Niente paura, non si tratta del tentativo di colorare di verde la coda del vostro cane, anche se forse ripensandoci, sarebbe meglio questo che quello che ci propongono a Milano dal 3 giugno prossimo. Di che si tratta? Strategie e tecniche di marketing all’insegna della sostenibilità.
Ho avuto la segnalazione dall’amico Luigi Mariani, del quale mi sento di condividere appieno queste brevi considerazioni:
Se il sistema ti spinge a cambiar l’auto un volta ogni due anni o a buttare senza rimpianti televisori, frigoriferi, lavatrici e quant’altro non avere alcun rimpianto per lo spreco di risorse e di materie prime; il rito dev’essere officiato in tutta letizia, perché lo scopo supremo è quello di salvare il pianeta!
Per tutti noi costretti a marciare in questa allegra brigata di ipocriti questo è il link all’evento.
A dirla con gli organizzatori “Sarà questa l’occasione per affrontare da diverse prospettive le innovazioni eco-sostenibili che negli ultimi anni sono state applicate al mondo del retail e della shopping experience: paradigmi green per perseguire una crescita eticamente corretta nel rispetto dell’ambiente e all’insegna della conquista dei consumatori.”
Dal punto di vista antropologico ci vedo un’occasione ghiotta per capire “a che punto è la notte” ovvero per cogliere da una prospettiva originale la massa di ipocrisie, luoghi comuni e sensi di colpa di cui viene nutrito in questi anni il nostro “stile di vita”.
Paradigmi green. Che spettacolo!
Ho come l’impressione che spinte opposte furbescamente, o ingenuamente (a seconda dei soggetti) convivano in questa allegra politica verde.
Cambiare l’auto ogni due o tre anni per salvare il pianeta… o per salvare il consumismo ?
Sarà questo un camuffamento del consumismo, che si è truccato da verde ?
A voi la risposta, io ho lanciato la mela alla risposta più bella, e astutamente me la squaglio prima che qualcuno, tirandomela in testa mi faccia riscoprire la teoria della gravità universale, troppo tardi ormai, già fatto.
Il problema verde è proprio qui, un prodotto “verde” dovrebbe essere qualcosa che quando acquistato dura più anni possibile…invece stiamo andando verso il contrario ad es. con elettrodomestici, auto, vestiti, etc. Prima del riciclaggio dovrebbe esserci il riutilizzo, come era una volta il “vuoto a rendere” per il vetro, oggi invece il vetro per riciclarlo si frantuma e fonde nuovamente impiegando nuova energia. Le centrali elettriche prima si diceva fossero positive per “l’economia di scala”, ora ognuno avrà oltre le centrali, i pannelli, il microgeneratore, etc. La “verdura a Km0” fa a pugni con l’aiutare l’agricoltura dei paesi poveri, aiuta quella dei ricchi…così i dazi alle frontiere. Il “consumismo verde” è quello che, pagando un po’ di più, accontenta la coscienza del cliente che ottiene le stesse cose togliendo la parte negativa, una specie di caffé senza caffeina, di mortadella senza grasso, di coca-cola senza bollicine, di sigaretta senza nicotina, di caramelle senza zucchero, di cioccolata “dietetica”, etc. Caso analogo è nel cibo, nessuno mangia perché gli piace, ma perché fa bene a qualcosa. Mangiare è divenuto curativo, così si tenta di far scegliere i prodotti solo sulla base del cosidetto aspetto verde (che sarebbe giusto se non si celasse dietro qualche altra volontà).
Ciao a tutti
Un esempio di questo modo di fare: aranciata senza arance, http://magazine.quotidianonet.ilsole24ore.com/ecquo/masini/2009/03/30/aranciata-senza-arance-ma-che-bibita-e/
Ero piccino piccino, tanti anni fa, e già un mio vicino, acuto e geniale precursore delle tendenze attuali, produceva l’aranciata senza arance, mettendo acqua e una pallina di qualcosa di chimico, che dava colore e sapore d’arancia.
Ma di arancia, in quella casa (era una ditta installata in un appartamento normale) non c’era manco l’ombra.
Non so se fosse legale. Ero troppo piccolo per conoscere o pormi questi problemi, ma so di aver assistito alla produzione di aranciate senza arance in anteprima. Che emozione !
Sono anche contento di non averla bevuta. Le emozioni a volte potrebbero far male 🙂