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Ma dove va il clima?

Sarebbe interessante saperlo, ma nessuno lo sa. Per anni siamo stati bombardati di presagi di disastri provocati dall’eccessivo riscaldamento del Pianeta, con dovizia di particolari su scenari desertici e roventi. Ora questi scenari sono stati spazzati via dalla pioggia battente e dalle intense nevicate degli ultimi inverni e, a riprova della debolezza degli argomenti con cui li si sosteneva, ora le stesse identiche motivazioni sono portate a supporto dell’esatto contrario: farà sempre più freddo a causa del caldo, almeno fino a quando non comincerà di nuovo a far caldo. Qualcuno ricorderà Catalano, il personaggio televisivo che ci intratteneva a “Quelli della notte” insieme a Renzo Arbore. Ecco, meglio farle fare a lui le proiezioni climatiche.

In realtà, sarebbe già molto, prima di provare a capire dove stia andando il clima, riuscire a capire dove sia andato e dove sia ora, con buona pace di quanti ci dicono di aver capito tutto ed esser pronti a fornire al mondo la ricetta per rimetterlo sulla strada giusta, naturalmente considerando sbagliata per non meglio specificati motivi quella attuale.

Torno di nuovo a farmi aiutare dalla celluloide con un altro amarcord, Carlo Verdone nel film “Un sacco bello”, dove un indimenticabile Mario Brega si lamentava del fatto che al prete che aveva “ingaggiato” per convincere il figlio ad abbandonare la vita dell’hippy mancassero perfino le basi del mestiere.

Cominciamo perciò dalle basi. Il clima è sempre cambiato, la temperatura è sempre stata soggetta ad importanti variazioni, con oscillazioni di lungo, medio e breve periodo che si sono sempre sovrapposte generando un segnale spesso confuso dal quale tirar fuori un trend è sempre stato molto difficile. Ma ci sono alcuni capisaldi incontrovertibili, benché qualcuno abbia provato a cancellarli dalla storia, come la variazione positiva del Periodo Caldo Medioevale e quella negativa della Piccola Età Glaciale, durante le quali gli effetti di queste oscillazioni sono stati così evidenti da lasciare un segno nella storia.

Il caso vuole che con riferimento alla PEG, ci siano anche delle altrettanto incontrovertibili evidenze che la diminuzione delle temperature sia avvenuta in concomitanza con una prolungata fase di scarsa attività solare, culminata in quelli che gli studiosi del settore conoscono come il Minimo di Maunder e il Minimo di Dalton. Volendo fare semplicemente 2+2 dovremmo registrare il fatto che poi, in special modo nel corso dell’ultimi secolo, il Sole abbia conosciuto una prolungata fase di massima attività, proprio mentre le temperature medie superficiali del Pianeta erano soggette ad aumento, mentre recentemente questo aumento sembra essersi arrestato, guarda caso proprio quando il Sole è tornato in Quiete.

Ma la scienza del clima non si fa a colpi di 2+2, per cui questa grossolana informazione la teniamo da parte per gli scettici a buon mercato, rivolgendo lo sguardo alla fonte che giustamente deve essere tenuta in considerazione, la letteratura scientifica.

E’ di recente pubblicazione un lavoro di Syun-Ichi Akasofu, il cui titolo è decisamente interessante: On the recovery from the Little Ice Age. Il lavoro è open access, cosa che accade spesso con gli studi non esattamente allineati con il mainstream scientifico, vuoi perché normalmente trovano spazio su riviste considerate “minori”, vuoi perché gli autori accettano questa condizione desiderosi di dare maggiore visibilità ai loro lavori, vuoi perché i loro detrattori dicono comunque che i finanziamenti per fare ricerca li ricevono dai cattivi delle lobby petrolifere, per cui non hanno bisogno di soldi. Nello studio di Akasofu, com’è intuibile, si affronta il tema del progressivo riscaldamento del Pianeta in conseguenza del precedente raffreddamento conosciuto durante la PEG. I tratti salienti del lavoro sono i seguenti:

  • La Terra ha conosciuto un periodo di raffreddamento tra il 1200-1400 e il 1800-1850, durante il quale la temperatura media superficiale era circa 1°C più bassa di quella attuale. In quel periodo la Radiazione Solare Totale era relativamente bassa.
  • Il graduale recupero da questa fase fredda è stato approssimativamente lineare, con un trend di circa 0.5°C/100 anni. Contestualmente è stata soggetta ad aumento anche la TSI; lo stesso trend è stato osservato anche fino all’anno 2000.
  • Il recupero dalla PEG è tuttora in corso.
  • C’è un’oscillazione multidecadale con periodo di 50-60 anni sovrapposta al trend di recupero; questa oscillazione ha avuto un picco nel 1940 e un altro nel 2000, provocando la temporanea interruzione della fase di riscaldamento.
  • Il trend negativo innescatosi dopo questi picchi è superiore al trend di recupero, e ha generato e genera attualmente la stasi delle temperature o la loro diminuzione.
  • La prosecuzione di questo trend di recupero lascia presagire un riscaldamento per la fine di questo secolo di 0.5 +/- 0.2°C, consistentemente inferiore a quanto previsto dalle proiezioni dell’IPCC di 4 +/- 2°C.

Per raffreddare gli animi di quanti staranno già saltando dalla sedia,  credo sia giusto riportare anche una eloquente frase riportata in calce all’abstract di questo lavoro: “Questi cambiamenti sono naturali e allo scopo di determinare il contributo dell’effetto serra di origine antropica, c’è urgente necessità di identificarli correttamente e accuratamente, onde rimuoverli dall’attuale trend di riscaldamento/raffreddamento”.

Sicchè pare che il Sole possa aver avuto qualcosa a che fare con l’occorrenza della PEG, così come con quanto accaduto dopo e sta accadendo ora. Il problema è che non è affatto chiaro come questo sia potuto accadere, ovvero attraverso quali meccanismi fisici.

Questo è in effetti l’incipit di un altro lavoro (Krikova et al. 2010), con il quale si mettono in evidenza le variazioni non solo della radiazione solare totale ma anche di quella spettrale sin dal periodo della PEG.

TSI dal 1610

E così scopriamo anche che secondo quanto riportato in questo studio, mentre di fatto la TSI pur essendo soggetta ad aumento non è variata molto, la componente UV della radiazione solare è cresciuta del 50%. E si tratta di quella parte della radiazione solare cui si attribuisce grande importanza per i processi chimico-fisici dell’alta atmosfera, processi che man mano che ne aumenta la comprensione, stanno aumentando anche d’importanza ai fini di quanto accade più in basso, ovvero sulle nostre teste. Il trend di aumento è stato inoltre esteso praticamente a tutte le bande di frequenza della radiazione solare, con l’unica eccezione della banda del vapore acqueo, compresa tre 1500 e 2500 nm, che ha subito una lieve diminuzione.

Radiazione Solare per diversi intervalli di spettro

Lo scopo di questo lavoro non è comunque mettere in relazione queste variazioni con il comportamento del sistema, o meglio con le reazioni del sistema a questo forcing esogeno, quanto piuttosto fornire a chi deve tentare di stabilire questa relazione un dataset completo ed affidabile dal 1610 ai giorni nostri.

Anche questo lavoro è open access, credo di poter dire per le stesse ragioni di cui sopra. Buona lettura.

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Published inAttualitàClimatologiaNews

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