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Because it’s friday

Contrariamente a venerdì scorso, oggi vi offro un unico link, in quanto mi sembra interessante poterlo commentare insieme. Vi propongo un outlook della FAO circa i prezzi delle materie prime alimentari. Sappiamo bene, ormai, che i prezzi all’ingrosso abbiano raggiunto valori estremamente elevati un paio di anni fa, durante il momento più buio dell’attuale crisi. Oggi conosciamo anche le cause di tale incremento: una dose di speculazione e, l’abbiamo già detto su CM, la coltivazione di specie vegetali per la produzione di Biofuel.

Attualmente i prezzi all’ingrosso dei cereali e di altre materie prime vegetali sono scesi, allentando la morsa dei prezzi sul consumatore finale, tuttavia questo outlook della FAO prevede un incremento dei prezzi di ben il 40% nei prossimi 10 anni. Sempre a causa dei biofuel, oltre alla accresciuta domanda di alimenti. La nota positiva, e direi di speranza, è la soluzione individuata dal report FAO1 : incentivare la coltivazione di nuove terre, o incrementare la resa di quelle attualmente coltivate. Insomma, una volta tanto una proposta positiva, che non allude a sterilizzazioni di massa, denatalità o decrescite più o meno infelici.

Ovviamente i principali problemi li avranno i paesi in via di sviluppo ma, ci dice la FAO, alla fine dei conti saranno essi stessi la soluzione al loro problema (si pensi che si prevede un aumento del 40% nella produzione agricola nel solo Brasile). Nota dolente? Ovviamente la richiesta di materie prime per la produzione di biofuel, nel tentativo (vano, aggiungo io) di raggiungere i target di riduzione dei vari governi (quelli sicuramente più ricchi).

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  1. http://www.agri-outlook.org/pages/0,2987,en_36774715_36775671_1_1_1_1_1,00.html []
Published inEconomiaIn breve

Un commento

  1. Alvaro de Orleans-B.

    Come suggerito nel post, commentiamo insieme.

    Uno dei problemi principali che affligge la catena produttiva alimentare (e non solo quella alimentare) dipende da una cattiva gestione macroeconomica, riconosciuta dallo stesso report della FAO indicato sopra nel post, quando scrive a pag. 51:

    “[50 – CHAPTER 2. PRICE VOLATILITY AND PRICE TRANSMISSION
    OECD-FAO AGRICULTURAL OUTLOOK 2010-2019 © OECD 2010]
    …The factors underlying this broad [price] surge appear largely global and macroeconomic in nature, including the rapid economic growth of developing countries during the period, particularly in Asia, but also monetary factors including money supply growth, financial laxity and exchange rate movements (particularly depreciation of the US dollar).”

    Cosa stanno dicendo, pur con la grande cautela diplomatica tipica di questi report?

    Non è difficile spiegarlo.

    Se pensiamo, ad esempio, alla volatilità del prezzo del petrolio, che in pochi mesi è variato tra circa 40 e 140 USD/barile, capiamo quanto difficile stia diventando il business planning di una impresa, anche agricola, o di qualsiasi nuova iniziativa.

    Da cosa dipende principalmente? Provo a dare qualche indizio.

    Prima un fatto.

    I numeri mostrano come dal 2001 il dollaro USA si stia svalutando assai uniformemente del 17% annuo rispetto all’oro (oggi di circa mezzo dollaro al giorno!), e dal 2005 lo stanno facendo, più o meno in parallelo, anche tutte le altre monete monete principali — EUR, CHF, GBP, JPY, CAD, AUD.

    Perché?

    Una ragionevole interpretazione di questi numeri fa pensare, a partire dal 2001, ad una “svalutazione pilotata” della moneta americana, con una notevole linearità che, in 9 anni, mostra solo uno slittamento, prontamente rientrato, durante il quasi collasso finanziario del 2008.

    Probabilmente — ma è solo una mia ipotesi — questo fatto va interpretato come una non-dichiarata politica macroeconomica “di via d’uscita” dai costi futuri, insostenibili, delle promesse politiche successivamente legislate in impegni ormai giuridicamente e politicamente inderogabili.

    Ormai le “manovre” finanziarie decise dai vari paesi purtroppo non riescono più, da sole, a riequilibrare i bilanci statali.

    Peraltro, il valore della moneta serve anche come “unità di misura” indispensabile per la determinazione dei prezzi durante la pianificazione di una impresa o l’esame di fattibilità di una nuova iniziativa, ed in presenza di monete incostanti la qualità delle corrispondenti decisioni economiche soffre moltissimo; la somma di tutte le decisioni sbagliate, oltre a quelle non prese per eccesso di incertezza, deprime direttamente il tasso di crescita economica, con tutto il corollario negativo di disoccupazione, riduzione del gettito fiscale, ecc.

    Questo post sul report della FAO ha il grande merito di far capire come, in una società complessa, la degradazione di un suo componente fondamentale, in questo caso la perdita di affidabilità del sistema monetario, può letteralmente portare alla fame il segmento meno protetto della popolazione.

    Per affrontare e forse risolvere questo problema dovremmo anzitutto rispondere ad una domanda del tipo: come mai noi, che ci rifiuteremmo di progettare un aereo se dovessimo misurare i suoi pezzi con un metro di gomma, saremmo comunque pronti a pianificare una industria aeronautica usando una moneta di gomma?

    Confesso che mi pare strano di proporre una riflessione macroeconomica in un sito dedicato alla comprensione del clima.

    O forse no? Questa è la vera riflessione…

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