli azionisti: ossia zero.

    • Maurizio Rovati

      “Dunque, primo: il grande business della Tesla ha bisogno di volontariato per sopravvivere. ”

      Ho la soluzione: trasformare Tesla in ONG, dovrebbe funzionare!

  3. luciano

    vedasi art. messaggero odierno: Tesla-azionisti stanno perdendo forte alla borsa di New York!
    l.m.

  4. donato b.

    Qualche giorno fa L. Maggiolini, commentando un post di G. Guidi sulle biomasse, ebbe a scrivere: vuoi vedere che a breve si scopre che le auto elettriche sono più inquinanti del diesel?
    Probabilmente L. Maggiolini è dotato di virtù profetiche, in quanto proprio oggi è stato pubblicato dall’ANSA un articolo con cui si comunica che uno studio dell’Automobile Club Tedesco (ADAC) ha potuto appurare che fino a 50000 chilometri di percorrenza, il miglior motore è quello a gasolio. Poi iniziano le differenze, ma in fin dei conti tra elettrico, ibrido e motore termico non vi sono grandi differenze in fatto di emissioni di CO2.
    Su queste pagine sosteniamo da anni che l’auto elettrica emette meno CO2 solo perché non si considerano le emissioni per produrre la corrente elettrica, ma tutti ci considerano dei biechi figuri da evitare come la peste. Ora sembra che siamo in buona compagnia.
    Vedere per credere.
    http://www.ansa.it/canale_motori/notizie/eco_mobilita/2018/03/27/auto-elettriche-meno-co2-di-diesel-solo-su-lungo-utilizzo_cff06f26-80c1-4c8b-8cfd-51cc5ca66144.html
    .
    p.s.: l’articolo è prontamente scomparso dalla prima pagina, ma con un poco di buona volontà, ho potuto ritrovarlo. Sarà un caso? 🙂
    .
    p.p.s.: la notizia è stata praticamente ignorata da tutti i maggiori siti italiani. Ne parla solo ANSA! Sarà un caso? 🙂 🙂
    Ciao, Donato.

    • Massimo Lupicino

      Caro Donato, niente e’ un caso con questi. Tra l’altro, visto che si parla di convenienza a 150,000 km, mi chiedo come ci arriva una macchina elettrica a quella soglia, considerato il decadimento delle batterie. E’ considerato questo, nel computo delle emissioni? Poco importa, tanto la notizia (come di regola in questi casi) sparisce, e il problema e’ risolto alla radice.

    • robertok06

      @Mauro

      Dicono anche che…

      “Petrol cars have much lower emissions.”

      … che le macchine a benzina hanno emissioni minori, di molto… ma questo solo per quel che riguarda l’NOx e il particolato fine (ma solo per i diesel Euro-3 e precedenti)… ma “dimenticano” di dire che le auto a benzina emettono molti VOC, volatile organic compounds… composti organici volatili, che non sono proprio buonissimi per il sistema cardio-respiratorio, oltre ad essere sicuri cancerogeni.
      Il modus operandi di questi “ambientalisti” mi e’ evidente, da anni: demonizzare il diesel per poi, una volta messo in disparte (magari tassando a morte il tuo diesel Euro-6 mentre il vicino di casa gira ancora con una Panda 45 del 1995, come e’ capitato a me… che se gli stai dietro lo “annusi” anche un km dopo che e’ passato lui.

      Alla fine della fiera quello che vogliono questi “ambientalisti” e’ di far passare la loro agenda ideologica. Tutti in bicicletta, tram, autobus e treno… come se passare 2 ore al giorno in mezzo a gente che ti starnutisce in faccia, in piedi, per fare 10 km verso il lavoro fosse un passo avanti nel nostro stile di vita.

      Il documento allegato: goo.gl/3rPiKx e’ chiaro:

      “We have tested this pioneer vehicle together with six additional Euro-4, -5, and Euro-6 GDI vehicles in comparison with an Euro-5 diesel vehicle (Peugeot 4008, 1.6 L) equipped with a state-of-the-art diesel particle filter.”

      Gli autori dello studio (non sono modelli!, ma misure su veicoli che circolano, vedasi foto), concludono che…

      ” Genotoxicity-weighted PAH emissions of the GDI fleet on average were 480 and 435 ng benzo(a)pyrene equivalents/km compared to 22 and 23 ng/km for the diesel vehicle in the cold- and hot-started WLTC.

      In other words, the genotoxic potential of GDI vehicle exhaust is 21-, and 19-fold higher than that of the diesel benchmark vehicle.”

      … i motori a benzina a iniezione diretta sono una ventina di volte piu’ “genotossici” (cancerogeni) rispetto a quello diesel di ultima generazione!.

      … ma i geni “ambientalisti” vogliono farci abbandonare i diesel per passare a questi!

      Sono la nostra marcia in piu’, gli “ambientalisti”… la retromarcia. 🙂

    • Fabrizio Giudici

      Sulla relazione tra morti e diesel, c’è un’altra questione importante da focalizzare. Tralasciamo che il numero, 5.000, è il frutto di un modello e non c’è modo di verificarlo, diciamo comunque che ci sarà un numero N di vittime correlate all’uso del diesel; così come ci sono vittime correlate all’uso dei motori a benzina, di quelli elettrici (abbiamo abbondantemente parlato delle polveri sottili generate anche ad quesit), del riscaldamento delle case, e di chissà quante altre attività umane.

