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Anidride Carbonica e dintorni

[photopress:miracle3.jpg,thumb,pp_image] Recentemente mi sono imbattuto in alcuni approfondimenti sulla solubilità dell’anidride carbonica negli oceani come funzione delle temperature di superficie. Tra le migliaia di pagine che circolano sulla rete, ci sono due studi in particolare piuttosto chiari e leggibili. Affrontando questo tema in modo analitico e da prospettive abbastanza differenti, sia il Dr. Roy Spencer dell’Università dell’Alabama che il Prof. Lance Endersbee della Monash University in Australia, giungono a conclusioni molto simili: il fattore di correlazione tra le temperature di superficie degli oceani, largamente condizionate dalle fluttuazioni di medio e lungo periodo quali ENSO e PDO e la concentrazione di CO2 in atmosfera, è ben più alto di quanto non risulti dal confronto tra i medesimi valori di concentrazione e le ricostruzioni del trend della temperatura media globale.

Con riferimento al secondo documento in particolare, il salto di qualità nell’indice di correlazione appare evidente impiegando i recenti dati di misurazione delle temperature di superficie degli oceani (SST) ottenuti con telerilevamento satellitare. Questa tesi tuttavia costituisce un indizio, ma non una prova che l’aumento della concentrazione di CO2 sia di origine più naturale che antropica. Per saperne di più, proviamo a leggere quanto segue, un’analisi recentemente pubblicata sempre dal Dr. Spencer in ordine a quella che invece viene normalmente identificata come la prova assoluta del fattore antropico.

Qualche settimana fa, rispondendo ad un commento su uno dei nostri post, ho avuto modo di sottolineare come sia effettivamente difficile identificare il peso delle nostre emissioni nel totale dell’anidride carbonica presente in atmosfera. Un sistema però ci sarebbe, e consiste nel considerare il rapporto tra gli isotopi del carbonio, C12 e C13, che rappresentano rispettivamente circa il 98.9% del totale il primo e l’1.1% il secondo. E’ scientificamente noto che le emissioni risultanti dall’impiego di combustibili fossili hanno un contenuto di C13 poco al di sotto dell’1.1%, mentre la CO2 di origine naturale ne presenta una quantità leggermente superiore all’1.1%. Una premessa, la concentrazione di C13 non viene riportata direttamente, ma si fa ricorso ad un indice che scaturisce dalla formula:

dC13 = 1000* {([C13/C12]sample / [C13/C12]std ) – 1

[photopress:spencer_c12_c13_image1.png,thumb,pp_image] La figura qui accanto mostra come il valore di questo indice tenda a diminuire al crescere della quantità di CO2 immessa in atmosfera. La maggior parte della letteratura disponibile identifica questa diminuzione con la firma dell’effetto antropico. Tuttavia dando un’occhiata alla formula si evince che il valore di questo trend può essere negativo sia per una diminuzione della quantità di C13 che per un aumento della quantità di C12, ovvero della rimanente parte di CO2 di origine naturale. Trasformando l’indice nella effettiva quantità di C13 si ottiene una curva che mostra una netta tendenza all’aumento del contenuto di quest’ultimo. [photopress:spencer_c12_c13_image2.png,thumb,pp_image] Per cui, aumentando la CO2 aumenta ovviamente il contenuto di C13, perchè la differenza tra l’anidride carbonica naturale e quella antropica in termini di percentuale di C13 è veramente minima. Non importa quale sia la fonte, i due fattori totale e parziale crescono insieme.

[photopress:spencer_c12_c13_image3.png,thumb,pp_image] A questo punto si tratta di capire quale sia la correlazione tra i ratei di crescita degli isotopi C12 e C13, mediante il rapporto tra la variabilità dell’uno e quella dell’altro rispetto alla loro variazione lineare. Il grafico qui accanto rappresenta appunto questa operazione. Una curva la cui pendenza (1.0952%) è estremamente simile a quanto risulterebbe se si tenesse conto della pura origine fossile della CO2 (1.0945%).

Questa in effetti sembrerebbe essere la “pistola fumante”. Ma proviamo a dare uno sguardo anche all’immagine successiva in cui sono è rappresentato l’andamento [photopress:spencer_c12_c13_image4_5.png,thumb,pp_image]della CO2 (sopra) e dell’isotopo C13 (sotto) includendo la loro variabilità interannuale. Due curve praticamente identiche. Al variare della CO2 (di cui il 98.9% è C12), fortemente correlata con le variazioni di SST, corrisponde una pari variazione interannuale di C13. Ora non resta che il confronto tra i ratei di crescita degli isotopi C13 e C12 al netto del trend lineare, ovvero considerando la variabilità naturale interannuale della concentrazione totale di CO2. Il [photopress:spencer_c12_c13_image6.png,thumb,pp_image]risultato è esattamente lo stesso ottenuto dal confronto della variabilità lineare. Ora la questione è la seguente: se il rapporto C13/C12 nella naturale variabilità interannuale è lo stesso trovato nel trend lineare, come può quest’ultimo essere quasi completamente di origine antropica?

