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Mese: Marzo 2012

Ora della Terra…oppure ora del PR?

Quanto segue è la traduzione di questo post uscito sul blog di Donna Laframboise.

Oggi sabato 31 marzo saremo tutti ripetutamente invitati a partecipare a Earth Hour, l’Ora della Terra. Per aiutarci a prendere decisioni informate riguardo questo evento, proietterò un po’ di luce su alcuni fatti poco conosciuti. Per cominciare: L’Ora della Terra è [semplicemente] un prodotto creato da un gruppo di imprese.

Lanciata a Sydney, in Australia nel 2007 non c’è mai stato niente di spontaneo e amatoriale al riguardo. Non c’è una storia di attivisti squattrinati che lavorano nell’oscurità e si riempiono di calli le mani sperando contro ogni speranza di attirare l’attenzione sulla loro causa.

L’Ora della Terra è, invece, il frutto di due grandi entità imprenditoriali: il World Wildlife Fund (WWF) e Fairfax Media Limited.

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Un problema, un funzionario, una soluzione.

La ricetta perfetta. Chi non vorrebbe avere sempre a portata di mano qualcuno che in ogni situazione difficile ti dice cosa devi fare? Una salvezza. Ma se tutto ad un tratto saltasse fuori che chi ti propone la soluzione e’ anche chi si è inventato il problema?

Continua il giornalismo investigativo di Donna Laframboise, già autrice di un libro breve ma estremamente interessante sulla fitta trama di relazioni tra l’IPCC e le multinazionali dell’ambiente. Questa volta si parla della conferenza che si terra’ la prossima settimana: Planet Under Pressure.

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Dalla Teoria ai Fatti – Ci torniamo su

Qualche settimana fa è uscito su queste pagine un mio breve commento che analizzava alcuni aspetti delle dinamiche della circolazione emisferica con specifico riferimento alla prevalenza o meno di flussi ad elevato indice zonale nel medio e lungo periodo. Un post nato per rispondere a quello che sembra essere un cambio di direzione di quanti sotengono l’ipotesi AGW. Dopo aver lungamente annunciato che avremmo assistito ad una sostanziale prevalenza di eventi riconducibili al caldo, scopriamo che questa ipotesi torna buona anche per gli eventi di freddo. In sostanza non solo “il tempo non è il clima finché non lo diciamo noi”, ma anche “il freddo viene dal caldo”. Da quel post è nata una discussione protrattasi fino ai giorni scorsi. Quanto segue intende essere una risposta di più ampio respiro – quindi più facilmente pubblicabile in forma di post – alle eccezioni sollevate da uno dei lettori che per comodità di lettura riportiamo di seguito:

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Febbraio 2012: Climate4you aggiorna i suoi dati

I lettori più affezionati avranno notato che ci siamo avvalsi molte volte dei grafici pubblicati su www.climate4you.com per rappresentare le serie storiche ora di questo ora di quel parametro climatico.

Pagine web curate da Ole Humlum, 85 pubblicazioni scientifiche all’attivo, con l’obbiettivo di fornire ai visitatori gli strumenti per far funzionare il proprio senso critico. Vi consiglio caldamente di leggere la pagina ‘about’ del sito.

Perché questo post? Perché tutti i grafici e quindi tutte le serie sono appena state aggiornate con i dati dello scorso febbraio. Tutto riassunto in un documento diffuso sulla newsletter del sito oppure consultabile direttamente serie per serie.

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I dati NOAA aggiornati a febbraio 2012

Le anomalie di temperatura media mondiale scaricabili dal server ftp della NOAA sono state aggiornate con i dati relativi al mese di febbraio 2012. Ho descritto l’aggiornamento di gennaio 2012 in questo post su CM.

La mia speranza era quella di utilizzare le pagine di CM per poter affermare che le variazioni di anomalie da un mese all’altro erano frutto di aggiustamenti dovuti alla revisione del dataset e che i dati si andavano stabilizzando verso una forma qualsiasi di equilibrio. Le differenze di anomalia tra novembre 2011 e febbraio 2012 soddisfano parzialmente questa speranza: i dati più recenti (da circa il 1930 in poi) mostrano una stabilizzazione mentre i precedenti presentano una dispersione grande abbastanza da toccare e superare il centesimo di grado.

