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Coronavirus e cambiamenti climatici: una lezione da imparare

Coronavirus e cambiamenti climatici: dal lockdown, e dalla futura ripresa, una lezione da imparare.

Uno degli aspetti più dibattuti nell’ultimo periodo è l’incidenza che ha avuto il lockdown imposto da molti governi per fronteggiare l’emergenza coronavirus sulle emissioni del gas serra maggiormente “climalterante“: l’anidride carbonica CO2.

Al di là delle stime ufficiose e previsioni di massima, che pur si citeranno nel resto dell’articolo, recentemente (il 19 maggio 2020) è stato pubblicato uno studio molto interessante (1) che discute proprio della riduzione, che gli autori stessi definiscono (giustamente) “temporanea”, delle emissioni di CO2 a causa del lockdown globale.

La stima, in effetti, non è di semplice implementazione perché in realtà manca un monitoraggio “real time” delle emissioni di CO2: normalmente, infatti, si procede alla pubblicazione solo dei valori di emissione annuali e magari molti mesi dopo il periodo oggetto della pubblicazione stessa. Nonostante ciò esistono altre variabili (dette “proxy”), i cui dati sono pubblicati con maggiore frequenza, mediante i quali stimare per via indiretta i valori di emissione di CO2: produzione elettrica, uso di combustibili fossili, numero di voli, etc…

Così, gli autori a partire dai dati globali giornalieri (dall’1 gennaio al 30 aprile 2020) delle attività di sei settori economici (1.produzione energia; 2. industrie; 3. trasporti di superficie; 4. settore pubblico e commercio; 5. settore residenziale; 6. trasporti aerei) hanno stimato il cambiamento delle emissioni giornaliere di CO2 in funzione del grado di confinamento (cioè il grado di lockdown) imposto da ciascuna nazione, rispetto alle emissioni medie del 2019 scoprendo che:

il 7 aprile 2020 è stato il giorno in cui le emissioni di CO2 in atmosfera hanno subìto il decremento massimo rispetto ai livelli medi del 2019: in particolare si è toccata la riduzione record del 17%.

Quasi tutti i settori (vedi tabella successiva) hanno registrato grosse riduzioni di emissione di CO2, in particolare il settore dei trasporti di superficie (-36%) e soprattutto quello aereo (-60%): a tal proposito si mostra uno spettacolare video di EuroControl che mostra, in confronto, il traffico aereo relativo ai voli sull’Europa di giovedì 18 aprile 2019, quando se ne registrarono complessivamente 3089, e quelli di giovedì 16 aprile 2020 che furono solo 371:

ATTIVITA’ RIDUZIONE EMISSIONI DI CO2

7 APRILE 2020 (giorno con maggiore riduzione dall’1 gennaio al 30 aprile)

Produzione energia -7,4%
Industria -19%
Trasporti di superficie -36%
Settore pubblico e commercio -21%
Residenziale +2,8%
Trasporto aereo -60%
TOTALE -17%

Il 7 aprile 2020, in sostanza, si sono verificate emissioni di CO2 in atmosfera confrontabili a quelle del 2006 ovvero: in pieno lockdown il mondo ha emesso quanto ha fatto in “piena produzione” nello stesso periodo del 2006:

L’unico settore che non ha registrato diminuzione delle emissioni di CO2 è stato quello residenziale, ovvia conseguenza del maggiore tempo passato dalle persone nelle proprie abitazioni.

Complessivamente si è stimato che dal 1 gennaio 2020 al 30 aprile 2020 sia stata emessa una quantità di CO2 inferiore dell’ 8,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Questo tasso di riduzione sarà mantenuto sino alla fine dell’anno?

Difficile, se non impossibile, dare al momento una risposta certa, perché il tasso annuo di riduzione finale dipende da molteplici fattori, primo fra i quali la futura durata dei lockdown nei differenti paesi e il tempo necessario alle differenti attività considerate per ritornare ai livelli pre-crisi.

Gli autori sulla base di differenti ipotesi di scenario, stimano che alla fine dell’anno la riduzione delle emissioni globali di CO2 possa attestarsi fra il 4,2% e il 7,5%, stime coerenti con quelle di altri enti come l’Agenzia Internazionale dell’Energia, che stima un calo del 8% ma legato solo alla produzione energetica (2), o quelle di Carbon Brief che stima un calo del 4 – 5,5% (3).

In ogni caso si tratterebbe del calo più consistente mostrato nel corso di oltre 100 anni di emissioni di CO2; come mostra il grafico seguente, tratto da (4), in passato ogni “turbolento” evento internazionale ha provocato una riduzione delle emissioni (si veda la II guerra mondiale, le crisi petrolifere degli anni ’70, il crollo dell’URSS, etc.) ma mai a questi livelli: nel caso della crisi finanziaria del 2008, ad esempio, si registrò un calo dell’1,4%.