Nota: Liberamente tradotto da

Wattsupwiththat

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Published inAttualità

21 Comments

  1. Riprendo questo post (di cui peraltro non riesco più a visualizzare i grafici, comunque presenti nell’articolo originale alla pagina http://wattsupwiththat.com/2008/01/28/spencer-pt2-more-co2-peculiarities-the-c13c12-isotope-ratio/) per fare un paio di osservazioni:

    – nel grafico in cui viene riportato il rapporto tra le variazioni nel tempo dei due isotopi C13 e C12 (le derivate tanto per intendersi), affinchè il coefficiente angolare della retta di regressione possa essere considerato come il rapporto C13/C12 dovuto all’incremento di CO2 in atmosfera, non si dovrebbero considerare le variazioni percentuali per ciascun isotopo anzichè quelle assolute? (la concentrazione di C12 è molto maggiore di quella di C13, quindi anche le derivate “assolute” sono molto più grandi per il C12) Non so, forse il grafico è stato effettivamente fatto tenendo conto delle variazioni percentuali ma nel titolo non è stato riportato.

    – eliminare il trend da un punto di vista logico significa togliere il presunto contributo antropico dal segnale. Mi viene però da pensare che fisicamente la modalità con cui cambiano il C12 e il C13 non sia scritta tanto nel trend (anche se il rapporto tra C12 e C13 fosse quello “naturale” l’inclinazione delle rette di trend si modificherebbe molto poco date le piccole differenze tra la CO2 “antropica” e quella “naturale”) quanto piuttosto nell’andamento del segnale punto per punto, in ogni sua variazione. Quindi secondo me è naturale che togliendo la componente di trend si ottenga di nuovo lo stesso coefficiente angolare della retta di regressione tra le derivate del C13 e del C12

    Naturalmente ci si può comunque chiedere se il diverso rapporto tra gli isotopi C13 e C12 sia dovuto esclusivamente alle emissioni o no, ma questa è un’altra storia.

    Sapete se altri studiosi hanno espresso pareri in merito a questa analisi del Dott. Spencer?

    • admin2

      Mi scuso pr il layout del post, ma è precedente alla revisione del codice di CM, per cui abbiamo dovuto rinunciare a parte dei contenuti. Quanto alla domanda finale, so che c’è uno studio italiano al riguardo, ma non è stato pubblicato, nè sottoposto a revisione, per cui non è valutabile.
      gg

  2. Hydraulics

    @ Carlo

    Ma se le piante fossero determinanti nel bilancio dell’anidride carbonica dovremmo aver rilevato, in un periodo glaciale, un aumento della CO2 e non una diminuzione come di fatto si evidenzia.

    Questo ragionamento avrebbe senso se tutte le altre variabili potessero essere tenute costanti, per prima la temperatura.

  3. Claudio Costa

    @Carlo:

    Complimenti per il post hai un link per approfondire il discorso sull’assorbimento della CO2 nelle foreste mature?

    @ Luca Lombroso

    Ho letto il libro di Caserini, molto divertente, ma tutt’altro che la verità!