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SREX IPCC: arriva la versione integrale – Aggiornamento

Oggi, 28 marzo 2012, sarà resa disponibile per il download e quindi ufficialmente pubblicata, la versione integrale del report IPCC sugli eventi estremi .- SREX.

Sulle pagine di CM ne abbiamo parlato qui, ma si trattava del solo Summary for Policy Makers. Benché questo sia di fatto il documento che tutti leggono, ritengo sia doveroso divulgare soprattutto il report vero e proprio.

Il media advisory dell’IPCC, diffuso dal focal point per l’Italia, lo trovate qui, mentre il documento è sulla home page dell’IPCC. Buona lettura.

Aggiornamento

Non resisto, il post di Roger Pielke jr è troppo bello e troppo vero e la sua idea è geniale. Ha infatti lanciato un’iniziativa, la creazione di un pulsante di risposta rapida “Handy Bullshit Button on Disasters and Climate Change“. Mi perdonerete la traduzione frettolosa spero. I termini tecnici della nomenclatura IPCC non li ho tradotti per non alterarne il significato specifico.

A Handy Bullshit Button on Disasters and Climate Change – di Roger Pielke jr

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Tutte le strade portano a Rio

E’ appena di ieri l’altro il nostro commento al comunicato stampa dell’Organizzazione Meteorologica Mondiale circa l’imminente pubblicazione del report decadale sullo stato del clima. Il cambiamento climatico starebbe accelerando, specie con riferimento agli eventi estremi. Fa eco a questo annuncio un lavoro di fresca stampa su Nature Climate Change a firma di alcuni ricercatori del PIK, il cui commento è apparso sempre ieri su Science Daily. Anche questo lavoro sembra in qualche modo preparatorio del summit Rio+20 che si terrà nel prossimo giugno.

A decade of weather extremes

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Abstract

Il numero verosimilmente elevato di recenti eventi meteorologici estremi ha innescato molta discussioni, sia interne che esterne alla comunità scientifica, circa la possibilità che essi siano collegati al riscaldamento globale. In questa sede si procede ad una revisione delle prove e si argomenta che per alcuni tipi di eventi estremi – soprattutto ondate di calore ma anche altro genere di eventi – sono ora disponibili delle forti evidenze che collegano eventi specifici o un aumento del loro numero all’influenza umana sul clima. Per altri tipi di eventi, come le tempeste, le evidenze disponibili sono meno certe, ma basandosi sui trend osservati e su concetti di fisica di base è tuttavia plausibile attenderne un aumento.

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Ghiaccio Artico: il mondo non è iniziato nel 1979

A dire il vero è iniziato molto prima, solo che ne sappiamo molto poco. Infatti, se da un lato il progresso tecnologico sta consentendo di disporre di dati sempre più precisi ed omogenei (con la non banale eccezione delle informazioni relative alle temperature medie superficiali la cui qualità sta invece detriorandosi), dall’altro questa enorme mole di informazoni è molto giovane, spesso troppo per poter essere paragonata a quei pochi dati di cui si dispone per il periodo pre-satellitare.

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Sole, clima e maree planetarie

Nicola Scafetta prosegue il suo lavoro di esplorazione delle dinamche con cui il Sole e i pianeti del Sistema Solare eserciterebbero la loro influenza sul clima della Terra. Alcuni giorni fa mi ha mandato una copia della sua ultima pubblicazione.

Multi-scale harmonic model for solar and climate cyclical variation throughout the Holocene based on Jupiter–Saturn tidal frequencies plus the 11-year solar dynamo cycle

Di seguito l’abstract del paper, uscito come il precedente sul Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics.

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La politica dell’annuncio

L’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) ha diffuso un comunicato stampa lo scoro 23 marzo. Il titolo:

WMO annual statement confirms 2011 as 11th warmest on record – Climate change accelerated in 2001-2010, according to preliminary assessment

Dunque, il 2011 è stato l’undicesimo anno più caldo da quando si fanno misurazioni oggettive, cioè con i termometri. Non una gran notizia, ma prepara il terreno al seguito, cioè al fatto che nel decennio 2001-2010 il cambiamento climatico avrebbe accelerato. Difficile capire come possa averlo fatto se nello stesso decennio ha frenato il global warming. Difficile soprattutto perché questa affermazione dovrebbe essere corroborata da specifiche spiegazioni scientifiche, che in realtà non ci sono perché il documento decennale sullo stato del clima di cui si parla in questo press release non è ancora disponibile. Per ora, quindi, ci becchiamo solo la notizia a sensazione, a motivarla c’è sempre tempo.

