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Il vulcano Okmok in Alaska e alcuni eventi storici nel Mediterraneo

Fig.1: Figura 1 di McConnell et al., 2020 con la sua didascalia, che inquadra la posizione geografica dei soggetti di questo post.

Un articolo dell’Accademia Nazionale delle Scienze (PNAS, USA) uscito a giugno 2020 tratta l’eruzione di un vulcano dell’Alaska l’Okmok (mappa a scala minore e a scala maggiore), avvenuta nel 43 BCE, di indice VEI 6, probabilmente la più potente degli ultimi 2500 anni.
Il lavoro (McConnell et al., 2020, d’ora in poi mcc20), ad iniziare dal titolo, associa questa eruzione alla fine della Repubblica Romana, con la relativa uccisione di Cesare e seguente inizio dell’Impero Romano. L’argomento è scabroso sia per la lontananza del vulcano (figura 1) che per l’associazione tout-court di eventi politici che hanno cambiato la storia con cambiamenti meteorologici (innescati o influenzati dalle ceneri del vulcano e dalla diminuzione della temperatura) di durata decennale che dovrebbero aver favorito una modifica sociale, un punto di rottura nel corso della storia.

Il fatto che gli autori evidenzino questo legame meteo-politico e lo documentino con frequenti riferimenti letterari dell’epoca o di epoche successive (da Cicerone a Virgilio, passando per Plutarco e Appiano) e con analogie ed esempi meteo-climatici (temperatura nella grotta di Shihua, in Cina, che si abbassa attorno al 43 BCE, in analogia a quella europea; serie della densità relativa degli elementi insolubili nelle ceneri vulcaniche, sia di maggiori che di medie dimensioni; simulazioni meteo relative al periodo attoro al 43 BCE) è più che accettabile, anche se contrasta con l’affermazione, più nascosta:

However, given that they are reported as occurring before the probable date of the Okmok II eruption in 43 BCE, that all of the sources referring to them originate in Italy or the central Mediterranean, and that NH proxies show no large-scale climate effects, the comparatively minor, historically well documented eruption of Etna in 44 BCE is a plausible candidate for their cause.

Questa precisazione si premura di rendere l’eruzione dell’Okmok meno legata agli eventi storici del Mediterraneo, che senz’altro avranno subìto qualche contraccolpo dovuto alle variazioni meteo climatiche.

Le stesse considerazioni valgono anche per la tentata associazione con la fine del regno dei Tolomei in Egitto, che ugualmente gli autori documentano con varie fonti letterarie e storiche sulla frequente mancanza in quegli anni delle piene del Nilo e sulle altrettanto frequenti carestie.

Il fatto che le cinque carote groenlandesi analizzate in mcc20 mostrino (figura 2) sia variazioni nell’abbondanza degli isotopi, in particolare il δ18O, proxy della temperatura nella grotta di Shihua, che forti segnali di aumento di varie quantità osservate (tipo lo scattering della luce laser in GISP2 o lo nssS, no-sea-salt Sulfur, sia in NGRIP2 che in GISP2) sono senza dubbio indicazioni forti dell’eruzione dell’Okmok, che viene indicata con Okmok II, e della sua potenza, ma per verificare se poi le emissioni siano state in grado di condizionare la meteorologia mediterranea è stato necessario per gli autori utilizzare un modello che permettesse di simulare le condizioni dell’atmosfera negli anni vicini all’evento eruttivo. Questa operazione è stata fatta (v. figura 3) e c’è stata una conferma dell’influenza del pennacchio (sicuramente stratosferico vista la potenza dell’eruzione) in Europa centro meridionale, fino in Cina.

Fig.2: Figura 2 di McConnell con anche la temperatura della grotta di Shihue.
Fig.3: Figura 2G di McConnell con la simulazione della (anomalia di) temperatura negli anni 44 e 43 BCE. Notare le basse temperature negli Stati Uniti occidentali, fino alla California. Nelle aree punteggiate l’anomalia non è significativa.

Dopo aver visto l’articolo, e prima di averlo letto, ho cercato una conferma dell’eruzione dell’Okmok nel 43 BCE in una estesa (~5000 anni) serie di anelli di accrescimento del pino californiano, data anche la relativa vicinanza con l’Alaska. Ho quindi ingrandito una piccola porzione della serie ca667 (http://www.climatemonitor.it/?p=37717) attorno agli anni che interessano l’eruzione. Il risultato, su due intervalli temporali di ampiezza 400 e 120 anni, è nella figura successiva.

Fig.4: Larghezza degli anelli di accrescimento in pini californiani. Qui vengono mostrate due sezioni della serie che copre quasi 5000 anni.

Come si vede in entrambi i grafici, si osserva una forte diminuzione della larghezza degli anelli di accrescimento nel 34 BCE; intorno, verso gli anni 44-43, nulla. Quindi la diminuzione non può essere ascritta al vulcano Okmok.
Ho pensato che le correnti occidentali (westerlies) avessero portato le ceneri esclusivamente verso la Groenlandia e l’Europa, ma la simulazione di figura 2 mi smentisce: la diminuzione della temperatura (causata dall’eruzione) ha raggiunto la California e quindi si dovrebbe trovare una sua traccia – pari a una diminuzione della temperatura di circa 1-2 °C- nella serie dendrologica. L’unica traccia è di 10 anni antecedente l’eruzione e io non sono in grado di spiegarmi la mancata presenza di un indizio se non con una forte incertezza nella temperatura calcolato dal modello per quei due anni. Sarebbe anche possibile una correzione nella data di ca667, ma non trovo elementi a supporto di questa ipotesi; anzi Sigl et al., 2015 scrivono:

The hypothesis of chronological errors in tree-ring-based temperature reconstructions offered to explain this model/data mismatch has been tested and widely rejected.