      Ora, il fatto che i motori diesel producano più emissioni nocive di quanto dichiarato dai costruttori vuol dire certamente che ci sono più vittime collegate al suo uso. Facciamo, ora, per semplicità che siano anche 5.000. I media hanno presentato lo scandalo (che è certamente tale, in quanto sono state dichiarate falsità) come l’equazione: i produttori di auto uccidono 5.000 persone all’anno. Ma allora dovrebbero presentare anche i produttori di auto a benzina, elettriche e i gestori di caldaie come assassini. Il punto chiave è che, come dicevo ieri, l’inquinamento prodotto da queste attività è in costante diminuzione: se le case automobilistiche sono inaffidabili nelle loro misurazioni alla fonte (perché ne hanno la convenienza), le ASL et similia non sono certo inaffidabili nella loro misurazione a valle (perché sono gestite dai poteri pubblici, che in questo momento battono la gran cassa ecologista. Se dunque è oggettivo che l’inquinamento diminuisce, è oggettivo che diminuiscono le vittime dell’inquinamento. Le quote parte di questa diminuzione si ripartiscono in vario modo, a seconda dei progressi fatti in ogni settore. Basta: è l’unica cosa che si può dire oggettivamente sul dieselgate (oltre all’imbroglio).

      Inoltre, da Wikipedia, riprendo questo:

      Dopo l’ammenda di 14,7 miliardi di dollari imposto al gruppo Volkswagen per i motori diesel, anche l’Audi viene colta nella manipolazione di alcuni motori dalla California Air Resources Board (CARB). Questa volta si tratta di veicoli a benzina con cambio automatico che hanno un sistema d’elusione differente, ma capace comunque di influire sulle misurazioni delle emissioni di CO2 e ossidi di azoto in fase di omologazione e che si attiva in base all’angolo di sterzo del volante; questo sistema su ammissione di Volkswagen “può portare a risultati incorretti e non riproducibili”[10]

      Quindi, il dieselgate non è solo diesel, e sempre di più quelle 5.000 vittime “extra” legate al diesel sono fuffa.

    • Massimo Lupicino

      Laboratori californiani, aziende tedesche, dazi doganali, riconversioni forzate per ingoiare benzina americana da produzione shale. Il quadro è chiaro, per chi vuole vedere.

      E per chi non vuole vedere, ci sono le minchiate ambientaliste. Intanto si distruggono industrie, si perdono posti di lavoro, e si gioca a fare i James Bond de’ noantri per alzare il volume della caciara mentre gli interessi dei cittadini vengono fatti a pezzi.

    • Luca Maggiolini

      Massimo Lupicino dixit: E per chi non vuole vedere, ci sono le minchiate ambientaliste. Intanto si distruggono industrie, si perdono posti di lavoro, e si gioca a fare i James Bond de’ noantri per alzare il volume della caciara mentre gli interessi dei cittadini vengono fatti a pezzi.

      Nel frattempo, abbiamo riempito tetti e zone agricole di pannelli solari (soprattutto cinesi) pieni zeppi di schifezze: ma nei pannelli solari si può!!! Poi ci sarà il business (e gli incentivi!!!) per lo smaltimento, e relativo scandalo. AKA: Eternit 2 la vendetta.
      Avanti con il circo.

  5. luciano

    Intanto TESLA si sta svenando nella borsa americana, dal messaggero d’oggi.
    l.mancinelli

    • Massimo Lupicino

      La “altra storia” su tesla l’avevamo raccontata gia’ un anno fa: http://www.climatemonitor.it/?p=44035

      Oggi si legge: “John Thompson of Vistas Capital Management told MarketWatch that, unless Elon Musk “pulls a rabbit out of his hat” the company could be bankrupt within four months. Thompson sense the core of the problem for Musk. That his company’s lofty share price has been built almost entirely on marketing – “the narrative“, (…) This is one of the worst income statements I’ve ever seen and between the story and the financials, the financials will win out in this case.”

      “Altre storie”, “narrative”, sempre sugli stessi punti si va a parare. Il tempo, comunque, e’ galantuomo.

    • DarioC

      E’ colpa di Trump!!!

  6. robertok06

    Salve: sul nefasto diesel che uccide piu’ della peste c’e’ stato recentemente l’intervista all’ “esperto di energia e ambiente” di una nota organizzazione “ambientalista”, che ha detto… senza mezze parole, che l’NO2, l’ossido di azoto, sarebbe sicuramente cancerogeno. E’ noto che i motori diesel ne emettono di piu’ rispetto a quelli a benzina… ma e’ anche noto che l’NO2 NON e’ stato catalogato come cancerogeno da nessuna agenzia che si occupi di catalogare i composti chimici… tipo lo IARC.
    L’ “esperto” in questione ha anche citato alcuni lavori scientifici… che pero’ dicono che NON e’ cancerogeno.
    Ovviamente i lettori che non passano un po’ di tempo a cercarsi i documenti e a leggerli sono portati a credere sulla parola l’ “esperto”… che in effetti racconta solo balle.
    Secondo me ci sarebbero gli estremi per il reato di “procurato allarme”.

    Saluti.

    • Massimo Lupicino

      Caro Roberto, mi aspetto piuttosto che prima o poi venga introdotto il reato di “procurata informazione”, o “procurato punto di vista sgradito”. In realta’ esiste gia’: si chiama “fake news”. Orwell da questi ha solo da imparare.

  7. Fabrizio Giudici

    certe agende pseudo-ambientaliste senza alcun senso tecnologico ed ambientale sottendono ad interessi potenzialmente enormi

    Massimo, come al solito… follow the money.

    PS Per ridere un po’… questo ve lo ricordate? Dodici anni fa…

    http://jacopofo.com/node/24137

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