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Categoria: Economia

Follow the money

Fra poche righe vi proporrò una lettura,  ma prima vi spiego perché. Innanzi tutto mi sono piaciute le continue analogie marinare. Chi mi frequenta da vicino sa perché ultimamente ho questa preferenza e tanto basti.

 

Poi, naturalmente, i contenuti. Quella che leggerrete è solo la conclusione di un articolo interessante apparso su WUWT a firma di Richard F. Muller. Si parla delle scelte suicida della Germania in termini energetici e dell’effetto moltiplicato che queste hanno sugli altri paesi europei. Si parla dei costi maggiori che dovranno essere sostenuti per l’approvvigionamento energetico in un paese dall’economia comunque solida, che per le economie che solide non sono come la nostra, sono praticamente delle campane a morto. Si parla del fallimento di politiche che hanno investito quantità incommensurabili di risorse ottenendo risultati a dir poco risibili e che si propongono di moltiplicare ulteriormente gli sforzi per raggiungere obbiettivi irraggiungibili. Si parla del condizionamento politico della scienza e delle organizzazioni scientifiche. E, infine, si danno le giuste coordinate: basta seguire i soldi, quelli veri, quelli che lasciano sempre la festa prima che siano finite le bibite, e sanno sempre in quale locale della città si potrà andare a tirare l’alba nel modo giusto. Beh, mi sa che di qui in avanti saranno soldi molto meno verdi di quanto sono stati sin qui…

 

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Ci ripensa pure Stern?

Siamo a cavallo, se anche Lord Stern, autore del celeberrimo Stern Review del 2006, documento che ha di fatto accolto nei salotti dell’alta finanza il tema dei cambiamenti climatici, si è accorto che il mondo non si è scaldato come avrebbe dovuto vuol dire che è proprio vero.

 

Fairly flat, piuttosto piatto, così ha definito l’andamento delle temperature degli ultimi dieci anni, aggiungendo anche che il potente riscaldamento del 1998 è stato in gran parte ascrivibile ad un altrettanto potente El Nino, fenomeno climatico prettamente naturale. Togli quello dalle serie e ti accorgi che gli anni di stasi sono anche di più.

 

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Lavorare meno raffreddarsi tutti

L’ultimo uovo di colombo in materia di lotta al clima che cambia, con l’uso del termine lotta fa il paio con il titolo  di questo post. Viene dal Center for Economic and Policy Research la soluzione a tutti i nostri mali: per limitare le emissioni di gas serra e quindi avere a che fare con meno cambiamenti climatici (sic!), sarebbe sufficiente ridurre le ore di lavoro. Trattasi naturalmente di un report nuovo di pacca:

 

Reduced Work Hours as a Means of Slowing Climate Change

 

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L’aria non si può vendere…né comprare

Da che mondo è mondo il commercio si basa su una regola d’oro che l’istrionico presidente di una squadra di calcio della massima serie ha più volte sintetizzato così: “pagare moneta vedere cammello”. Cioè, in una transazione, qualunque essa sia, è necessario che ci sia un controvalore. In assenza di quello la transazione non si fa.

Da qualche anno a questa parte invece, complice forse il leggiadro atteggiamento del mondo finanziario che ha escogitato il sistema per tirar fuori crediti dai debiti, cioè con controvalore di segno opposto, qualcuno ha pensato che si potesse vendere l’aria e, ancor di più, che questo potesse avvenire a scala globale.

 

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Wall Street – Il grano non dorme mai

di Fabio Spina

Era l’estate scorsa gli USA sono stati colpiti da una siccità del livello di quella descritta nel famoso e bellissimo romanzo dal titolo “Furore” dello scrittore statunitense John Steinbeck, premio Nobel per la letteratura del 1962, pubblicato nel 1939 a New York. I titoli degli articoli su quanto stava accadendo erano del tipo:

Siccità 2012: è globale e ci saranno guerre per fame” o “Stati Uniti: per l’emergenza siccità prezzi agricoli alle stelle” o “La siccità negli Usa accende il rischio di crisi alimentare” (Il Sole 24 Ore) o “La siccità “brucia” frumento, mais e soia nel mondo torna l’allarme prezzi” (La Repubblica).

 

Ci si chiedeva di quanto sarebbero aumentati i prezzi delle commodities agricole, più di qualcuno prevedeva che

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Pali eolici o spine nel fianco ?

Tra tutte le forme di generazione di energia rinnovabile, quella eolica è sicuramente la più contestata. E i motivi sono molteplici: innanzitutto, diciamocelo, sono orribili. E’ apprezzabile il lavoro di marketing svolto dalle lobby verdi che hanno convertito le centrali eoliche in “Campi eolici”. Direste mai di un campo di girasoli che sia brutto? No, mai. Anzi, è un perfetto capolavoro della natura. E allora ecco qui, ti servo un campo di bellissimi steli d’acciaio (e pale rotanti). In pochi istanti, incredibilmente, questa operazione di marketing fa sì che i più accaniti ambientalisti e paesaggisti dimentichino, ma solo per le pale eoliche, ogni tipo di lotta portata avanti nei decenni precedenti per qualsiasi cosa andasse a cozzare con il loro concetto di ambiente a misura di… ambiente (l’uomo è una virgola da non considerare). Tuttavia gli aspetti estetici e le contraddizioni palesi con cui devono confrontarsi gli ambientalisti sono solo alcuni dei motivi che rendono così odiose le pale eoliche.

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