  4. @16
    Grazie Carlo, non credo ci sia molto da aggiungere.
    gg

  5. L’importanza della CO2 nella termoregolazione del pianeta è praticamente di secondaria importanza. Voglio solo far presente un paio di aspetti. Il primo è riferito al mondo vegetale quale, erroneamente, definito polmone del Pianeta. O meglio in parte erroneamente definito se non altro nella sua espressione mediatica. Pochi sanno che una foresta matura non ha nessun effetto sulla sottrazione di anidride carbonica infatti il bilancio di emissione e sottrazione è praticamente a zero. Foreste giovani hanno invece la caratteristica di essere in crescita e quindi di essere nella condizione di avere una maggiore necessità di fissare carbonio ed infatti si rileva una migliore capacità di sottrazione. Ma se le piante fossero determinanti nel bilancio dell’anidride carbonica dovremmo aver rilevato, in un periodo glaciale, un aumento della CO2 e non una diminuzione come di fatto si evidenzia. Mi spiego meglio. Una glaciazione comporta una perdita netta dell’estensione boschiva non solo causa la maggiore estensione glaciale ma anche dovuta alla tipologia di clima freddo nelle aree limitrofe. La deforestazione operata dall’uomo è praticamente niente rispetto ad una deforestazione operata da un raffreddamento glaciale. Inoltre le foreste soggette a taglio sono definite “vecchie” e per la ragione sopra descritta non hanno un grande impatto sotto il profilo climatico. Il vero impatto, e anche pesante, è legato alla geologia del terreno che per le aree intertropicali è soggetto a desertificazione. Non voglio addentrarmi ora nelle problematiche dell’ecosistema tropicale ma basta sapere che una foresta in tali aree mantiene in equilibrio il rapporto tra sostanze nutritive rilasciate nel terreno e precipitazioni, indispensabili per la stessa sopravvivenza della foresta. Tale situazione rimane in equilibrio fino a modificazioni esterne. Il secondo aspetto è di tipo chimico. La CO2 assorbe maggiormente la radiazione infrarossa tra i 4,3 e 15,3 mm. La concentrazione di CO2 naturalmente presente è già quasi sufficiente a saturare le lunghezze d’onda di assorbimento e questo è il principale motivo per il quale un aumento del gas non comporta un altrettanto aumento lineare della temperatura. Anzi arrivati ad un certo livello anche se questo gas dovesse aumentare ulteriormente non si avrebbe alcun effetto sulla temperatura. Inoltre si continua a discutere sulla CO2 trascurando il principale gas preposto al naturale “effetto serra”, ovvero il vapore acqueo. Detto ciò è più che evidente la funzione regolatrice primaria operata dagli oceani sulla concentrazione della CO2 in atmosfera. In sostanza è come definire che il buon funzionamento del motore non sta nelle sue componenti dirette ma nell’accanimento su uno dei bulloni della ruota posteriore destra.

  6. max pagano

    un piccolo “ritocco” al “rinverdimento” del nostro pianeta:

    non è esatto dire che si è registrato un incremento delle aree verdi nel suo complesso, cito testualmente dal rapporto FAO 2007, che
    “…Nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2005, 57 paesi hanno registrato un aumento della copertura forestale, mentre 83 una diminuzione. Rimane alta, comunque, la perdita netta di foreste, che è stimata intorno a 7.3 milioni di ettari l’anno, pari a 20.000 ettari al giorno…..”

    è diminuito il tasso di deforestazione, ma il bilancio è comunque in negativo ….

  7. marcus

    ottimo intervento Max!

  8. max pagano

    ieri sera ho scritto una lunga integrazione all’intervento di marcus ma mi ha dato errore e non è stata pubblicata…ufff….

    E’ tutto a posto, non so perchè il sistema non lo avesse passato, comunque il commento ora è in linea.
    gg

  9. marcus

    Hey Marco, se ci riesci ti danno il Nobel, anzi lo tolgono a quegli altri. 🙂
    gg

    Gira voce che Al gore era candidato anche per il telegatto nonché per miss Italia! 😀

  10. alessandrobarbolini

    grazie del consiglio luca..effettivamente a molti illuminari piace dire che fara piu caldo..si lo ha fatto ,ma solo in europa e soprattutto in italia ,invece nel resto del globo non si e notata assolutamente questa temporanea fase dal sapore di effettoserra…attenzione quindi nel generalizzare siamo nella fattispecie troppo a tiro della zona dpominata dal potente anticiclone subtropicale,che basta un niente per invadere totalmente il mediterraneo e come tutti sappiamo ,deviando i grandi sistemi atlantici..altro che effettoserra ,noi subiamo da questa figura ultimamente anomala per la nostra latitudine ,piu consona agli attacchi della figura famosa delle azzorre ,l,anomalia nostra ,specie in periodo invernale resta questa..e quindi risulta da noi piu semplice quasi cadere nel tranello del riscaldamento …ma e dico ma,,se un giorno iniziassimo ad essere interessati dalla figura antagonista ovvero dal vortice polare ?’cosa inizieremmo a pensare ?? a presto

  11. max pagano

    mi faccio un’osservazione critica da solo:
    l’assorbimento/rilascio della CO2 da parte degli oceani non dipende solo dalla temperatura, bensì pure dalla pressione parziale della CO2 nell’aria.

    La legge di Henry, che regola la solubilità dei gas in un liquido, ci dice che la pressione del gas è direttamente proporzionale alla sua concentrazione.
    Un aumento della sua concentrazione sposta l’equilibrio dinamico fra assorbimento e rilascio verso l’assorbimento.