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Piante e Clima – Parte IV

Il Rapporto CO2 – Piante – Clima: Verso un’ipotesi complessiva

Un modello

Figura 1 - Diagramma di flusso che illustra gli effetti dell'aumento della vegetazione sul clima globale. Il diagramma è ovviamente non esaustivo. Abbreviazioni utilizzate: H:flusso di calore sensibile, LE=flusso calore latente, G=flusso di calore nel suolo, RN=radiazione entta frutto del bilancio radiativo di superficie, Rglob=radiazione solare globale, RL1 e RL2=termini a onda lunga (emissione terrestre e radiazione del cielo) del bilancio radiativo di superficie.

La flowchart in figura 1 riassume i diversi effetti che derivano dall’aumento della CO2 e dal conseguente incremento globale della biomassa vegetale globale. Come si noterà i primi effetti a valle di tale incremento sono:

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I data center alimentati da centrali solari sono veramente verdi?

Sin dalla sua prima introduzione nel mondo dell’informatica, avvenuta anni fa con termini differenti, la tecnologia delle “cloud” ha promesso, tra le altre cose, un minor impatto ambientale. Il concetto è che qualche grande multinazionale crea grossi “data center”, cioè centri operativi con un gran numero di computer, e “ospita” a pagamento il software che un cliente (un privato o un’azienda) vuol far girare. A parte enormi problemi di privacy, sotto certi punti di vista è un vantaggio per i clienti, i quali possono evitare di comprare dei PC da tenere “in casa”, visto che questi dispositivi notoriamente perdono valore molto velocemente. Ma l’economia di scala di un grande data center permetterebbe anche un grande risparmio energetico: consumerebbero meno dell’equivalente in PC “sparsi” per aziende e case.

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Vi faremo vedere le tasse verdi!

Appena ieri è stata discussa in Consiglio dei Ministri la bozza di riforma fiscale pronta da alcuni giorni. Il testo definitivo non è stato approvato, lo sarà presumibilmente al prossimo CdM (la delega fiscale è al punto K del testo linkato). Chissà se in quella occasione il Premier Monti, leggendo la parte relativa alla tassazione ambientale (green e carbon tax) e ricordando che negli USA aveva dichiarato di voler cambiare il modo di vivere degli italiani, affermerà riprendendo un famoso motto: “Vi faremo vedere le tasse verdi!”

Della riforma del sistema di tassazione in Europa, che sta spostando il carico dal lavoro all’emissione/consumo di energia ne scriveremo probabilmente in futuro. Ora preme di più porre l’attenzione su alcuni aspetti di quanto scritto nel testo della Relazione illustrativa alla Delega per la riforma fiscale. In essa è scritto a chiare lettere come sia “opportuno prevedere l’introduzione di una carbon tax, il cui gettito potrebbe essere utilizzato prioritariamente per rivedere il sistema di finanziamento delle fonti rinnovabili” secondo “il principio dell’inquinatore-pagatore”. La Relazione in una nota riporta i risultati di uno studio di Bankitalia secondo cui un’accisa applicata al litro di carburante tra i 4 e 24 centesimi porterebbe una riduzione delle emissioni da trasporto tra 1,1 e 1,6 milioni di tonnellate e un aumento delle entrate tra i 2 e i 10 miliardi  (Qui la Relazione, qui la Delega).

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Piante e Clima Globale – Parte III

CO2 e Produttività Globale dei Vegetali

Per i nostri scopi è interessante anzitutto evidenziare gli strettissimi legami esistenti fra livelli atmosferici di anidride carbonica e produttività globale dei vegetali. In tal senso sono qui di seguito riportate alcune interessanti evidenze.

Anzitutto i proxy data presenti in carote glaciali antartiche pubblicati da Prentice et al (2011) indicano che la produttività dell’ecosistema globale nell’ultimo massimo glaciale (Last Glacial Maximum – LGM) era inferiore del 25/40% rispetto a quella dell’Olocene Pre-industriale (Pre Industrial Holocene PIH) e inoltre un valore coerente con tali misure (-30%) è risultato da simulazioni svolte con modelli matematici. Tale fenomeno è probabilmente frutto dei soli ecosistemi terrestri, poiché quelli marini evidenziano solo variazioni marginali nella transizione da LGM a PIH.

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