Pur notevole, questo previsto calo del 4-7% alla fine dell’anno 2020, sarebbe comunque quello appena sufficiente, da mantenere oltretutto per 10 anni consecutivi, affinché, secondo le analisi dell’Emissions Gap Report del 2019 (5), l’aumento delle temperature globali resti al di sotto di 1,5° rispetto ai livelli preindustriali, e non vada oltre (con tutto ciò che ne conseguirebbe).

Quindi, il lockdown da coronavirus non inciderà minimamente sul cambiamento climatico nonostante il calo di emissioni di CO2: infatti tale calo è frutto del blocco delle attività produttive per situazioni di emergenza sanitaria e non di un profondo e sostanziale cambiamento dei cicli produttivi in ottica “green”. Quindi si teme che “passata la tempesta” della fase emergenziale, le attività economico-industriali, subendo una sorta di “rimbalzo”, tornino nuovamente ai livelli di attività pre-crisi ma con quelle stesse tecnologie del passato che provocherebbero un nuovo aumento dei livelli di emissione di CO2 con un trend paragonabile, se non superiore, a quello precedente.

Infine una considerazione sulle politiche di contenimento delle emissioni: si è visto che pur calando di oltre il 60% rispetto al 2019, il tracollo del traffico aereo ha inciso solo per il 10% della riduzione complessiva di emissioni di CO2; mentre il più grande contributo al calo (addirittura l’86%) è dovuto ai settori del trasporto superficiale, della produzione di energia e industrie. Ciò significa che per un effettiva svolta green che comporti una riduzione significativa delle emissioni di CO2, non basta cambiare le abitudini sociali e personali (ad esempio: i trasporti), ma è necessario incidere in maniera strutturale sulle industrie e sulla produzione dell’energia.

Obiettivi che al momento, sembrano molto distanti, onerosi e difficilmente perseguibili.

NB: l’articolo è uscito in origine su Meteo in Calabria.

Note e Bibliografia

(1) “Temporary reduction in daily global CO2 emissions during the COVID-19 forced confinement”

Le Quéré, C., Jackson, R.B., Jones, M.W. et al. Temporary reduction in daily global CO2 emissions during the COVID-19 forced confinement. Nat. Clim. Chang. (2020)

https://doi.org/10.1038/s41558-020-0797-x

(2) https://www.iea.org/reports/global-energy-review-2020/global-energy-and-co2-emissions-in-2020

(3) https://www.eenews.net/stories/1062893583

(4) https://www.bbc.com/news/science-environment-52485712

(5) https://www.unenvironment.org/resources/emissions-gap-report-2019

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Published inAmbienteAttualità

Un commento

  1. rocco

    diciamo che il lockdown non aveva come obbiettivo l’eliminazione del coronavirus, nè tantomeno un suo rallentamento; vediamo che nonostante gli sforzi di isolamento riprende vigore in alcune zone, in altre non accenna a diminuire ed in altre ancora non ha messo piede, ed in altre ancora non si è effettuato il lockdown ed il virus non ha provocato così tante vittime ( il caso dell’Uruguay).
    Ma la chiusura totale ha avuto una fondamentale incidenza sull’indirizzare verso una completa transizione digitale.
    Fin dai primi giorni dicevano:”Nulla sarà come prima”, ed in effetti il modello sociale imposto dall’ efficace (?) lockdown prevede l’isolamento sociale ed un uso massiccio delle tecnologie digitali e robotiche.
    L’ambiente ed il clima sono le armi con cui la new economy, fin dall’inizio dell’era web, sta cercando di affermare ( ed imporre) sè stessa con la falsa promessa che queste tecnologie sono rispettose dell’ambiente.
    In Italia sta arrivando l’estate, il coronavirus va in vacanza… lo ritroveremo a novembre.
    faremo un altro lockdown per uccidere definitivamente la vecchia economia e con essa le milioni di persone che ci vivono?
    In fin dei conti personaggi come Micheal Moore (che dopo trent’anni si sono accorti che le soluzioni proposte al pseudoproblema climatico altro non fanno che danneggiare ancora più velocemente l’ambiente) ora stanno battendo sulla questione demografica: siamo troppi, serve una soluzione per diminuire il sovraffollamento.
    Ormai tanti lavori possono fare le macchine… che una pandemia possa far del bene all’ambiente riducendo la causa antropica?
    Non mi stupirei di un movimento religioso che impone il sacrificio umano in nome del dio verde.

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