    Ora: osservazioni dirette della pressione parziale della CO2 sulla superficie oceanica, sembrerebbero avvalorare l’ipotesi di cui sopra, confermando quindi il fatto che l’assorbimento di CO2 da parte degli oceani sia superiore al suo rilascio da parte degli stessi oceani e corroborando le conclusioni a cui giungono le analisi dei rapporti isotopici del carbonio (effetto Suess).

    http://www.ldeo.columbia.edu/~csweeney/papers/taka2002.pdf
    http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/sci;290/5495/1342

    In termini di variazione del flusso (o di bilancio, che è quel che conta), da quando diventano significative le emissioni antropiche, l’oceano assorbe più CO2 di quanto ne rilasci.

    quindi?
    bella domanda;
    come ho già detto diverse volte su queste righe (e non solo), il sistema oceano-atmosfera secondo me è il principale “termoregolatore” del pianeta, con meccanismi e interazioni che conosciamo ancora troppo poco, sia qualitativamente che quantitativamente….
    una parte della comunità internazionale delle scienze della terra (geologi) ritiene molto probabile che in alcuni frangenti, l’interazione dei vulcani sottomarini delle dorsali oceaniche con grandi quantità di gas idrati presenti sui fondali oceanici profondi possa liberare elevate quantità di co2, e quindi contribuire al decremento del rapporto c13/c12;
    è successo probabilmente proprio questo in un periodo geologico a cavallo tra giurassico e cretacico (150-130 milioni di anni fa), nei sedimenti del quale si osserva una “improvvisa” diminuzione del rapporto C13/c12 di cui sopra…..

  12. max pagano

    mi faccio un’osservazione critica da solo:
    l’assorbimento/rilascio della CO2 da parte degli oceani non dipende solo dalla temperatura, bensì pure dalla pressione parziale della CO2 nell’aria.

    La legge di Henry, che regola la solubilità dei gas in un liquido, ci dice che la pressione del gas è direttamente proporzionale alla sua concentrazione.
    Un aumento della sua concentrazione sposta l’equilibrio dinamico fra assorbimento e rilascio verso l’assorbimento.

    Ora: osservazioni dirette della pressione parziale della CO2 sulla superficie oceanica, sembrerebbero avvalorare l’ipotesi di cui sopra, confermando quindi il fatto che l’assorbimento di CO2 da parte degli oceani sia superiore al suo rilascio da parte degli stessi oceani e corroborando le conclusioni a cui giungono le analisi dei rapporti isotopici del carbonio (effetto Suess).

    http://www.ldeo.columbia.edu/~csweeney/papers/taka2002.pdf
    http://www.sciencemag.org/cgi/content/abstract/sci;290/5495/1342

    In termini di variazione del flusso (o di bilancio, che è quel che conta), da quando diventano significative le emissioni antropiche, l’oceano assorbe più CO2 di quanto ne rilasci.

    quindi?
    ah, bella domanda;
    come ho già detto diverse volte su queste righe (e non solo), il sistema oceano-atmosfera secondo me è il principale “termoregolatore” del pianeta, con meccanismi e interazioni che conosciamo ancora troppo poco, sia qualitativamente che quantitativamente….
    una parte della comunità internazionale delle scienze della terra (geologi) ritiene molto probabile che in alcuni frangenti, l’interazione dei vulcani sottomarini delle dorsali oceaniche con grandi quantità di gas idrati presenti sui fondali oceanici profondi possa liberare elevate quantità di co2, e quindi contribuire al decremento del rapporto c13/c12;
    è successo probabilmente proprio questo in un periodo geologico a cavallo tra giurassico e cretacico (150-130 milioni di anni fa), nei sedimenti del quale si osserva una “improvvisa” diminuzione del rapporto C13/c12 di cui sopra…..

  13. max pagano

    più che da un minor assorbimento (in realtà, se aumenta la CO2 in atmosfera, per effetto cuscino gli oceani tendono a riequilibrare la situazione aumentando la quantità di gas in H2O) degli oceani, si deve parlare di una “liberazione” da parte di questi, in quanto, come noto, se aumenta la temperatura dell’acqua, anche di quantità minime, diminuisce la quantità di gas che può rimanere dissolto nell’acqua…..
    e anche questa CO2 supplementare è di origine naturale, ma il riscaldamento che ne provoca la rimessa in circolo in atmosfera non è detto che lo sia…..