Non ho quindi possibilità di capire il segnale di ca667, mentre sembra andare meglio con la temperatura della grotta di Shihua, in Cina. Il dataset originale (Tan et al., 2003) per il periodo 80 BCE ÷ 40 CE viene mostrato in figura 5: la temperatura minima del periodo si ha nel 45 BCE, con un “rimbalzo” nel 43 BCE, senza dubbio compatibile con l’eruzione in Alaska nel 43 BCE, anche se gli autori, come da figura 2, riportano un minimo di temperatura a metà del 43 BCE e il rimbalzo a metà del 41 BCE. Eppure abbiamo usato lo stesso dataset.

Fig.5: La serie di temperatura della grotta di Shihua (Cina) in una sezione di circa 120 anni attorno al 43 BCE. E’ disponibile anche la serie completa (750 BCE-2000 CE).

Commenti conclusivi
Credo che questo tipo di analisi del rapporto clima-situazione sociale e politica vada fatta ogni volta che i dati la rendano possibile, magari evidenziando meglio gli elementi di incertezza (come gli autori hanno fatto, forse un po’ troppo nascostamente). Questo ci darà una visione più ampia e corretta di come le società reagiscono (in ogni epoca) alle variazioni climatiche che, lo sappiamo, condizionano nascita ed evoluzione delle popolazioni. Una migliore conoscenza impedirà, ad esempio, che sia dato peso agli attuali proclami sui “migranti climatici” che tali non sono (semmai sono “economici”), basati su modelli climatici che non sono in grado di ricostruire le temperature se non per i periodi su cui sono stati “sintonizzati”.

Bibliografia

 

  • Joseph R. McConnell, Michael Sigl, Gill Plunkett, Andrea Burke, Woon Mi Kim, Christoph C. Raible, Andrew I. Wilson, Joseph G. Manning, Francis Ludlow, Nathan J. Chellman, Helen M. Innes, Zhen Yang, Jessica F. Larsen, Janet R. Schaefer, Sepp Kipfstuhl, Seyedhamidreza Mojtabavi, Frank Wilhelms, Thomas Opel, Hanno Meyer and Jørgen Peder Steffensen: Extreme climate after massive eruption of Alaska’s Okmok volcano in 43 BCE and effects on the late Roman Republic and Ptolemaic KingdomPNAS117 (27), 15443-15449, 2020. https://doi.org/10.1073/pnas.20027221171073
  • Sigl, M., Winstrup, M., McConnell, J. et al.: Timing and climate forcing of volcanic eruptions for the past 2,500 years. Nature523, 543–549, 2015. https://doi.org/10.1038/nature14565
  • Ming Tan M, Liu T, Hou J, Qin X, Zhang H, Li T: Cyclic rapid warming on centennial-scale revealed by a 2650-year stalagmite record of warm season temperature GRL30, 191-194, 2003. https://doi.org/10.1029/2003GL017352
    Tutti i dati e i grafici sono disponibi nel sito di supporto

 

 

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Published inAmbienteAttualitàClimatologia

5 Comments

  1. Alessandro Bonacchi

    Per favore… un po’ di attenzione per le traduzioni: in italiano su dice 43 AC (avanti cristo). Il 43 BCE in italiano non esiste. Abbiate almeno un po’di attenzione verso chi legge…..

    • Alessandro,
      ti assicuro che ne abbiamo molta, infatti scriviamo proprio per chi legge. In questo settore l’acronimo BCE è di uso comune, non è un problema di traduzioni. Grazie comunque per il suggerimento, se l’autore lo riterrà opportuno cambierà le sue abitudini, anche se a me va benissimo così. 😉
      gg

    • Ho già cambiato le mie abitudini, passando da aC, dC a BCE, CE e non vorrei cambiarle di nuovo …
      Se può consolarla, mia moglie è del suo stesso parere ma credo che continuerò in questo modo, visto anche il conforto del nostro amabile padrone di casa. Franco

  2. Uberto Crescenti

    Sul rapporto clima-situazione sociale e politica è interessante un articolo di Margaritelli, Cach, Cataldi et alii, 2020, Persistent warm Mediterranean surface water during the Roman Period in cuisi associa la caduta dell’impero romano alla fase fredda che seguì il Periodo Caldo Romano. Si può leggere l’articolo su: “http://www.meteoweb.eu/2020/07/clima-impero-romano-caldo-mediiterraneo/1456873/”.
    Congratulazioni a Franco Zavatti per averci proposto l’argomento.

    • Grazie.
      Avevo già visto l’articolo di Margaritelli et al., 2020, che va lungo la falsariga dei miei commenti conclusivi e che in ogni caso è molto interessante e senz’altro da leggere.
      Non l’ho usato perché si riferisce ad altro periodo e non volevo mettere troppa carne al fuoco. Franco

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