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Mese: Febbraio 2014

Un clima caliginoso ma più chiaro

Immagini tipiche del primo mattino, quando gli strati atmosferici più bassi sono mediamente più stabili. Caligine, non propriamente foschia, piuttosto lontana dalla nebbia, piccolissime particelle solide in sospensione, nella fattispecie di origine organica e quindi naturale, che dal nostro punto di vista limitano la visibilità, ma più in generale abbassano la trasparenza dell’aria, riflettono una parte della radiazione solare e, in determinate condizioni, crescono fino ad assumere le condizioni necessarie per diventare nuclei di condensazione, cioè per consentire la formazione delle gocce e quindi delle nubi.

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Dal ‘movimento meteo’: Interessante analisi delle dinamiche invernali

Il post che segue mi è stato segnalato da uno dei nostri lettori. Si tratta di una interessante analisi delle dinamiche troposferiche dell’emisfero settentrionale, sia in termini generali che con riferimento specifico ai primi due mesi di questa stagione invernale. In particolare si pone l’accento su quella che viene definita una scarsa rappresentatività di un indice teleconnettivo cui facciamo riferimento molto spesso nelle nostre discussioni, l’Oscillazione Artica. Al riguardo il concetto di ‘diminuzione’ della rappresentatività dell’AO non mi trova particolarmente d’accordo, specie perché, come leggerete, questa diminuzione scaturirebbe da una avvenuta modifica del sistema terra-mare-atmosfera in area polare, cioè, dal trend negativo dell’estensione dei ghiacci artici. Una diminuzione di estensione certamente avvenuta, ma sui cui feedback in termini di distribuzione della massa atmosferica c’è decisamente ancora molto da capire. Pur trovandomi assolutamente concorde sulla chiave di lettura impostata proprio sulla distribuzione della massa e della conseguente circolazione atmosferica, più che pensare ad una diminuzione della rappresentatività dell’AO sarei dell’idea che l’indice, che descrive l’intensità della circolazione zonale, debba essere guardato con occhi diversi a pari valore assunto, in relazione alle dinamiche di lungo periodo della latitudine attraverso la quale scorre il fronte polare, cioè in relazione a quanto è più o meno estesa verso sud l’aria polare durante la stagione invernale. Questa mia è tuttavia solo una breve introduzione. Il contenuto dell’articolo, come vedrete, è ben più ricco di spunti interessanti e merita davvero attenzione. Buona lettura.

 

L’Arctic Oscillation e le “defaillances” di un indice – di Matteo Sacchetti e Antonio Pallucca

Si discute già ormai da diversi anni circa le “performance” descrittive di un importante indice teleconnettivo il cui utilizzo viene assunto per descrivere lo “stato di salute” del vortice polare troposferico.

In realtà l’Arctic Oscillation (fig. 1) definito da una proiezione ortogonale delle slp (1000 mb) dai 20° verso il polo, misura, come detto, il gradino barico tra queste latitudini e il valore è stato standardizzato dalle deviazioni standard (base NCEP/GFS) del modello su basi annuali 1979/2000.

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(S)comunicazione scientifica

Un inverno da cani per quanti amano definirsi ‘freddofili’ tra la moltitudine degli appassionati di meteorologia che popolano i vari forum dedicati. Un inverno da scrivere negli annali stanno già dicendo gli americani, specie del nord-est, che si sono beccati oltre quaranta giorni di freddo polare. Un inverno da pesci, invece, dovranno dire gli inglesi quando riusciranno a rimettere la testa fuori dall’acqua. In media, quindi, un inverno.

 

Come già ampiamente discusso, infatti, l’abbondante piovosità e le temperature piuttosto alte sperimentate dall’Europa, Italia compresa, sono state il rovescio della medaglia del freddo negli USA. Il Vortice Polare Stratosferico ha soggiornato sulla verticale del Canada per quasi tutta la porzione d’inverno trascorsa sin qui, mantenendo quindi correnti molto veloci da ovest verso est lungo l’Atlantico e pilotando un gran numero di perturbazioni verso l’Europa.

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La Barriera di Primavera

Negli ultimi tempi ci è capitato più volte di far riferimento ell’ENSO, l’indice che descrive le oscillazioni delle temperature superficiali dell’Oceano Pacifico equatoriale. Quelle oscillazioni, come sanno molti di quelli che ci seguono, si realizzano attraverso tre fasi, che non si susseguono con una sequenza specifica, hanno una frequenza di occorrenza piuttosto casuale e, una volta innescatesi, durano solitamente per molti mesi, restando però sempre nell’ambito del breve periodo climatico. Stiamo parlando di El Nino, de La Nina e delle condizioni di neutralità. Nel lungo periodo, invece, interviene una diversa oscillazione, la PDO (Pacific Decadal Oscillation, 20-30 anni di ciclo) che favorisce a seconda del suo segno la prevalenza di una delle due fasi diverse dalla neutralità.

 

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La magnetoricezione e l’evoluzione delle piante: influenza della polarità del campo geomagnetico nell’evoluzione delle specie vegetali

di Donato Barone

 

Sulla rivista Trends in Plant Science è stato pubblicato un breve articolo a firma di A. Occhipinti, A. De Santis, e M. E. Maffei

 

Magnetoreception: an unavoidable step for plant evolution? (a pagamento)

 

Tutti gli esseri viventi che popolano la Terra sono immersi nel campo magnetico generato dalle correnti elettriche associate ai flussi turbolenti che si sviluppano nel nucleo metallico fuso del nostro pianeta. Il campo magnetico terrestre è di fondamentale importanza per lo sviluppo della vita e per la sua conservazione in quanto è in grado di deflettere le particelle ad alta energia provenienti dallo spazio impedendo che esse interagiscono con le cellule viventi. Tali particelle (raggi cosmici, in modo generico e vento solare) hanno, infatti, grosse capacità mutagene in quanto capaci di interagire con le molecole di DNA degli organismi viventi.

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Clima e vulcani, anni senza estate ma con molta fame

Questo topic gira sui siti di informazione meteoclimatica da qualche giorno, ma non riuscivo a capire da dove fosse saltato fuori. Ora, con l’uscita di un commento su Science Daily, è stato possibile risalire allo studio che ha originato la discussione.

 

Per chi si occupa di clima e affini, ove con questi ultimi si intenda l’impatto che le variazioni climatiche di breve periodo hanno sulla società, si tratta di un grande classico, il 1816, ovvero l’anno senza estate, quando un clima anomalmente freddo e le abbondanti precipitazioni che ne caratterizzarono i mesi estivi produssero quella che da molte parti è stata definita una vera e propria crisi di sopravvivenza della civiltà occidentale, distruggendo la gran parte dei raccolti e provocando una grave carestia.

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Scopertona: forse non saranno le pale eoliche a modificare il clima!

Che il ricorso all’energia eolica avrebbe fatto poco o niente per ridurre le emissioni di CO2 in consistenza di un fabbisogno energetico sempre in aumento…

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