  14. marcus

    Una domanda:
    Come si fa a capire se gli attuali livelli di CO2 sono determinati maggiormente dale maggiori immissioni umane o se invece sono provocate da un minor assorbimento da parte degli oceani ( questo determinato da un aumento delle termiche oceaniche)?

    considerazione:
    che la Co2 non determini aumenti di temperature ma che semmai, come dicevo nei giorni scorsi, segua gli aumenti di temperature, sembra oramai provato oltreché dai carotaggi anche dalla logica: come si riuscirebbe a giustificare un quindicennio di temperature in picchiata a cavallo tra anni 60 e 80 pur in presenza di aumenti di CO2? a chi ritiene che la risposta a quest’ultima domanda sia che ci sono altre cause che influenzano le termiche globali, rispondo che per i sostenitori del monstrum AGW non pare rilevare molto l’esistenza di altri fattori che non siano ricollegabili all’attività umana. E ciò lo si vede nel frettoloso avviso che ci hanno dato ijn queste settimane dell’avvento di un periodo meno caldo…anzi, più freddo dell’attuale.

    Hey Marco, se ci riesci ti danno il Nobel, anzi lo tolgono a quegli altri. 🙂
    gg

  15. max pagano

    una risposta parziale in realtà non è molto difficile:
    non ci scordiamo che l’incremento di CO2 prodotto dall’attività antropica, comprende, anche, quella gran parte di CO2 di origine “inizialmente” naturale, ma che è rimasta per secoli e/o millenni accumulata (chimicamente si dice fissata) nei terreni, nelle zone a permafrost, respirata da migliaia di km2 di foreste che non ci sono più, ma la cui presenza e rimessa in circolo è oggi dovuta alla drastica riduzione delle superfici a foreste naturali, da una contestuale manipolazione (leggi aratura) di terreni poi dedicati ad immense coltivazioni intensive (il rimescolamento degli orizzonti superficiali del suolo libera i gas in questo contenuti), da una indiscutibile, e notevole, riduzione dei ghiacci in tutta la zona artica, da un seppur parziale scioglimento in alcune zone del permafrost e quindi della conseguente liberazione dei gas contenuti nel suolo prima congelato;
    in sostanza, nel computo delle emissioni, e quindi nei calcoli di cui parla l’articolo, andrebbero contate anche le % di CO2 con rapporto C13/C12 “naturale” perché di provenienza antropica “indiretta”…

    Ciao Max,
    il tuo punto di vista è più che valido, però le emissioni “indirette” sono imputabili al riscaldamento tout court, a prescindere dalla causa, che può essere antropica o naturale. Sul fatto che le temperature siano aumentate del resto non c’è disaccordo. Tra l’altro questo in parte potrebbe spiegare anche come mai l’aumento della CO2 sembra seguire e non precedere il riscaldamento. Per la deforestazione e le coltivazioni intensive il discorso è differente, perchè lì la mano dell’uomo c’è senz’altro; del resto personalmente ritengo che una buona parte della nostra impronta ambientale sia proprio riferibile a questi aspetti. Però la fotosintesi avviene anche se le foreste sono rigenerate (anche per scopi industriali) e le rilevazioni da satellite sembra abbiano registrato un incremento consistente della superficie verde negli ultimi decenni. Infine le coltivazioni intensive. La cronaca di questi ultimi mesi la dice lunga anche su questo, il problema è che la superficie destinata a coltivazione aumenta perchè aumenta la domanda di generi alimentari e su questo c’è poco da fare. Se invece si tratta di piantagioni destinate alla mobilità, sai già come la penso al riguardo. Basta leggere i post “E’ solo questione di mercato” e “Rinnovabili col trucco”.
    Grazie per il commento.
    gg

  16. alessandrobarbolini

    veramente complesse queste equazioni,non sono in grado di commentarle,ma una cosa mi preme dirla .che vada come vada,il clima muta continuamente da quando mondo e mondo e le catastrofiche tesi di certi scienziati non sarebbe l,eccezzione ,ma al limite la regola,se regola la si potrebbe definire visto che sparano 6 gradi in piu per il prossimo secolo..io nutro molti dubbi e sono megascettico,alla fine la groenlandia,tanto per tirare in ballo uno dei citati in pericolo continuera ad essere quell,immensa caltta glaciale che conosciamo da sempre..e come dicono certi studiosi,noi ragazzini che da piccoli facevamo le palle di neve e spalavamo metri di neve,,,,,,saremo quelli che faremo a palle di neve con i nostri figli ..gira e rigira,il clima si ripete e rimarremo in preda all,eterno mistero del clima,anche perche ,la nostra vita talmente breve ,non ci consente di sperimentare mutamenti con la M maiuscola del clima

  17. marcus

    E’ davvero difficilissimo nella comprensione. Si necessita un bell’approfondimento!

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